Cambogia, la nazione dei bambini
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“Perché in Cambogia?” Domanda che ci hanno fatto in molti! Perché il sud-est asiatico ha un fascino che ti contagia. Dopo esserci stati un prima volta, ti rimane la voglia di rivedere i suoi colori, di risentire i suoi profumi e sapori, di rivivere il caos delle sue città o la tranquillità dei villaggi, la serenità dei templi e soprattutto i sorrisi della gente… questo ci ha fatto decidere… e dunque si torna nel Sud Est asiatico!
Siamo in tre, la coppia felice e nostra figlia Lisa di 14 anni, che dopo l’esperienza a Panama dell’anno scorso si sente pronta per affrontare una meta più impegnativa. Abbiamo 22 gg a disposizione per visitare la Cambogia (ma si dice Cambogia o Cambodia? Boh!), non sono pochi ma non abbastanza per vederla tutta, quindi decidiamo di escludere la zona ad est del Paese, ai confini con il Vietnam e ci concentriamo sulla zona occidentale percorrendola da nord a sud. Solito periodo di preparazione, con raccolta di informazioni e pianificazione del viaggio che include la meticolosa preparazione degli zaini, obbiettivo sperato e mai raggiunto: max 10 Kg.
Le nostre tappe saranno: Siem Reap, Battambang, Chi Path, Sihanoukville, Kep, Phnom Penh.
Volo aereo con Singapore Airlines, acquistato on-line, andata da Milano Malpensa a Siem Reap e ritorno da Phnom Penh a Milano Malpensa (con scalo intermedio a Singapore), spesa totale per tre persone euro 1793, ottima compagnia aerea. Sempre on-line abbiamo prenotato l’hotel per la prima tappa a Siem Reap “Golden Temple Villa “ 31 $ la tripla con A/C, colazione, taxi dall’aeroporto, biciclette a disposizione per tutto il soggiorno, internet free e un massaggio a testa tutto compreso nel prezzo!
Arrivo a Siem Reap
Il viaggio Milano – Singapore è lungo … molto lungo…12 ore di aereo ci sfiniscono! La sosta a Singapore ci aiuta a riprenderci un po’ facendo quattro passi prima di ripartire per Siem Reap. Finalmente si arriva a destinazione, i colori del paesaggio ma in particolare il caldo umido ci fa capire di essere arrivati e nello stesso tempo ci distrugge definitivamente!
In aeroporto facciamo la fila per il controllo documenti e rilascio del Visto, per il quale occorre solo una foto tessera, 20 dollari e un po’ di pazienza! I nostri passaporti passano di mano in mano ad almeno dieci addetti in divisa verde con alamari dorati (tutti Generali ), seduti dietro un immenso bancone; ognuno di loro controlla il documento e i moduli compilati e li passa al successivo, alla fine, se tutto è corretto, l’ultimo generale appone l’agognato timbro, non sarà così per noi che dovremo rifare nuovamente la fila perché un modulo non risulterà compilato correttamente. All’uscita dall’aeroporto troviamo ad aspettarci, con tanto di cartello con il nostro nome, l’autista mandato dall’hotel e così a bordo del mitico tuk tuk entriamo ufficialmente nel Regno di Cambodia (o Cambogia?).
Per le strade di Siem Reap c’è gente ma non tantissima, non troviamo il caos delle città vietnamite, anche se il paesaggio è simile, sembra più un grande paese che una città. Arriviamo all’ hotel, che ci pare subito molto carino, una chicchina in stile Khmer, la camera è caratteristica ma un po’ piccola per tre persone! Dopo una doccia ristoratrice tutti e tre crolliamo sul letto, al risveglio inforchiamo le bici e via alla scoperta della città e alla ricerca della biglietteria per Angkor Wat, che si trova a circa metà strada tra la città e l’entrata principale del sito. Decidiamo di fare l’abbonamento per tre giorni, perché il prezzo non cambia tra due o tre, cioè 40 $ a testa, non è poco ma poi ci renderemo conto che ne vale la pena. Presso la biglietteria rilasciano una tessera con tanto di foto prestampata che ti scattano alla cassa. Sudando come non mai rientriamo in città, sono solo le 17 (siamo ancora sfasati per il fuso orario) ma decidiamo di fermarci a cenare in un locale, il Pho Yong Restaurant, un po’ fuori mano ma curato nei particolari (ottima scelta), il menù è vario con tanti piatti della cucina khmer (12,5 $ per tre persone). Rientro in Hotel per l’ennesima doccia, poi contatto Skipe con la figlia rimasta a casa, gustando un ottima Angkor Beer ghiacciata! In serata facciamo una passeggiata lungo il fiume, dove c’è un mondo da scoprire e noi siamo qui per questo! Incontriamo la venditrice di lingue di animale (la cui razza ci rimarrà ignota, forse bufalo d’acqua) che troviamo fantastica , il venditore di polli arrosto con tanto di griglia portatile è da non perdere e il fiume con i suoi ponti in legno e nell’acqua tante lanterne colorate galleggianti è uno spettacolo affascinante; infine giungiamo al mercato notturno dove assistiamo a rappresentazioni di musica e danze locali (Apsara).
Il giorno dopo ci svegliamo alle 6.30, è sicuramente troppo tardi in particolare per vedere il sole che sorge sul più sacro dei templi ma la stanchezza era troppa! Si parte in sella alle biciclette per il primo tour, il grande anello dei templi di Angkor. In 20 minuti raggiungiamo il sito e oltrepassiamo il controllo biglietti, siamo già fradici di sudore! Dopo altri 500 metri di strada si apre davanti a noi uno scenario fantastico “ANGKOR WAT” il tempio di culto più grande al mondo, immerso in una vegetazione selvaggia che sembra voglia riappropriarsene! Ci sono già tanti turisti, soprattutto cinesi! Il complesso è immenso, passiamo da un sito all’altro in parte a piedi e dove è possibile in bici. Durante uno spostamento da un tempio ad un altro incappiamo in una famigliola di scimmie abituate ai turisti, Lisa si avvicina per far loro delle foto e una , probabilmente attratta dai colori vivaci dei suoi pantaloni, le si arrampica letteralmente addosso! Ai margini di ogni sito c’è un mondo di indigeni attrezzati per vendere qualsiasi cosa ai turisti, soprattutto acqua, che con questo caldo umido diventa fondamentale per la sopravvivenza. A pranzo ci fermiamo in un ristorante, il Che Lieng Angkor Restaurant, proprio davanti ad Angkor Wat, un locale certamente non raffinato ma con semplici tavoli e sedie in plastica, in stile locale , si rivelerà un ottima scelta: piatti curati dai sapori autoctoni soprattutto l’Amok servito dentro una noce di cocco ( spesa 20 $ in tre). Nel pomeriggio riprendiamo la visita ai templi, il primo è il mitico BAYON; non ci sono parole per descrivere la maestosità e lo splendore dei suoi 216 enigmatici volti di pietra! Terminato il tour del grande anello si torna in hotel, pedalando con fatica, sfruttando gli ultimi scampoli di energia a noi rimasti, dopo la stremante giornata.
Nella seconda giornata dedicata ad Angkor Wat, abbiamo previsto il tour del piccolo anello. Ci facciamo chiamare dal personale dell’hotel un tuk tuk che per un totale di 10 $ ci porterà in giro per templi tutto il giorno. Piove forte ma la gente del posto sembra non preoccuparsene affatto, il driver Sarhà, ci fa salire e con rapide manovre chiude il tuk tuk con teli trasparenti facendolo diventare una vettura coperta, mentre lui guida al di fuori, in totale balia della pioggia monsonica, protetto solo da un k-way. Pioverà a singhiozzo solo per un paio d’ore per tornare ad essere una splendida giornata. Visitiamo tanti templi mentre Sarhà ci aspetta fuori, sdraiato sul suo tuk tuk a sonnecchiare. All’ingresso di ogni tempio si subisce l’assalto di venditori di oggetti vari, la parola d’ordine sembra essere “ONE DOLLAR” alla fine cediamo ad uno di loro e compriamo una stampa su carta di riso di Angkor, sicuramente ad un prezzo più alto di quanto poi avremmo potuto trovarla (identica) in uno dei vari mercatini cittadini… comunque la regola da rispettare (ma spesso difficile da mettere in atto) è la seguente: loro chiedono un prezzo, tu ribatti con la metà e rimani fermo lì nella contrattazione, al massimo aumenti di un dollaro! Spettacolare sarà la visita al tempio reso famoso dal film Lara Croft -Tomb Raider, il “ Ta Prohm “ con le sue misteriose rovine strette nel lento e inesorabile abbraccio di radici secolari. Alle 11.30 pausa pranzo per cercare di anticipare la massa di turisti, invitiamo anche Sarhà a pranzare con noi anche se constatiamo che la cosa lo imbarazza un po’. Dopo un pranzo discreto e quattro chiacchiere con Sarhà si riprende il tour, siamo diretti verso uno dei templi più isolati e meno frequentati dai turisti, il “Ta Nei “tanto che anche il nostro autista fatica a trovarlo perché non lo conosce. Aiutati anche dal fedele Gps percorriamo una strada sterrata nel mezzo della foresta tutta buche e pozzanghere rischiando di rimanere impantanati, dobbiamo anche scendere dal Tuk Tuk per un breve tratto, arrivati a destinazione non c’è nessun altro turista, solo noi. Il tempio è molto bello, isolato, immerso nella foresta, in lontananza si sentono i richiami degli uccelli e l’urlo delle scimmie, tutto è molto suggestivo… ci si aspetta di incontrare da un momento all’altro Indiana Jones! Ultima tappa della giornata, il tempio Phnom Bakheng posto in cima ad una collina, per raggiungerlo dalla strada bisogna camminare per una ventina di minuti circa. Siamo in compagnia di una marea di turisti delle più svariate nazionalità, è infatti per molti l’ultima tappa della giornata perché questo tempio è famoso per il fantastico tramonto che si vede dal suo punto più alto!
Al rientro in hotel prenotiamo i biglietti per il viaggio in barca per Battambang previsto tra due giorni (63 $ per tre persone) con la Sok Chamroeun. Per cena si decide di tornare al ristorante della prima sera il Pho Yong Restaurant. Uscendo dall’hotel incontriamo Sarhà, che ci porterà al ristorante con il suo TukTuk accordandoci anche per il ritorno il tutto per 4 $ (forse si poteva contrattare il prezzo ma Sarhà è stato così gentile con noi ).
Per l’ultimo giorno a Siem Reap avevamo previsto l’escursione ad un tempio lontano dalla città, il Beng Mealea e nel pomeriggio un trekking lungo il Fiume dei Mille Linga ma la pioggia ci farà cambiare programma! Trascorriamo quindi una giornata tranquilla girovagando per Siem Reap dove visitiamo il mercato vecchio soffermandoci soprattutto nella zona dedicata alla vendita di carne, pesce, frutta e verdura…quello che si vede ( compresi degli ambulanti che vendono insetti tra cui ragni,caramellati ) non smette mai di sorprenderci! Compriamo alcune pashmine in seta, sono veramente belle e costano pochi dollari. Proseguiamo con la visita alla Pagoda cittadina, molto bella è la rappresentazione della vita del Buddha, rappresentata in un dipinto lungo tutto il perimetro delle mura interne. A pranzo ci facciamo attrarre da un locale ( ..?..) dove servono “pizza”, avendo voglia di qualcosa di diverso dal cibo cambogiano, ma ciò non avverrà … infatti quello che ci sarà servito avrà la forma e il colore della pizza ma lo stesso sapore del cibo cambogiano! Solo Lisa mangerà un mega gelato al sapore di gelato! Nel pomeriggio faremo una delle esperienze più strane del viaggio, farsi mangiare le pellicine dei piedi da un branco di pesci affamati. Tutto si svolge in una piazzetta del mercato serale, dove in una grande vasca d’acqua, una miriade di pesciolini vanno all’assalto dei piedi immersi fin sopra le caviglie, succhiando e mangiando! L’impatto iniziale è sconvolgente, un misto tra panico e sgrigna da solletico, poi piano piano ci si fa l’abitudine e si rimane li per una ventina di minuti piacevolmente in balia dei pesci. Al rientro in hotel concluderemo la giornata con i massaggi, compresi nel prezzo della camera, ci volevano, è sempre bello farsi coccolare!
Siem Reap – Battambang
Si parte alle 6:45 destinazione Battambang, passa il pulmino dall’hotel per portarci al molo sul lago Tonlè Sap, dove alle 7 salpa il traghetto. In bassa stagione è l’unico collegamento fluviale giornaliero sia per la gente locale che per i turisti (pochi); si tratta di una piccola barca per non più di 15/20 passeggeri ! Diverse persone dei villaggi lungo il fiume saliranno e scenderanno durante tutto il tragitto (circa 80 km). Durante le 8 ore di viaggio vedremo diversi scenari di vita quotidiana della gente che vive sul fiume… letteralmente sul fiume! Case galleggianti, attività lavorative sull’acqua, pescatori, commercianti, trasportatori ma anche scuole galleggianti, giochi di bambini e attività delle massaie. Quello che vediamo è veramente un altro mondo lontano anni luce dal nostro. Navigando a ridosso delle case galleggianti si può vedere al loro interno dove tutto è ridotto all’essenziale ma non manca comunque la tv e si può constatare che quasi tutti comunicano con il cellulare. Al nostro passaggio i bambini sorridenti ci notano e ci salutano con entusiasmo! Il viaggio è lungo e ogni tanto la barca stenta ad oltrepassare zone dove il livello dell’acqua è troppo basso! Il nostro Capitano si è portato il pranzo da casa quindi decide di non fare soste per far pranzare anche i suoi passeggeri, sarebbe stato meglio portarsi qualcosa da mangiare, per fortuna per quanto riguarda il bere ci eravamo attrezzati. Mentre stiamo percorrendo un tratto di fiume apparentemente tranquillo, avviene ciò che non ti aspetti mai… un grosso pesce di quasi un metro di lunghezza, salta fuori dall’acqua e sfiorando le persone sedute ai bordi, cade al centro della barca dove inizia a dibattersi forsennatamente. I turisti rimangono stupefatti ed immobili, non capendo nell’immediatezza cosa stia accadendo mentre un ragazzo del posto tranquillamente si avvicina, afferra il pesce e lo getta nuovamente nel fiume.
Arriviamo a Battanbang alle 15 con una fame da lupi! Al pontile c’è il solito assalto dei procacciatori di clienti per gli hotel, noi avevamo già prenotato all’hotel Sengh Out e quindi cerchiamo il nostro driver e il cartello con il nostro nome. L’hotel (16 $ la tripla) si trova in centro in una buona posizione, sembra non sia ancora terminato nella sua costruzione ma la camera è grande e pulita, da consigliare sicuramente. Prima di congedarci dal driver del tuk tuk lo ingaggiamo per il giorno dopo per l’escursione nelle campagne di Battambang. Dopo una breve trattativa ci accordiamo per 15 $ in tre per tutto il giorno. Nella prima passeggiata per la città costeggiamo il fiume dove molte persone, in maggioranza donne di tutte le età, divise in vari gruppi, fanno aerobica e balli di gruppo guidati da giovani cambogiani con altoparlanti giganteschi e musica a palla! Passeggiando arriviamo alla stazione dei bus e ci informiamo per i biglietti per la capitale, dove andremo tra due giorni, decidiamo per la Soraya bus (15$ in tre).
Anche Battanbang non è una grande città, si mostra accogliente con due grandi viali che costeggiano le due rive del fiume, dove tutti passeggiano e dove si concentrano le principali attività, come ad esempio i mercati e dove al calar della sera, nascono dal nulla ai margini degli ampi marciapiedi tanti ristoranti occasionali, completi di cucina a vista e pietanze in bella mostra, ovviamente non bisogna farsi domande, ad esempio sulla pulizia o sul lavaggio delle stoviglie,visto che non si nota la presenza di acqua corrente, ma questo è il Sud Est Asiatico… prendere o lasciare e noi prendiamo!
La mattina dell’escursione nei dintorni di Battambang, Jack in perfetto orario, cioè alle 8, ci aspetta nella hall dell’hotel, dove pare sia di casa, infatti la sua foto è presente in un album fotografico a disposizione dei clienti dove vengono spiegate le attrazioni turistiche della zona e i driver di tuk tuk accreditati dalla Direzione (che organizzazione!).
I^ tappa, il giro sul trenino di bambù, attrazione nata forse per caso da una vecchia necessità locale, purtroppo ora molto (troppo!) pubblicizzata e quindi ad uso e consumo dei turisti. Tutto è organizzato per spillar soldi! Il giro costa 5$ a testa, con sosta prevista al chiosco delle bibite, gestito probabilmente dalla moglie del macchinista, la quale prima di ripartire ci snocciola la richiesta, neanche troppo velata, di dare la mancia al marito al termine del giro ! Il percorso di questa piattaforma di bambù, che poggia con le 4 ruote sulle rotaie, è di circa 10 km tra andata e ritorno, attraversa la campagna cambogiana tra risaie e canneti, su un binario unico, ogni tanto si incrociano i bambini che aspettano il passaggio dei turisti per salutarli con gioia. Quando si incontra un’altra piattaforma uno dei due cede il passo a quella più affollata, togliendosi dai binari, tutto viene smontato e rimontato in pochi minuti. Anche alla sosta per bere ci sono tanti bambini che ti seguono per spiegarti qualcosa della loro vita quotidiana: si dice che la Cambogia sia “LA NAZIONE DEI BAMBINI!” e questo aspetto, sicuramente veritiero, rende il viaggio ancora più coinvolgente .
Si prosegue il tour con la visita ad un tempio, il Phnom Banan (ticket 6$ in tre), un po’ diverso da quelli visti fino ad ora: si trova in cima ad una collina e per raggiungerlo bisogna salire un’infinita scalinata in pietra. Per alleviare la salita, dando una opportuna mancia, alcune ragazzine ti seguono sventolando dei grandi ventagli. Pausa pranzo un po’ forzata, nel ristorante fuori dal sito; noi avevamo scelto un altro posto ma Jack ci consiglia di pranzare lì dove siamo ( probabilmente sono suoi parenti! ). Sarà comunque un ottimo consiglio, è incredibile come con poche cose in una cucina inventata sopra ad una tavola con un piccolo fornello, due ragazzine riescano a mandare avanti un ristorantino all’aperto! La spesa sarà minima ( 10$ in tre ) e dopo pranzo visitiamo un altro tempio, il Phnom Sampeau ( ticket 6$ in tre), per raggiungerlo dovremo fare una bella scarpinata in salita per un paio di km ( per i pigri ci sono le mototaxi ) Jack ci accompagna e ci fa da guida. La visita alle “grotte dell’eccidio” dove vi sono anche gli scheletri delle persone uccise e gettate dall’alto della grotta, dai khmer rossi di Polt Polt, impressiona per la sua drammaticità! Durante il tragitto tra un sito e l’altro ci fermiamo a vedere anche i giganteschi alberi dei pipistrelli. Si tratta di una colonia composta da migliaia e migliaia di questi mammiferi volanti i quali vivono appesi a questi alberi immensi occupandone ogni singolo ramo sia di giorno che di notte… inquietante! Rientriamo in hotel verso le 16 e per cena decidiamo di mangiare in uno dei tanti ristoranti improvvisati ai margini del fiume con la chiara intenzione di assaporare qualche piatto di pesce .. ma niente da fare … ci verranno serviti spiedini di carne ( 9$ in tre ) ma con l’aggiunta della simpatica e gradita compagnia del proprietario che prima di salutarci ci chiederà l’indirizzo face-book. In serata o meglio nella nottata tutti e tre davanti alla tv per vedere la partita di calcio Italia-Spagna, con telecronaca in giapponese!
Battambang – Phnom Penh
Si parte per Phnom Penh, abbiamo appuntamento alle 8:45 con jack per portarci alla stazione dei bus, si presenta puntualissimo e sorridente come sempre! Alla stazione conosciamo una coppia di turisti lui italiano e lei olandese, non più giovanissimi i quali sono in viaggio dalla Thailandia passando dalla Cambogia diretti in Vietnam, è una buona occasione per fare con loro quattro chiacchiere e scambiarci alcuni consigli. Il viaggio in bus è tranquillo e dopo circa 7 ore con varie tappe, anche per pranzare, arriviamo nella capitale e come da copione… assalto dei procacciatori di clienti per hotel.
Prima di raggiungere l’hotel, acquistiamo i biglietti del bus per il giorno dopo per Andong Teuk (18$ in tre) percorso obbligato per giungere alla nostra prossima meta, Chi Phat. Questa tappa di una notte nella capitale è dettata solo dal fatto che i bus per Andong Teuk partono solo da qui, torneremo a visitare Phnom Penh alla fine del viaggio! Scegliamo l’hotel Angkor International (20$ la tripla), carino in stile coloniale, la stanza è grande con A/C. La sera, mentre Lisa rimane all’ internet-point noi beviamo una birra nel bar dell’hotel, qui conosciamo il Direttore, Vittorio, un italo-francese che saputo dell’arrivo di Italiani si presenta al nostro tavolo per darci il benvenuto, offrendoci del limoncello. Ci racconta che sono tanti anni che manca dall’Italia e che è giunto in Cambogia dopo aver vissuto e lavorato per alcuni anni in altri Paesi asiatici … ci conferma che è contento della sua scelta di vita … che tipo !
Phnom Penh – Chi Phat
Chi Phat è un piccolissimo paese sperduto nella foresta, assente nelle cartine geografiche e molto spesso sconosciuto agli stessi cambogiani. In questo angolo di foresta ha sede un’organizzazione che si occupa di ecoturismo, con il coinvolgimento delle Comunità locali ( Community Based Ecotourism – CBET) il tutto ampiamente promosso anche dalla Lonely Planet.
Dal centro di Phnom Penh raggiungiamo in tuk tuk la Stazione dei bus. Appena arrivati ci viene incontro un signore, probabilmente un addetto presso la Stazione ( non ci sono molti altri turisti e la nostra presenza non passa inosservata ) guarda i biglietti e ci accompagna al nostro bus … un servizio ineccepibile! Partenza in orario alle 7:45, il viaggio è tranquillo, il bus è pieno e noi siamo gli unici occidentali, sappiamo che dobbiamo scendere nei pressi di un ponte prima di giungere ad Andoung Tuek e quindi avvisiamo l’autista, quest’ultimo è un tipo serioso, si comporta come se pilotasse un aereo … la prima sosta la fa dopo circa 3 ore di viaggio, accosta sul ciglio della strada e molti viaggiatori, sia uomini che donne, scendono per fare pipì nel campo! Per questa operazione le donne sono attrezzate con appositi parei. La cosa strana è che dopo circa 10 minuti il bus si ferma nuovamente per il pranzo in una specie di area di sosta con ristorante dove ci sono anche i bagni pubblici !!! Arrivati al famoso ponte l’autista si ferma per farci scendere, ci dirigiamo verso il fiume dove ci sono delle imbarcazioni ( due o tre da 10 o 15 posti ) che portano a Chi Phat, risalendo il suo corso. Inizia una trattativa per conquistare un posto in una barca, purtroppo una comitiva di circa 30 ragazzi ( studenti canadesi ) ha già occupato tutte le barche disponibili. Si avvicina a noi un ragazzo cambogiano che ci propone il viaggio in auto per Chi Phat per 18 $ in tre, al momento l’offerta non ci pare interessante perché riteniamo che il viaggio in macchina sia meno avventuroso che risalire un fiume, e quindi prendiamo tempo e continuiamo a cercare il posto in barca, senza successo. Sconsolati torniamo dal ragazzo di prima e accettiamo la sua proposta! In seguito ci renderemo conto che la scelta dell’auto avrà notevoli vantaggi: il viaggio in barca dura 2 ore e mezza invece in auto 45 minuti circa, ciò ci permetterà di arrivare prima del gruppo canadese e avere la reception dei Ranger tutta per noi! Il taxi ci lascia ad un pontile improvvisato sul fiume, dove tre bambini ( 11/12 anni ) con una zattera a remi, trasportano da sponda a sponda le persone, gli animali i ciclomotori le merci etc… ( 1000 Rial a testa). Chi Phat è praticamente una strada sterrata di terra rossa con capanne di legno a destra e a sinistra, alcune di queste hanno esposto cartelli con scritto “guest house”. All’ufficio CBET ci accoglie un ranger un po’ serioso, il quale non comprende molto bene il nostro inglese maccheronico, per fortuna arriva in suo soccorso una donna molto gentile e molto molto paziente che ci spiegherà come funzionano le cose nella Comunità. Per la prima notte ci sistemeremo in un eco-lodge ( 20 $ a notte ), prenotiamo così anche il tour di due giorni di trekking ( totale 35 km ) con pernotto nella giungla, il pacchetto per tre persone costa 129.25 $ e comprende i pasti, lo zaino da escursione, impermeabile, acqua, il cuoco, la guida e soprattutto un’ottima organizzazione! Gli eco-lodge sono a circa 2 km dal paese, in un piccolo isolotto sul fiume, raggiungibile con un ponte sospeso, praticamente immersi nel verde, bellissimo! Sono bungalow in legno molto spartani con due letti matrimoniali, zanzariera, un ventilatore e un bagno all’occidentale, la corrente elettrica c’è ( spesso non in modo continuativo ) solo dalle 17 alle 23, quando nel villaggio accendono il generatore diesel. La sera ceniamo vicino al nostro bungalow dove il proprietario del posto, un ragazzo cambogiano di circa trent’anni, ci prepara, riso con verdure, pollo e frutta! (11 $ in tre). Per avere tutte le informazioni sul CBET e su tutte le escursioni che organizzano basta andare sul loro sito internet “http://ecoadventurecambodia.com”.
L’escursione inizia raggiungendo la mattina seguente gli uffici del CBET alle 7 dove consumiamo la colazione e dove conosciamo le guide che ci accompagneranno nel trekking. Gli spostamenti dall’eco-lodge al CBET avvengono sempre a bordo di un motorino condotto dal proprietario dei bungalows e visto che siamo in tre deve fare più viaggi. La colazione al CBET è abbondante e in puro stile cambogiano: il riso e banane sono onnipresenti e così sarà per tutto il soggiorno a Chi Path, le guide, di cui una con mansioni di cuoco, sono due ragazzi giovani e simpatici. L’organizzazione ci mette a disposizione tre zaini ( nuovi ) attrezzati con amaca, zanzariera, coperta in pile, impermeabili e tre litri d’acqua a testa che si aggiungono ai 3 litri che abbiamo noi (l’acqua sarà fondamentale, anche se è tutto peso da portare in spalla). Si parte per l’escursione alle 7.30, subito notiamo che a differenza di noi tre, che siamo opportunamente bardati con pantaloni lunghi, maglia maniche lunghe e scarponi da trekking, la guida e il cuoco sono in t-shirt calzoncini corti e infradito.. mah! Il primo tratto è praticamente la tranquilla strada sterrata che attraversa il villaggio, abbiamo così l’occasione di chiacchierare con i due ragazzi per fare amicizia. La guida ha 21 anni si chiama Vanak e parla molto bene l’inglese (è un insegnante di inglese nelle scuole cambogiane), mentre il cuoco ha 26 anni e parla solo cambogiano e vive nel villaggio. Il sentiero che imbocchiamo attraversa una pianura brulla, con pochissimi alberi dove il caldo e l’umidità si fa già sentire. Capiamo subito che non sarà un’escursione facile e che sarà necessario gestire con oculatezza la riserva d’acqua. Dopo circa 2 km ci inoltriamo nella foresta e poco dopo ci fermiamo per una breve sosta, che farà piacere particolarmente al cuoco che porta lo zaino più grande e più pesante ma soprattutto perché, come ci dirà poi, è reduce da una festa della sera prima e sta ancora subendo i postumi di una sbronza! Vanak si dimostra subito una buona guida: ci parla del problema del disboscamento, della caccia di frodo, ci mostra le bellezze della foresta che a un inesperto possono sfuggire e raccoglie delle erbe commestibili facendocele assaggiare, mentre il cuoco ci mostra una foglia dove si dimena una sanguisuga, avvisandoci che quando si attaccheranno a noi non dovremo togliercele da soli ma dovremo avvisare loro, che provvederanno. Il problema sanguisughe sarà presente per tutta la durata dell’escursione e proprio per limitarlo ci consigliano di mettere i pantaloni dentro i calzettoni, spruzzando il tutto con il repellente.
Si riparte con questo nuovo look poco alla moda ma che si rivelerà molto utile ( le guide devono essere immuni perché nonostante siano scalzi non vengono attaccati da questi animalini ! ) Durante l’escursione incrociamo diversi torrenti, ma riusciamo a guadarli con facilità. Per pranzo ci fermiamo in una radura vicino ad un ruscello e mentre noi ci rinfreschiamo un po’ i due ragazzi stendono a terra un telo e si dedicano al lavaggio delle verdure nel torrente e all’accensione del fuoco per cucinare il pranzo! Riso con carne e verdure ovviamente, il tutto servito in piatti di ceramica e posate di metallo ( ecco perché lo zaino del cuoco era così pesante!). Dopo pranzo ci incamminiamo verso un laghetto dove gli animali vanno ad abbeverarsi, ma vista l’ora e il caldo disumano non ve ne è l’ombra. Dopo aver tolto tutte le sanguisughe attaccate a pantaloni e calzini proseguiamo lungo il sentiero e ci inoltriamo nella fitta jungla. Arriviamo ad un fiume dove non si vedono guadi e la corrente è forte, breve consultazione e si decide di attraversarlo senza scarponi e con i pantaloni arrotolati fino alle cosce! La guida e il cuoco si piazzano nel mezzo del fiume e ci aiutano nell’impresa che non sarà per nulla facile visto che i piedi scivolano sui sassi del fondo e la corrente ci fa perdere l’equilibrio rischiando di finire a mollo con tanto di zaino … Siamo ormai a metà dell’impresa e Lisa scivola ma i due ragazzi sono pronti ad afferrarla evitandole il bagno totale. Riusciamo ad arrivare all’altra sponda praticamente fradici dalla vita in giù! Dopo il controllo sanguisughe ci rimettiamo gli scarponi e proseguiamo. Ad un certo punto la foresta si interrompe e ci troviamo in una radura immensa dove l’erba è verdissima e più alta di noi, con un metodo ingegnoso, cioè tenendo un bastone di legno in orizzontale davanti a noi, ci facciamo spazio tra l’erba. A questo punto pensiamo di aver superato tutte le prove previste in questo viaggio ma… ci troviamo davanti ad un lago o palude coperta completamente da vegetazione, l’acqua ci arriva alle ginocchia e visto il colore e la torpidità optiamo per non toglierci gli scarponi ne arrotolare i pantaloni … tanto ormai più bagnati di così! Via dentro l’acqua tutti vestiti. Si prosegue fino a raggiungere un fiume impetuoso e una imponente cascata dove decidiamo di fare un bagno ristoratore. Ci troviamo sopra la cascata e per raggiungere la riva da dove si può accedere all’acqua dobbiamo abbandonare gli zaini e camminare lungo una parete rocciosa che fiancheggia il fiume. Come dice Lisa “ormai siamo la Rambo family quindi andiamo a fare il bagno nel fondo della cascata!” Noi ci immergiamo con cautela nell’unica zona dove la corrente è quasi assente mentre il cuoco si tuffa da una roccia e nuota verso la parete della cascata, si arrampica su un’altra roccia e ci fa segno di raggiungerlo aggiungendo che non è pericoloso … dice lui che è del posto! Terminato il bagno Vanak ci chiede se preferiamo dormire nella jungla, in una zona lì poco distante che avevamo notato prima di raggiungere il fiume, una sorta di campo base dove vi sono unicamente dei tronchi instabili in cui avremmo dovuto appendere le amache, oppure, se preferivamo accamparci presso una famiglia (che poi si rivelerà essere quella del cuoco) che ha la casa vicino alla cascata, spiegandoci che se dovesse piovere il “campo base” non è coperto. Ovviamente optiamo per raggiungere la famiglia cambogiana . Ci troveremo a dormire, con le nostre amache, in una palafitta in legno senza pareti con solo il tetto in paglia, praticamente nell’aia di una tipica casa rurale cambogiana, tra cani, maiali, galline e galli che alle 4 del mattino sveglieranno noi ma non il cuoco che continuerà a dormire serenamente … probabilmente abituato! La famiglia che ci ospita è molto gentile, ci viene presentata la donna più anziana come padrona di casa, mentre l’uomo più anziano cercherà di comunicare con noi con gesti e sorrisi ! Dopo aver montato le amache per la notte ceniamo a lume di candela in compagnia dei due ragazzi e di tutti gli animali della fattoria … un’atmosfera veramente surreale! Prima di andare a dormire, Ernesto si accorge di avere una piccola ferita sanguinante ad un piede … disinfettata medicata, finalmente si dorme … saranno le 8 della sera !
Alle prime luci del mattino ci alziamo, prima di metterci gli scarponi controlliamo che non vi siano ospiti all’interno … e nello scarpone di Ernesto troviamo una sanguisuga bella panciuta … ecco spiegata la ferita al piede sanguinante! Il padre del cuoco ha già spazzato l’aia e ora sta dando da mangiare agli animali, mentre noi per colazione mangiamo riso, noodols, verdure e tè … Lisa ormai satura di questa dieta si affida alle barrette energetiche portate da casa! Visto che siamo scarsi di provviste d’acqua riempiamo le bottiglie vuote con il tè offerto dai padroni di casa. Quando siamo pronti a ripartire Lisa si accorge di avere un grosso problema … la suola di uno scarpone si è parzialmente scollata! I due ragazzi riescono a legarla con lacci di fortuna, manovra che verrà ripetuta più volte nei 5/6 km successivi fino a giungere alla conclusione che Lisa non può proseguire così! Breve consulto e si decide di farla rientrare presso gli uffici del CBET … ma come? Il cellulare non ha campo e quindi non possiamo telefonare, siamo però nei pressi di un villaggio di coltivatori di banane e nel vicino sentiero, udiamo il rumore di un motorino che si avvicina, a bordo un uomo alla guida con dietro una donna anziana e una più giovane con un bimbo piccolo in braccio. Si fermano e il cuoco parla con loro poco dopo ci chiedono se siamo d’accordo a far rientrare Lisa al CBET accompagnata in motorino da quel ragazzo che definiscono affidabile! Accettiamo e per 5 $, l’uomo fa scendere le due donne con il bimbo e fa salire Lisa ! In seguito Vanak, appena avrà campo nel cellulare, chiamerà l’ufficio CBET per farci parlare con Lisa ormai giunta a destinazione, per rassicurarci! Proseguiamo il nostro trekking a marcia un po’ forzata, saltiamo la sosta pranzo prevista nei pressi di un’altra cascata dove ci fermiamo solo per rinfrescarci con un bagno e qualche foto, abbiamo deciso di pranzare al CBET con Lisa! Nel pomeriggio, dopo i saluti e foto con le guide, scambiandoci indirizzi e-mail e contatto FB, ritorniamo all’eco-lodge, che ora non ci sembra più tanto spartano ma una reggia! La sera, dopo cena, durante il ritorno all’eco-lodge, abbiamo l’occasione di vedere la vita del villaggio immerso nell’oscurità della notte: tutto è molto interessante, alcune capanne hanno la tv, come al solito ci sono tanti giovani in giro, nel cortile davanti a diverse abitazioni gli abitanti bruciano i rifiuti, creando nuvole di fumo e odori sgradevoli! Non mancano gruppi di giovani che ascoltano o ballano con musica ad alto volume, tutto però è ridotto all’essenziale, certo che questo tentativo di aprire la zona al turismo ha portato qualche stravolgimento nella vita di tutti i giorni di queste persone, le quali ora iniziano a confrontarsi, nel bene e nel male, con ciò che offre il ventunesimo secolo.
Dovevamo rimanere a Chi Phat un altro giorno ma una seconda escursione che avevamo previsto, cioè l’uscita in barca serale per pescare le aragoste, è saltata perché la stagione non lo permette, quindi tramite la direzione del CBET prenotiamo il bus per Sihanoukville (Virak-Buntham Express Travel & Tour 21$ per tre), città da anni simbolo del turismo in Cambogia e quindi l’estremo opposto di dove siamo ora!
Chi Path – Sihanoukville
Lasciamo Chi Path percorrendo a piedi l’unica strada sterrata del paese fino a raggiungere il pontile sul fiume dove con la chiatta attraversiamo, sull’altra sponda ci attende il taxi avvisato il giorno prima, con l’autista sorridente che ci porterà alla fermata del bus per Sihanoukville. Il bus è grande, di tipo turistico, poltrone comode e spaziose, unico tasto dolente è l’A/C a palla e quindi si soffre il freddo! Arriviamo a Sihanoukville verso le 12.30, alla stazione solito assalto tra tuk tuk, taxi e mototaxi. Ci accordiamo per il trasporto in taxi per 4 $ (i tuk tuk chiedevano di più…mah!). Giungiamo all’hotel da noi scelto, il New Sea View Villa dove prendiamo una camera con aria condizionata per 20 $. Subito dopo pranzo andiamo a fare una passeggiata sul lungo mare dove c’è tanta gente, anche occidentali. Sulla spiaggia i locali si susseguono uno dopo l’altro e ai gestori non sfugge che siamo appena arrivati e quindi nuovo assalto … chi ci propone da bere, chi da mangiare, souvenir, massaggi, manicure, pedicure, escursioni in barca, etc… è un incubo ma bisogna farci l’abitudine … qui è così! I giovani cambogiani, sia ragazzi che ragazze, sono attratti da Lisa, sembra che li colpisca soprattutto il taglio corto dei capelli. Dire che questa località è una Rimini cambogiana è sicuramente azzeccato ma dopo tre giorni isolati nella foresta ci voleva! Per cena decidiamo di andare in una pizzeria “Marco Polo” gestita da italiani, a noi consigliata da Vittorio, il proprietario dell’hotel nella capitale, pizza veramente buona e soprattutto molto simile a quella italiana (23$ in tre). Verso le 24 inizia un martellamento di musica ad alto volume proveniente dalla spiaggia che andrà avanti per diverse ore! La spiaggia vicino all’hotel (Serendipity beach) è molto affollata e un po’ sporca, si notano dei preoccupanti fossettini di scolo che finiscono in mare a pochi metri dalla balneazione … il mare è mosso e non particolarmente invitante ma come a Rimini, qui non si viene per il mare ma per i locali sempre in festa. Ogni locale sulla spiaggia è bar, ristorante e ha poltrone e lettini a disposizione gratis per i clienti che consumano da loro!
Dopo una notte passata in parte svegli a causa della musica ad altissimo volume (che terminerà verso le 3.30) ci prepariamo per andare in spiaggia. Fra i tanti locali scegliamo il bar/ristorante Angkor beach, dove io e Lisa ci piazziamo nei lettini al sole, non mancherà anche il servizio manicure e pedicure svolto per 5 $ dalle donne cambogiane. Pranziamo con granchi, crostacei e frutti di mari (15 $ in tre compreso aperitivo). Giunta la sera la spiaggia si anima ulteriormente, qui si ritrovano ragazzi del posto e turisti da tutto il mondo, i ristoranti della spiaggia mettono tavoli e sedie direttamente sulla sabbia dove si mangia pesce, si beve molto e si balla, il tutto in una baraonda totale che si ripete tutte le sere! Tra i tavoli in spiaggia si mischia la frenesia della festa con una realtà cambogiana… mutilati che chiedono l’elemosina, bambini e ragazzine che offrono souvenir e anche qualche cosa d’altro! Sihanoukville è una realtà molto strana nel contesto cambogiano, stride a confronto di quello che abbiamo visto fino ad ora. Non manca l’aspetto legato alla profonda miseria di alcuni e l’opulenza di altri, qui come in tutto lo Stato domina il “Re Dollaro” ma tutto convive in una festa continua.
Complice la stagione a ridosso del periodo delle piogge, ogni tanto ci prendiamo la nostra dose di acqua. Il cielo diventa minaccioso e non sembra intenzionato a migliorare, la nuova giornata trascorre malinconica tra una sosta all’internet point, una passeggiata in spiaggia per il pranzo e una escursione in centro per visitare il mercato vecchio dove ci immergiamo nel labirinto caotico dei banchi di vendita e dove gli odori forti dei cibi e delle spezie fanno da padroni! Il mercato è ubicato all’interno di una grande struttura coperta dove per dare un posto a tutti ci si trova compressi in passaggi angusti tra merce esposta alla meglio. Se ci si rivolge ad un venditore e lui capisce di non avere quello che gli si chiede, non c’è problema, chiede di attendere un attimo e lui stesso lo va a cercare in un’altra bancarella per poi portartelo iniziando la trattativa sul prezzo.
Siamo già al 13^ giorno in Cambogia, oggi il cielo è azzurro, solo qualche nuvola che non tarderà ad andarsene, quindi giornata di relax in spiaggia. Prima passiamo in un agenzia per comprare i biglietti del bus per Kep per l’indomani. Scegliamo il minibus e non il bus perché ci viene consigliato dall’addetta (Kampot Tours & Travel 18 $ in tre). Arrivati in spiaggia decidiamo di fare una bella camminata verso est , lasciandoci alle spalle tutti i ristoranti/bar e la gente. Camminiamo lungo tutta Ochheuteal beach e ci fermiamo in una zona isolata, il mare è un po’ mosso, il sole splende e la spiaggia è bianchissima. Ci fermiamo qui per ore, ovviamente ustionandoci tutti e tre . Durante il nostro polleggiare sull’arenile, attorno a noi la vita cambogiana si muove, ogni tanto passano donne con ceste enormi sulla testa colme di frutta, di granchi e crostacei, di spiedini di carne già cotti … pronti per essere mangiati ! Passa un gruppo di monaci buddisti tutti in arancione che passeggiano sulla spiaggia creando un atmosfera “mistica”, ovviamente il tutto debitamente fotografato; inizialmente temiamo di offenderli ma loro capiscono le nostre intenzioni e sorridendo ci fanno cenno che possiamo scattare foto.
Sihanoukville – Kep
Lasciamo Sihanoukville consapevoli che dove andremo il livello degli hotel sarà certamente inferiore. Con un pulmino a nove posti in tre ore giungiamo a Kep nonostante le condizioni pessime della strada, soprattutto da Kampot a Kep. Dal conducente ci facciamo portare direttamente all’hotel da noi scelto consultando la Lonely Planet, il Brisè de Kep 18 $ la tripla con A/C (indispensabile), camera piuttosto piccola e poco ospitale ma l’hotel è in zona centrale, si affaccia sulla piazza principale dove più di ogni altro posto vi è frequentazione da parte di gente locale, inoltre ha un ristorante molto carino che la sera è l’unico ( in questa stagione ) aperto nella zona. Nel litorale circostante si notano alcuni hotel, sicuramente di livello superiore al nostro, quasi tutti hanno la piscina. A ridosso del mare ci sono delle costruzioni in legno e paglia, costituite unicamente dal tetto e prive di pareti, con all’interno amache appese e stuoie a terra, ciò serve alla gente ( principalmente turisti cambogiani ) per godersi il mare e fare il picnic generalmente domenicale, il tutto confluisce nella piazza che funge da centro del paese, il porto è più decentrato a circa 3-4 km ad est. La spiaggia è molto ridotta e non è particolarmente bella, risalendo di due km verso ovest la litoranea si raggiunge una zona dove vi sono decine di ristorantini sul mare costruiti uno a ridosso dell’altro, sono strutture semplici in legno, famose per i piatti di granchi serviti in tutte le salse e cotture, come specialità del posto! Al termine della fila di ristoranti inizia il mercato locale del pesce e l’immancabile piazza con statua … rappresentante uno dei tanti Re di Cambogia, nei dintorni si notano pochi turisti occidentali. Qui fa sera presto, alle 19 usciamo per andare a cena in uno dei ristorantini del mercato per fare una scorpacciata di granchi, è già buio e nell’unica strada è assente l’illuminazione pubblica quindi contrattiamo per un tuk tuk (2 $ in tre per fare 1 km e mezzo!). Scegliamo un ristorante tra tanti, il Kep Thmei Restaurant, solo per la simpatia e gentilezza del cameriere, di fatto ci convince a prendere quello che vuole lui … granchi bolliti! Siamo seduti ad un passo dal mare davanti ad un ampia finestra in paglia ma c’è un vento un po’ fastidioso. Mangiare i granchi aprendoli con l’apposito attrezzo (tipo schiaccianoci) è un lavoro impegnativo, concordiamo nel fatto che i granchi sono buoni ma non c’è pericolo di indigestione nonostante abbiamo ordinato la porzione “medium” e non sono certo a buon mercato (27 $ in tre). Facciamo rientro in hotel in tuk tuk nel buio della notte, l’unico locale illuminato con vistose lanterne accese fino a tardi, è il ristorante del nostro hotel!
La mattina seguente ci svegliamo con il morale alle stelle, la giornata è soleggiata e ci attende una giornata laboriosa dedicata al trekking. Partiamo a piedi per il tour del parco nazionale ( ticket 1 $ a testa ) di Kep, 9 km di camminata molto semplice immersi nella natura. Facciamo rientro al nostro hotel per pranzo per gustare uno dei migliori PHO’ della Cambogia ( 20 $ in tre ). Tramite la reception compriamo i biglietti per la barca che ci porterà l’indomani a Rabbit Island, (l’isola del coniglio – 21 $ in tre) . Nel pomeriggio continuiamo l’esplorazione di Kep, con tappa sul lungo mare dove spicca una statua di donna che scruta l’orizzonte in attesa del ritorno del marito pescatore. La donna rappresentata è nuda ma è stata efficacemente coperta dalla gente del posto con parei colorati (chissà cosa ne pensa lo scultore). La sera ceniamo in hotel dove mangiamo bene anche se le porzioni non sono abbondanti , attorno a noi la gente del luogo si attrezza sotto le tettoie in piazza, con le amache montate tutte in fila rivolte verso il mare per approfittare della brezza marina, passate le 21 tutto finisce e pian piano tutte le luci si spengono.
Un brutta sorpresa ci attende la mattina successiva… diluvia e noi abbiamo prenotato la barca per l’isola del coniglio! Rappresentiamo la nostra preoccupazione al cameriere che è anche il referente dell’organizzazione per varie escursioni, lui ci spiega che non ci sono problemi perché il tempo da li a poco migliorerà… e così sarà! Con il tuk tuk dell’hotel ci portano al porto, ora il sole splende in cielo. L’attraversata in barca dura circa 20 minuti, il mare non è particolarmente mosso e riesco a contenere il mal di mare! L’isola è molto verde e non essendoci un vero e proprio attracco, la barca ci lascia ad un centinaio di metri dalla spiaggia, che raggiungiamo bagnandoci fino alle ginocchia. Dal punto dello sbarco alla spiaggia principale bisogna percorrere un sentiero in mezzo alla vegetazione. La spiaggia non è certamente del tipo caraibico ma è comunque molto bella, con le palme che arrivano fino all’acqua. Davanti al mare vi sono diversi bungalow in legno e paglia (6-8 $ a notte) e alcuni ristorantini con tavoli sulla sabbia e tante oche e cani a zonzo. Pranziamo davanti al mare (14 $ in tre), il cibo è buono unico neo la birra che non è fredda… qui non c’è la corrente elettrica e la refrigerazione è assicurata da dei blocchi di ghiaccio che i cambogiani fanno arrivare da Kep, non c’è una gran organizzazione per il turismo ma il bello è proprio questo! Vi sono anche ragazze del posto che hanno allestito dei lettini appositi con tettoia, a ridosso della spiaggia, dove fanno i massaggi e noi approfittiamo ( 5 $ a testa ). E’ ora di far ritorno a Kep, raggiungiamo il punto di ritrovo per l’imbarco dove il barcaiolo ci sta già aspettando… ci sediamo più dietro possibile perché la barca è scoperta, con motori fuori bordo! Si parte, il mare è un po’ mosso e l’onda è di traverso, questo fa si che gli spruzzi siano molti alti… e quindi arriviamo in porto praticamente fradici! Le macchine fotografiche sono salve perché abbiamo opportunamente portato con noi una sacca impermeabile.
Potevamo organizzarci per dormire su “Rabbit island”, i bungalow sono molto… molto… spartani, ma il contesto, con il mare a due passi e un tramonto in spiaggia, sarebbe stata una bella esperienza, purtroppo la cosa ci è sfuggita e ora ci accontentiamo di tornare all’isola anche il giorno seguente! Per questo secondo giorno all’isola partiamo con la barca insieme ad altri turisti e giunti sul posto andiamo direttamente al bar/ristorante del giorno prima, è una bella giornata di sole, giusto inizio della … fine del nostro viaggio! Una nota gioiosa di Lisa … in questo angolo sperduto di mondo fanno le crêpes alla Nutella! Per pranzo mangiamo granchi che vengono presi, dal ragazzino del ristorante, direttamente dalla nassa ormeggiata in mare a pochi metri dalla spiaggia, operazione seguita e fotografata dai turisti presenti. I granchi saranno poco dopo serviti cotti alla brace e conditi con pepe di Kampot … buoni da lasciare a bocca aperta! (21 $ in tre). Comodamente sdraiati in spiaggia assistiamo all’approvvigionamento di viveri dell’isola: tutto arriva via mare e non essendoci un porto, l’ormeggio avviene a circa 50 metri dalla spiaggia, la merce viene scaricata e trasportata a riva sulle spalle sfidando le onde, un lavoro che è eseguito da ragazzini del posto sotto la supervisione degli adulti. Con un lungo tubo in gomma i ristoranti vengono anche riforniti d’acqua potabile. Gli abitanti dell’isola sono persone gentili sempre sorridenti e nel complesso ci si sente tranquilli … bisogna solo fare attenzione al resto quando si paga… ogni tanto si… sbagliano!
Alle 16 la giornata all’isola è finita e raggiungiamo la barca, ma questa volta il barcaiolo tarda quasi un ora ad arrivare… era occupato a raccogliere le noci di cocco! Si parte, solita lavata con gli spruzzi, ma noi siamo ormai preparati e riusciamo ad evitarli in parte prendendo posto nella barca nella giusta posizione, gli altri viaggiatori ignari no! Abbiamo avuto l’impressione che i marinai si divertano a vedere i turisti fradici e quindi non tentano neanche di evitare gli spruzzi! La sera in hotel compriamo i biglietti del bus per la capitale per il giorno dopo (Sorya Transport 15 $ per tre).
Kep – Phnom Penh
Ultimo giorno a Kep, abbiamo il bus per la capitale alle 13:00, In mattinata facciamo una passeggiata fino al mercato dei granchi dove rivediamo con piacere lo spettacolo delle donne cambogiane (solo donne) impegnate nella pesca dei granchi imprigionati nelle nasse disseminate lungo tutta la costa e di altre donne intente a cucinare il pesce sulle griglie a ridosso della strada. Presi dal languorino acquistiamo degli spiedini di calamari, freschissimi e cotti all’istante, veramente ottimi. Al ritorno in hotel non rimane che sistemare gli zaini, pranzare con l’ultimo Pho’ e partire verso l’ultima tappa … la capitale Phnom Penh, dove arriveremo tardi verso le 18 a causa, prima per il blocco del traffico per il passaggio di alcune autorità cambogiane e poi per l’intasamento del traffico cittadino! Alla stazione prendiamo un tuk tuk e ci facciamo portare all’hotel scelto, il Goldie Boutique Guest house ( 28 $ la tripla con A/C), che si trova in un quartiere più turistico rispetto all’Angkor International Hotel. E’ una struttura un po’ vecchia, con mobilio un po’ trascurato ma nel complesso non è male! Per cena scegliamo un ristorante nella zona, con intrattenimento di danze cambogiane (22,50 $ in tre) piatti locali e camerieri vestiti con abiti Khmer, tipica location da turista ( ogni tanto ci vuole ).
La prima giornata verrà dedicata alla visita della capitale, prima tappa il Watt Phnom, (ticket 1 $ a testa) tempio molto suggestivo, posto in cima all’unica collina della città, le scimmie e il parco circostante abbelliscono il quadro! Proseguiamo a piedi alla scoperta della città, passiamo davanti alla monumentale ambasciata americana e io rischio di essere arrestata per le foto fatte all’imponente edificio (e dire che sull’argomento avevamo letto qualcosa), ammiriamo il mitico Hotel Royal sede dei giornalisti stranieri durante la rivoluzione, visitiamo il mercato centrale scattando centinaia di fotografie e a pranzo decidiamo di andare in un ristorante giapponese, il Master Suki Soup Sorya 6&8 Floor, ubicato all’ultimo piano (8°) di un centro commerciale. Ogni tavolo ha a disposizione un fornello elettrico dove viene posta a bollire una pentola d’acqua aromatizzata, ognuno si cuoce da solo il pesce, la carne e gli spaghetti di riso! Dal nostro tavolo si gode una vista fantastica su tutta la città, spesa medio alta ma è una bella esperienza! Dopo pranzo, con l’aiuto del fedele GPS raggiungiamo il Palazzo Reale dove all’ingresso troneggia il gigantesco ritratto della regina (tiket ingresso 19 $ per tre). All’interno tutto è dorato e dopo un visita accurata e tante foto, con un tuk tuk raggiungiamo il Museo del genocidio (ticket 6 $ per tre). Si tratta di una ex scuola che durante il regime dei khmer rossi è stata utilizzata per torturare e per uccidere centinaia di cambogiani soprattutto giovanissimi ragazzi e giovani donne! Ciò che si vede, e il luogo stesso, fa venire i brividi è un’esperienza molto toccante, difficile trattenere le lacrime, testimonianza crudele di ciò che può fare la follia umana! La sera andremo a letto presto per poi svegliarci alle 2 per vedere la partita dei Mondiali di calcio Inghilterra-Italia, bella partita vinta ai rigori grande Buffon!
Mattinata successiva dedicata alle compere di regalini e souvenir e per questa incombenza obbligatoria andiamo al mercato russo, una babele di bancarelle concentrate sotto un enorme tettoia. Contrattare è d’obbligo, come si legge nelle guide anche se non tutte le venditrici si prestano a questo gioco! Questo modo di fare compere all’inizio è intrigante ma poi si dimostra snervante, i prezzi sono comunque buoni e si trovano cose interessanti come occhiali, scarpe, vestiti, monili… di tutte le marche… quasi sempre falsi, quasi perfetti! Nel pomeriggio visita al museo nazionale (ticket 3 $ a testa), per cena cerchiamo e troviamo un ristorante frequentato principalmente da cambogiani che ci aveva colpito nelle nostre passeggiate, l’attesa sarà un po’ lunga ma il pesce al B&B che ci verrà servito è ottimo (18 $ per tre). Sono questi i ristoranti che ci danno più soddisfazioni… ovviamente essendo gli unici occidentali nel locale siamo oggetto di attenzione da parte degli altri clienti e camerieri.
Ultimo giorno cambogiano, in mattinata facciamo un altro giro al mercato russo per le ultime compere, si ritorna poi in hotel e come è già successo altre volte il driver del tuk tuk non conosce la strada e quindi Ernesto lo guida con il suo fedele GPS. Prepariamo gli zaini per la partenza, saldiamo il conto della camera e carichiamo tutto sul tuk tuk e chiediamo al driver di portarci al ristorante “Spinelli” ( locale da noi notato nelle nostre passeggiate ), per l’ultimo pranzo. Non dista molto dal nostro hotel ma il driver, che inizialmente sembra aver capito dove deve andare, subito imbocca una strada a scorrimento veloce, con due corsie per senso di marcia, contromano! A noi si rizzano i capelli in testa e temiamo il peggio, il bello è che quasi nessuno delle altre persone in strada ci fa caso o si lamenta della strana manovra! Poi imbocca strade che portano in tutt’altra direzione, quindi decidiamo di accendere il Gps e lo guidiamo a destinazione. Incoscientemente e sfidando la sorte chiediamo allo stesso driver di tornare a prenderci dopo pranzo per portarci in aeroporto per 6 $. All’ora stabilita lui è fuori che ci attende con un bel sorriso, inizia l’ultimo viaggio in tuk tuk in mezzo al folle traffico della capitale. Arriviamo in aeroporto con largo anticipo dove inganniamo l’attesa giocando a carte e mangiando un gelato. Come sempre avviene al termine di un viaggio, c’è in noi un misto di tristezza e allegria; lasciamo questo interessante Paese portando con noi tanti bei ricordi da raccontare al nostro ritorno a casa.
Alcune riflessioni
La capitale è una città caotica, più cara del resto della Cambogia da noi visitata, ha però un suo fascino e non ci ha dato l’impressione di essere pericolosa. La polizia si vede poco, si può dire che regna un caos organizzato. Ogni strada è un mercato e il nuovo, costituito da alti palazzi, cellulari, Pc, grossi Suv, convive con il vecchio costituito da cyclò, attività come meccanico, barbiere, commerciante, etc… svolte sui marciapiedi, la vita sociale avviene in un grande ambiente dove non si sente l’esigenza di proteggersi da occhi curiosi. Lisa ha notato che dal tardo pomeriggio molte donne, ragazze e bambini girano per le strade, sui bus e ai ristoranti, vestiti con abiti che assomigliano o sono pigiami! Nel visitare la Cambogia abbiamo rivisto paesaggi simili al Vietnam, come risaie e foreste, ma anche molti paesaggi agresti che ci hanno ricordato molto l’India ! In fatto di sviluppo e modernizzazione la collocherei nel mezzo tra Vietnam e India. I cambogiani sono un popolo sereno, dall’animo mite e pacifico, sempre sorridente, molto disponibile, hanno una gestualità pacata e silenziosa, il loro modo di porsi agli altri è come un offerta. Sono molto belli, sia gli uomini che le donne, queste ultime probabilmente a causa della vita difficile che conducono invecchiano precocemente. Per quanto riguarda il cibo siamo rimasti un po’ delusi, ci aspettavamo una cucina all’altezza di quella vietnamita, invece è un po’ più monotona nei sapori e nella varietà. Il tempo ci è stato veramente molto favorevole, nonostante ci trovassimo a ridosso della la stagione delle piogge, abbiamo avuto molto sole, molto caldo e pochissimi temporali (quasi sempre notturni). Durante gli spostamenti e alla sera in giro per le strade non ci siamo mai sentiti in pericolo, i cambogiani ci sono parsi persone dall’animo onesto e rispettosi del prossimo! Anche qui gli studenti indossano la divisa scolastica, ci sono molte scuole, anche all’aperto, adibite all’insegnamento della lingua inglese, infatti loro la parlano benissimo. La loro lingua ufficiale, il khmer, è piacevole da ascoltare perché è molto musicale! Siamo riusciti a fare quasi tutto ciò che ci eravamo prefissati, unico rimpianto, non aver soggiornato almeno una notte all’isola del coniglio ( Koh Tonsay), colpa mia perché non avevo trovato informazioni sicure e dettagliate.
Ci è rimasto un solo dubbio … ma si dice Cambogia o Cambodia?
Antonella-Ernesto-Lisa