Nepal a bassa quota
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Ecco la meta del nostro viaggio: il Nepal. Spesso questo paese è associato al trekking sulle sue imponenti montagne, ma per noi sarà la sua spiritualità, i suoi molteplici dei, la sua gente, i suoi paesaggi più dolci, fatti di verdi risaie e le sue strade che si snodano in mille tornanti, con precipizi che fanno venire i brividi.
Il viaggio è, come sempre, preparato con largo anticipo: volo con Oman Air (615 euro cad compresa assicurazione sanitaria), traccia del percorso e scelta degli hotel. Tutto via internet, con prenotazioni senza dover versare caparre.
NOTE GENERALI
Prezzi: spesso sono indicati al netto, per cui alla fine viene aggiunto il 13% di Iva e il 10% di servizio, oltre a un arrotondamento a loro vantaggio. È comunque sempre indicato, basta saperlo e ci si regola. Per i pagamenti con la carta di credito viene sempre aggiunto un 4%.
Black-out e scioperi: purtroppo sono all’ordine del giorno: meglio informarsi in hotel sugli orari dei black-out e sceglierne uno con il generatore, portando una pila per illuminare la strada mentre si cammina e, soprattutto se si prendono i bus locali, chiedere se ci sono scioperi: i ritardi sono assicurati.
Taxi: contrattare fino allo stremo, ci provano sempre a gonfiare i prezzi, se non cedono provare con quello dopo, ce ne sono tantissimi! Se non si è schizzinosi meglio i bus locali, costano un’inezia e danno una visione reale della vita quotidiana.
Hotel:
Kathmandu: Ganesh Himal (24 dollari circa a notte a camera). Ottimo per la posizione defilata lontano dal delirio di Thamel, buon ristorante con prezzi onesti, meglio le camere dei piani superiori.
Chitwan Royal Park: Safari Club (100 euro il pacchetto da KTM): graziosa struttura a Sauraha, defilata quel che basta per dare la sensazione di non essere in una cittadina. Vicina comunque al centro (ricordarsi la pila alla sera). Personale gentilissimo e guide preparate.
Pokhara: Sacred Valley Inn (15 dollari totali a camera): bello, personale gentile e disponibile, buona posizione ai limiti della via principale del lungolago. Consigliato.
Bhakthapur: Sunny Guest House (44 dollari totali per la suite, colazione compresa). La camera da me prenotata dall’Italia era veramente angusta, per 6 dollari in più ci hanno offerto la suite che era un sogno: enorme, con 2 letti matrimoniali, con terrazza newari affacciata direttamente sulla piazza. Pulizia un po’ così così, ma accettabile, così come superabile il suono delle campane alle 5 del mattino: la vista ripaga di ogni contro si possa trovare.
1 giorno: Kathmandu
Atterriamo alle 8 di mattina, il pick up gratuito dell’hotel è già fuori che ci aspetta, abbiamo l’intero giorno da sfruttare, così, dopo aver posato le valigie in stanza ci precipitiamo a conoscere la città. Il tempo non è dei migliori, pioviggina, ma non fa caldo, il che non guasta. La prima impressione è positiva, nonostante si confermi quello che avevo letto: c’è un inquinamento pazzesco! Seguiamo il percorso indicato dalla Lonely per raggiungere Durbar Square e iniziamo a familiarizzare con i numerosi templi dedicati ai diversi dei (Shiva, Vishnu, Buddha e il nostro preferito, Ganesh) e ai riti ad essi legati: in ogni momento c’è una persona che suona una campana, fa un’offerta, si segna la tikka (il segno rosso) prendendo la polvere che cosparge le statue. È una sensazione strana, non c’è la pace e il raccoglimento che ho incontrato nei templi buddisti dell’Indocina, tutto è sporco, colorato, puzzolente, ma anche incredibilmente vivo e quotidiano. Credo sia un modo di vivere il rapporto con il sacro diretto, senza mediazioni e senza troppe sovra-strutture: il divino è ovunque e come tale fa parte della propria giornata. Il percorso ci guida attraverso la città, tra continui slalom per evitare di essere investiti da macchine, ciclò, motorini, ed evitando a nostra volta le mucche sacre che pascolano indisturbate tra l’immondizia, con precedenza assoluta nell’attraversamento delle strade, anche le più trafficate (sembra che chi uccide una mucca finisca direttamente in prigione!), branchi di cani randagi e umanità di vario genere. Ad ogni angolo un tempio, un altare, pezzi moderni e altri antichi, quasi buttati lì in ogni angolo. Poi i cortili: camminando si trovano delle piccole porte, degli stretti passaggi che si aprono inaspettatamente in grandi cortili soleggiati, dove si scoprono templi bellissimi, anche grandi, con una sensazione di pace che dalla strada a pochi metri è impossibile immaginare. Iniziamo anche a farci un’idea dell’artigianato, curiosando nei negozi sulla strada: pashmine, cashmere, bandiere buddiste, mandala, statue di ogni forma e materiale delle innumerevoli rappresentazioni degli dei, vestiti, ottoni e così via. Tutto bellissimo. Arriviamo finalmente a Durbar Sq. e decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa prima di iniziare a visitarla: il primo approccio con la cucina locale è positivo, non c’è tantissima scelta, ma ci piace tutto. Entriamo nella piazza, le foto non mi avevano preparato a cotanta bellezza. Peccato per la pioggia che rovina la resa delle foto, ma è veramente stupenda: un insieme di edifici, simili ma ognuno con le proprie peculiarità, dei dettagli incredibili scolpiti sul legno sia delle porte che delle assi dei tetti a pagoda. Tutto è pieno, ricco, perfettamente curato fino al più piccolo dettaglio, serve tempo per apprezzare il piccolo così come la visione d’insieme. Visitiamo anche il museo, che abbiamo trovato abbastanza noioso. Andiamo anche a visitare il cortile della Kumari, che si è anche affacciata mentre eravamo lì. Io avevo letto tanto al riguardo e mi sono sentita fortunata ad essere riuscita a vederla, Teo crede che esca appena sente i turisti… mah, potrebbe anche essere, ma preferisco la mia versione! Usciti girovaghiamo ancora per la piazza per poi dirigerci a Freak Street, dove dei fasti del mondo hippy non è proprio rimasto nulla, anche la famosa torta al cioccolato dello Snowman non è buona! Nota sul famoso tea nepalese: è latte caldo con infusa la bustina del te, nella versione tradizionale con aggiunta di varie spezie (pepe, chiodi di garofano e altro), buono ma un po’ pesante per i miei gusti.
Stanchissimi torniamo in hotel, dove ceniamo e andiamo a nanna, contenti di averne scelto uno un po’ fuori dalle strade principali che ci consente di godere di un po’ di pace e silenzio.
2 giorno: Kathmandu
Come prima cosa prenotiamo il viaggio al Chitwan all’agenzia dell’hotel, è più caro rispetto a quello che si può trovare in giro, ma non abbiamo voglia di perdere tempo nelle agenzie, così in pochi minuti risolviamo la cosa.
Poi si parte per Dakshinkali, sito del tempio della dea Kali, alla quale due giorni a settimana vengono offerti sacrifici, anche animali. Optiamo per il local bus, che consiglio come mezzo di trasporto: ha dei prezzi irrisori, è abbastanza facile da prendere, qualcuno che ti aiuta e ti mette su quello giusto c’è sempre e dà una corretta visione della vita reale che da un taxi sicuramente non si riesce ad avere; i contro sono il sovraffollamento – ma come in tutte le grandi città che si rispettino! – e lo sporco – ma questo è un denominatore comune di tutto, in Nepal. Dopo 2 ore di viaggio arriviamo, di turisti non ce ne sono molti, principalmente il sito è frequentato da gente del posto che va a fare il suo sacrificio e ad assistere alla cerimonia, questo lo si intuisce già dalle bancarelle che si trovano sulla via: vendono principalmente oggetti religiosi e oggetti da offrire alla dea, dai cocchi ai… galli.
Scendiamo la scalinata e arriviamo al tempio, è più piccolo di quello che pensavo, ubicato lungo un fiumiciattolo. Siamo fortunati: dopo poco inizia la funzione. Noi non possiamo entrare nello spiazzo davanti, ma possiamo tranquillamente stare poco più in là, con la possibilità di osservare il tutto. Di gente alla fine ne arriva parecchia, cerchiamo di capire come funziona, c’è un officiante che prima pulisce, poi colora e infine veste la statua di Kali, tra canti, tamburi e campane, il tutto condito da grandi effluvi di incenso. Alla fine vengono fatti entrare i fedeli con le proprie donazioni: chi offre cocchi, chi fiori, chi riso, la metà va alla dea, l’altra la si riporta a casa benedetta. Sul finire una coppia di ragazzi porta un gallo, che in un attimo viene decapitato e il sangue che zampilla viene cosparso su una serie di statue che dalla nostra posizione non riusciamo a vedere. Tutto dura pochi minuti e ognuno torna a casa. Così andiamo anche noi a riprendere il bus per la tappa successiva, Pharping. In pochi minuti siamo a destinazione e, dopo aver pranzato in un ristorante locale assaggiando degli ottimi momo fritti, iniziamo il percorso dei pellegrini, indicato sempre nella Lonely. Come tutto quello che riguarda il buddismo, il cammino va rigorosamente fatto in senso orario, sia per quel che concerne la visita di uno stupa, sia nel girare i rotoli delle preghiere, come pure per il cammino stesso. Il primo tempio che incontriamo è molto semplice, e in una stanza ci sono numerosi ed enormi rotoli di preghiera che degli anziani tibetani si curano di far girare in continuazione. Ci invitano ad entrare e volentieri diamo il nostro contributo aiutandoli un po’ a girare anche noi. Li salutiamo e proseguiamo la salita per i successivi templi: sono quasi tutti nuovi, alcuni ancora in costruzione, costruiti da tibetani esuli, cacciati dal Tibet ormai cinese e comunista. In Nepal hanno trovato un paese tollerante, dove possono professare liberamente la loro religione. Credo che questo sia un aspetto fondamentale di questa nazione: l’assoluta tolleranza verso ogni tipo di credo, la libertà nel poterlo seguire. Qui ogni religione si affianca a quella presente, anche mischiandosi ad essa, creando nuove forme peculiari e uniche, ma tutte caratterizzate dalla tolleranza. Molte delle religioni occidentali e non solo avrebbero da imparare, magari ci sarebbero meno guerre al mondo. Finiamo il giro dei diversi siti buddisti, ognuno molto bello e particolare, riprendiamo il bus e andiamo a fare un giro a Thamel, il quartiere dei turisti, dove ceniamo molto bene allo Yak, assaggiando anche la famosa “birra” tibetana calda.
3 giorno: Chitwan Royal Park
Sveglia alle 6 e si parte per il parco nazionale del Chitwan! Alle 13 circa arriviamo, le nostre guide ci vengono a prendere alla bus station e ci portano su un furgone cassonato fino al resort . Ci spiegano il programma dei prossimi giorni, poi pranzo e liberi fino alle 17. Fa molto caldo, l’umidità è alle stelle per la pioggia che funesta questa giornata. Facciamo un primo giro per la città, poi rientriamo per iniziare quello ufficiale con la guida (da noi soprannominato Carlo): ci porta appena fuori dall’hotel a visitare il “villaggio tharu”, cioè un insieme di capanne fatte in cannette ricoperte di fango e sterco, dove vive la popolazione autoctona, che un tempo viveva all’ interno della giungla, dopo essere stata spostata quando è stato creato il parco e ora inurbata forzatamente, con tanto di quotidiana visita turistica… Continuiamo il tour attraversando la città e un centro statale di allevamento di elefanti maschi (le femmine le vedremo domani), per arrivare ai margini della giungla, dove ci incamminiamo alla volta del fiume, per vedere il tramonto, nella speranza di avvistare qualche animale che viene ad abbeverarsi. Purtroppo nessun animale aveva sete stasera, così compensiamo noi fermandoci in un bar strategicamente posizionato lì vicino. Alle 19 di corsa in hotel per la cena, perché alle 19.30 inizia lo spettacolo tharu compreso nel pacchetto: in un teatro-stanzone in centro, gremito di turisti, unico edificio illuminato in una sera di black-out, ci propongono una serie di balli “tradizionali”. I ragazzi sono molto bravi, la musica è ipnotica, ma io non riesco a levarmi la sensazione di “villaggio turistico”. Si rientra col buio e subito a nanna, domani ci aspetta una lunga giornata.
4 giorno: Chitwan Royal Park
Pessimo risveglio: piove a catinelle! Le guide ci propongono quindi di cambiare un po’ i programmi, per riuscire comunque a fare qualcosa ottimizzando il tempo a nostra disposizione. Così partiamo alla volta del campo elefanti, per il nostro elephant safari. Gli elefanti sono omologati per 4 posti più pilota, per cui dobbiamo aspettare di trovare altri 2 turisti per completarne uno e partire. Siamo fortunati, il nostro mahout è uno in gamba, in poco tempo riesce a superare gli altri e a scovare un gruppo di cervi, portando l’elefante molto vicino per vederli bene. Continuiamo sperando di avvistare altri animali, soprattutto il rinoceronte e la nostra tanto agognata tigre (che però ci hanno detto tutti che è molto difficile da vedere). Non siamo molto fortunati: riusciamo solo ad avvistare qualche scimmia e alcuni facoceri, oltre a qualche pavone e altri uccelli. In ogni caso, il giro di per sé è stato divertente. Ma poi giunge il momento più atteso: il bagno con gli elefanti. Ci portano al fiume, dove ci caricano su un elefante “nudo” e ci lanciamo in acqua. La teoria vorrebbe che lui ci spruzzasse acqua con la proboscide, in pratica, appena saliti si è coricato di lato lanciando anche noi nel fiume, più bagno di così… Dopo un po’ di tentativi finiti tutti a mollo, finalmente ha iniziato a spruzzarsi e spruzzarci! È stato divertentissimo, siamo tornati bambini, soprattutto quando, per risalire, il mahout ci ha fatto passare dalla proboscide con l’elefante in piedi – del resto non intendeva assolutamente abbassarsi al nostro livello-, modello circo: un’esperienza che da vecchia racconterò ai nipotini…
Dopo pranzo, asciugati per bene, ripartiamo per la giungla per il giro in canoa: avvistiamo dei coccodrilli di diverse misure (anche se sarebbe più corretto dire che siamo stati avvistati, visto che dei rettili sono visibili praticamente solo gli occhi che ci scrutano dall’ acqua), anche molto grossi, numerosi uccelli poi, finalmente, ci avvisano: l’hanno visto, proprio lui, Rhino! Ci precipitiamo sul luogo dell’avvistamento, scendiamo dalla canoa in assoluto silenzio e lo vediamo, in tutta la sua mole, dentro un piccolo stagno. Poi arrivano altri turisti, lui deve aver mangiato la foglia e inizia a innervosirsi, le guide ci dicono di andare rapidamente verso la canoa perché avrebbe potuto essere pericoloso. Saliti andiamo sull’altra sponda del fiume, dove, finalmente in sicurezza, possiamo osservarlo, visto che era uscito dallo stagno e si era messo proprio dove eravamo noi poco prima. Certo che non è come allo zoo… bellissimo. Dopo tantissime foto risaliamo per il pezzo conclusivo via fiume, per poi iniziare il jungle walk. Ma anche stavolta il tempo non è stato clemente e, sotto il diluvio, abbiamo trovato riparo in una capanna assieme a una mandria di mucche che si è accomodata al piano terra.
Il tempo passa in fretta e il buio si avvicina, così c’è solo il tempo di visitare il breeding centre delle elefantesse, con i loro fantastici cuccioli (tra cui 2 rarissimi gemelli) e tornare a casa.
5 giorno: Pokhara
Oggi è il giorno del trasferimento a Pokhara, ma alla stazione dei bus abbiamo una brutta sorpresa: c’è sciopero, quindi i bus non partiranno fino alle 11. O almeno così si spera. La nostra guida cerca di capire cosa succederà, le informazioni sono discordanti, alla fine ci lascia lì assicurandoci che prima o poi saremmo partiti. Alle 11 si parte, ma ci si ferma nella città dopo perché stanno passando i manifestanti, solo alle 12 si riesce a partire veramente. Il viaggio è stato infinito, ogni pochi metri ci fermavamo a far salire gente (alla faccia del tourist bus) riempiendoci all’inverosimile, fino alla sfortuna finale: buchiamo una gomma! Quindi, fermi in un benzinaio sperso nel nulla aspettiamo che la ruota venga riparata. Insomma, siamo arrivati a Pokhara solo alle 18. In hotel prenotiamo subito il pony trek per il giorno successivo, molliamo giù i bagagli e facciamo un primo giro per il lakeside, la zona turistica della città. Cena e nanna presto, domani ci attende una levataccia!
6 giorno: Pokhara
La giornata inizia in modo inaspettato, i cavalli che abbiamo prenotato vengono a prenderci direttamente in hotel! La nostra guida è un ragazzino di 14 anni carinissimo e molto educato che ci guida a piedi prima attraverso la città, poi per i sentieri di montagna verso la nostra meta: Sarangot. Il percorso è stato bellissimo, in mezzo alla natura e ai boschi, compreso un pezzo in cui siamo smontati per arrampicarci, cavalli alla briglia, per un costone ripidissimo. Arrivati alla cima ci è sembrato di averla veramente conquistata! Purtroppo le nuvole non ci hanno dato tregua neppure oggi, così l’Annapurna abbiamo solo potuto immaginarlo dietro la coltre bianca. Ma non importa, la bellezza è stata nel viaggio, non nella meta. Riprendiamo poi la via del ritorno, in tutto la gita è durata 5 ore. Tornando in città ci siamo resi conto di aver prenotato un tipo di escursione non molto gettonata: la gente locale ci guardava incuriosita, chi sorridente, chi spaventato, ma sicuramente non eravamo uno spettacolo a cui erano abituati! Evidentemente chi si spinge fin qui predilige il trekking tradizionale a piedi o al massimo le avventure in deltaplano o parapendio, di cui era pieno il cielo. Tornati in hotel lasciamo i dolcissimi pony, salutiamo la guida, e, dopo aver mangiato un boccone, concordiamo con un taxista il nostro prossimo giro: la pagoda della pace e Pokhara vecchia. Per 1300 rupie partiamo. La pagoda non è un granchè, sicuramente il suo bello è il panorama che si gode dalla sua terrazza, che come sempre noi possiamo solo immaginare a causa delle nuvole basse. Pokhara vecchia invece è molto bella, reale, viva, un altro mondo rispetto al lungolago. Come spesso ci capita eravamo gli unici turisti, e la cosa non ci dispiace per nulla. Abbiamo visitato i suoi templi (tempio di Bhimsen e di Bindhya Basini), l’ultimo sotto un acquazzone fortissimo. Rientrati in hotel ci asciughiamo e usciamo per fare un po’ di shopping e cenare.
7 giorno: Kathmandu
Altra giornata di trasferimento, ma per fortuna stavolta, si parte puntuali e alle 15 siamo a Kathmandu. Lasciamo i bagagli e ci dirigiamo a piedi al tempio di Swayambhunath (tempio delle scimmie). Durante il tragitto scopriamo una KTM nuova, autentica, al di fuori dei normali circuiti turistici (al tempio vanno tutti in taxi) dove la gente non cerca ossessivamente di venderti qualcosa o di chiederti dei soldi, e se ti saluta lo fa senza secondi fini. Arriviamo al piedi della collina, dove ci aspetta una lunghissima scalinata fino alla cima, dove è situato il tempio. Per fortuna, il tragitto è allietato dalle decine di scimmie che stazionano lungo la scalinata. Tra una foto e l’altra arriviamo in cima e ci godiamo la bellezza degli edifici sacri (si tratta di un tempio buddista), ovviamente anch’essi invasi dai simpatici amici pelosi. Dopo aver atteso che il solito acquazzone cessasse, sempre a piedi rientriamo in hotel.
8 giorno: Bhaktapur
Come sempre fedeli ai local bus, ci dirigiamo di buon ora a Bhaktapur: paghiamo l’ingresso alla città (che vale una settimana) e ci rechiamo in hotel, una fantastica casa newari nella favolosa piazza Taumadhi Tole. La città è un sogno, le strade sono tutte lastricate di mattoni, cosa che si apprezza notevolmente dopo la polvere onnipresente a KTM. Ovunque si trovano scorci notevoli o templi, oltre alle 3 famose piazze. Ci incamminiamo immediatamente alla scoperta della nostra piazza, la Taumadhi Tole, per poi proseguire per Durbar Square, e iniziare il percorso indicato nella Lonely, che ci condurrà nei più interessanti luoghi della città: templi con cani e galline che dormono a fianco delle divinità, fontane in cui gli abitanti fanno scorta di acqua, ricoveri per i pellegrini dove gli uomini giocano a carte e le donne fanno la maglia. È una cittadina abbastanza turistica, con negozi con merce e prezzi a loro dedicati, ma è un turismo di giornata, alla sera rimangono in pochi e ci si può godere una dimensione più autentica. Rientriamo con il buio, sotto la pioggia, per cui decidiamo di cenare in hotel.
9 giorno: Bhaktapur
Visto che le nuvole continuano a essere una costante del nostro viaggio, decidiamo di non andare a Dhulinkel, sicuri che tanto l’Everest non saremmo riusciti a vederlo, e ripieghiamo, su consiglio del receptionist, su Panauti. Con 2 local bus raggiungiamo la cittadina, veramente piccola e fuori da ogni circuito turistico. Oggi è la festa di Teej, la festa delle donne, in cui ogni donna vestita con il suo sari nuziale rosso e oro (o di altri colori per quelle non ancora maritate), va a fare un’offerta al tempio di Shiva pregando per un matrimonio felice. È un’occasione unica per vedere un po’ il mondo con i loro occhi, è una festa molto sentita, le donne sono al loro meglio e, in piccoli gruppi, vanno al tempio dove pregano e ballano divertendosi tantissimo. Come siamo lontani dal nostro 8 marzo con i locali con gli strip maschili!
Rientrati a Bhaktapur andiamo a Tachupal Tole, meta oggi di tutte le donne per portare le offerte al santuario di Shiva. Sono bellissime nei loro sari rossi e oro! E sono tantissime, c’è un clima di festa incredibile. Mangiamo qualcosa al Newa Chhen Restaurant (che consiglio per l’ottima cucina casalinga), godendoci la vista sulla piazza e poi andiamo a prendere il minibus per Changu Narayan. L’attesa è lunghissima e quando arriva è pieno all’inverosimile: veniamo stipati all’interno e ci invitano calorosamente a spingere la gente verso il fondo per fare spazio ad altri. Anche il tetto del bus viene riempito di persone. Scomodo ma divertente, abbiamo goduto ancora una volta della gentilezza delle persone, che ci hanno aiutato ad ambientarci con calore e simpatia. Arrivati faticosamente alla cima, abbiamo poco tempo per visitare il sito e il piccolo paese prima che partisse l’ultimo bus, comunque sufficiente per vedere tutto quello che c’era e goderci un tramonto che ha colorato tutte le colline di un rosa intenso. Con il buio rientriamo in città e torniamo in hotel.
10 giorno: Kathmandu
Oggi si torna a KTM, piccolo shopping a Bhaktapur (un bellissimo Ganesh di legno) e poi minibus per Thimi. È un luogo veramente al di fuori dei solito circuiti, gli anziani ci fermano per strada per vedere in che lingua è scritta la nostra guida, curiosi e pronti a fare mille domande sul mondo da cui veniamo. Giriamo la città, che è composta praticamente da una sola via su cui sono dislocati tutti i punti di maggiore interesse, visitiamo la Pottery Square locale, molto più caratteristica di quella di Bhaktapur, e ripartiamo alla volta di KTM. Il bus ci lascia in periferia, per cui fermiamo un taxi per tornare in hotel. A causa di alcune scorciatoie rivelatasi poi chiuse, ci siamo ritrovati a vivere una vera avventura, con tanto di salita ripidissima in cui siamo dovuti scendere, bagagli compresi, per permettere alla vettura di proseguire, perché con noi sopra non ce la faceva! (i taxi sono tutti Suzuki maruti 800 vecchissimi e male in arnese!). Dopo un altro quarto d’ora di sballottamenti, strade sterrate e ingorghi vari arriviamo alla meta. Quelle 300 rupie se le è veramente sudate! E noi avremo guadagnato dei punti nel karma, perché per stanotte ci upgradano nella suite… Usciamo di nuovo e iniziamo a fare un po’ di shopping serio, per poi proseguire con l’itinerario della Lonely a sud di Durbar Square. Oggi è il compleanno di Ganesh (la nostra divinità preferita) e c’è festa ovunque. Davanti ai suoi templi ci sono enormi banchetti (è un golosone) e tantissime persone che festeggiano, insomma una vera festa di compleanno!
11 giorno: Kathmandu
Contrattiamo il passaggio in taxi con il “nonno” per andare a Bodhnath, il maggior sito di buddismo tibetano della città. Qui è tutto molto pulito, in ordine, con l’enorme stupa bianco intorno al quale si dirama il piccolo centro. Tutto bello ma… sembra la Disneyland del buddismo. Non riesco a togliermi di dosso la sensazione di business, tutto è a misura di pellegrino occidentale giunto fin qui per un salutare pacchetto meditativo di un mese. Dollari in cambio di meditazione… boh, sono perplessa. Comunque giriamo un po’, visitando anche i monasteri minori, pranziamo in un ristorantino pulitino pulitino e, a piedi, ci dirigiamo verso un qualcosa per noi più autentico: Pashpatinath. La piccola Varanasi nepalese ci regala una dimensione meno fittizia e più reale. È il sito dove si svolgono le cremazioni, ritenuto sacro perché il fiume in cui vengono gettate le ceneri si congiunge a valle con il Gange. Il tempio principale è riservato ai soli hindu, e noi non possiamo visitarlo, ma ci accontentiamo di assistere alle cerimonie funebri dalle terrazze sull’altra sponda. Ci fermiamo ad assistere a un funerale per capire la loro liturgia, poi, sempre schivando vari sadhu che chiedevano soldi per una foto con loro, assistiamo alla cremazione vera e propria. L’aria è densa di fumo, e colpiscono i bambini che sguazzano felici nel fiume, lanciandosi usando una camera d’aria come salvagente. La vita e la morte che convivono in pochi metri. Poi risaliamo la collina, in compagnia delle solite piccole amiche pelose: le scimmiette. In cima troviamo tanti piccoli tempi dedicati a Shiva, tutti simili, eppur diversi. L’atmosfera è molto bella. Per concludere ceniamo a Thamel al Thakali Kitchen, dove cena la gente del posto. Molto semplice ma caratteristico.
12 giorno: Kathmandu
Sempre con il “nonno” andiamo a Patan per visitare l’ultima Durbar Square. La piazza è molto bella, la visitiamo con calma, poi entriamo nel museo, che consiglio a tutti per capire finalmente qualcosa del variegato olimpo divino dell’induismo. Ai bellissimi reperti infatti sono affiancate delle spiegazioni esaurienti sulle diverse divinità, sulle loro caratteristiche, morfologia, animale-veicolo e così via. Giriamo poi la città, i vari cortili, il tempio d’oro, poi raggiungiamo un mercato locale e la fermata dei local bus. Ne prendiamo uno diretto a Bungamati, e finalmente abbiamo vissuto un’autentica leggenda metropolitana dei viaggiatori: il signore al mio fianco viaggiava con una gallina e un gallo appena acquistati messi in un sacchetto! Il villaggio è veramente piccolo, le attrattive sono ubicate tutte nella piazza centrale, ma è divertente anche perdersi nelle viuzze fori dal tempo, con le signore che chiacchierano e i bambini che giocano con gli aquiloni, mentre alle finestre sono appese le pannocchie e i peperoncini a seccare. In sottofondo si sente il picchiettare degli attrezzi degli artigiani intagliatori di legno. Torniamo al bus e rientriamo in città, per sfruttare le ultime ore di luce per fare gli ultimi acquisti.
13 giorno: Kathmandu
Ultime ore in Nepal prima di prendere l’aereo. Oggi è sabato e i negozi aprono più tardi, inoltre domani ci sarà la festa principale della città e fervono gli ultimi preparativi. Giriamo per le vie che ci sono più piaciute alla ricerca di argento, che volevamo però prendere in un negozio non per turisti di Thamel, ma in una autentica gioielleria locale. Purtroppo i prezzi non erano quelli che ci aspettavamo, così ci limitiamo a un orecchino per il naso in oro e a una cavigliera in argento, anche se credo che l’avrei pagata di meno in Italia… Prendiamo anche le ultime magliette di Ganesh e rientriamo in hotel per recuperare gli zaini e andare in aereoporto… Namasté Nepal