Baviera, i castelli di Ludwig
VENERDÌ 12/10/2012
Ore 05:10, accendiamo i motori del nostro mezzo di trasporto e percorriamo la corsia di rullaggio fino al cancellone d’ingresso della nostra casa. Il nostro Tom Tom ci autorizza per il decollo e in un batter di ciglio lasciamo il nostro piccolo paese della bassa milanese per imboccare l’autostrada Milano-Laghi con destinazione Fussen, nell’estremo sud della Germania, sul confine con la Repubblica Austriaca. Dopo un’ora scarsa passiamo la frontiera con la Svizzera di Como Brogeda-Chiasso, dove sostiamo per acquistare la vignetta autostradale svizzera ad Euro 34,00 (da anni ormai il costo di quest’ultima si attesta sui 40 CHF che però, a causa di un tasso di cambio ultimamente poco favorevole per noi italiani, rendono il controvalore in Euro più alto rispetto a tre anni fa quando lo pagai 27 Euro). Per chi non lo sapesse, questa vignetta va applicata in modo visibile sul parabrezza dell’auto e vale per tutta la durata dell’anno riportato su di essa, in questo caso tutto il 2012, compreso il dicembre dell’anno precedente e il gennaio dell’anno successivo (noi avendola acquistata adesso, ne possiamo usufruire fino al 31/01/2013). Non è possibile trasferirlo su un’altra auto in quanto è stato progettato per rompersi una volta staccato. Proseguiamo quindi in direzione Bellinzona, confrontandoci però con un crescente traffico dovuto ai frontalieri italiani che vengono qui a lavorare. A questo punto l’autostrada si dirama in due direzioni: a sinistra verso il passo del San Gottardo e quindi Lucerna e Basilea, mentre a destra verso il passo del San Bernardino in direzione Liechtenstein e Austria. Noi ci dirigiamo verso quest’ultimo, dovendo fare i conti però con questo tratto autostradale che, con un limite quasi costante di 80 km/h e autovelox che non aspettano altro che scattare una bella fotografia, alterna sezioni a due e una corsia per senso di marcia. Intravediamo prima sulla destra i ruderi dell’imponente Castello di Mesocco illuminato a giorno dalle luci artificiali e poi iniziamo a percorrere i tornanti che per i successivi 20 km ci portano fin su il tunnel del San Bernardino. Inutile dire che salire di quota mentre il sole cerca con eleganza di illuminare le magnifiche vette alpine, regala forti emozioni. Percorriamo quindi i 6,6 km di galleria ad unica carreggiata, al termine del quale la segnaletica stradale tramuta la lingua dall’italiano al tedesco. Iniziamo a scendere di quota verso Chur, dove il percorso comincia a farsi più scorrevole e ad assumere lentamente sembianze autostradali. Costeggiamo il confine con il Liechtenstein mentre le Alpi dietro di noi iniziano a circoscriversi nei nostri specchietti e proseguiamo fino all’uscita di Kriessern, dove ci immettiamo su una strada provinciale passante sopra il fiume Reno, il quale sembra dirci: ‘Benvenuti in Austria’. Alla frontiera non vediamo forze dell’ordine, per cui ci fermiamo solo al chiosco sito un km più avanti dove acquistiamo la vignetta autostradale austriaca valida 10 giorni al costo di Euro 8,00 (a seconda delle esigenze, si possono acquistare anche vignette con validità di due mesi o un anno). Entriamo quindi in autostrada e dopo una ventina di km oltrepassiamo la vecchia frontiera con la Germania, dove si sa, l’autostrada è assolutamente gratuita. Usciamo all’uscita di Weißensberg, imboccando la strada provinciale in direzione Kempten, facendoci cullare dai panoramici saliscendi di questa regione chiamata Allgau. Purtroppo il tempo non è dalla nostra parte e inizia a piovere. Successivamente la strada è interrotta per lavori, costringendoci a bypassare la deviazione con un largo giro che manda in tilt anche il nostro navigatore. Circa 20 km più avanti imbocchiamo nuovamente la provinciale che cede il posto ad un’autostrada che in circa un’ora ci fa raggiungere Fussen. E’ quasi mezzogiorno e optiamo per raggiungere i famosi castelli di Ludwig, lasciandoci l’arrivo in hotel per il tardo pomeriggio.
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Ci immettiamo quindi sulla Romantische straße in direzione Monaco di Baviera che da qui dista 100 km, per deviare successivamente a destra verso una delle vie che conducono ai parcheggi a pagamento situati a valle dei castelli. Per Euro 5,00 validi tutto il giorno, parcheggiamo l’auto e, a pioggia cessata, mangiamo prima i nostri panini finemente preparati e portati da casa per poi muoverci a piedi verso la biglietteria, dove, per Euro 23 a testa, acquistiamo i biglietti per entrambi i castelli di Hohenschwangau e Neuschwanstein. Alle 12:30 inizia la nostra visita guidata in inglese (quella in italiano è schedulata troppo tardi) del primo castello, il più vecchio e quello dove il Re Ludwig II trascorse la sua giovinezza e invitò il celebre compositore e amico Richard Wagner. Percorriamo un piccolo sentiero in salita fino a giungere nel piazzale del castello, che con la sua facciata di un giallo intenso contrasta con i colori autunnali della natura circostante. Attendiamo che appaia sul monitor il numero riportato sul nostro biglietto e iniziamo la nostra visita guidata di circa mezzora nelle splendide sale di cui il castello è costituito. All’uscita, un piccolo giro attorno alla fontana situata dietro di esso, con tanto di vista verso il lago Alpsee, sono d’obbligo per ogni turista. Visitiamo anche il negozio di souvenir i cui prezzi proibitivi ci costringono a limitarci a guardare. Abbiamo tempo in abbondanza e vista la temperatura non proprio mite, decidiamo di scaldarci in una Backerei con torte e té caldi. Purtroppo ha ripreso a piovere e optiamo la scelta del bus navetta per raggiungere Neuschwanstein, anziché a piedi, la cui fermata si trova quasi di fronte, sulla destra. Quasi dieci minuti di curve e arriviamo al capolinea dove poi si prosegue a piedi fino al castello per altrettanti dieci. In attesa che appaia il nostro numero sullo schermo, facciamo un giro nella corte centrale da cui, affacciandosi verso il dirupo a sinistra, si vede in lontananza il Marienbrucke su cui passeremo successivamente, ovvero il ponte sospeso su una gola ad un centinaio di metri d’altezza e da dove si gode di una vista straordinaria verso il castello. E’ giunto il nostro turno e, una volta all’interno, veniamo dotati di audio guida in italiano azionata a distanza. E’ qui che Ludwig ha cercato di realizzare il castello fiabesco dei suoi sogni, che per la sua incantevole struttura e posizione, è stato preso come spunto dalla Walt Disney per ambientare alcune delle sue fiabe più famose come Biancaneve, Cenerentola e la Bella Addormentata nel bosco. Questo è anche il castello più visitato d’Europa. Peccato solo che egli sia morto nei pressi del lago di Starnberg, a sud di Monaco, per cause misteriose tutt’ora non documentate, prima di vederne il completamento. Anche Wagner purtroppo, nonostante ci fosse un pianoforte nuovo di zecca ad attenderlo, non riuscì mai a recarvisi. Anche qui la visita dura circa mezzora, sufficiente per lasciarci a bocca aperta una volta giunti alla sala del trono al terzo piano e a quella dei cantori al quarto. La pioggia tarda a cessare e causa non poche scomodità, anche se non ci demotiva dal raggiungere il Marienbrucke. Una volta qui infatti, non si può non affacciarsi verso la profonda gola sottostante attraversata da un torrente le cui acque provengono da un cascata situata verso sud. Dal lato opposto, la lunga facciata meridionale del castello di Neuschwanstein appare in tutto il suo splendore. Sono le 17:00 e torniamo quindi alla fermata del bus, ignari del fatto che lo stesso abbia terminato il suo regolare servizio di navetta circa mezzora fa. Non ci resta altro da fare che percorrere a piedi uno scivoloso sentiero ciottoloso segnalato come scorciatoia, prima di immetterci sulla strada principale asfaltata che porta alle biglietterie (si può imboccare subito la strada asfaltata, perdendo però un quarto d’ora abbondante). Esausti e bagnati, torniamo alla macchina e raggiungiamo il nostro hotel, il Villa Toscana (prenotato su www.booking.com ad Euro 165,00 la camera per due notti compresa abbondante colazione a buffet), situato ad un centinaio di metri oltre la stazione ferroviaria di Fussen, quindi a un quarto d’ora scarso a piedi dal centro del paese. Parcheggiamo nel posteggio privato gratuito interno e ci troviamo di fronte a questa immensa villa d’epoca ristrutturata e immersa in un verde parco privato. Fatta erigere agli inizi del ‘900 e donata successivamente alla Congregazione delle Suore del Signore Divino da un certo generale Freiherr Von Wiedemann, dal 1947 è gestita come casa di convalescenza per suore fino al 2011, anno in cui è stato deciso di trasformarla in hotel, inaugurato come tale quest’anno (www.villa-toscana-fuessen.de). Ovviamente, anche lo stile interno non si smentisce, riuscendo a combinare elegantemente elementi d’arredo moderni e antichi. Tutti e quattro appesantiti dalla torta del pomeriggio e reduci da una levataccia mattutina, restiamo in albergo e optiamo, avvolti dal calore delle stanze, per una fugace cena leggera a base di qualche snack e frutta portati da casa.
SABATO 13 OTTOBRE 2012
Ad attenderci nel salotto la nostra colazione composta da dolci, salumi e da un’abbondanza di panini differenti, il tutto contornato dal diversificato reparto caffetteria e da una serie di particolari e buonissimi té internazionali, che in questa zona sembrano essere molto popolari. Sazi, saliamo in auto e impostiamo il nostro Tom Tom in direzione castello di Linderhof, che dista da qui circa 50 km. Per arrivarci la via più breve è quella per Reutte, in Austria, per poi risalire verso nord costeggiando il lago Plansee e rientrare quindi in Germania. La strada con dolci curve che fiancheggia il lago è a dir poco da fiaba: è autunno e sembra che gli alberi facciano a gara per chi sfoggia il colore più bello. Questa competizione naturale dà vita ad una moltitudine di tonalità, dal giallo al rosso e all’arancione, che uniti al verde dei prati e alla velatura del lago, infondono un senso di surreale tranquillità. Basta poi abbassare di poco i finestrini per essere accarezzati dall’aria che porta con sé il canto dei numerosi uccellini presenti qui. All’altezza del cartello stradale riportante la dicitura: Schloß Linderhof, giriamo a sinistra e seguiamo le indicazioni dirette al parcheggio. Siamo immersi tra alberi semi spogli e frasche umide che tendono a coprire l’asfalto, ma il profilo del piccolo castello ancora fatica a farsi spazio tra la vegetazione. Seguiamo la stradina pedonale che porta prima ad un piazzale racchiuso tra splendidi edifici storici ospitanti ristoranti, biglietteria e negozi di souvenir. Acquistiamo quindi per Euro 8,50 il biglietto integrale, comprendente anche la visita delle grotte e di altri monumenti del grosso parco in cui il castello è immerso. Seguiamo le indicazioni verso quest’ultimo oltrepassando sulla sinistra la cosiddetta Casa Marocchina, costruita nel 1873 in occasione dell’Esposizione Internazionale di Vienna, il cui ingesso è visibile ma chiuso da pareti trasparenti che permettono comunque di vederne l’interno, facendoci ammirare lo stile arabo che ricalca anche l’esterno del piccolo edificio. Ludwig amava le culture del mondo, in particolare quelle araba e orientale. Oltrepassiamo dei cigni sulla destra che paiono immobili in fase meditativa, fino a giungere al castello che ricorda molto, con la sua struttura, una sorta di piccola Versailles in miniatura, da cui tra l’altro prese spunto. Esso è delimitato da due specchi d’acqua che garantiscono a stabilizzarne l’armonia: una estesa fontana di fronte alla facciata d’ingresso e un’altra lunga e stretta sul retro, denominata Fontana di Nettuno, costituita da trenta scalini accarezzati dall’acqua che forma altrettante piccole cascate. La nostra visita è tra circa mezzora e ciò ci permette di ammirare gli splendidi giochi d’acqua della fontana anteriore che ad intermittenza ci delizia con un getto alto 25 metri, che, attirato nuovamente dalla forza di gravità, avvolge le statue sottostanti. Lasciandoci quest’ultima alle spalle saliamo i gradini che portano ad altri curatissimi giardini in stile rinascimentale italiano disposti su tre livelli, l’ultimo dei quali ospitante il Tempio di Venere, da cui si gode di una vista magnifica del castello e del paesaggio alpino che lo circonda. Scendiamo e ci disponiamo davanti all’ingresso per la visita guidata, anche quest’ultima con una durata di trenta minuti, in cui ci affidano ad una guida non parlante italiano ma che, in ogni sala in cui entriamo, aziona un impianto stereo che diffonde informazioni nella nostra lingua.
Se Neuschwanstein stupisce per il suo stile esterno immerso in un’ambientazione da fiaba, di certo Linderhof la fa da padrone per quanto riguarda la bellezza delle singole stanze, alcune delle quali dotate di una serie di specchi per creare illusioni ottiche di infinita profondità e dove Ludwig amava passare il proprio tempo in solitudine, abbagliato dagli effetti che questi ultimi donavano alla stanza riflettendo la luce delle candele che egli accendeva di notte, in quanto era solito dormire di giorno e rimanere sveglio nelle ore notturne. Sicuramente lasceranno a bocca aperta le stanze degli Arazzi e delle Udienze, finemente decorate in ogni singolo particolare dove, con occhio attento, è possibile intravedere anche delle piume di struzzo. Qui non si è badato sicuramente a spese e il largo uso di oro ne costituisce una conferma. Ritorniamo quindi all’aperto per dirigerci alle famose grotte di Venere site più in alto, oltrepassando prima una galleria all’aperto semicircolare, il cui soffitto a volta è costituito da piante intrecciate. Dopo una breve attesa entriamo in queste spettacolari grotte dall’aspetto carsico, completamente artificiali e costituite da un bacino d’acqua su cui, immobile, galleggia una piccola imbarcazione a forma di conchiglia, sul cui retro appare una parete completamente affrescata. Ludwig la fece costruire per ambientare il primo atto del Tannhauser di Richard Wagner. Il bello di questo posto, tutt’ora ma soprattutto un secolo e mezzo fa, era che si potevano creare una serie di giochi di luce che si riflettevano sulla superficie dell’acqua, sfruttando i rivestimenti colorati delle prime lampadine funzionanti grazie all’uso dell’elettricità. Sono già le 13:00 e ci dirigiamo verso il piazzale della biglietteria, dove sostiamo in un chiosco all’aperto per il pranzo a base di bratwurst e vin brulé. Ora possiamo riprendere la nostra auto per raggiungere, una decina di km in direzione Monaco, il paesino di Ettal, in cui visitiamo l’interno dell’omonima abbazia benedettina fondata nel ‘300 e tornata ai monaci agli inizi del ‘900, costituita da splendidi inserti barocchi. Quest’ultima è circondata da un grosso edificio a pianta quadrata che ospita un liceo diretto dai Benedettini e che racchiude all’interno un curato giardino che si attraversa per raggiungerne l’ingresso. Non possiamo ripartire senza acquistare qualche bottiglia dell’omonima birra che qui viene prodotta, la Ettal Klosterbiere. Guidiamo quindi per un’altra ora, oltrepassando Oberammergau e imboccando nuovamente la Romantische Straße in direzione sud, sostando successivamente presso la piccola chiesa barocca di Saint Coloman, prima di far ritorno a Fussen dove, lasciata l’auto nel parcheggio sterrato nei pressi della stazione, ci affidiamo alle nostre gambe per girarci la cittadina in lungo e in largo. Immersa in un paesaggio incantato, incastonata tra un altopiano collinare macchiato da piccoli laghi a nord e protetta dalle Alpi Bavaresi a sud, di certo non passa inosservata. Cittadina dai mille colori e dalle case dai tetti a punta, concilia cultura e relax, sufficienti per motivare il turista a percorrerne il piccolo centro storico, avvolto dai profumi dolciastri che escono dalle numerose pasticcerie. Attraversiamo subito la piazza centrale sulla Ritterstraße, con i suoi tavolini all’aperto e giungiamo nel magnifico cortile del municipio da cui ascoltiamo le prove di un coro all’interno di una delle sale site all’ultimo piano. Arriviamo fino al ponte del fiume Lech per poi costeggiarlo verso est e salire al complesso del monastero francescano di cui visitiamo la chiesa ed il curatissimo giardino interno. Scendiamo poi lungo Spitalgaße per prendere il sentiero che porta al restaurato e ben tenuto castello di Fussen, molto bello ma sempre un po’ malinconico, dalle cui mura che portano in cima è possibile ammirare uno splendido panorama della cittadina. Questa è la terza volta che vengo qui, in diverse stagioni dell’anno, ma gli interni del castello sono sempre chiusi, ad esclusione del cortile centrale, posto in cima, in cui si trovano alcune composizioni artistiche. Scendiamo e percorriamo la Reichenstraße, la via dello shopping dove però, all’alba delle 18:00, i negozi sono già chiusi. Il sole inizia a calare e decidiamo di entrare in un supermercato dove a poco prezzo acquistiamo altri souvenir gastronomici. A sole calato ecco che giunge l’atmosfera da fiaba, creata dalle tipiche casette che ospitano ristoranti con la loro luce fioca ad illuminare l’entrata e i menù affissi esternamente. Percorriamo la zone comprese tra Schrannergaße, Brunnergaße e Drehergaße in cerca di un ristorantino, ma alla fine optiamo per quello carino visto in precedenza nei pressi dell’incrocio tra Keptnerstraßsse e Ritterstraße, dove, con Euro 57 in quattro, ci saziamo con birra, bratwurst e spatzle al formaggio. Fa freddo e velocemente ci avviamo verso la nostra auto e torniamo all’hotel per un meritato riposo.
DOMENICA 14 OTTOBRE 2012
Dopo la solita abbondante colazione e il checkout, alle 09:00 lasciamo Fussen in direzione di San Gallo, in Svizzera, per visitare la famosa biblioteca facente parte dell’omonimo complesso abbaziale che, assieme a quest’ultimo è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1983. Guidiamo per circa un’ora prima di trovarci bloccati dalla solita interruzione nei pressi di Kempten, che però questa volta aggiriamo agevolmente immettendoci su una strada più breve verso sud, che ci collega facilmente all’autostrada poco prima del confine austriaco. All’altezza di Dornbirn prendiamo la provinciale che, facendoci oltrepassare l’abitato di Lustenau prima e il confine elvetico sul Reno poi, ci fa imboccare l’autostrada svizzera in direzione San Gallo, che raggiungiamo dopo 40 minuti in cui scorrono sulla nostra destra gli splendidi panorami che scendono verso il Lago di Costanza. Eccoci arrivati ricevendo le indicazioni per il centro storico direttamente dalle guglie della famosa cattedrale. Lasciamo l’auto in un parcheggio sotterraneo a pagamento situato appena dietro il complesso abbaziale e, presi i nostri zaini, ci dirigiamo a piedi verso di esso. Oltrepassiamo l’ingresso della Cancelleria di Stato per trovarci davanti a noi, sotto un cielo completamente azzurro, la cattedrale barocca circondata da un verdissimo giardino racchiuso su tre lati da storici edifici di tre piani, dalle facciate bianche e i tetti marroncini che, unendosi direttamente alla cattedrale, è come se volessero racchiuderla in un abbraccio fatto di intonaco e tegole. Mentre percorriamo il percorso pedonale all’interno del cortile, ecco che un bianco dirigibile ci allieta con la sua presenza, passando sopra le nostre teste a bassa quota dopo esser decollato dallo Zeppelin Museum di Friedrichschafen, sulla sponda tedesca del Lago di Costanza. Entriamo quindi in quello che viene definito uno dei più importanti monumenti barocchi svizzeri. Fondata nel 612 dal monaco irlandese San Gallo, passò a status di monastero benedettino dopo la sua morte, quando il monaco Otmaro, instaurando tra le altre cose la regola benedettina, venne incaricato di portare avanti le attività avviate in precedenza. A seguito della morte di quest’ultimo venne fondata la scuola di San Gallo, dedicata allo studio e delle arti e delle scienze e dove, successivamente, vennero copiati numerosi manoscritti che diedero vita ad una delle biblioteche più antiche d’Europa. Nei secoli successivi, a seguito di disordini e saccheggi, questi manoscritti vennero più volte trasferiti temporaneamente in altri luoghi più sicuri, per poi farvi ritorno nel 18° secolo, quando l’ordine benedettino venne ristabilito. Attendiamo la fine della Messa prima di bloccare le nostre teste di 45° verso l’alto e ammirare ogni singola decorazione barocca a contrasto delle bianche pareti. Vorremmo anche visitare la zona retrostante l’altare, ma una sorta di cancellata ne impedisce l’ingresso, riservato solo ad alcuni membri del sito. Usciamo e svoltiamo a sinistra verso l’ingresso della biblioteca, il cui edificio è separato da quello della cattedrale tramite un piccolo chiostro. Una volta entrati non ci sono indicazioni per la biblioteca, consigliamo quindi di salire subito al secondo piano usufruendo delle prime scale che si incontrano. A destra c’è lo shop con la biglietteria, dove acquistiamo il nostro biglietto, valido anche per il Lapidarium al pian terreno. Se siete in possesso di contanti, è possibile pagare in Euro e ricevere conseguentemente il resto nella medesima valuta. Prima di varcare la porta d’ingresso, è obbligatorio indossare delle pantofole sopra le scarpe, per non rovinarne la pavimentazione. Una volta entrati, rimaniamo incantati dallo splendido e lungo soffitto barocco, sui cui quattro lati leggermente ondulati parte la prima fila di scaffali in legno colmi di antichi manoscritti. Questo primo complesso, posto su un secondo piano che rientra di qualche metro rispetto alle pareti, non è di alcun disturbo alla vista del decorato soffitto sotto cui ci troviamo. A continuazione delle lebrerie di cui sopra, ne partono altre, decisamente più alte e imponenti, disposte con il medesimo criterio, permettendo ai nostri occhi di osservare a distanza molto ravvicinata gran parte dei libri contenuti qui dentro. All’interno sono sparse qua e là delle teche, di cui la prima introduce la parte storica di tutto il complesso, mentre quelle successive racchiudono antichi manoscritti e oggetti appartenuti a San Gallo e San Colombano. In fondo, sul lato destro, è possibile altresì ammirare alcuni sarcofagi egizi vuoti disposti verticalmente, di cui uno orizzontale in cui si trovano i resti ben visibili di una mummia di 2.700 anni fa. Leggiamo tutto il materiale informativo messo a disposizione e, dopo circa un’ora d’incanto, prendiamo l’ascensore per visitare il sottosante Lapidarium che espone capitelli e resti dell’antico complesso, tra cui anche altri manoscritti meno importanti e sigilli. Ci dirigiamo quindi presso il piccolo ma carino chiosco dell’abbazia, appena di fronte all’entrata della biblioteca, dove pranziamo con quattro fette di torta e buonissimi té offerti in alti bicchieri di vetro trasparente. Io e Chiara ne assaggiamo uno buonissimo alla menta marocchina. Ci concediamo un giro a piedi di un’ora per il curatissimo centro storico, ordinato, ovviamente, alla svizzera. Preleviamo anche alcuni franchi svizzeri, necessari per pagare il parcheggio che accetta solo valuta locale. Compriamo altri souvenir gastronomici nelle caffetterie-pasticcerie rimaste aperte ed entriamo in un gigantesco Mc Donald’s dove, per usufruire del bagno, bisogna digitare un codice su una tastiera posta sulla parete che ne delimita l’ingresso e riportato sullo scontrino rilasciato dopo l’acquisto di cibi o bevande. Quindi allora, perché rinunciare ad un Donut al ripieno di crema? Se siete colti da improvvisa urgenza, c’è comunque un bagno pubblico gratuito all’interno della cattedrale, così come nella piazzetta antistante. Torniamo al parcheggio e dopo aver saldato il conto alle macchinette automatiche (CHF 9,00/Euro 7,50 per cinque ore), lasciamo la città rintanandoci nel caldo abitacolo della nostra auto, alla volta di casa. Ci mancano ancora 330 km che percorriamo in scioltezza fino alla caratteristica area di sosta nei pressi di Maienfeld denominata Heidiland, dove, oltre all’acquisto di cioccolato svizzero, assistiamo allo spettacolo offerto dai personaggi meccanici di Heidi, Peter e di una delle tante caprette del celebre cartone animato, che si affacciano dal balconcino della torretta sovrastante l’ingresso, accompagnati da piacevoli canti alpini. Riprendiamo il tragitto verso il San Bernardino sotto una pioggia che si fa via via più intensa fino a culminare in un violento acquazzone nel tratto autostradale compreso tra Bellinzona e Lugano, rendendo quasi impossibile riconoscere la propria corsia. Finalmente, alle 20:30 arriviamo a casa, stanchi, ma felici dell’esperienza vissuta e consapevoli che, data la breve distanza, potremo rivivere gli stessi momenti anche in un prossimo futuro.