Usa, The Great Circle – Max off the road
14.06: Torino Caselle – Londra Gatwick
La partenza verso Londra è alle 17 e sfrutto gli orari per fare una serata nella piccola Horley, un paesino molto in stile british alle porte di Londra, e soprattutto per arrivare a Las Vegas in pieno pomeriggio e godermi una mezza giornata intera, l’alternativa sarebbe stata partire ed arrivare lo stesso giorno ma sbarcare a Sin City di sera e dover fare tutto di fretta e furia.
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15.06: Londra Gatwick – Las Vegas McCarran
Come da programmi l’aereo tocca il suolo del Nevada alle 14.15 e sbrigate le pratiche di sbarco, immigrazione (ricordate di avere appresso tutti i documenti validi e – soprattutto – ricordate che non bastano passaporto ed ESTA per essere ammessi, ci sono sempre dei controlli talvolta anche rigidi negli aereoporti) e recupero bagagli eccomi giunto nel deserto del Nevada: il caldo secco dato da vento praticamente assente m’abbraccia subito e con il sorriso sulle labbra vado a ritirare l’auto noleggiata (Chevrolet Traverse 4×4).
Un rapido giro per i dintorni e mi butto subito sulla Strip (Las Vegas Boulevard, la famosa via i cui grattacieli fanno capolino già da dietro le strutture dell’aereoporto mentre l’aereo atterra) che di giorno fa la sua porca figura con questi edifici che enormi è definirli ancora piccoli… rapido salto a ritirare gli acquisti fatti online (presso il WalMart, una enorme catena di megastore in cui si può trovare di tutto) e poi via a confermare la camera prenotata presso lo Stratosphere Hotel & Casinò (l’ultimo albergo della Strip, famoso per la sua torre che è la più alta di Las Vegas e che sopra ha una sorta di Luna Park).
La serata passa ovviamente nel caos di Las Vegas, mi concedo un giro sulla Monorail (la monorotaia che percorre in sopraelevata parte della Strip e passa dentro alcuni hotel), la città è un mondo a parte, una di quelle cose che se non la vedi con i tuoi occhi non la puoi capire solamente attraverso le foto ed i racconti altrui; ogni albergo oltre ad avere i propri Casinò (ovviamente tutti gremiti di gente) ha le proprie attrazioni; dall’MGM che ha riprodotto un habitat per ospitare leoni veri al Paris con una mongolfiera fissa ed una riproduzione a metà grandezza della Tour Eiffel, dal New York York che riproduce i paesaggi dei grattacieli con tanto di Statua della Libertà, fiume e ponte di Brooklyn al Bellagio con le sue fontane ed i giochi d’acqua richiama l’attenzione di tutti i passanti… solo a raccontare questa città ci vorrebbe un diario a parte…
16.06: Las Vegas – Grand Canyon Parashant National Monument
La sveglia suona presto e subito si lascia la civiltà per mettersi in viaggio nel deserto, perché appena si abbandona la città non c’è niente per miglia e miglia; un’attrazione da non perdersi è la Valley of Fire, quasi al confine con lo Utah. Io comunque ho altri progetti per il mio viaggio ed arrivo a St. George, una bella cittadina già in Utah e corro a chiedere informazioni nella stazione dei Ranger in merito al Grand Canyon Parashant (una cosa che dovete ricordarvi di fare sempre in queste zone è recarvi dai Ranger che quotidianamente vi daranno informazioni in merito alla percorribilità o meno delle strade, della difficoltà delle escursioni che volete fare e se i vostri mezzi sono sufficienti o meno per affrontare quello che avete in programma, oltre a mappe e consigli di ogni tipo, il tutto gratuitamente e nel massimo della cortesia).
Il mio obiettivo di oggi è il Bar Ten Ranch Air Strip, a 70 miglia di distanza su una stradina sterrata (la County Road 5) e dallo Utah si passa all’Arizona; i paesaggi si fanno fin da subito strepitosi, il deserto avvolge tutto e le sue montagne prendono colorazioni diverse da ogni angolazione: da una parte guardi il verde e dall’altra spunta il rosso, ti giri e tutto diventa giallo, poi bianco… le fotografie volano una dopo l’altra, ma bisogna stare attenti alle mandrie di mucche che pascolano libere in questa zona di Far West e che spesso sono in mezzo alla carreggiata o direttamente ai suoi bordi.
Lungo la strada si trova la Mount Trumbull Schoolhouse, ultimo baluardo eretto di una comunità che abitava in queste terre all’inizio del secolo scorso.
Procedendo oltre in poche miglia si giunge al Ranch, che rappresenta l’unico luogo abitato ed ospitale di tutta l’area a parte qualche fattoria privata spersa all’orizzonte; il Ranch offre giornate tipo con pernotto in cabine o carri dei pionieri (ovviamente io ero un “carrista”!), gite a cavallo o su ATV nei dintorni e serate ad intrattenimento con il loro staff (cantano e ballano tirandoti in mezzo e raccontano storie divertenti, la maggior parte è intrattenimento per bambini e ragazzi visto che qui arrivano perlopiù gruppi di gitanti in elicottero).
Finiti gli intrattenimenti lasciano un po’ di tempo per dar modo a tutti di passare ancora un po’ di tempo in compagnia generale e poi staccano completamente l’impianto di illuminazione: le luci più vicine sono ad almeno 50 miglia in linea d’aria e lo spettacolo del cielo stellato e limpido è impareggiabile!
17.06: Grand Canyon Parashant N.M. – Zion National Park
Oggi sarei dovuto andare a due viewpoints sul bordo del Canyon, Whitmore point vicino al Ranch e più avanti al Toroweap point (uno strapiombo di circa 990 metri in verticale sul fiume Colorado): ieri venendo al Ranch ho forato uno pneumatico e quindi oggi è troppo avventato andare a fare un altro centinaio di miglia di sterrato (talvolta con pietre) quindi la decisione è per forza quella di saltare i viewpoints e di tornare indietro lungo la strada che avevo già percorso ieri e tornare a St. George; riparo la gomma con un kit apposito (acquistato appositamente da WalMart) e la ruota regge, quindi con un rapido sopralluogo della città mi reco in un paio di outlet per fare acquisti a prezzi stracciati (Levi’s ed Adidas su tutti) e poi via dritti in diretti per lo Zion National Park, vado a prenotare il posto in campeggio e via a zonzo per il parco e la vicina Springdale (molto carina è la Ghost Town di Grafton, che si incontra a metà di Rockville, dieci minuti prima di arrivare al parco).
18.06: Zion N.P.
Oggi è giornata di hike (camminata, escursione) e come inizio punto subito all’Observation point, una scalata di un monte che porta al più bel panorama del parco; e subito dopo Weeping Rock, una breve passeggiata fino ad una roccia da cui gocciola acqua. La giornata è molto calda (siamo pur sempre nel deserto anche se in altura) e dopo una pausa all’ombra nel primo pomeriggio si parte per le Emerald Pools, il giro completo sarebbe un loop di tutte e tre le pozze, ma per lavori era chiuso il sentiero e quindi ho fatto solamente le Upper e le Middle.
Finita la giornata torno in campeggio stanco e contento e mi cucino la cena (fagioli con carne secca e abbuffata di pesche noci che compro fresche dal verduriere tutti i giorni)!
19.06: Zion N.P.
E’ l’alba di un nuovo giorno e di nuovo si parte presto per camminare, oggi Angels Landing, uno dei più famosi del parco, caratteristico per avere una strada catenata che accompagna nella scalata dell’ultima parte del percorso, molto bella e molto più paurosa a dirsi che a farsi (strada catenata che comunque è tutta camminabile a piedi); anche da questa cima il panorama è splendido e siamo dritto di fronte all’Observation point. Una pausa in punta per bere e mangiare qualche cosa e poi dritto verso la discesa, il percorso è molto divertente ed alla portata di tutti se si ha voglia di fare quattro passi a piedi, basta premunirsi con un bel po’ d’acqua dietro e qualche cosa da mangiare nello zaino, un buon paio di scarpe da trekking e via!
Tornando giù mi fermo a fare la terza Emerald Pool, la Lower che ieri ho saltato per sentiero chiuso e mi trovo davanti ad un bell’anfiteatro di roccia da cui scroscia acqua fresca, uno spettacolo bello da vedere oltre che rinfrescante!!!
Il pomeriggio passa poi tra docce e lavanderie automatiche (troppo divertente farsi il bucato così) e di sera mi gusto di nuovo il cielo stellato nel buio profondo del campeggio prima di chiudere la giornata.
20.06: Zion N.P. – Bryce Canyon N.P.
Oggi devo smontare tutto l’accampamento perchè è l’ultimo giorno che passo in questo parco nazionale così mi sveglio prima del solito per riuscire ad andare a fare l’escursione presto, ma ecco il primo intoppo: chiudo tutto in scatole e sacche e non trovo più le chiavi della macchina, così dopo una rapida ricerca lungo il sentiero sono costretto a riaprire tutto ed ovviamente le chiavi erano nell’ultima che ho aperto, precisamente nella tenda che ho dovuto riaprire e quindi richiudere… curato l’intoppo a suon di Zakk Wylde mi dirigo verso Virgin e poi prendo la Kolob Terrace Road in direzione “The Subway”!
Purtroppo sbaglio strada, nel senso che mi fermo ad una piazzola di sosta sbagliata tratto in inganno da un cartello informativo sul percorso che sto andando a fare e la conseguenza è che giro a zonzo per le colline del deserto per qualche ora, quando stabilisco che oramai non lo troverò più e che fa troppo caldo per continuare a farsi cuocere sotto il sole a picco incrocio altri due ragazzi e tramite un telefono satellitare scopriamo che quello è il posto sbagliato dove cercare qualsiasi cosa perché lì c’è solo il nulla per miglia e miglia… wow!
Per me è tardi e saluto The Subway (ma tornerò…) perché oggi devo procedere verso est in direzione Bryce Canyon National Park! La strada che segue è un continuo susseguirsi di Scenic Drive, dalla Zion Mount Carmel in cui si passa in tunnel scavati nella roccia e si hanno visioni impagabili dello Zion si passa alle praterie dello Utah ricche di ranch e di mandrie che si perdono all’orizzonte, proprio come nei film del vecchio west.
Arrivati a destinazione si entra in una grande foresta e la cosa è strana perché dalle foto mi ricordavo che fosse diverso, comunque sia visto che è ancora pomeriggio presto vado in campeggio e piazzo tutto il mio campo base prima di dirigermi a fare qualche escursione a piedi, mi butto sul sentiero e… ecco il Bryce Canyon che ricordavo! Una grandissima distesa di pinnacoli (hoodoos) che dalla valle risalgono su verso il cielo: il bello di questo parco è che tu sei in alto e l’attrazione è in basso, quindi oltre a vedere tutto lo spettacolo delle formazioni rocciose e dei loro giochi di colore quando scendi giù per le escursioni e vedi il parco dall’interno la cosa ha un fascino inimmaginabile!
L’escursione principale è il loop tra Navajo Trail e Queen’s Garden che porta da una parte all’altra del parco, una volta risalito c’è poi tutto il Rim Trail ossia una passeggiata lungo tutto il costone del parco in modo da avere una visione del comprensorio da più punti… e nel frattempo arriva il tramonto a dare al panorama un tocco di arte in più: veramente spettacolare!
Tornato in campeggio penso alla cena ed al pernotto, qui siamo più in alto rispetto al precedente parco e si sente che l’aria è più fresca di notte, più precisamente siamo in mezzo agli alberi in una sorta di bosco ed il tutto è splendido!
21.06: Bryce Canyon N.P. – Cannonville
Questa mattina sono cowboy, ho prenotato un’escursione a cavallo nel parco e dunque mi muovo verso le strutture per confermare la mia partecipazione e l’esperienza, è inutile a dirlo, è grandiosa! Il gruppo è molto nutrito e la guida rende l’esperienza piacevole raccontando a manetta tutto quello che andiamo a vedere, non ho ben capito poi se dicesse fandonie giusto per far ridere o se sapesse tanto bene la storia del parco da raccontarla in maniera comica, comunque sia io avrò ascoltato la metà delle cose che diceva poreso a far fotografie ed a gustarmi il panorama: piccoli sentieri che si inerpicano su strapiombi e che li riscendono subito dopo… la mattinata vola e finito il giro a cavallo vado a prendere una birra gelata al General Store, un sandwich da mangiare al volo e poi via in macchina in direzione Cannonville!
Cannonville è un paesotto a 20 miglia dal parco all’ingresso del comprensorio del Grand Staircase – Escalante National Monument, una zona desertica ricca di escursioni tra slot canyons e formazioni rocciose paurosamente strane!
Vado immediatamente al KOA Kampground e questa volta non monto la tenda perché ho prenotato una kabin (oggi lusso!) e praticamente butto la roba dentro la stanza e volo subito lungo la Skutumpah Road in cerca del Willis Creek, un canyon che voglio vedere… si riprende dunque la strada sterrata e ci si reimmerge nei paesaggi desertici, incontro due simpatici signori di Moab anche loro in cerca del trail e ci muoviamo assieme: il caldo è torrido calcolando che è pomeriggio pieno ma buttarsi in mezzo ad uno slot canyon, tra le alte pareti di roccia che ti creano quel sentierino di un paio di metri al massimo, con ombra ed aria che soffia, è magnifico!
E così tra chiacchiere varie si fa il tragitto e si torna indietro, arrivando di ritorno alle macchine ci si saluta ed io me ne ritorno al campeggio, una doccia rigenerante e via a fare un giro per il paesino… paesino che comunque giro in 5 minuti (i paesi dello Utah non è che siano questa grandezza, qualche casa, la prateria ed il nulla tutto attorno).
La serata finisce in campeggio con cena e solito panorama stellato, ma questa volta gustato su una sedia a dondolo!
22.06: Cannonville – Escalante
Da oggi inizia una 3 giorni desertica non a poco ed è una delle cose che aspetto con più ansia dall’inizio del viaggio, sono nel pieno del Colorado Plateau, nel Grand Staircase – Escalante National Monument, tra sabbia e rocce, rocce e sabbia che si perdono all’orizzonte dietro a qualche montagnola…
Mi lascio alle spalle Cannonville e la direzione è subito la Cottonwood Road, un’altra sterrata abbastanza praticabile da qualsiasi tipo di macchina (viene anche usata come strada secondaria per unire la zona all’area di Page senza dover passare dalle highway e risparmiando ore ed ore di viaggio) per affrontare i Cottonwood Narrows, un’altra camminata tra canaloni e sabbia! Oggi sono da solo e non incrocio nemmeno altri escursionisti lungo tutto il tragitto, sono solamente io, il ruimore dei miei passi e del vento che soffia tra la rocce, qualche uccello che svolazza qua e la ed il sole che cuoce tutto quello su cui si posa, spettacolo.
Il canyon finisce sulla strada e per tornare alla macchina devo farmi un miglio circa di Cottonwood Road a ritroso tra rocce bianche, rosse, verdi e marroni in un contesto che se non lo vedi non ci credi… inutile dire che è spettacolare perché sto dicendo che tutto quanto è stato spettacolare e poi rischio di non esser più credibile!
Sulla strada del ritorno ci stanno due tappe panoramiche al Kodachrome Basin State Park, un bel parco con diverse formazioni rocciose, ed al Grosvenor Arch, un singolo ammasso di roccia che spunta dal nulla e che ha un arco naturale in cima molto ma molto scenico; come direbbero loro Amazing!
Comunque sia finita l’escursione arrivo ad Escalante nel primo pomeriggio, pausa pranzo con birra e cheeseburger (il più buono che abbia mai assaggiato in vita mia!) e vai all’Escalante Outfitter’s a piazzare la tenda per il pernotto!
Visto il caldo opto per chiudere il pomeriggio alla Petrified Forest of Escalante, uno State Park che era chiuso quando sono arrivato, ma che dava il libero accesso ad un lago naturale balneabile!
Stasera opto per non cucinare e vado a cenare all’Outfitter’s: preso dalla curiosità di assaggiarne una ordino una Pizza Pepperoni (che sarebbe poi una specie di diavola) e devo dire che ne ho mangiate di peggiori in Italia, la pasta è un po’ alta e morbida (in stile Spi****o senza far nomi) e la loro passata di pomodoro è più dolce e meno corposa, ma per il resto ti ammazzano di condimento e quindi la cena è passabile!!!
23.06: Escalante
La giornata di oggi prevede il clou della zona: Hole-In-The-Rock Road, una strada sterrata senza uscita che sempre da Escalante parte verso sud in direzione del lago Powell e che lungo il suo corso “ospita” una serie infinita di escursioni tra slot canyon e sabbia e semplici viewpoints; io opto per gli slot canyon prima e mi butto nel Fry Fork alla ricerca del Peek-a-Boo Gulch e dello Spooky Gulch. Anche oggi incontro un compagno di viaggio, il vecchio Bobby: un 51 di Houston che viaggia con amici ma che poi li lascia in albergo per muoversi da solo perché a loro non piace fare escursioni (e non immagino quanto si sian rotti ad Escalante se non han fatto escursioni…).
Anche qui si parte dall’alto per scendere nel cuore del deserto e buttarsi in mezzo a questi crepacci che nascondono al loro interno lunghi corridoi (slot canyon appunto), veramente spettacolari per chi piace il genere: il nostro programma iniziale era di fare questi due canyons in un anello che vedeva il primo fatto in un senso, passar da dietro un colle e buttarsi a ritroso nel secondo… quel che abbiam fatto invece è farne un terzo (Dry Fork) e poi arrivati in fondo invece di svoltare per andare a cercare gli ingressi posteriori degli altri abbiam tirato dritto lungo una lingua di sabbia sotto il sole cocente! Io personalmente ero estasiato e puntavo sempre ad andare avanti ed avanti, Bobby un po’ di meno e credo che acconsentisse a seguirmi giusto per non chiedermi di tornare indietro: dopo un po’ quando decido di prendere qualche scorciatoia allontanandomi dai sentieri battuti (ed avventurandoci in mezzo a colline di roccia che portavano al niente) Bobby ha avuto la previdente idea di chiedermi se potevamo restare più vicini al sentiero battuto ed ovviamente ho acconsentito, non ci saremmo persi perché facevo in modo di avere sempre qualche punto di riferimento visibile, ma un’esperienza del genere con uno sconosciuto l’ha reso in quella giornata il mio miglior amico e vale la regola del decidere assieme quel che c’è da fare. Al ritorno quando troviamo una piazzola d’ombra offertaci da uno spuntone di roccia che si protende verso il cielo Bobby sembra allucinato e si mangia un vassoietto di fragole ed un sandwich in mezzo secondo, a me vien da sorridere perché vedo che è contento di rifocillarsi, ma allo stesso capisco che non ce la fa più e dunque quando gli propongo di esser lui a scegliere se cercare gli altri canyon o di tornare alla macchina facendo a ritroso la strada già percorsa gli faccio presente che per me non fa differenza e di fare come preferisce… ovviamente per me la differenza la faceva e ne faceva anche parecchia, ma in quel momento ho preferito non lasciarlo solo…
Con qualche sosta per farlo respirare ritorniamo alle macchine e ci salutiamo, prima che ognuno torni per la sua strada e la mia prevedeva una visita al Devil’s Garden, sempre sulla Hole-In-The-Rock Road, una formazione rocciosa stramba che crea una sorta di corona di roccia in mezzo al nulla, carina ed utile più come picnic area che come escursione perché il percorso che ti porta a vederla durerà un paio di minuti al massimo!
Oramai è primo pomeriggio e se voglio andare in cerca di fresco devo salire di quota e questo è quello che succede: da Escalante vado in direzione Boulder passando dalle montagne (perché in America è così) attraverso la Hell’s Backbone Road, una Scenic Drive (ovviamente sterrata anche questa) in mezzo alle foreste; dal deserto alla foresta nel giro di un’oretta, grande e soprattutto bello, bello, bello!
24.06: Escalante – Mexican Hat
Oggi c’è l’ennesimo cambio di programma dovuto ad imprevisti sul percorso, ma siamo On The Road e quindi non è un problema: la destinazione doveva essere il Capitol Reef National Park passando attraverso il Burr Trail e la Notom-Bullfrog Road…
La prima parte del tragitto va da se’, il Burr Trail parte come una normale strada e non regala nulla di particolare finchè è pianeggiante, poi quando decide di scendere a valle ti immerge in un paesaggio incastonato tra alte e strette pareti tra le rocce rosse e la vegetazione verde in un insieme di colori da perdere la testa, veramente grandioso; poi si ritorna a percorrere la strada sterrata ed il paesaggio ritorna ad essere desertico, ossia sabbia e sassi che creano il nulla fino alla base delle montagne, montagne diverse di colore l’una dall’altra, veramente incredibile! Raggiungo il punto di svolta senza problemi ed il dilemma è se prendere la strada stabilita nell’itinerario o se continuare lungo la strada che sto percorrendo che come panorama mi sembra molto più spettacolare (terreno giallo e montagne che dal giallo passano al grigio e poi al nero…) anche se la strada è segnata come “Strada senza nome” sul navigatore satellitare (e lì qualsiasi strada sterrata finora incontrata aveva il suo nome…).
La scelta è facile: siamo On The Road e non c’è niente di stabilito, quindi via di strada senza nome e mi immergo nel paesaggio lunare che mi offre.
Continuo e continuo e tanto la strada ho già visto che sfocia su una Hwy (la UT-95 che dovrei percorrere domani) quindi almeno rimango bene o male lungo il mio tragitto; arrivato quasi alla fine decido di spegnere la radio (ascoltavo gli Skid Row a palla) e di gustarmi il suono del nulla ed invece tutto quello che sento è un lungo “pssssssss”… sapevo solo che proveniva da lato sinistro, ma non sapevo se fosse la posteriore (già bucata e riparata all’inizio) o l’anteriore (new entry nel mondo dei danni in questa gitarella) e per non farmi prendere dallo sconforto ho continuato a brontolare tutto il tempo perché lo sterrato si era fatto bello tosto e non finiva mai ed onestamente farmela a piedi fino alla statale era l’ultimo dei miei desideri al momento.
Arrivo comunque sull’asfalto e la scelta si separa tra: a sinistra ritorno sull’itinerario di oggi, a destra vado direttamente all’itinerario di domani; gonfio la ruota con un compressorino e visto che è domenica e tutto è chiuso (in una zona dello Utah dove tra l’altro non c’è niente) mi dirigo verso destra e verso il percorso di domani, ma aggiungo una tappa: Mexican Hat!
Percorro la UT-95 che è spettacolare (tanto per cambiare) e mi imbatto prima nel Muley Point (una serie di viewpoint che dall’alto mostra tutto il comprensorio delle terre Navajo e dei loro Buttes e Mattes che si ergono verso il cielo) e poi nella Moky Dugway (un pezzo di strada a tornanti, sterrata, che dall’alto ti porta in basso, veramente molto scenica e spettacolare vista la strettezza dei tornanti ed il dislivello che ti fa fare!
L’arrivo a Mexican Hat giunge comunque senza problemi e dopo una nutrita cena in SteakHouse dormo in motel, quasi mi ero scordato come fosse un letto!
25.06: Mexican Hat – Monument Valley
Oggi altro must del mio viaggio, ma prima di tutto finiamo di vedere le “amenities” locali e dunque segnalo da non perdere il Gooseneck’s Point (la visione dall’alto del Juan River che fa due anse a collo d’oca nella roccia, molto carino) la Valley of the Gods (una Monument Valley in miniatura, molto bella ed in cui senti il contatto con la natura perché è veramente poco trafficata e te la puoi gustare con tutta la calma dovuta) la Mexican Hat Rock (una formazione rocciosa alle porte del paese che ricorda un sombrero, carino da vedere!) ed infine si procede verso uno dei poster più famosi del west, la Monument Valley!
Se tutto il resto che ho visto è stato spettacolare, qui è inutile aggiungerlo (eccezion fatta dell’opera umana che è inguardabile, qui ci va un cicchetto agli indiani perché le loro terre le tengono relativamente male, mentre i normali parchi nazionali americani in mano allo Stato sono un gioiello): la valle è visitabile in macchina seguendo un itinerario fisso e poi prendendo le guide si puòl scegliere se fare un circuito in Jeep o a cavallo… inutile dire che il Navajo ha sellato due mustang e che siamo andati a scorrazzare in lungo e in largo in una delle giornate più divertenti di tutto il viaggio!
Finite le due ore il giro continua fino al raggiungere tutti i viewpoints e poi di ritorno al Goulding’s dove ho prenotato da dormire in quella credevo fosse una kabin del campeggio ed invece scopro essere una specie di villetta colonica con giardino recintato e veranda all’aperto!!
26.06: Monument Valley – Page
Mi lascio alle spalle la splendid Monument Valley e con lei abbandono lo Utah per ritornare in Arizona, lungo la strada faccio visita al Navajo National Park, una parco questa volta gestito dal servizio nazionale e molto ben tenuto che una vista spettacolare di tutta una valle (forestosa) e di abitazioni scavate nella roccia dagli antichi pueblos locali (anche qui si vede solamente da lontano con il cannocchiale), bello!
Il viaggio procede ed arrivo a Page, importante cittadina turistica in cui riesco a trovare un altro WalMart ed un altro kit per riparare le ruote. Sbrigata la pratica della ruota vado a visitare la Diga di Page e vado a fare il bagno nel Lago Powell, l’acqua fresca dopo tanto caldo è adorabile e giunti quasi al tramonto mi muovo per andare a vedere lo spettacolo dell’HorseShoe Bend (il Colorado fa un’ansa nella montagna disegnando una “U” a ferro di cavallo spettacolare) al tramonto, per poi passare la serata in SteakHouse con un amico italiano incontrato qui.
27.06: Page – Grand Canyon N.P. (South Rim)
Oggi si ritorna negli slot canyons: Antelope Upper ed Antelope Lower, due luoghi incredibili e molto rinomati nella zona, nel primo si cammina seguendo le spaccature nella roccia in corridoi bui ed illuminati da qualche raggio di sole che scende dall’alto creando giochi di luce spaziali, nel secondo invece tramite un sistema di scale fissate alla parete si scende proprio nel crepaccio andando nella viscera della terra per metri e metri, si cammina nelle spaccature della roccia dove a volte ci passa un solo piede per volta e si ritorna su: grandioso, sicuramente un “da non perdere” se si è in zona!
Finita l’avventura la strada procede verso Sua Maestà il Grand Canyon National Park!
Ma oggi non ho visite particolari in programma, devo solo trovare da dormire in campeggio e fare la spesa per mangiare e la missione va in porto, altra grande giornata!
28.06: Grand Canyon N.P.
Oggi giornata di “esplorazione”, domain si scende nella gola del canyon ed oggi vado a confermare la mia discesa ed il posto al Phantom Ranch a cena (rispettivamente alla Backcountry Information Point ed al Lodge); queste due cose mi portano via quasi l’intera mattinata, così dedico tutto il pomeriggio al Rim Trail, escursione a piedi che mi porta da un punto all’altro regalandomi grandi panorami mozzafiato.
Arrivata la sera spesa e cena e a letto presto perché domani si sgobba per davvero!
29.06: Grand Canyon N.P.
Oggi è il mio compleanno e come regalo ho prenotato da tempo un posto per dormire al Bright Angel Campground e la cena al Phantom Ranch: piccolissime strutture situate in riva al fiume Colorado in fondo alla gola del Grand Canyon, raggiungibili di norma con gite a bordo di muli o (nel mio caso) a piedi.
La sveglia suona che è ancora tutto buio e devo smontare tenda ed annessi perché stanotte non sono qua in campeggio; alle 6 parcheggio la macchina al Visitor Center e mi metto sulla navetta che mi accompagna al South Kaibab Trailhead, qui conosco John, un ragazzo texano con cui condividerò l’esperienza della discesa!
Dopo 7 miglia di discesa senza soste su sentieri abbastanza esposti (in verticale) e senza mai concedere fiato, quasi a mezzogiorno arriviamo a mettere i piedi nella fresca acqua del fiume, prendiamo la nostra piazzola e ci buttiamo nel fiumiciattolo alla faccia dei 50° che ci sono fuori dall’acqua… pensare che lui mi ha detto che non aveva trovato posto fino al giorno precedente ed io il giorno precedente ho consegnato un permesso perché me ne avevano spediti due a casa, probabilmente lui, che a caso ho conosciuto sulla navetta e con cui ho condiviso questa magnifica esperienza, era lì grazie a me che ho ridato indietro un permesso invece che tenerlo per ricordo…
Comunque sia stasera niente cucina da campo e mi voglio far servire, così al “ristorante” si va di Chili e birra, solo in una tavolata di adulti; a fine cena mentre a tutti arriva la torta in vassoio, per me arriva un piattino a parte con una candelina e la tavolata che (ognuno nel suo inglese strampalato) mi canta “Happy Birthday”, sono grande e grosso ed abbastanza rozzo, ma mi stavo quasi per commuovere!
La nottata passa a dormire su un tavolo all’aperto perché faceva troppo caldo per tende e/o sacchi a pelo…
30.06: Grand Canyon N.P.
Oggi, volenti o nolenti, la sveglia è ancora prima di ieri in quanto fa tanto caldo che si dorme per mezz’oretta e ci si sveglia… alle 5 sono al Ranch a ritirare il “pranzo al sacco” e mi avvio per la lunga risalita verso la cresta della montagna: il tragitto di oggi è lungo il Bright Angel’s Trail, 10 miglia scarse di risalita, questa volta con qualche sosta in quanto c’è acqua potabile lungo la strada; sono stanco ancora prima di partire, ma neanche posso restare lì sotto e dunque zaino in spalla (una 20ina di kg tra tutto) e su verso il parco!
Ci ho messo quasi 6 ore e quando sono arrivato su ridevo da solo, credo che mi abbian scambiato per pazzo i regolari turisti che si godevano il sole dal parapetto del canyon, ma credo anche che nessuno di loro abbia il ricordo che ho io del Grand Canyon!
Birrone ghiacciato per rifocillarmi appena arrivato su e poi alla macchina… oggi non ho ancora un posto dove dormire e così vediamo di andarcelo a procurare: tutti i campeggi nel parco sono chiusi e così si esce in direzione Tusayan verso il X-Ten Campground, ad una manciata di minuti dal Grand Canyon, immerso nella foresta e nella vegetazione, alias nel fresco!
C’è una bella luna quasi piena che spunta tra le cime degli alberi e quindi stasera opto per piazzare il sacco a pelo nell’amaca e non nella tenda…
01.07: Grand Canyon N.P. – Flagstaff
Dopo le ultime due giornate oggi mi prendo il meritato riposo e poi… c’è la finale dei campionati europei di calico e stranamente l’Italia è una delle due finaliste, quindi mi sveglio con la dovuta calma (alle 7 sono abile ed arruolato), tolgo tutto dal campeggio e ritorno al Grand Canyon dove mi faccio una spesa veloce e sfrutto il collegamento WiFi per sentire almeno la radiocronaca.
Inutile raccontare l’esito, ma sono negli USA e chi se ne frega del secondo posto? Si sale in macchina e ci si allontana dal parco in direzione Route 66: Flagstaff!
La strada è bella ed abbastanza particolare, piena di foreste a dispetto dei tragitti che ho fatto finora spersi nelle vaste praterie dello Utah… Flagstaff è una bella cittadina con un bel downtown molto caratteristico: serata a bighellonare e dormita in motel (On The Road)!
02.07: Flagstaff – Sedona
La strada che porta da Flagstaff a Sedona è un vero incanto, non potrò mai dimenticarmi la vegetazione verde incastonata nelle rocce rosse, ed il profumo degli alberi che si sentiva anche guidando da dentro la macchina, con gli Slide Rocks e Red Rock State Parks, è una cittadina molto cowboy e caratteristica, base strategica anche per visitare aree storiche come il Montezuma Castle, il Montezuma Wells ed il Camp Verde State Historic Park: i primi due mostrano abitazioni scavate nella roccia dagli antichi pueblos, il terzo sono i resti di un campo base dell’esercito americano nel periodo dell’espansione verso ovest, oltre alle case ricostruite vediamo anche un piccolo museo con fotografie dei primi indiani Apache arruolati!
03.07: Sedona – Holbrook
Da Sedona si va verso est attraversando una zona molto caratteristica dell’Arizona, non solo deserti come ci si aspetterebbe ma formazioni rocciose molto strane e curiose e di colori sgargianti, finchè non si arriva alla Petrified Forest, un parco nazionale dove ci sono un sacco di alberi pietrificati (e dai colori spettacolari) e patria del meno noto Painted Desert: un settore del deserto dove formazioni rocciose prendono i colori più strani che si possa immaginare, dal rosa al grigio, dal bianco al viola, il tutto con una perfezione quasi geometrica. Sicuramente da non perdere (è situato sulla Route 66, quindi facilmente visitabile anche in giri turistici più standard di questo!).
La sera si va a dormire ad Holbrook, paesotto lungo la Mother Road e che ne sfrutta semplicemente il nome per sopravvivere, non mi ricordo niente di attrattivo in questa città se non qualche murale lungo la strada.
04.07: Holbrook – Kingman
Oggi il popolo Americano festeggia il compleanno della propria nazione, è l’Independence Day ed io ho deciso di passare la serata a Kingman attratto dall’organizzazione di fuochi d’artificio e di BBQ’s in stampo stelle e strisce!
Quando arrivo in città piove parecchio e tutto è annullato per il diluvio con rischio uragani… ma anche questo è il bello del viaggio On The Road e così guardo dalla finestra della dstanza la piscina impraticabile dell’albergo, mi sparo un hamburger e un birrone e vado verso ovest alla ricerca del vecchio west: Oatman!
Una sorta di città fantasma famosa perché vivono liberi per le strade degli asini “selvatici”, la cittadina è molto bella ed allontanandomi da Kingman trovo il sole ed il caldo di nuovo; molto far west dei film, tutto in legno in vecchio stile e gli asini che opramai sono addomesticati vedendo gente tutti i giorni ti si avvicinano cercando la loro razione di carote (che puntualmente vendono in ogni negozio).
Passo un paio di ore nella cittadina prima di ritornare alla mia meta dove ritrovo anche il brutto tempo (tra tutte le città d’America, proprio nell’unica in cui diluvia dovevo essere oggi), cena in una Steakhouse praticamente deserta e via in motel!
05.07: Kingman – Death Valley N.P.
Oggi si lascia la civiltà e si ritorna nel selvaggio, onestamente mi stavo anche iniziando ad annoiare dopo tre giorni a visitare ambient urbani (da soli non è il Massimo per I miei gusti); da Kingman si va verso nord, tappa a Las Vegas per fare un minimo di spesa e poi… Death Valley National Park: un posto incantevole se può piacere essere nel pieno deserto con 42° C di notte ed il vento che soffia caldo… sempre!
Il parco ha diverse attrattive, io arrivando nel pomeriggio inoltrato ho percorso la zona sud da BadWater Basin (un lago di sale che rappresenta anche il punto di terra emersa più basso sotto il livello del mare del nostro emisfero!), il Devil’s Golf Course (una zona di terra riarsa a perdita d’occhio), l’Artist Palette (un promontorio che da visuale su formazioni rocciose che si colorano diversamente in base alla luce del giorno), il Natural Arch Trail (un sentiero a piedi che porta ad un bell’arco nella roccia scavato dall’erosione del vento) ed infine a Furnace Creek, il centro turistico che offre ristorante, gift shop, birreria, un museo, un albergo ed un campo da golf… i campeggi eran tutti chiusi perché faceva veramente caldo ed io mi sono arrangiato diversamente (menomale che avevo una macchina spaziosa).
06.07: Death Valley N.P.
Dopo una note praticamente insonne, la mattina presto parto per vedere l’alba dall’alto e viaggio fino al Dante’s View, un promontorio tra i più alti visitabili in macchina che ci regala la Death Valley dall’alto, una distesa di niente che si perde a vista d’occhio circondata dalle montagne che ne segnano i confini estremi…
Durante la giornata poi mi concedo il Golden Canyon Trail (un percorso a piedi tra rocce di color giallo paglierino che ti circondano da una parte e dall’altra, spettacolare!), il Twenty Mule Team Canyon (tragitto da fare in macchina che procede lungo l’itinerario dei pionieri, le rocce qua prendono le colorazioni più sgargianti, dal rosso al verde, passando dal grigio al giallo), muovendosi verso Stovepipe Wells (altra zona turistica che offre i principali servizi) mi addentro nelle Sand Dunes (cosa aggiungere al nome “Dune di Sabbia” oltre al fatto che con 50° C abbondanti di giorno sono bollenti?), l’Old Harmony Borax Works (i resti di un centro di un centro lavori del secolo scorso) ed il seguente Mustard Canyon (un circuito da fare in auto in mezzo a rocce incredibilmente gialle, il nome è più che azzeccato).
Nelle ore centrali del pomeriggio me ne sto al fresco sotto una palma e poi mi muovo verso la zona a nord a visitare la ghost town di Rhyolite, abbastanza caratteristica e piacevole, soprattutto perché siamo nella zona più alta della Death Valley e fa un po’ più fresco…
Ci sarebbero altre tappe da fare, ma ho la macchina con due ruote bucate e sono alla fine del viaggio, quindi faccio il bravo e me ne torno alla base: cena in Steakhouse (con la bistecca più buona che io abbia mai mangiato) e poi a vagabondare per tutta la notte!
07.07: Death Valley N.P. – Las Vegas
Altra notte insonne ed ai primi raggi del sole vado a fare colazione e poi metto in moto la macchina, destinazione Sin City!
Arrivo verso mezzogiorno e mi concedo prima un giro completo della Strip prima di scegliere l’albergo dove soggiornare: Treasure Island!
Ora che faccio la coda per prendere la camera e porto su le mie ossa stanche è metà pomeriggio, quindi mi concedo un bagno e poi via all’autonoleggio: ho una Chevrolet Traverse 4×4 con due ruote a terra ed il parabrezza scheggiato e la risolvo uscendo con un Dodge Charger SuperSport, una carica ormonale d’altri tempi!
Spedisco i pacchi a casa con la roba che mi avanza e che non entra nelle valigie (tenda, sacco a pelo, materiale vario da campeggio ed un teschio di bisonte) e poi via per le strade di Las Vegas… cena poi al Isla Mexican Restaurant nell’hotel e la serata vede Mystere del Cirque du Soleil (dovrebbe vedere, perché mi addormento in camera dopo cena e mi sveglio a spettacolo già finito); vagabondo poi tutta la notte lungo la strada principale finchè il sole non spunta di nuovo da dietro ai grattacieli e… ho una camera d’albergo e non ho dormito di nuovo: bravo!
08.07: Las Vegas
Oggi dalla Strip passo al downtown: Fremont Street!
L’albergo è il Golden Nugget che con la pepita d’oro più grande al mondo e la vasca di squali è una delle attrattive principali dell’area: questa zona di Las Vegas è molto caratteristica, la Fremont sarebbe la famosa strada con il tetto a volta coperto e puntellato da milioni di led che formano una enorme televisione; diversi negozietti di souvenirs ed alberghi e prezzi mediamente più contenuti rispetto all’altra Vegas…
Di sera torno comunque perché non mi voglio perdere il Cirque du Soleil e spiegandogli il mio contrattempo me la cavo con un biglietto a metà prezzo: lo spettacolo è incredibile ed è una delle cose che ricorderò più volentieri in un viaggio in cui di cose da ricordare ne ho veramente tante!!!
Si ritorna nella vecchia Las Vegas e la serata passa a sentire un gruppo che suonava lungo la strada come attrazione, la sfilata dei “sosia” lungo le strade e finalmente il letto!
09/10.07: Las Vegas McCarran – Londra Gatwick – Torino Caselle
Il viaggio di ritorno procede senza alcun intoppo: il ricordo dell’aereo che decolla e, lasciandosi alle spalle Las Vegas, mi mostra dall’alto tutti i panorami che ho vissuto dal basso è l’ultima grande emozione che questa magnifica avventura mi ha regalato; ricordo che mentre tutti abbassavano le tendine dei finestrini io ci ero appiccicato con faccia e mani, con il mio cappello da cowboy e con i miei occhiali da sole sempre indossati…
Un viaggio un po’ fuori dal regolare “turismo”, proprio perché si tratta di viaggio, On The Road!
Grazie a tutti per la lettura ed un saluto agli amici di www.usaontheroad.it!