Rajasthan, il trionfo dei colori e dei sorrisi

Viaggio in una terra meravigliosa che ha saputo conquistarci pienamente
Scritto da: dariaegiorgio
rajasthan, il trionfo dei colori e dei sorrisi
Partenza il: 21/12/2012
Ritorno il: 04/01/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Siamo Daria e Giorgio, una coppia che in questi ultimi anni ha scoperto il piacere di viaggiare per conoscere gente e luoghi nuovi, lontani dalla vecchia Europa che ormai abbiamo già girato “ in lungo e in largo”. Ogni anno, infatti, organizziamo in occasione delle vacanze natalizie un nuovo viaggio per esplorare e conoscere da vicino paesi e culture diverse. Lo scorso anno, al ritorno dall’Egitto, terra che ci ha coinvolti pienamente ed affascinati davvero tanto, iniziavamo già a fantasticare sulla meta delle vacanze 2012/2013. Tra i tanti Paesi che prendevamo in considerazione, l’idea dell’India non ci aveva mai sfiorati. Poi, una sera, quasi per caso, navigando su Internet, la folgorazione improvvisa: la terra dei Maharaja! Perchè no? Così, da quel momento, è stato un continuo susseguirsi di ricerche sul web per trovare informazioni su voli, tour operator e notizie varie. Finalmente a giugno tutto era prenotato. Da quel momento ha avuto inizio il conto alla rovescia per arrivare al 21/12/2012, data della nostra partenza e… della presunta fine del mondo!

Spese del viaggio (a persona):

– Volo Lufthansa Milano Malpensa – Francoforte – Delhi (andata e ritorno 672€)

– Volo interno Jet Airwais Delhi – Varanasi ( 61€)

– Volo interno Air India Varanasi – Delhi (50€ )

– Auto Toyota Innova con autista privato, hotel ( pernottamento e prima colazione), ingressi, guide parlanti italiano, escursioni varie con un’agenzia italo-indiana (885€).

– Visto passaporto tramite agenzia viaggi locale (130€)

– Cambio rupie indiane – euro: 0.014

– Quindi: 10 rupie = 0.14€ 100 rupie = 1.40 € 1000 rupie = 14 €

– Spese varie (pasti, mance, souvenir, ecc. 200 €)

– Kilometri percorsi in aereo: 14.552

– Kilometri percorsi su strada: 3.200

Venerdì 21/12/2012 Volo Milano – Delhi

Partiamo da Milano Malpensa alle 10.10, dovremmo atterrare a Delhi alle ore 1.15 (ora locale- in Italia le 20.45), ma, per un inspiegabile ritardo a Francoforte, raggiungiamo la nostra meta alle 5 del mattino. Usciti dall’aeroporto, incontriamo l’autista Nathujee e la guida Alì che sono stati lì ad aspettarci per ben 5 ore! Immediatamente facciamo il check-in all’ hotel “Saptagiri” e non andiamo neanche a dormire, ma subito a mangiare colazione (a buffet, buona e abbondante).

Sabato 22/ 12 /2012Delhi – Jaipur

Senza aver riposato neanche un attimo, iniziamo la nostra avventura in India, visitando la città di Delhi. Percorriamo velocemente in auto la New Delhi, con strade enormi e grandi viali alberati, di chiara impronta coloniale inglese, poi facciamo tappa nella Old Delhi. Qui abbiamo il primo approccio con la realtà indiana: semplicemente fantastica! Confusione totale, sporcizia, tanti colori ed odori nel mercato della frutta e verdura. Per strada vediamo anche diversi artigiani al lavoro: i sarti, i barbieri, i meccanici, sembra di essere ritornati negli anni 40 – 50! Poco dopo visitiamo la Jama Masjid, la moschea del Venerdì, la più grande e importante dell’ India, veramente spettacolare, e il Raj Ghat, dove si trova il monumento costruito nel luogo in cui fu cremato Ghandi.

Partiamo poi subito per Jaipur (Km 280) e durante il tragitto ci fermiamo per il pranzo al Maharani hotel dove mangiamo, all’aperto. Il cibo indiano, che tutti ci avevano descritto come molto speziato e quasi impossibile da mangiare, a noi è piaciuto tantissimo! Riprendiamo velocemente il viaggio per Jaipur; sull’autostrada c’è un gran traffico, la carreggiata è invasa da lunghi camion, tutti pitturati, carichi all’ inverosimile e che portano scritto sul retro “Horn please!”. Infatti, sentiamo i clacson di tutti i veicoli suonare ininterrottamente. Verso le 17 circa arriviamo all’hotel “Vimalheritage” che è in tipico stile indiano: elegante, curato in ogni minimo dettaglio, con personale estremamente gentile e servizievole. La nostra stanza è così ricca ed elegante che è uno spettacolo! Unico neo: in un angolo c’ è un topolino, piccolo e spaventato. Tempo 10 minuti per sistemarci un po’, ed Alì ritorna a prenderci per accompagnarci al mercato della città vecchia. C’è un traffico disumano: risciò, tuc tuc, macchine, moto che trasportano 3 – 4 o addirittura 5 passeggeri, tutti vanno sparatissimi. La gente del luogo espone per terra frutta, verdura, cibarie di vario tipo dall’ igiene molto discutibile e mercanzie di ogni genere. Ben presto congediamo guida e autista, visto che Jaipur è la loro città, e gironzoliamo un po’ per conto nostro, affascinati dalla confusione che ci sta intorno. Ci immergiamo in un bazar dove non ci sono altri turisti. Passeggiamo tranquillamente e nessuno ci dà fastidio. Contrattando, acquistiamo i nostri primi souvenirs che, a fine vacanza,diventeranno davvero tanti, ma sicuramente mai troppi! Attraversare la strada è un vero pericolo, perchè nessuno si ferma mai ed è un andirivieni ininterrotto di veicoli di ogni tipo,comunque ce la caviamo bene. Per la cena ritorniamo in camera,affidandoci al conducente di un risciò. Facciamo una doccia veloce e poi andiamo a dormire: siamo davvero stremati, ma tanto felici!

Domenica 23 / 12 / 2012 Jaipur – Amber

Dopo aver fatto una sostanziosa colazione nella caratteristica sala del nostro hotel, serviti da due camerieri vestiti da indiani con un coloratissimo turbante, Alì e Nathujee vengono a prenderci alle 7.30: oggi sarà una giornata impegnativa e non si deve perdere tempo! Passiamo all’ HavaMahal (Palazzo dei Venti), molto caratteristico per l’esterno che sembra un alveare formato da tante piccole loggette, con finestre chiuse da schermi, in modo tale da permettere alle donne di corte di vedere che cosa accadeva in strada, senza però essere riconosciute da nessuno. Con un breve viaggio (11 Km), arriviamo poi ad Amber, dove, arroccato su una collina, si trova un forte spettacolare. Appena scendiamo dalla macchina, ecco di fronte a noi decine di tenerissimi elefanti bardati a festa, pronti a trasportare i turisti in cima al colle. Saliamo sull’elefante n. 124 che nell’arco di quindici minuti circa, ci permette di raggiungere senza fatica la nostra meta. L’ aspettativa è alta e non viene smentita dai fatti! È un’esperienza particolare e molto divertente. Il nostro mezzo di trasporto, a meta’ salita, deve fermarsi per andare alla toilette: scarica nel bel mezzo del percorso una quantità non indifferente di pipì e di cacca! Poi iniziamo la visita al forte, passando subito in un enorme piazzale ed in seguito, attraverso una scaletta, accediamo a un tempietto jainista. Qui è obbligatorio togliersi non solo le scarpe, ma anche le calze e camminare a piedi nudi sul marmo gelido: è una piccola tortura, ma ne vale veramente la pena. All’interno del tempio vediamo dei fedeli pregare, altri donare delle offerte in cibo e fiori ai loro dei, in particolare ad una statua nera, rappresentante la dea Kali. Procediamo nella visita, per fortuna dopo esserci potuti rimettere le nostre scarpe! Accediamo così a una seconda corte dove spicca un sontuoso portale d’accesso agli appartamenti privati del maharaja, sul quale fa bella figura un grande mosaico rappresentante Ganesh, il dio-elefante della buona sorte. Poco dopo appare davanti ai nostri occhi il Shish Mahal, tutto rivestito di piccoli specchi piatti e convessi: è di un’eleganza maestosa e la lavorazione è finemente curata in ogni minimo dettaglio. È poi tutto un susseguirsi di giardini e palazzi con varie camere riccamente decorate per le principesse e le numerose concubine del maharaja. Successivamente visitiamo il Jantar Mantar, uno spettacolare osservatorio astronomico dove sono situati numerosi enormi strumenti in muratura, fatti costruire nel 1700 dal maharaja JaiSingh II, appassionato appunto di astronomia. Questa scienza è molto popolare ancora tra gli Indiani di oggi i quali, prima di decidere la data di un evento importante della propria vita (il matrimonio, un viaggio…), o fare una scelta significativa (il nome da dare ad un figlio), si affidano appunto agli astri. Questa visita è stata molto interessante, anche grazie alle dettagliate ed esaurienti spiegazioni forniteci da Alì. Dopo pranzo l’autista ci accompagna nella zona dei mercati dove giriamo da soli. Ci piace da morire gironzolare in mezzo alla gente del posto! Che confusione di persone, moto, macchine, tuc-tuc e animali di vario genere, tutti insieme appassionatamente! Entriamo anche in un modernissimo (!) e polverosissimo negozio di elettricità per comprare una presa per poter caricare il cellulare a 20 rupie. Il negoziante sembra contento di vendere la sua merce a degli stranieri e si fa anche fotografare. Per strada mangiamo anche cena, a base di dolci, frittelle e banane, spendendo ben 60 rupie. Decidiamo poi di prendere un tuctuc per ritornare in hotel e due driver litigano per contenderci come clienti. Alla fine, come dice il proverbio, tra i due litiganti, il terzo gode. Infatti ne scegliamo un terzo che con 100 rupie ci riporta in hotel. Qui facciamo la doccia e andiamo a dormire, stanchi, ma sempre più entusiasti dell’India!

Lunedì 24/12/2012: Fatehpur – Bikaner

Questa mattina la sveglia è suonata alle 6.45. Verso le 8 partiamo con Nathujee, il nostro autista, silenzioso, ma gentile. Dopo circa 160 km – 2ore di viaggio – facciamo sosta a Fatehpur. Visitiamo un tempietto induista dedicato al dio Vishnu e diamo un’occhiata veloce alle antiche haveli, vecchie case dei ricchi mercanti, lasciate però purtroppo decadere. Un vero peccato, visto che hanno delle meravigliose decorazioni. Il paese è molto diverso rispetto alla grande città: ai margini delle vie, scorrono dei rigagnoli maleodoranti dove galleggia ogni tipo di rifiuti. I bambini, sui bordi delle strade, ci salutano, sorridendo, alcuni sono mezzi nudi. Le donne indossano i coloratissimi sari e mucche, capre, maiali, galline passeggiano tranquillamente indisturbate. Usciamo dal paese e poco dopo siamo fermi, a causa di un passaggio a livello chiuso. In pochi minuti si ammucchiano disordinatamente decine di macchine e lunghi camion. Gentilmente Nathujee scende, entra in una specie di “autogrill” (eufemismo per descrivere una catapecchia, sporca e polverosa) e ci offre un ottimo the nero, un po’ speziato. Riprendiamo il viaggio e vediamo che il paesaggio sta cambiando: dal verde delle coltivazioni, spesso punteggiate dai fiori gialli della senape, si passa a tratti desertici con arbusti, rovi sparsi tra erbe secche, sabbia e pietre e alcuni alberi che rompono con le loro verdi chiome la gialla monotonia del paesaggio. Sempre più spesso iniziano a farsi vedere lungo o nel bel mezzo della strada capre, pecore, mucche e dromedari che il nostro autista riesce sempre ad evitare, zigzagando abilmente. La strada scorre velocemente, rallentata solo alcune volte, oltre che dagli animali, da trattori trainanti carri carichi all’ inverosimile di granaglie o paglia e da carretti tirati da lentissimi dromedari con l’espressione terribilmente annoiata. Siamo a Bikaner (Km 194) verso le 14.30, dove ci sistemiamo presso l’hotel Maraja Ganga Mahal. È un vecchio palazzo appartenuto a ricchi mercanti del luogo, con un ampio giardino all’ inglese. Ma la sorpresa più grande arriva nel momento in cui ci portano in camera: un immenso letto (secondo noi a 4 piazze!) occupa buona parte della stanza veramente grande. È addirittura fornito di scalini per poterci salire. Poco dopo partiamo per andare a visitare il forte di Junagarhche è meraviglioso: costruito in arenaria rossa, comprende numerosi cortili, palazzi, padiglioni e tempietti. La sala più spettacolare è l’Anup Mahal dove avevano luogo le incoronazioni dei sovrani. È tutto un luccichio, grazie agli specchi incastonati, vetri colorati, disegni con lamine dorate sulle pareti laccate di rosso. Ci facciamo poi accompagnare da Nathujee nel centro, pensando di fare una piacevole passeggiata. Qui invece incontriamo una bolgia indescrivibile di tuc-tuc, moto, macchine, biciclette, persone che procedono tutte a una gran velocità. I clacson delle auto regnano sovrani, ma, nonostante tutto questo caos, le mucche sembrano non essere turbate e se ne stanno tranquille in mezzo alla strada. Una scena alla quale abbiamo assistito e che non dimenticheremo facilmente è quella che si è svolta in prossimità di un passaggio a livello in pieno centro. Arriviamo quando ormai le sbarre sono abbassate e, chi è provvisto di un mezzo che glielo permette, passa sotto, anche quando ormai si sente il fischio del treno che sta arrivando. Chi invece ha un mezzo di dimensioni maggiori rimane fermo a motore acceso, naturalmente continuando a suonare il clacson. Insomma, nell’arco di pochi minuti si ammucchiano disordinatamente parecchie centinaia di veicoli: il caos è alle stelle e l’inquinamento atmosferico e acustico ancora peggio. Il treno, poi, al suo arrivo è costretto a fermarsi per lasciare passare chi, imperterrito, deve concludere l’attraversamento dei binari. Veramente incredibile! Non appena le sbarre iniziano ad alzarsi, tutti partono a gran velocità… questo pazzo popolo indiano ci piace davvero tanto! Decidiamo poi di fare la nostra cena per strada ed entriamo in una specie di fast food con cibi locali, dove tutti i clienti mangiano in piedi e buttano a terra tovaglioli, contenitori in plastica, residui vari di cibo. Per questi ultimi non c’è nessun problema, perchè le mucche entrano e fanno pulizia velocemente, ma per tutto il resto, la sporcizia è indescrivibile! Anche noi mangiamo in questo “gran porcile” e non ci dispiace affatto. Stiamo diventando un po’ indiani anche noi?! Ritorniamo in hotel a piedi e ci sistemiamo nel nostro comodo lettone a 4 piazze. Buonanotte!

Martedì 25/12/2012: Desnoke – Jaisalmer – deserto del Thar

Abbiamo dormito benissimo nel super-lettone da maharajà! Partiamo per Desnoke, la località famosa, in quanto unica in tutto i mondo: qui si adorano i topi che vengono quindi nutriti in abbondanza dai fedeli. Questi infatti vengono per pregare ed offrire ai topi, considerati sacri, cibi di ogni genere. Appena giunti (Km 30), togliamo le scarpe e indossiamo un paio di calze in più che butteremo poi all’uscita. Daria entra un po’ timorosa, ma quasi immediatamente si ambienta e, non solo non ha paura, ma si diverte un sacco a girare in mezzo a tutti questi topolini! Uno sfiora un piede di Giorgio, ma non ci sale proprio sopra. Peccato, perchè dicono che porti davvero fortuna! E neanche il topolino bianco l’abbiamo visto; questo sarebbe stato il massimo della buona sorte. Ci fermiamo anche ad osservare, molto interessati, la celebrazione di un rito: i fedeli suonano e cantano in onore degli dei-topolini. Dopo circa 1000 scatti di fotografie a testa, usciamo dal tempio, buttiamo le nostre calze e ripartiamo per il viaggio. Percorriamo ancora parecchi km, poi ci fermiamo al Pokaran desert resort per il pranzo di Natale e che pranzo! C’è una tavola imbandita con ogni ben di dio da prendere in quantità illimitata e ci rimpinziamo veramente di prelibatezze indiane. Riprendiamo il viaggio, abbiamo ancora circa 200 km da percorrere, ma la strada è bella e, a parte i soliti rallentamenti, si procede a velocità abbastanza spedita. Quando raggiungiamo Jaisalmer (Km 360 ) e in particolare l’hotel Fort Raiwada, restiamo veramente a bocca aperta! Si entra in un immenso giardino, ornato di aiuole, caratteristici ombrelloni che sanno tanto di Cina ed archi, statue, tempietti, cupole di ogni dimensione. In un angolo, un dromedario con un’elegante carrozza, attende i turisti. Ci sono anche molti animatori (chi cammina sui trampoli, chi suona, chi danza…) e all’ingresso alcuni uomini, che indossano tipici abiti indiani, ci salutano gentilmente (“Namastè!”), con le mani giunte, in segno di rispetto. La hall è, a dir poco, maestosa: al centro spicca un grande arco con balconata in marmo bianco finemente decorato, proprio come i templi jainisti. Veniamo accolti calorosamente e ci vengono offerte le classiche corone di fiori da mettere al collo. Poco dopo conosciamo la nostra guida Lalu, che parla un discreto italiano. Con lui saliamo subito in macchina e dopo 40 minuti circa di viaggio (Km 40), arriviamo ai margini del deserto dove numerosi cammellieri aspettano i turisti. Con un po’ di fatica Daria sale sul cammello bardato di verde e Giors su uno giallo. Prima si procede lentamente e i cammellieri sono a terra e guidano le bestie. Poi salgono con noi e fanno aumentare la velocità: ora non si passeggia più, ma si trotta abbastanza velocemente. È divertentissimo, ma è un po’ difficoltoso mantenere l’equilibrio e ti spacca un po’ il sedere! Però ti abitui quasi subito e così riesci anche a goderti la cavalcata. Dopo venti minuti circa, eccoci giunti sulle dune sabbiose. Gli spazi sono immensi ed intorno a noi vediamo persone di ogni tipo: turisti occidentali e indiani, donne rajasthane che si esibiscono in danze tipiche, venditori che propongono cibi e bevande. Sullo sfondo il sole lentamente si abbassa dietro le dune, creando giochi di colori meravigliosi che continuamente cambiano sfumatura. Nonostante la gran folla, regna un vero senso di pace e di serenità che ti fanno provare delle forti emozioni. Quando il sole è ormai sceso dietro le dune, risaliamo sui cammelli e ritorniamo dalla nostra auto dove il fedelissimo Nathujee, come sempre, è lì ad attenderci. Con lui ritorniamo in centro città dove visitiamo la parte vecchia in compagnia di Lalu. Acquistiamo il solito cibo di strada per la cena, spendendo solo 100 rupie e verso le 21 ritorniamo in albergo accompagnati da Nathujee. Questo è stato sicuramente il Natale più particolare della nostra vita!

Mercoledì 26/ 12/ 2012: Jaisalmer

Verso le 8.30 partiamo con Lalu per la visita della città. La prima tappa è al lago Gadhisar. Ci si accede passando sotto una porta che, secondo la tradizione, è stata fatta costruire da una prostituta di corte. Si tratta di tombe simboliche di antichi nobili, i cui corpi furono cremati sulle rive del lago e le cui ceneri furono disperse nelle acque del Gange. Nel lago ogni tanto affiorano numerosi pescigatto, attirati dal cibo gettato loro dagli indigeni. Facciamo una sosta pipì in uno dei bagni più sporchi che abbiamo mai visto: non c’è la possibilità di tirare l’acqua e quindi vi galleggiano gli escrementi di tutte le persone che vi sono passate prima di noi. L’unico vantaggio è che almeno non c’è nessuno a cui lasciare la mancia, visto che qui in India, qualunque cosa si faccia, si è sempre obbligati a donare qualche rupia. Ci addentriamo poi nel forte che è veramente spettacolare. È circondato da altissime mura e da imponenti bastioni. Qui si stanno svolgendo dei lavori di restauro, in quanto parecchi massi sono caduti e si sono ammucchiati alla base. Alcune donne, avvolte nei loro coloratissimi sari, trasportano sulla testa delle ceste contenenti le pietre meno pesanti, alcuni uomini quelle più grandi, mentre altri, forse più fannulloni, osservano interessati lo svolgersi delle fatiche altrui. Intanto i bambini si divertono correndo. Davvero particolare questo quadro di vita indiana! All’interno del forte vivono ancora oggi circa 5000 persone, alcune delle quali hanno occupato degli edifici storici e parte delle mura e dei bastoni. La stessa cosa accade per i negozietti che si accalcano lungo le viuzze. Passeggiare per questi vicoli è un’impresa, ma sia ben chiaro, un’impresa piacevolissima! Spesso succede poi di incrociare delle mucche che, con fare pacioso, osservano con nonchalance le persone tutte nelle loro faccende affaccendate. Qualcuna, più intraprendente, entra indisturbata nei negozi e a noi turisti non resta altro da fare che aspettare che sua santità, la mucca sacra, si decida a spostarsi. Lungo il percorso visitiamo un complesso di templi jainisti, in marmo bianco e arenaria rossa, finemente decorati e scolpiti. Più avanti entriamo in un tempio induista, non particolarmente artistico, ma per noi significativo, in quanto abbiamo la possibilità di assistere ad un rito indù molto toccante. La cosa che ci colpisce di piùè l’ atteggiamento delle persone di tutte le età che partecipano con vivo coinvolgimento ai riti, suonando, cantando e battendo le mani. Poi ci gustiamo un ottimo the al masala, stando seduti in un punto panoramico su un bastione, dal quale si possono vedere le porte d’ingresso al forte e l’andirivieni continuo di turisti ed indigeni. Ci fermiamo anche ad ammirare delle sfarzose haveli che si affacciano in uno stretto vicolo, affollato di turisti. I raggi del sole che le colpiscono le rendono ancora più belle. Poi andiamo a visitare i Cenotafi che sono tombe simboliche dei reali. Sono tantissimi e, visti tutti insieme, ti danno quasi l’impressione di essere finiti in un sito archeologico dell’antica Cina! Due maharaja sono considerati come semidei, infatti dobbiamo toglierci le scarpe per entrare nei loro cenotafi e vediamo alcuni pellegrini che portano offerte di cibo. Fa un caldo bestiale, sembra di essere in estate e non alla fine dell’anno! Chiediamo poi al nostro paziente autista di riportarci al forte e lui, come sempre disponibilissimo, ci accompagna ben volentieri. Ora passeggiamo liberamente, senza essere “controllati” dalla guida e gironzoliamo tranquillamente per le viuzze illuminate da flebili lucine che contribuiscono a rendere la visita davvero romantica. I venditori ci richiamano continuamente ad ammirare le loro merci ed ecco che cadiamo continuamente in tentazione! Così facciamo acquisti folli che ci divertono un sacco, anche per le modalità con cui si svolgono. Il titolare di un negozio, pur di venderci due souvenirs, sui quali avevamo contrattato, ma non avevamo raggiunto un accordo,ci insegue con la sua motoretta per ben due volte e ci raggiunge quando ormai siamo fuori dal forte, per consegnarci i due caratteristici oggetti al prezzo da noi proposto. Quanto sono simpatici questi Indiani!

Com’è diventata ormai abitudine in questa vacanza, cerchiamo qualche porcheriola da mangiare in strada per la cena. Poi ci accomodiamo su una panchina in pietra e, guardandoci in giro, notiamo che, proprio di fianco a noi , un venditore ambulante di cibo indiano, si sta apprestando a “chiudere” il suo raffinato locale. Esso consiste in uno sgangherato ed arrugginito carretto a quattro ruote, sul quale sono riposti contenitori stra-unti di ogni tipo ed un’enorme padella. Con incredibile solerzia, lo vediamo pulirla a mani nude,(che immaginiamo pulitissime) e con un pezzo di carta raccattata per terra. Infine mette dei catenacci alle ruote e se ne va. Incredibile India! Anche noi siamo stanchi, quindi ci avviciniamo ad un tuc-tuc che ci riporta al nostro lussuoso hotel. Lungo il tragitto percorriamo un bel tratto di strada completamente allagato. Cosa sarà accaduto di strano, visto che sono mesi che a Jaisalmer non piove?!

Giovedì 27/12/2012: Jodhpur

Verso le 8.30 partiamo per Jodhpur. Lungo il tragitto facciamo una fermata, perché vediamo tante persone accampate a bordo strada: vogliamo distribuire loro i giochi e l’abbigliamento che abbiamo portato appositamente da casa per regalarli a chi ne ha più bisogno. Purtroppo però non è una gran bella esperienza: tutti, bambini e adulti, ci strappano letteralmente le cose di mano e siamo costretti a ripartire, per evitare una rissa. Povera gente! Si vede che non hanno proprio niente e pensare di poter ricevere qualcosa di “meraviglioso” tutto per sè, li rende egoisti ed aggressivi! Verso le 13.30 arriviamo a Jodhpur (Km 285) e visitiamo subitoil Jaswant Thada, una maestosa tomba di un maharaja, fatta costruire dalla moglie in cima ad una collina. Di qui possiamo ammirare uno splendido panorama: ci colpiscono le case azzurre dei bramini e i 10 km di cinta muraria della vecchia città. Ci addentriamo poi nel Mehranghar Fort, per raggiungere il quale, percorriamo una ripida e tortuosa strada lastricata che attraversa ben sette portali. Vicino alla sesta porta vediamo le impronte delle mani delle mogli del maharaja Man Singh che compirono la sati (il suicidio d’amore) sulla pira funeraria del marito. Anche questo forte ci appare maestoso, lussuoso e caratteristico. Visitiamo il museo interno dove sono esposti baldacchini, armi, abiti, tappeti da soffitto e da pavimenti, appartenuti ai regnanti che hanno vissuto in questa reggia per 600 anni. Ci è piaciuto assistere ad una piccola dimostrazione su come gli uomini si arrotolano, intorno al capo, la lunghissima stoffa per creare i meravigliosi turbanti. In seguito, lasciando le solite 100 rupie di mancia, anche Giors prova a indossarne uno: sarebbe davvero stato un imponente maharaja! Poi andiamo a visitare la citta’ vecchia con la guida che sembra piu’ interessata a portarci nei negozi, piuttosto che lasciarci immergere liberamente nel tipico clima del mercato. Noi gentilmente rifiutiamo, visto che preferiamo farci un caratteristico giro nel bazar che si trova ai piedi della torre dell’orologio. Ottima scelta, dal momento che qui ci possiamo immergere nella caotica e folle realtà indiana che ci entusiasma sempre di più. Andiamo poi a fare cena in un localino sporco dove assaggiamo per la prima volta il lassi, tipica bevanda indiana, a base di yogurt: è ottimo e speriamo che non ci dia problemi intestinali. Ritorniamo in macchina per raggiungere il nostro hotel “Devi bawan”. Arriviamo che è ormai buio. Il posto è poco illuminato, ma ci sembra carino, immerso nel verde. Quando entriamo in camera, troviamo sul tavolino una torta con scritto sopra “Happy birthday!”: ce l’ha fatta trovare il titolare dell’albergo, per festeggiare il compleanno di Daria. Che gesto carino ed inaspettato! Purtroppo però abbiamo gia’ la pancia piena e poi abbiamo paura che i dolci con panna ci facciano male, (quante raccomandazioni all’Asl sulla profilassi comportamentale!) Comunque cediamo alla tentazione e ce ne concediamo una fetta a testa: è divina, ma con tutta quella panna, abbiamo paura che fare il bis ci possa creare problemi. Quindi decidiamo che può già andare bene così!

Venerdì 28/12/2012: Jodhpur – Villaggio Bishnoi – Ranakpur – Udaipur

Abbiamo passato una buona nottata e per ora, per fortuna, nessun disturbo intestinale! Verso le 9 Nathujee viene a prenderci con la sua Toyota Innova, come ogni mattina ripulita e riordinata alla perfezione, e ci porta all’ attuale residenza del maharaja, enorme costruzione di 347 stanze, costruita all’inizio del secolo scorso, perchè il maharaja non amava più il vecchio forte. Osserviamo le foto della costruzione della residenza, i progetti delle varie stanze e molte suppellettili. Riprendiamo il viaggio e dopo pochi chilometri (Km 22) raggiungiamo un villaggio Bishnoi. Come scendiamo dalla macchina, veniamo attorniati da un’orda di bambini e alcuni adulti che ci invitano ad entrare in una delle loro piccole e misere abitazioni. Ci fanno assistere al rito dell’oppio, al termine del quale ce lo fanno assaggiare, versandocene un po’ tra le mani. Ci sentiamo obbligati a berlo, anche se non ci ispira molto, ma vogliano dimostrarci rispettosi delle loro tradizioni. Mangiamo anche alcuni frutti, piccole bacche rosse e arancioni tipiche del Rajasthan. Poi a tutti i costi le donne del villaggio vogliono vestire Daria con il loro abito tradizionale: in pochi minuti la trasformano in una donna rajasthana! Chiacchieriamo come riusciamo, senza capirci più di tanto, ma è comunque piacevole e divertente. Siamo attorniati da tanti bambini che sono felici di farsi fotografare con noi. Poi decidiamo di dare loro alcuni regali. Tutti ci saltano letteralmente addosso, strappano i sacchettini contenenti i giochi, si spintonano e litigano tra loro; per non parlare poi delle saponette e dei vestiti che vanno letteralmente a ruba! Perfino la borsa di nylon che conteneva il tutto è un regalo prezioso e a gesti ci fanno capire che la utilizzano per ripararsi la testa (dal sole o dalla pioggia? Questo non l’abbiamo proprio capito!). Offriamo più mance e ascoltassimo tutte le loro richieste, dovremmo continuare all’ infinito, ma ad un certo punto diciamo basta. Ringraziamo e ci avviamo alla macchina, seguiti dal lungo corteo di bambini che, per salutarci affettuosamente, picchiano sui vetri, gridando ”Bye!”. Che bei sorrisi con quei denti bianchissimi e quegli occhi così espressivi! Ricevere in dono delle semplici sorpresine Kinder ha riempito i loro cuori di gioia, forse tanto più di quanto riescano a fare i costosissimi giochi elettronici con i nostri bambini, sempre più annoiati e desiderosi di cose nuove da usare per pochi giorni e poi solitamente dimenticare. Quanto c’è da imparare da questa povera gente e non parlo solo per i bambini, ma anche per gli adulti, anche per noi stessi! Riprendiamo il viaggio e ben presto notiamo che non si vede più il paesaggio completamente in piano, ma incominciano a profilarsi i monti Aravalli e le strade diventano strette e tortuose. Attraversiamo alcuni piccoli villaggi e vediamo scene bellissime di donne, bambini, anziani che fotografiamo di continuo, perchè sono veramente particolari. Dopo aver pranzato in un elegante ristorante all’aperto, riprendiamo il viaggio e notiamo che la vegetazione è sempre più fitta e sembra di passare in una galleria fatta di alberi.

Arriviamo così a Ranakpur, (Km 157) dove si trovano i famosi e davvero splendidi templi jainisti. Visitiamo il piccolo tempio, le pareti esterne del quale sono decorate con scene erotiche, curate nei minimi dettagli che ricordano quelle famosissime dei templi di Khajuraho. Passiamo poi al tempio maggiore: è un vero spettacolo! Le 1444 colonne, che si innalzano al suo interno, sono in marmo bianco e ognuna di esse presenta una diversa decorazione. Raffigurano fiori, forme geometriche ed, in parte minore, figure umane ed animali, curati nei minimi dettagli. Il tutto è ulteriormente abbellito da lunghissime ghirlande di fiori bianchi, gialli, arancioni e rossi e da foglie color dell’oro e dell’argento. Alcuni monaci, vestiti di sari gialli e rossi, pregano, spargendo incenso e facendo offerte ai loro dei. Estasiati da tanta ricchezza e bellezza, continuiamo a scattare fotografie alle colonne che sembrano ricoperte di merletti. Giriamo a lungo nel tempio e riusciamo anche a scattare una fotografia con un giovane monaco induista che, secondo Daria, è veramente un figo! Non ci è però consentito di accedere nel luogo sacro, dove possono entrare solo gli Indiani, ovviamente per motivi religiosi. Un po’ a malincuore lasciamo questo luogo davvero incantevole e riprendiamo il viaggio. Lungo il percorso incontriamo numerosi macachi, che, seduti ai margini della strada, osservano incuriositi che cosa accade intorno a loro e sembrano quasi compiaciuti di farsi fotografare. La strada è tortuosa, prima si inerpica tra le montagne, poi inizia a scendere ed è molto dissestata e trafficata, ma tutti guidano ugualmente all’impazzata e sorpassano continuamente, suonando in modo pressochè continuo il clacson. Arriviamo all’hotel SwaropVilas di Udaipur (Km 109) che ci appare subito di elevato livello. Decidiamo di visitarlo e scopriamo elegantissime sale, un cortile con piscina, ombrelloni e lettini, un enorme terrazzo dove si trova un piccolo bar. Ci fermiamo qui per la cena: vogliamo tenerci leggeri e così ci gustiamo un buon lassi, gia’ sperimentato nei giorni scorsi e rivelatosi innocuo per il nostro intestino. Siccome fa un po’ freddo i camerieri accendono dei bracieri con ciocchi di legno vicino ad ogni tavolino, creando così una magica atmosfera.

Sabato 29/12/2012 Udaipur – Kailashpuri

Questa mattina ci rechiamo al City Palace che sorge sulle rive del lago Pichola : è affollatissimo, sontuoso, ma, a nostro avviso, non entusiasmante. Facciamo poi il tipico giro del lago in battello, ammiriamo il famoso Lake Palace che sembra sorgere dalle acque e approdiamo in un’isoletta, abbellita da molte statue di elefanti ed eleganti giardini; poco dopo riprendiamo il battello e ritorniamo sulla terraferma. Questo giro turistico ci ha lasciato piuttosto indifferenti, in quanto per noi non è la vera India, ma ci ricorda piuttosto il lago Maggiore: che squallore! Preferiamo visitare la città vecchia dove incontriamo alcuni caratteristici personaggi che ci chiedono l’elemosina; gliela offriamo volentieri, in cambio della possibilità di scattare loro alcune fotografie. Ci innamoriamo delle miniature, tipiche di Udaipur: i pittori dipingono su tele di seta o su antiche pagine stampate,classiche scene indiane dai colori vivacissimi. Sono veramente splendide e ne acquistiamo una piuttosto grande in seta e tre piccoline su carta antica, che certamente sistemeremo nel nostro salotto di casa. Ci colpisce poi una bancarella gestita da un simpatico vecchietto che riesce a venderci 5 magneti, rappresentanti le principali divinità induiste: anche se di poco valore, saranno per noi un caro ricordo che troveranno posto sul nostro frigorifero in cucina. Passiamo anche davanti alla scalinata che conduce al Jagdish Mandir, un antico tempio, ma purtroppo non abbiamo tempo a visitarlo e ci limitiamo ad ammirare le donne che, sedute sugli scalini, vendono fiori coloratissimi, come i loro sari.

Ci ritroviamo con Nathujee e riprendiamo il viaggio, per raggiungere i templi di Eklingji e Nagda che si trovano nel piccolo villaggio di Kailashpuri (Km 23). Qui non basta togliersi le scarpe, ma è obbligatorio stare a piedi nudi, quindi… via anche le calze e siamo costretti a camminare sul marmo gelido. All’ingresso c’è un controllo serrato su tutto e così dobbiamo anche depositare le borse. Il guardiano ci segue e ci controlla con attenzione, forse anche perchèsiamo gli unici turisti, tutti gli altri sono Indiani, molto devoti. Entriamo nel luogo sacro dove si trova una statua argentata che rappresenta una mucca e che tutti vanno a baciare. Assistiamo alle preghiere ed ai canti, accompagnati da semplici strumenti musicali. Qui l’atmosfera è veramente particolare e ci sentiamo pienamente coinvolti in questo clima di devozione e religiosità. Vi sono tanti piccoli tempietti ed alcune scimmie che, con i loro piccoli, si divertono ad andare a rubare le corone di fiori offerte dai credenti, per poi correre e saltare velocemente sui tetti dei templi e gustarsele, come fossero dei dolci squisiti. Ritorniamo nuovamente nel nostro hotel di Udaipur (Km 23), dove ci gustiamo il solito lassi al bar all’aperto con caratteristico braciere. Che posto romantico! Ritorniamo nella nostra lussuosa camera e andiamo a dormire.

Domenica 30/12/2012: Chittaurgarh – Puskar

Questa mattina si parte per Chittaurgarh (116 Km) dove si trova uno tra i più maestosi forti di tutto il Rajasthan. C’è moltissima gente locale e Nathujee ci spiega che, essendo domenica, molti Indiani vengono in questa zona a fare picnic e a trascorrere la giornata di festa. Visitiamo prima il museo del forte, poi, poco distanti, i templi jainisti e la JayaStambha, la famosa torre della vittoria, che è il simbolo di Chittaurghar. E’ alta ben 37 metri, distribuiti su 9 piani. Vicino si trova anche la zona anticamente adibita alla cremazione. Tra i vari tempietti, ci colpisce in particolare uno che sorge su un piccolo specchio d’acqua dove vediamo alcuni fedeli immergersi e lavarsi. Ben presto siamo circondati da tanti bimbetti sporchi, vestiti con abiti stracciati e scarpe, a dir poco consumate, che insistono in tutti i modi per farci acquistare i loro disegni: sono stati fatti su pezzetti di carta unti e stropicciati e rappresentano animali e paesaggi. Ci fanno veramente tenerezza e così decidiamo di acquistarne alcuni che terremo come ricordo. Felici di aver guadagnato quattro soldini, si mettono in posa per farsi fotografare. Nella zona gironzolano indisturbati vari tipi di animali: macachi, cani e maialini che vengono nutriti dai turisti con noccioline e bacche. Le piccolestradine tortuose sono molto trafficate: tuc-tuc e trattori con relativi carri, carichi all’inverosimile, trasportano decine e decine di donne che si recano in un piccolo mercato locale. I loro abiti, colpiti dai raggi del sole, creano delle macchie di vari colori contrastanti e scintillanti: è un vero spettacolo osservarle! Entriamo poi in un altro tempio dove, per accedere al luogo sacro, ogni fedele fa suonare le campane appese proprio sulla soglia; quindi è un continuo tintinnio. Anche noi compiamo lo stesso gesto, ci piace comportarci come dei veri Indiani! Molti pregano, offrono cibo ai loro dei, poi si spostano nel vicino giardino dove fanno picnic. Ancora una volta vediamo un vero tripudio di colori: i sari delle donne, i turbanti degli uomini sono di 1000 diverse tonalità e trasmettono tanta allegria. Scattiamo quindi molte fotografie e tutti sembrano contenti di farsi riprendere e, a loro volta, fotografano anche noi che siamo forse gli unici turisti che gironzolano tranquillamente in mezzoa loro. Conclusa la visita di Chittaurghar, che ci è piaciuta davvero molto, iniziamo un lunghissimo viaggio per raggiungere Puskar. Percorriamo l’ autostrada come il solito molto trafficata; ogni tanto poi vediamo delle “aree di sosta” dove dei chioschetti vecchissimi, sporchi ed impolverati vendono merce altrettanto sporca e decisamente poco invitante, ma, nonostante ciò, sono sempre affollatissimi. Molto particolari sono anche i caselli, se così possiamo chiamarli, infatti si tratta di scassatissime postazioni più simili a celle che ad uffici. Insomma, in India, neanche in autostrada non ti annoi mai, perchè hai sempre qualcosa da osservare e da scoprire! Quando è ormai buio, raggiungiamo Pushkar, città sacra e meta di pellegrinaggi per gli induisti (Km 185). Ci sistemiamo all’hotel Master Paradise, bello dall’esterno, carino e caratteristico anche all’ ingresso, con uno sfarzoso giardino, ma con camere un po’ deludenti. Fa freddo e siamo stanchissimi, quindi si va a letto presto!

Lunedì 31/12/2012: Puskar – Villaggio di Nathujee – Fatehpur Sikri – Agra

Questa mattina facciamo conoscenza con Nandu, la guida che ci accompagnerà alla scoperta di Pushkar: è un ragazzo giovane che non parla benissimo l’ italiano, ma è molto gentile. In giro per il paese vediamo la gente locale che, tutta infreddolita, cerca di scaldarsi come può: chi accende un fuoco per le strade e se ne sta lì vicino accovacciato (tipica posizione indiana), chi porta sulle spalle un plaid a mo’ di cappotto, chi sorseggia un the fumante al masala in una tazzina di coccio usa e getta, acquistata dai venditori ambulanti. Infatti, qui la temperatura è piuttosto bassa e non ha niente a che vedere con quella decisamente più piacevole dei giorni scorsi. Visitiamo subito il tempio di Brahama, unico santuario in India dedicato al dio creatore. È di un azzurro intenso con una vistosa cupola arancione; nel pavimento, di marmo bianco, sono incastonate una miriade di monete d’ argento, ormai consumate dal continuo calpestio dei fedeli. Peccato che non si possa fotografare! Poi Nandu ci accompagna in giro per il mercato e notiamo subito la differenza rispetto alle città visitate finora: nel centro non circolano macchine, tuctuc, risciò e moto, quindi si può passeggiare tranquilli, senza rischiare continuamente di essere investiti, le strade non sono invase da rifiuti, ma addiritturavengono spazzate e ripulite. I negozianti poi non utilizzano borse di plastica, ma solo di stoffa, ottenute cucendo ritagli vari colorati. Ci avviciniamo poi ai ghat che portano al lago sacro edun bramino ci coinvolge in un tipico rito sacro indù: è un’ esperienza suggestiva, interessante e particolare, ma sicuramente lo scopo principale del bramino è quello di ottenere una lauta mancia e infatti viene, almeno in parte, accontentato. Lasciamo Pushkar con un po’ di rincrescimento, in quanto ci sarebbe piaciuto restare di più, per conoscere meglio questo paese così particolare, coinvolgente e pieno di spiritualità. Ma purtroppo il tempo stringe e bisogna di nuovo ripartire! La nostra meta è FathepurSikri, la famosa città fantasma, ma durante il percorso Nathujee ci riserva una piacevole sorpresa: ci porta a casa sua! Arriviamo in un piccolo villaggio, a circa 20 Km da Jaipur, per raggiungere il quale percorriamo una strada sterrata e polverosa. Appena scendiamo dalla macchina, ci vengono incontro i suoi tre figli maschi e molti altri bambini che ci guardano incuriositi, quasi fossimo marziani! La moglie invece sta cucinando accovacciata in cucina, se così si può chiamare quel buco piccolissimo con il pavimento in terra battuta. Nathujee è orgoglioso di mostrarci la sua casa, costituita da due stanzette, una per i tre figli e l’altra matrimoniale che svolge anche la funzione di sala da pranzo. Entrambe sono arredate in modo essenziale e con mobili piuttosto malridotti. Poi andiamo a fare due passi nel villaggio e ci colpisce una donna intenta a fare uno strano lavoro: prepara dei piattelli fatti di sterco di mucca che serviranno poi come carburante per il riscaldamento e la cucina. È sorprendente vedere come, senza nessun problema, prenda tra le mani una quantità di cacca, la appallottoli, poi la schiacci, fino a farle prendere la forma di un disco ed infine la metta su un muretto ben esposto al sole per farla essiccare. Ci guardiamo intorno e vediamo una fila infinita di questi dischi: ci pare impossibile che nel 2012 delle persone sopravvivano ancora grazie ad abitudini così primitive! Poi pensiamo di distribuire i giochi, i pastelli e le biro che non avevamo ancora donato e la cosa, stranamente, si svolge in modo molto ordinato e tranquillo. Nathujee chiama uno per uno i bambini che ringraziano con uno splendido sorriso per il regalo ricevuto, per fortuna senza litigare, com’ era accaduto invece negli altri villaggi. Infine, scattiamo alcune foto ricordo e riprendiamo il nostro viaggio per raggiungere Fatehpur Sikri (Km 202 ), una città fatta costruira dall’imperatore Akbar nel 1572, ma abbandonata già a partire dal 1585, viste le difficoltà di approvvigionamento idrico. I palazzi, le sale, i chioschi, le balustre, le colonne e la moschea sono in perfetto stato di conservazione. Visitiamo gli edifici riservati alle tre mogli dell’imperatore e passeggiamo nell’enorme cortile, ammirando le costruzioni tutte in arenaria rossa che, colpite dalla luce del sole nel momento del tramonto, assumono una colorazione ancora più intensa. Passiamo poi nel complesso della moschea dove spicca un edificio in marmo bianco: è un monumento funebre che contiene le spoglie di un santone. Qui ci colpiscono i fedeli che numerosi annodano dei fili di lana gialli e rossi alle grate delle finestre. La guida ci spiega che rappresentano le loro richieste di grazia. Sono tantissimi e, nel momento in cui li annodano, le persone pregano con ferma convinzione. Riccamente decorata è anche la moschea, all’ ingresso della quale, nelle arcate della volta, si trovano enormi alveari di api. Per raggiungere Agra (Km 35), percorriamo ancora un lungo tratto di strada molto trafficata e verso le 19 giungiamo al “Siris 18”, il nostro hotel. È molto elegante, la camera è arredata con mobili così tanto decorati che alla fine risulta quasi pacchiana, ma la pulizia è impeccabile. Ci prepariamo per il cenone di Capodanno, incluso nel prezzo, ed andiamo sul terrazzo dove sono stati preparati i tavolini per la ricca cena a buffet, preceduta da alcuni antipasti a base di carne cotta alla brace davanti ai nostri occhi. Unica pecca: la temperatura. Fa sempre più freddo e, nonostante siano stati sistemati alcuni bracieri per riscaldare un po’ l’ambiente, si gela veramente! Decidiamo così di non attendere la mezzanotte in terrazza, ma trascorriamo un po’ di tempo nella hall, navigando su internet. Ritorniamo in camera e a mezzanotte sentiamo lo scoppiettio dei fuochi artificiali e così li ammiriamo in lontanza dalle finestre. È iniziato il 2013!

Martedì 1/01/2013: Agra – Delhi

Questa mattina ci svegliamo alle 7.30 e andiamo a mangiare nella sala della colazione al piano interrato. Per fortuna non hanno più preparato i tavoli sul terrazzo, come ieri sera, perchè fa ancora più freddo e c’è un bel nebbione. Ci vestiamo ben bene per andare a visitare il TajMahal. Possiamo utilizzare la nostra auto solo fino ad un certo punto, poi prendiamo una macchinina elettrica. Il governo ha imposto l’uso di questi mezzi, per evitare che l’ inquinamento atmosferico rovini il candido marmo del famoso monumento. Entriamo nel sito, sperando di riuscire a vedere questa meravigliosa tomba, fatta costruire dall’imperatore ShahJahan per la moglie morta di parto. La guida ci avverte che purtroppo ormai non c’è più nessuna probabilità che la nebbia si alzi. Siamo veramente delusi, perchè desideravamo davvero tanto vedere il tempio dell’ amore, simbolo dell’ India. Scattiamo ugualmente alcune foto ed osserviamo da vicino alcuni dettagli, ma certamente non è emozionante come quando hai la possibilità di ammirare il grandioso monumento specchiarsi nelle acque del canale antistante. Nonostante il gran freddo, i giardinieri lavorano a piedi nudi nel parco, per mantenere in perfetto ordine aiuole, piante e fiori. Usciamo dal Taj Mahal, davvero desolati, ripromettendoci di ritornarci presto e sperando di incontrare un clima un po’ più favorevole. Poi iniziamo il viaggio per Delhi. In Agra incontriamo molti ingorghi che ci obbligano a fermate forzate, delle quali approfittiamo per scattare fotografie a dei quadretti tipicamente indiani. Un bambino ci bussa al finestrino e gli diamo 10 rupie ed ecco che nell’ arco di pochi secondi ne arrivano altri tre. Tutti vogliono i soldi e glieli offriamo volentieri in cambio di alcuni scatti. In particolare ci colpisce uno: avrà circa otto anni e lavora la pietra lì in strada con il papà. È vestito di stracci ed il suo bel visino, come anche i capelli, sono tutti sporchi di schegge di pietra, miste ad una fanghiglia marrone. Non lo dimenticheremo mai! Durante il viaggio e notiamo che sullo spartitraffico dell”’autostrada” ci sono lunghissime file dei soliti piattelli marroni: le cacche di mucca messe ad essicare al sole. Vediamo anche delle capanne costruite e riempite con lo stesso materiale ecologico che, in tal caso viene anche decorato con motivi geometrici, probabilmente per ”abbellire” questi depositi di combustibile. Mentre Nathujee si ferma ad una specie di ufficio, perchè stiamo passando da uno Stato all’ altro e deve quindi pagare una tassa per noi turisti, notiamo lungo lastrada un ragazzo poliomielitico che si sposta a forza di braccia, appoggiandosi sul sedere. La scena è veramente toccante, quindi gli offriamo volentieri alcune rupie di elemosina e lui ci sorride felice, per poi spostarsi velocemente da un’altra macchina che nel frattempo si è parcheggiata. Attraversiamo diversi villaggi, sporchi e polverosi dovei bambini scorrazzano a piedi nudi in mezzo agli escrementi di ogni tipo di animale e le donne, avvolte nei loro sari colorati, svolgono ogni tipo di lavoro. Gli uomini invece guidano i trattori che sono tutti decorati artigianalmente. Verso le 17 e 30 siamo a Delhi (Km 230) e raggiungiamo l’hotel “Saptagiri”, dopo aver percorso strade ovviamente intasate da un traffico infernale. Facciamo un brevissimo giretto nel circondario per acquistare qualcosa per la cena. Ci addentriamo nel vicoletto antistante l’hotel, situato in una zona periferica, vicina all’aeroporto, sicuramente poco frequentata dai turisti e, quando ci avviciniamo ad una bancarella per prendere delle banane e delle noccioline, tutti ci guardano molto incuriositi e ci chiedono di scattare loro delle fotografie. Compriamo anche del cibo fritto che il proprietario della bancarella pensa bene di schiacciare con le sue mani, per appiattirlo e per seguire, come sempre, le norme di igiene indiana. Ormai siamo quasi abituati, infatti non pensiamo a cio’ che i nostri occhi hanno appena visto e mangiamo con gusto questi frittini. Ritornando in hotel, intravvediamo Nathujee che, con tanta cura, come ogni sera, sta pulendo a fondo la “nostra” macchina. Appena siamo nella camera, scriviamo un po’ di diario di viaggio e vorremmo fare la doccia, ma fa un freddo cane e ci passa la voglia. Anche in questo ci sentiamo sempre più Indiani! Verso le 11 ci addormentiamo un po’ infreddoliti.

Martedì 2/01/2013: Delhi – Varanasi

Abbiamo appuntamento con Nathujee verso le 8 e un quarto, facciamo il ceck-out dall’hotel e saliamo per l’ultima volta sulla “nostra” auto, infatti il soggiorno a Varanasi lo gestiamo autonomamente. In cinque minuti siamo all’aeroporto. Lasciamo al nostro caro autista, che ci ha seguiti in questi splendidi 12 giorni di vacanza, una busta con una mancia, a nostro parere consistente ed un biglietto con scritto: “Dear Nathujee thank you for all. You are the best driver of India! From Italy, Giorgio e Daria”. Siamo un po’ emozionati, ci abbracciamo e ci baciamo, poi ci salutiamo anche all’indiana: “Namaste’!” con le mani giunte sul petto. Facciamo il ceck-in e partiamo con un’ ora di ritardo a causa della fitta nebbia. Verso l’una meno un quarto atterriamo a Varanasi e con un taxi statale raggiungiamo l’hotel Budda che avevamo prenotato tramite Booking.com. Anche a Varanasi c’ è il solito caos di tutte le città indiane. Infatti il taxista suona il clacson di continuo e fa alcuni sorpassi azzardati. Intanto ci parla ininterrottamente in inglese e in mezz’ora di viaggio riesce a spendere più parole di quanto abbia fatto Nathujee in 12 giorni! Ci fa almeno cento proposte per la visita della città che Giorgio riesce sempre prontamente a bocciargli. Di lì a poco raggiungiamo il nostro albergo, semplice, ma accogliente e molto pulito e con personale gentilissimo. La camera che ci viene assegnata probabilmente è stata ristrutturata da poco ed è molto carina. Il tempo di posare i bagagli e siamo pronti per partire alla scoperta di Varanasi, la città sacra dell’India. Decidiamo di raggiungere immediatamente a piedi i ghat, le enormi scalinate che conducono alla riva sinistra del Ganga, dal momento che distano dal nostro hotel solo un km e mezzo. Ci immergiamo quindi nella bolgia di questa città unica al mondo ed intorno a noi vediamo tanta sporcizia e povertà, in una confusione indescrivibile, ancora più sorprendente rispetto alle città visitate finora. L’asfalto è cosparso di macchie rossastre: qui a Varanasi molti uomini masticano foglie di tabacco (molto meno costose delle sigarette) e poi le sputano a terra, dove capita. Anche la loro dentatura è macchiata vistosamente di rosso e fa quasi impressione. Molto uomini pisciano per strada, in piedi o in ginocchio, anche qui dove capita, senza farsi il minimo problema della presenza di tante altre persone. Nel traffico più caotico che abbiamo mai visto in vita nostra, vediamo passare, sorretta da alcuni uomini, una lettiga di bambù, sulla quale è distesa una salma, ricoperta da un telo dai colori vivaci. Un piccolo corteo accompagna il cadavere al ghat delle cremazioni, ma tutti sono indifferenti e continuano a svolgere rumorosamente le loro attività, incuranti della presenza di un defunto. Ininterrottamente delle mani di bambini, vecchi, malati di lebbra, storpi, handicappati si tendono verso di noi, per chiederci l’elemosina. Ne accontentiamo alcuni, tutti sarebbe impossibile! Infatti man mano che ci avviciniamo ai ghat, ne vediamo moltissimi, seduti l’uno vicino all’altro, come una corte dei miracoli medioevale. Tra questa povera gente spiccano, vestiti di un intenso arancione, i santoni: hanno i capelli lunghissimi e arruffati, talvolta raccolti in un grande turbante, il viso dipinto di giallo, bianco e rosso, la lunga barba incolta, portano vistosi braccialetti, anelli e collane e spesso impugnano un tridente, simbolo di Shiva, dio protettore di Varanasi. Giunti lungo le rive del Ganga, veniamo circondati da nugoli di bambini a piedi nudi, sporchi, con gli occhi truccati con vistose righe nere che cercano di vendere i fiori da buttare nel fiume o indirizzare i turisti verso i loro genitori che vendono souvenirs o fanno i barcaioli. Costeggiamo il Ganga dal Man Mandirghat, sormontato da un osservatorio astronomico fatto costruire, come quello di Jaipur, dal Mahragia Jai Singh. Proseguiamo lungo il Lalitagath, sopra il quale si trova un tempio nepalese, stile pagoda. Questi due gath sono affollati, oltre che da ogni tipo di essere umano, anche da varie specie di animali, come mucche, capre, bufali, cani spesso rognosi, scimmie, uccelli che contribuiscono, con i loro escrementi sparsi ovunque, a rendere l’ambiente sporco e puzzolente che non ci impedisce comunque di apprezzare questo luogo unico. Man mano che si procede e si raggiunge il Manikarnika gath, si avverte l’odore acre di legna e quello dolciastro di carne bruciata: siamo arrivati ai crematori. Vediamo all’opera i cosidetti intoccabili, che hanno lo sgradevole incarico di dedicarsi alla cremazione dei defunti. Continuamente arrivano dei cadaveri, trasportati dai parenti (esclusivamente maschi) su semplici lettighe di canna di bambù, il cui corpo è avvolto in vistosi sudari arancioni e dorati, con l’aggiunta di un telo rosso (per le donne) o bianco (per gli uomini). Le salme vengono immerse nelle acque del Ganga, poi deposte su una pira ad ardere per circa tre ore. Vengono cosparse di polvere di legno di sandalo e di abbondante olio. Il parente piu’ stretto, di sesso maschile, completamente rasato a zero, in segno di lutto, indossa una semplice tunica bianca e ha l’ incarico, con una torcia accesa con il fuoco eterno di Shiva, che arde da 3500 anni ininterrottamente, di accendere la pira. Ha inizio cosi’ la parte piu’ sconvolgente di tutta la cerimonia, a cui chiunque può assistere. Infatti anche noi ci avviciniamo e osserviamo a pochi metri di distanza il progredire della cremazione. Le ossa incombuste (bacino per le donne e cassa toracica per gli uomini) verranno buttate senza alcuna cerimonia, direttamente nel fiume. Ci basta poi alzare un attimo gli occhi dalla “nostra” pira, per vedere lo svolgersi di altre situazioni: un uomo, di modeste origini, i cui parenti non avevano soldi a sufficienza per pagare la legna necessaria per la cremazione (costa 300 rupie al chilo e ne occorrono circa 350), viene portato nella sua lettiga su una barca, dopo avergli legato pesanti pietre sotto il corpo, e poi buttato direttamente nell’acqua. Altre salme arrivano in continuazione e vengono depositate dove capita, in attesa che si liberi una pira per dare inizio al rito. Intanto le mucche ed i cani gironzolano indisturbati tra le pire, oppure si sistemano nelle loro vicinanze per godersi il calore emanato dal fuoco, visto che ormai il sole è tramontato e inizia a fare frescolino. E così assistono con placida indifferenza alle umane tragedie. Gli incaricati continuano indaffarati a trasportare grandi quantita’ di legna dalle cataste alle pire, urlando parole in indi, per far spostare i curiosi che si aggirano lì intorno. La nostra attenzione viene poi attirata dalla musica assordante e dai canti ininterrotti che si svolgono in un tempietto presente nel gath: due santoni, aiutati da altri fedeli, svolgono un rito sacro, suonando enormi tamburi e campanacci. Potremmo restare lì per ore e certamente scopriremmo altri riti e abitudini, ma decidiamo di ritornare indietro, perche’ la strada per raggiungere l’hotel e’ ancora lunga . Ritornando indietro, assistiamo ad alcuni riti del tramonto con canti, danze, fuochi e lumini accesi lasciati in balia delle acque del fiume sacro.Qui è veramente tutto magico e lontano mille miglia dalla nostra mentalità e forse è proprio per questo motivo che non vorresti mai andartene, per restare ancora lì a scoprire cose sempre nuove. Ma ormai è tardi, anche perchè domani mattina la sveglia suonerà alle 5, per poter ritornare sul Ganga ad assistere ai riti sacri svolti in onore del sole che sorge. Così decidiamo di prendere un tuc-tuc per ritornare all’ hotel piu’ velocemente, ma ben presto ci accorgiamo che il traffico sembra impazzito più del solito e, ad un certo punto, ci troviamo letteralmente bloccati in un intasamento bestiale di migliaia di mezzi di trasporto ed animali vari da cui sembra non si riesca proprio più trovare una via d’uscita. Ma un po’ per volta il nostro autista del tuc tuc, strombazzando a più non posso e zigzagando a gran velocità tra auto, moto, mucche, capre e risciò, ce la fa a cavarsela egregiamente. Poi decidiamo di cenare al nostro piccolo e grazioso hotel, mangiamo bene espendiamo veramente poco . Saliamo in camera e mettiamo le sveglie per le 5 dell’ indomani. Ci addormentiamo vedendo ancora scorrere davanti ai nostri occhi le immagini sconvolgenti, scoperte in questa indimenticabile giornata.

Giovedì 3/01/2012: Varanasi – Delhi

Alle 5 e 20 del mattino siamo già in strada alla ricerca di un tuc-tuc che ci porti ai gath e nell’ arco di pochi minuti eccoci in sella ad uno di questi sporchissimi mezzi che, in 5 minuti, ci porta a destinazione, visto che il traffico e’ parecchio tranquillo. Arrivati dai gath, vediamo subito che tutti sono già in fermento per i preparativi della giornata: i negozietti stanno aprendo, le donne preparano i lumini e le corone di fiori, i mendicanti si svegliano, dopo aver trascorso la notte per strada, avvolti in stracci e pesanti coperte. Saliamo su una barchetta, come il solito dopo aver contrattato un po’. Fa freddo, ma nonostante ciò, alcuni fanno le abluzioni nelle acque sacre, altri lavano i vestiti, battendoli e ribattendoli su apposite pietre poste sulle rive. Un ambulante organizzatissimo, gira con la sua barca carica di souvenirs, urlando: “Ganga supermarket!” e si avvicina a noi che acquistiamo un manufatto tipico molto carino: è un piccolo elefante in pietra, tutto scolpito, al cui interno si trova un altro elefantino scolpito anche lui con molta cura e precisione. Intanto un po’ per volta il cielo si schiarisce, ma la foschia ci impedisce di assistere alla nascita del sole sul Gange. Peccato, sicuramente sarebbe stato uno spettacolo indimenticabile! Ora la citta’ ha ripreso in pieno le sue attività e quindi siamo di nuovo nel caos piu’ totale. Ci addentriamo nei vicoletti che si fanno sempre piu’ stretti e fangosi. Purtroppo però il tempo stringe, quindi per ritornare piu’ velocemente in albergo, prendiamo un risciò: ci sentiamo quasi in colpa a far faticare così tanto quel pover’ uomo per sole 50 rupie, così decidiamo di lasciargliene 100 e lui è veramente felice e non smette più di ringraziarci. Verso le 14 arriva il taxi che ci accompagna in aeroporto. Dopo vari scali e attese negli aeroporti di Delhi e Francoforte, atterriamo a Malpensa e poi raggiungiamo casa nostra. Purtroppo la vacanza è finita: che tristezza! Daria in particolare sente che un pezzo del suo cuore è rimasto là in mezzo ai bimbi poveri, ma sorridenti e felici che in questi giorni hanno saputo darle davvero tanto. Cerchiamo subito di raccontare ai nostri figli Nicolo’ e Francesco almeno parte di cio’ che abbiamo visto durante il viaggio, ma ci rendiamo conto che è quasi impossibile. Davvero incredibile India.

CONCLUSIONI

Fare un viaggio in India è un’esperienza unica che bisogna vivere in prima persona. È veramente difficile trasmettere a chi legge le indefinibili emozioni provate stando a contatto con questo popolo unico e descriverne l’ambiente surreale e spettacolare. Non dimenticheremo mai lo stupore, la meraviglia, il piacere, la tenerezza e la vera gioia provata in questa terra durante i nostri primi quindici giorni di India. Sicuramente, non sappiamo bene quando, ma ci ritorneremo.



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