Dubrovnik, Mostar e Spalato… on the road
Dunque si parte dal Veneto sotto la pioggia, alle 8, con la prospettiva di sciropparci 850 Km in una comoda berlina tedesca: quattro amici, due coppie con la voglia di staccare la spina dal lavoro e dai problemi di tutti i giorni. Autostrada A4 per Trieste, dopo l’uscita di Basovizza la strada si fa stretta e a tratti tortuosa, ma la frontiera con la Slovenia arriva presto, non ce ne accorgiamo nemmeno, son rimasti gli edifici ma non c’è più alcun controllo; poco dopo arriva quella con la Croazia e qui invece se ne vanno 15-20 minuti in coda per il doppio controllo sloveno-croato dei documenti.
Ormai ritornati in autostrada (croata), si punta decisi su Fiume-Rijeka, e quindi verso Zagabria: ad un certo punto rimaniamo sorpresi nel vedere cumuli di neve fresca e ancor più siamo sorpresi dalle temperature rigide quando scendiamo a sgranchirci le gambe, mettere il pieno di gasolio e sgranocchiare qualcosa. Già quattro ore se ne sono andate e non siamo nemmeno a metà strada. Si riparte rifocillati, ma sempre sotto una fredda pioggia battente, con il navigatore pronto a cogliere lo svincolo di Bosiljevo dove bisogna virare verso Spalato. Da qui in poi comincia la “pacchia”: autostrada nuova, traffico quasi inesistente e record di “Cruise” a 130 Km/ora senza nessuna interruzione. Si potrebbe filare molto più veloci ma è, per così dire, sconsigliabile, di controlli ne abbiamo visto pochi ma sembra che la Policija sia inflessibile! Qualcuno definisce l’autostrada che scende a Spalato la più bella d’Europa: certo il manto stradale è perfetto ma la bellezza sta forse solo nel fatto che di questa stagione, novembre, non c’è quasi nessuno! Altro che le nostre tre corsie perennemente trafficate!
Oltrepassata Spalato l’autostrada finisce e si piomba (si è anche fatta sera) in una buia e stretta stradina in discesa, piena di tornanti e addirittura con tratti sterrati: dalle stelle alle stalle, in quasi-incubo che fa salire il nervosismo a bordo ( avremo sbagliato strada, che razza di navigatore hai, ti regalo una stradario, e via dicendo). Per fortuna dopo una mezz’oretta ci si immette in un’ampia strada costiera che ci porta alla frontiera con la Bosnia Erzegovina: sì, sì avete letto bene, con la fine della guerra questo paese ha ottenuto uno strettissimo istmo di territorio come unico accesso al mar Adriatico, con il risultato di spezzare in due il territorio croato. Per fortuna le due frontiere sono poco affollate, i controlli dei documenti sono sempre scrupolosi ma abbastanza veloci. Ritornati nuovamente in territorio croato ormai siamo quasi alla nostra meta, Dubrovnik, l’orologio di bordo segna le 19.30 quando il diesel smette di ronzare nel parcheggio custodito del Grand Hotel Park. Il tempo di apprezzare compiaciuti la buona qualità e le notevoli dimensioni dell’hotel scelto e siamo già fuori, sulla penisola di Lapad, la parte moderna e balneare di Dubrovnik dove trovare un locale per mangiare è facile anche fuori stagione. Scordarsi però di spendere poco e mangiare pesce a volontà, gli anni ottanta son passati da un pezzo e tutti i prezzi sono allineati con quelli italiani ormai!
Dopo una cena con un piattone misto di pesce decidiamo di prendere il primo contatto con la città vecchia, 3 o 4 chilometri e ci siamo: il centro storico è tutto pedonale, scendiamo da una stretta stradina diritta come un fuso e incassata tra alti edifici (ricorda certe vie di Napoli) e sfociamo all’improvviso nel corso principale: lo Stradun di notte toglie il fiato, spettacolare, ampio, illuminato a giorno, pulitissimo, a strabiliare è soprattutto il selciato levigato come un biliardo e lucido come fosse appena stata stesa la cera! Una meraviglia, da restare a bocca aperta! Anche perché sono le 22.30 e i passanti sono davvero pochi: le nostre reflex Nikon non smettono di immortalare gli angoli notturni più suggestivi che sono molti, intorno allo Stradun. Solo verso la mezzanotte, stremati dal viaggio ma inebriati dalla bellezza notturna dell’antica Ragusa rientriamo nella spaziosa e confortevole camera d’albergo per piombare tra le braccia di Morfeo.
La mattina dopo tiro le tende della finestra e quasi mi scappa un urlo: il mare, il mare, il mare! La camera si affaccia sul mare, è lì a poche decine di metri! Bellissimo risveglio!
Dopo un’abbondante colazione a buffet prendiamo l’autobus n. 6 e torniamo nel centro storico per la visita vera e propria. La musica, di giorno, è ben diversa: orde di turisti scese dalle navi di crociera, tutti con il loro adesivo MSC appiccicato sul petto seguono come scolaretti guide che alzano strani stendardi di riconoscimento. Siamo ad uno degli ingressi principali, Porta Pile, ma decidiamo di non entrare per sfuggire alla ressa: appena prima della Porta, sulla destra c’è un vicoletto in discesa che porta prima ad un porticciolo e poi, per un breve sentiero in salita, alla possente Fortezza di Lovrijenac arroccata su un promontorio a difesa della città. Da lassù la vista sulle mura di Dubrovnik è spettacolare, come il mare più sotto che si infrange schiumeggiando sui grossi scogli, una delle viste più suggestive di cui abbia memoria. La fortezza è visitabile, ma desistiamo ammaliati dai giochi d’acqua e dai colori del mare: la mia amica mi fa notare una scritta sull’architrave dell’ingresso alla fortezza “ Non bene pro toto libertas venditur auro” , la libertà non si vende per tutti i tesori del mondo, è il motto di questa nobile città che ha sempre cercato di mantenersi indipendente.
Ritorniamo sui nostri passi, veniamo quasi inzuppati dalle onde che si infrangono sugli scogli, e finalmente entriamo da Porta Pile nella vecchia città (patrimonio culturale mondiale Unesco dal 1979). Ci accoglie la fontana grande di Onofrio nella prima piazzetta affollata di turisti, noi entriamo nel Convento dei Francescani Minoriti (si pagano l’equivalente di 3 euro a testa ) per ammirare il bel chiostro e la sala capitolare che ospita un piccolo Museo e soprattutto la famosa Antica Farmacia (1317).
Subito dopo affrontiamo il pezzo forte, il giro delle mura da solo vale il viaggio a Dubrovnik, tanti sono gli incantevoli scorci dapprima verso il mare e poi, nella seconda parte, quella più rialzata, sulla città; un paio di chilometri, un’ora e mezza di passeggiata sotto un caldo sole tra camminamenti, fortificazioni, torri angolari e posti di vedetta. Colpiscono i tetti, quasi tutti sono nuovi e testimoniano gli intensi bombardamenti subiti dalle case nel corso della guerra del 1991-92: solo qualche tetto si è salvato e ostenta con orgoglio le proprie tegole invecchiate da molti decenni di sole e salsedine.
Ci rifocilliamo con una grande coppa di gelato ai tavoli di piazza delle Erbe (Gunduliceva poljana) e continuiamo la visita in Piazza della Loggia con la chiesa di San Biagio (patrono della città), la torre dell’orologio, le campane, la fontana piccola di Onofrio, la colonna di Orlando (l’avambraccio della statua era l’unità di misura ufficiale, il braccio raguseo), il palazzo dei rettori e il palazzo Sponza; proprio dentro quest’ultimo edificio è ospitato il Memorial ai caduti croati della guerra dei Balcani. Gironzoliamo ancora verso Porta Ploce , il Monastero Domenicano, la Cattedrale e la chiesa di S. Ignazio. La città è molto raccolta e un giorno è sufficiente per vedere quasi tutto, musei esclusi.
Il giorno dopo ci avviamo per un’ultima mattinata a Ragusa-Dubrovnik, poi nel pomeriggio andremo a Spalato dove abbiamo prenotato l’hotel per l’ultima notte. Non so come e perché, quasi per scherzo, qualcuno nomina Mostar. Una delle città simbolo della guerra balcanica e altro centro patrimonio Unesco: detto fatto abbandoniamo la stupenda città della Dalmazia che ci ha ospitato e partiamo subito per Mostar, in Bosnia-Erzegovina (altra frontiera, sempre solo con carta d’identità). Il simbolo fortissimo di Mostar è il celeberrimo ponte di pietra, lo Stari Most, che unisce la parte cristiana con quella musulmana della città, divise dal fiume smeraldo Neretva: il ponte fu distrutto nel 1993 dai croati bosniaci in guerra con i musulmani bosniaci ed è stato ricostruito e inaugurato nel 2004, è il simbolo della divisione e al tempo stesso del tentativo di unione delle due anime religiose della Bosnia, da una parte chiese e campanili, dall’altra moschee e minareti. Emozionante sentire gli altoparlanti dei minareti spandere la voce del muezzin che chiama alla preghiera.
Tutto ruota attorno allo Stari Most, le vie d’accesso sono trasformate in un sequenza di negozietti che offrono prodotti locali e trattorie (Konoba). Sul ponte un ragazzo raccoglie offerte in qualsiasi valuta per uno spettacolo tradizionale locale, indovinate cosa! Il tuffo dal ponte, un tuffo di 25-30 metri dal parapetto del ponte nelle acque che saranno si smeraldo ma, ai primi di novembre, saranno anche molto fredde ! Tornando a riprendere l’auto parcheggiata fuori dal centro storico non possiamo non notare con tristezza i numerosi palazzi desolatamente vuoti che mostrano ancora evidenti le ferite della guerra, gragnuole di colpi d’arma da fuoco e di mortaio tempestano le facciate.
Sulla via del ritorno vediamo un’indicazione per Medjugorje: non siamo tipi da pellegrinaggi, anzi la nostra spiritualità, ammesso che ce l’abbiamo, rifugge da questi luoghi di pellegrinaggio, ma proprio per questo, per toccare con mano trascino, i miei quattro compagni di viaggio nel luogo dove, sembra, sia apparsa la Madonna a sei ragazzini. Tre quarti d’ora di deviazione dalla nostra rotta verso Spalato e il paesaggio desolato e montagnoso, di colpo, si popola di negozi, alberghi, pullman, tanti pullman, quasi tutti vengono dall’Italia: ecco, sembra che il pellegrinaggio sia una faccenda in buona parte italiana. La nostra visita è frettolosa, cogliamo un sentimento sincero nelle persone che si trovano lì , ma tutt’intorno è business. Ormai siamo all’imbrunire e la strada è ancora lunga: a questo proposito vorrei dare un “avviso ai naviganti” ovvero a coloro che si fidano ciecamente nel navigatore di bordo, attenzione, se avete le mappe Europa qui in Bosnia-Erzegovina non funzionano e ritrovare la strada per Spalato non è così semplice, è molto facile (come è capitato) finire in strette, lente e tortuose strade di montagna che al buio diventano ancora più sinistre tanta è la desolazione intorno.
Un paio d’ore dopo comunque siamo a Spalato, ultima tappa della nostra vacanza in Croazia: raggiungiamo l’Hotel President, un quattro stelle centrale, molto classico e serioso con mobili in stile e lampadari a goccia, ottimo il servizio alla reception, parcheggio coperto interno e camere spaziose e perfette. Ceniamo in centro (Konoba Marul, trg, braće Radića) con un buon risotto di pesce, un bicchiere di bianco, un dolce e, incredibile, un ottimo espresso italiano.
Perché siamo a Spalato? A parte qualche ricordo sportivo ( basket e calcio ) non mi ricordavo di aver mai sentito parlare di questa città croata e sullo stesso sito dell’ufficio turistico locale si riporta come solo un turista su 200 passi la notte a Spalato: beh, noi siamo i 4 su ottocento che dormiranno a Spalato, un po’ per spezzare il viaggio di rientro ma, soprattutto, per aver letto di una cosa fantastica, il Palazzo di Diocleziano che occupa buona parte del centro ed è non solo ben conservato, ma abitato e ricco di piazze e locali. Infatti la passeggiata serale sul lungomare – non fa assolutamente freddo – ci svela un lato del Palazzo illuminato a regola d’arte: si tratta di una facciata molto variegata, alta almeno quattro piani e lunga circa 200 metri. Si accede attraverso una delle quattro porte disposte alle estremità il Cardo e il Decumano, tipici del castrum romano, rievocato anche dalla pianta rettangolare del Palazzo: al centro del complesso si apre lo scenografico Peristilio, uno spazio bellissimo dominato da colonnati, archi e facciate gotiche e barocche che, complice l’illuminazione soffusa, creano uno straordinario effetto, sembra di essere dentro un teatro antico, davvero indimenticabile questa visione notturna! Quasi non riusciamo ad allontanarci da questo meraviglioso complessi di vicoli, dal peristilio, dal protiro, dalle porte, dalla cattedrale … quasi… perché intorno alla mezzanotte la stanchezza ci richiama verso la comoda stanza d’albergo a pochi passi, e l’ultima notte in Croazia se ne va in un lampo.
La mattina dopo si apre con una colazione nettamente al di sotto delle nostre speranze, pochissima scelta, latte solo freddo, servizio ridotto, insomma forse l’unica nota stonata del nostro soggiorno. Facciamo buon viso a cattiva sorte, è una bella domenica di sole e torniamo in centro per riscaldarci sulle panchine del bel lungomare e tornare nel Palazzo di Diocleziano, a quest’ora animato da bancarelle nelle cantine sotterranee, bar aperti, turisti e locali a passeggio, venditrici di pizzi. Anche di giorno le nostre aspettative non vanno deluse, il complesso è davvero scenografico e possiamo apprezzare dettagli che sfuggono di notte, come il vestibolo in pianta circolare con una grande cupola aperta in alto. Anche le piazze appena fuori le mura del Palazzo meritano, e così il mercato del pesce, animatissimo, dalle parti di Porta Ferrea e il mercatino al di fuori di Porta Argentea.
Ormai si sta facendo mezzogiorno, ci concediamo una mezz’ora ai tavoli all’aperto sul lungomare, poi e davvero l’ora del ritorno: il viaggio ci riserva la solita autostrada deserta fino a Fiume, e una triste pioggia che si fa sempre più fitta sulla strada di casa.