India, dove la gente fa la differenza

Un manifico ed incredibile tour di 24 giorni nella terra dei marajah, con tappe anche a Delhi, Agra, Gwalior, Orchha, Varanasi
Scritto da: marcello_sardo
india, dove la gente fa la differenza
Partenza il: 24/02/2012
Ritorno il: 17/03/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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L’inferno di Delhi

Ho fatto tante peripezie per accumulare i punti della mia raccolta Millemiglia che mi sono valsi un viaggio in India! Sì, la vera Incredible India come dice lo spot pubblicitario! Sono partito in preda all’ansia e al panico che ti prende quando viaggi in paesi così lontani e sconosciuti. Sono arrivato qua a Delhi due giorni fa (24.02.2012) in compagnia del mio amico Enrico. Partiremo dopodomani per un grande tour di ventisette giorni! Ovviamente due giorni non bastano a conoscere una città, ma vi assicuro che quello che ho visto qui nella capitale è sufficiente per chiamarlo un vero e proprio inferno! Una città di 16.7 milioni di abitanti è assolutamente spropositata per noi italiani… figuriamoci per noi sardi. Nonostante ciò, fin dal primo momento ho capito che questa città mi sarebbe piaciuta per il suo caos, un tale disordine che neppure lo si immagina se non lo vedi con i tuoi occhi! Già da subito mi colpiscono gli sguardi delle persone, con i loro occhi grandi e neri. Molti ti fermano per salutarti, ti sorridono, ti chiedono di stringergli la mano, di fare una fotografia con loro. Sono curiosi della tua macchina fotografica, della tua pelle e dei tuoi vestiti! I loro sguardi e i loro sorrisi sono sicuro che mi accompagneranno per tutto il viaggio! Old Delhi è la parte vecchia della città, un intrico di stradine strette piene di odori, di colori e quando guardi il cielo non vedi altro che cavi elettrici ingarbugliati. Ci sono strade dedicate al commercio delle spezie, altre al commercio dei Saree, altre dell’argento, ecc. Siamo saliti da subito sui tuk tuk, sui rishò e sui taxi perché è impensabile muoversi per la città a piedi, e guardare fuori dal finestrino mi fa sentire come un bambino che sta scoprendo il mondo. Un nuovo mondo da scoprire! Per strada si possono vedere macchine strapiene di gente, rishò anche con otto persone e motorini con famiglie intere sedute sui sedili e sul serbatoio. Si rischia la vita a ogni sorpasso visto che l’unica regola non viene rispettata e il segnale di precedenza é solo e unicamente il clacson!!! Sì, suonare il clacson è il loro sport preferito (dopo il cricket) e talvolta è così fastidioso da non veder l’ora di tornare in Hotel. Di certo il premio va ai bambini sui rishò ..specialmente quelli che all’uscita da scuola salgono in tanti per essere riportati a casa. Ci sono inoltre i rishò appositamente per quelli più piccoli, ovvero chiusi come in delle gabbie per impedire probabilmente che scappino o per la loro sicurezza…! Gli autisti sembrano tranquilli nella loro guida, ma le strade sono un inferno di gente, nonché di mucche, e vi transitano persino elefanti, scimmie e capre! Le macchine, le bici, i rishò ecc sono ovunque qui’ a Delhi. Non so come abbiamo fatto ad uscire da questi ingorghi infernali!

Ultima curiosità prima di lasciare la capitale. Siamo rimasti senza parole quando in giro per Delhi ci hanno fermato proponendoci anche di pulirci le orecchie con una sorta di ferretto con avvolto il cotton fioc! non e’ assolutamente incredibile per noi occidentali?

I colori del Rajasthan!

Rajasthan, ovvero terra dei Marajah! Il Rajasthan è lo stato più grande dell’India: lo visiteremo per dieci giorni con tutti i mezzi possibili, ma soprattutto in auto con un autista personale.Il 29.02.2012 siamo arrivati con un volo da Delhi all’aeroporto di Jodhpur, dove l’autista ci aspettava al varco con la “sua auto” una Tata Indigo, molto di moda da queste parti! Come usciamo dall’aeroporto si capisce subito che qui le cose saranno diverse da Delhi: si percepisce da subito che si tratta di un posto meno evoluto, ancora più spartano e quindi ancora più stupefacente. Le mucche sono veramente tante, tutte vagano per strada senza padrone, e l’autista (che noi chiamiamo Raz) quando guida cambia sempre improvvisamente corsia di marcia per scansarle e fino a pochi dall’ostacolo metri non sappiamo se andremo a destra o a sinistra! Nelle strade ci sono tanti camion stracarichi di merci e di persone e sorpassarli è sempre un’avventura che ti fa stringere i denti e te la fai sotto ogni volta! I margini delle strade e i sobborghi dei paesi e delle città sono veri e propri immondezzai dove convivono un po’ tutti. Notiamo sopratutto uomini che spesso a piedi nudi e in posizione china quasi seduti stanno sempre scalpellando o martellando qualcosa, e tante sono le baracche di lamiera dove si vende di tutto, si cucina, si lavora! Ovviamente i marciapiedi non esistono e i pedoni non godono della benché minima attenzione da parte di chi guida Arrivati a Jodhpur (la città blu) andiamo subito a visitare il forte (thumb‑Mehrangarh‑Fort) che e’ un palazzo stupendo che domina, con i suoi bastioni alti anche 36 metri, le tante piccole case colorate di blu tra le strette e luride strade (dove abita solo povera gente). Dopo estenuanti contrattazioni visitiamo, fino a tarda sera, anche il bellissimo Sardar bazaar.

Il secondo giorno abbiamo ripreso il viaggio fino ad arrivare quasi al confine col Pakistan, visitando Jaisalmer (la città d’oro), una città fortificata (con 5 km di bastioni). La facciate delle case all’interno del forte sono interamente in pietra gialla scolpita con merlature indescrivibili per la loro bellezza, da qui il nome di “città d’oro”. Dall’alto di Jaisalmer si gode una veduta bellissima e al termine della visita finiamo come sempre nel bazaar dove le persone ci fermano sempre per salutarci, ci stringono la mano, ci sorridono. …e i bambini ci chiedono sempre dieci rupie e penne. Questa è l’India …e a tutto il resto, alla sporcizia, al traffico, e alla cacca di mucca non facciamo quasi più caso! Siamo andati via dalla città d’oro e nel lungo il tragitto tra una città e l’altra ci siamo fermati nelle case rurali ovvero capanne fatte di sterco di vacca e sabbia col tetto in paglia. Sembra incredibile ai nostri occhi ma i bambini seminudi escono da queste capanne e si nascondevano alla nostra macchina fotografica. Abbiamo lasciato anche qui delle penne, rupie ed i palloncini. Avevo fatto scorta di palloncini lunghi modellanti, e dopo tanta pratica a casa nel fare cigni, cani, orsetti, spade fiori ed ombrelli, ora mi esibisco anche come clown per questi piccoli bambini che rimangono affascinati con questi semplici giochi. Nel Rajastan notiamo molta povertà: i bambini sono sempre tanti e quelli più piccoli sono spesso scalzi e senza vestiti! Le donne invece indossano sempre bellissimi saree colorati e sono ben addobbate con anelli persino nel naso! Mentre gli uomini (sopratutto quelli di mezza età)indossano bellissimi turbanti colorati. Chiediamo al nostro autista di fermarsi, scendiamo e scattiamo foto a tutti quanti! Mi sembra di essere tornato indietro di 100 anni o, e tutti sembrano avere più di 200 anni! Quanto al mangiare…beh bisogna chiudere gli occhi! Enrico mangia e assaggia sempre di tutto, io invece che mi riservo tantissimo e la finisco sempre col riso bianco ed il Tandoori Cicken ho quasi sempre la diarrea!!! Tutto è speziato, piccante ed è quasi sempre vegetariano. Per finire…come potevamo non vestirci un po’ come loro? …da ieri abbiamo camicie lunghe e pantaloni larghi leggeri comprati al mercato, stile Hippy anni 60!

Domani (02.03.2012) si prosegue per visitare un bellissimo tempio della religione Jainista!

Incredibile India!

Il nostro tour in auto nell’incredibile India continua. Il 03.03.2012 arriviamo a Udaiupur, una meravigliosa città del Rajastan che probabilmente non ha pari nel suo Stato e forse in tutta l’India.

Mi impressiona da subito vedere il City Palace (un gigantesco palazzo da favola del Marajà) che si specchia nel lago al centro della città’ e di fronte al Lake Palace (anche questo un palazzo fiabesco che sembra galleggiare in mezzo al lago, ed ora trasformato in Hotel a cinque stelle, che a detta di molti è tra i migliori al mondo).

Non ho tanti aggettivi da usare per dirvi che guardarlo mi emozionava per la sua immensità’ e per il suo sfarzo negli interni.

Le due notti a Udaipur trascorrono velocemente e il 05.03.2012 ripartiamo per Pushkar (luogo sacro agli indiani per la presenza di un lago dove si immergono per i soliti riti indù). Percorriamo una strada secondaria che attraversa tante coltivazioni a terrazza e tanti villaggi dove la povertà che vediamo ci lascia senza parole.

Chiedo continuamente all’autista di fermarsi e farci scendere a fotografare le case (fatte di sterco di mucca e fango) con i bufali che girano intorno ai pozzi per sollevare l’acqua dai mulini. Ciò mi ricorda i racconti dell’infanzia della mia mamma e solo ora riesco a capire la fatica di questa gente che vive nella campagna, dove tante donne (che per farla breve lavorano quanto gli asini) trasportano di tutto nella loro testa, zappano a piedi nudi e contemporaneamente accudiscono ai tanti figli che gli stanno attorno.

I bambini (quasi sempre nudi) ci vengono sempre incontro e non possiamo far altro che fotografarli, dargli 10 rupie, e regalarli penne! Qui le finisco proprio tutte e sono consapevole che d’ora in poi non ne avrò altre per tutti gli altri che bambini che ci imploreranno! Che tristezza !!! Ho finito tutti i soldi che avevo appresso ma sono contento di averli fatti contenti con così poco. Ci lascia senza parole l’incontro con una classe di 30 bambini che escono da “scuola”. Hanno la loro divisa sporca, sono scalzi, e la cartella, una busta di plastica, contiene appena una penna rotta ed un quaderno tutto sporco. L’insegnante, subito intervistato , mi dice che guadagna 30 euro al mese e vorrebbe la foto come ricordo: gli prometto di mandargliela al mio rientro!

Il viaggio è sempre più stimolante, ci sono queste donne bellissime con i tradizionali saree colorati e raggianti che risaltano tra il verde dei prati ed il loro duro lavoro quotidiano. E’ un mondo di lavoro e vivacità nonostante la miseria.

Da Udaipur ci dirigiamo, (07.03.2012) a Jaipur (la famosa città rosa), il viaggio è sempre lungo e stancante ( 6/7 ore in auto) e sto sempre interrogando il nostro autista che si sta rivelando sempre più simpatico ed un ottimo compagno di viaggio!

Arriviamo in città giusto in tempo per visitare l’Amber Fort che ci lascia senza parole! assolutamente imperdibile . La vista davanti a noi dall’alto del forte è molto bella, una grande montagna costeggiata da mura, e dietro dal palazzo del Marajà ed i nostri occhi non hanno pace.

Purtroppo non risaliamo la montagna in groppa all’elefante come da programma, per il quale tanto avevo aspettato! Ma rimediamo nel pomeriggio con l’Elephant Festival al centro di Jaipur, una vera e propria festa pittoresca con la processione di tanti elefanti colorati e tanta musica folkloristica di danze e spettacoli che attirano un’immensa folla di turisti, dove alla fine saranno premiati gli elefanti meglio colorati e decorati; poi si tengono anche gare di polo con elefanti e gare di forza tra elefanti e uomini …per me è assolutamente indimenticabile!

L’Elephant festival è un’enorme evento popolare che segna l’inizio della Holi Festival (festa dei colori).

L’8 marzo di buon mattino mi sono vestito con camicia lunga bianca (usa e getta) perchè dovevamo festeggiare in strada la Holi festival, e come tutti quanti dovevamo uscire in strada per bombardarci di colori. Una pioggia di polveri colorate di cui tutti parlavano e chi avrebbe visto in strada per lanciarci colori uno contro l’altro. Dopo aver incontrato Ivano (conosciuto in internet) ci siamo lanciati con un tuk tuk verso il centro dove tanta …ma dico tanta gente (compresi tutti i turisti) venivano investiti da tanta polvere colorata dalla testa ai piedi. Come potrò mai dimenticare la genuinità di queste persone che riversavano nelle strade per colorarsi! e si divertono ancora con cose semplici e sante. Tutti ma proprio tutti, anche quelli che guidavano le auto, i risciò, i tuk tuk ecc erano colorati dopo un’intera mattinata di colorati bombaramenti! Le persone ci fermavano e ci abbracciavano e ci auguravano Happy Holi! E’ strano vederli, ma molti indiani che usavano polveri più potenti rimarranno con la pelle colorata di rosa-fucsia per un po’ di giorni e sembrano aver perso il colore della propria pelle per sempre!

La sera per concludere la nostra intensa giornata siamo andati al Cinema che era anche citato nella mia guida Lonely Planet, e che ancora una volta si è rivelata molto utile visto anche il costo esiguo di 70 rupie (appena 1,10 euro)!

Dopo aver fatto la solita fila al botteghino distinta tra uomini e donne, entrare al cinema è stato come entrare in una torta rosa alla panna, un misto tra la casa di barbie e disneyland. L’interno ancora più spettacolare perchè il soffitto sembrava fatto anch’esso di panna. E’ un’attrattiva turistica già da se! La sala era pienissima, nonostante le dimensioni spropositate. Tante famiglie anche con bambini di circa due anni, e tanti giovani. Spesso i maschi con i maschi e le femmine con le femmine! Non ho capito tanto, ma come tutti i film indiani ha sempre la trama di una storia d’amore, ogni tanto musicata con interi brani canzonati come nel film “The millionaire”.

Ma quel che mi ha colpito di più era la partecipazione del pubblico, che talvolta applaudiva, talvolta rideva tanto e si agitava, e persino fischiava. Io mi incantavo a guardarli ed osservarli, mentre la maschera si aggirava tra le file. Per fare un paragone, era quasi come il giorno di Natale quando da noi si va al circo!

Il traffico al centro di Jaipur è qualcosa di incredibile, per strada carretti, risciò, persone, macchine, maiali, mucche, cammelli, cavalli, scimmie, ecc. Tutti si intrecciano e ne escono miracolosamente indenni. I venditori sono sempre assillanti, ti inseguono per le strade anche centinaia di metri. Il frastuono dei clacson non ci lascia mai, e mi rendo conto che tutti, ma proprio tutti, suonano il clacson per farsi largo nel groviglio degli scassatissimi tuk tuk (le nostre apixedde taxi) oppure dei risciò spinti a mano, e poi si vede tanta gente appesa ai bus o ai fuoristrada, e spesso anche sopra gli autobus! …non è incredibile?

Oggi (09.03.2012) siamo arrivati ad Agra per visitare il famosissimo mausoleo Taj Mahal. Salutiamo quindi il nostro autista Raz,e d’ora in poi proseguiremo da soli in treno ed autobus.

Ad agra, visitiamo il Taj, il monumento indiano che spinge tanti visitatori da tutto il mondo a visitare la città, e che quando ce l’hai di fronte è impossibile non restare senza fiato. La nostra guida dice che milioni di turisti visitano ogni anno questo gigantesco monumento costruito da 20.000 persone ed oggi proclamato patrimonio dell’umanità. Talmente affascinante che siamo andati anche al tramonto per vederlo cambiare colore. Anche questo è assolutamente da non perdere!!

L’indimenticabile viaggio in treno

Abbiamo ripreso il viaggio (11.03.2012) per Gwalior, e qui abbiamo conosciuto un ragazzo indiano (Parinei) che è dapprima intervenuto in nostro aiuto con indicazioni stradali poichè parlava inglese e faceva da tramite con l’Indi e poi ci ha invitato a casa sua e ci ha presentato tutta la famiglia, mostrandoci la sua casa (parzialmente trasformata in scuola privata d’inglese) e ci ha poi presentato i suoi studenti. Io ho parlato dell’Italia nonché di noi stessi! Parynei ci ha poi accompagnati a visitare dei templi e persino alla stazione dove dovevamo prendere il treno.

Finalmente saliamo in treno Taj Express: proprio come volevo nei vagoni senza aria condizionata, e sopratutto dove viaggiano loro, gli indiani!

Il nostro vagone era pieno di gente quindi ed era piuttosto lurido.

Già da subito, i miei vicini di sedile ci guardavano sempre con insistenza come se fossimo dei marziani, sorridevano ai nostri sguardi e nel frattempo qualcuno mangiava dal pentolino portato da casa!

Stiamo parlando sempre di povera gente, ma umile nei gesti nel portamento. Non sono chiassosi come noi italiani!

Il soffitto del vagone è strapieno di ventilatori da azionare a mano e i finestrini sono chiusi con sbarre di ferro come delle gabbie!

Certo è che se dovesse succedere qualcosa di grave non riusciremo mai ad uscire da qui se non dalle porte, dove però ci sono tanti altri passeggeri appesi come li si vede spesso nei film.

Oggi 13.03.2012 ci stiamo dirigendo a Kajuraho per visitare i templi con le statue del Kamasutra, e poi a Varanasi (città sacra agli Indù).

Nel nostro vagone non ci si addormenta mai, mendicanti, venditori di bevande, di cibo e di oggettistica si alternano, e quando ci fermiamo nelle stazioni altri venditori si accalcano e ci vendono dell’altro tra le grate dei finestrini.

Il paesaggio è bellissimo, molto verde: per i campi di grano e nei villaggi (spesso fatti di fango) intravedo per un attimo le donne che lavorano, che lavano i panni nel fiume, e tanta cacca di mucca che viene appoggiata nel terreno per essiccare e poi essere utilizzata come legna da ardere.

Talvolta attraversiamo dei fiumi, dove ci sono tantissime persone che si lavano mentre i bambini si divertono a giocare nell’acqua.

Mi sarebbe piaciuto salire nella capotta del treno come avevo sempre visto nei documentari, …ma sarà’ forse per la prossima volta!

Varanasi: dove si nasce e si muore

Da giorni aspettavo questo momento. Oggi 14 marzo 2012 siamo giunti a Varanasi, la città santa per eccellenza per tutti gli induisti. Come per gli islamici la Mecca ogni indù dovrebbe venire qua almeno una volta nella sua vita.

Ad aspettarci fuori dall’aeroporto un tassista che ci porterà in hotel con la sua vecchia auto Ambassador degli anni 60! … magnifico! Anche questa città come tutte le altre ha il suo traffico infernale di auto, risciò, tuk tuk, di tante bici, moto, cammelli, bufali, mucche, asini e le immancabili scimmie, ecc… L’auto ci lascia in un certo punto da dove proseguiremo a piedi negli strettissimi vicoli, a volte larghi appena un metro, ma luridi di escrementi umani e di animali che ci ostacolano mentre camminiamo. Gli stradelli ci conducono nel nostro hotel a due stelle (Palace on step) prenotato su internet. Finalmente arriviamo all’hotel, e come da nostra richiesta, la camera collocata all’ultimo piano si affaccia direttamente sul Gange (la madre di tutti i fiumi indiani), con una vista mozzafiato sul fiume. Dobbiamo però chiudere in fretta le finestre… gruppi di scimmie, per nulla addomesticate, corrono tra i parapetti, si rincorrono e scrutano l’interno delle stanze ma per fortuna su ogni finestra ci sono le grate di ferro. Dobbiamo fare molta attenzione e non darli tanta importanza sennò sono molto aggressive, anche se è inevitabile non guardarle e fotografarle! Le scimmiette sono tantissime e giocano e si rincorrano tra i rami del grande albero che fiancheggia il nostro piccolo hotel. Già questo sembra a noi irreale, anche se il mio pensiero è già condizionato da quanto vedrò tra poco: i corpi dei cadaveri bruciare nei crematori a cielo aperto sulla riva del fiume. Concordiamo subito con la reception un tour su una barchetta per un giro di due ore sul Gange ed un secondo tour per il giorno successivo all’alba con sveglia alle 5 del mattino per ammirare il sorgere del sole e tutti i riti del mattino (preghiera, lavaggio dei panni, esercizi di yoga, ecc). Bene, eccoci quindi subito dopo sulla barchetta a remi piuttosto dondolante guidata da un ragazzino che avrà avuto al massimo tredici anni. Enrico ed io ci sediamo uno di fronte all’altro per equilibrare i pesi con anche un altro ragazzino che ci farà da guida. Le acque del fiume sono nere, visti gli scarichi fognari, ma anche per quanto vedremo tra un po’. Giungiamo quindi a poca distanza al ghat secondario delle cremazioni, dove si bruciano circa 100 corpi al giorno (i Ghat sono le porte di uscita degli stradelli direttamente sul fiume). Notiamo subito le pire, i mucchi di legna dove bruciano i corpi, portati appositamente qui per poi disperderne le ceneri sull’acqua. Ci avvisano da subito di non fotografare le pire che ardono, ma di osservare in silenzio. La barca si avvicina fino a pochi metri e noi siamo silenziosi e attenti come se stessimo guardando un documentario. Le cerimonie delle cremazioni continuano ininterrotte notte e giorno… enormi cataste di legna sono sempre pronte lungo gli argini, processioni cantilenanti sbucano in continuo dal labirinto dei vicoli portando le salme dei loro cari. La salma viene vestita di bianco se si tratta di un uomo e di rosso se invece di una donna. Il cadavere, ricoperto di fiori ma col viso scoperto, viene dapprima adagiato da chi lo trasporta su una sorta di barella in bambù e immerso nel fiume quale ultimo bagno; viene poi appoggiato sul letto del fiume dove viene ricoperto di indumenti donati dai parenti, e questi ultimi poi verseranno sopra la salma per cinque volte ciascuno dell’acqua dal fiume. La salma viene poi lasciata lì in attesa che si crei uno spazio dove viene appoggiata e ricoperta dalla legna, che viene acquistata per circa 5000 rupie da un tipo che la vende lì vicino. Il figlio maggiore del defunto veste di bianco, depone sulla catasta di legno i suoi capelli e la sua barba dopo essere stato appena “accuratamente” rasato, e appica il fuoco alla catasta. Non provo alcun piacere a guardare ma siamo arrivati fin qui a Varanasi, descrivo quello che succede e non c’è modo di evitarlo se vieni quì. Per noi occidentali è come un inferno in terra. E’ un momento triste: la guida ci dice che la cremazione si svolge per chi può pagare la legna altrimenti, per i più poveri ma anche per i bambini di età inferiore a dieci anni il corpo viene legato ad un peso e fatto affondare sul fiume…già, chi può paga perché resti solo cenere e chi non può scende lo stesso dentro il grande fiume Gange. Quel che mi ha colpito ancora di più è stato quando la navigazione è continuata verso il crematorio più grande (dove si bruciano circa 200 corpi al giorno): quì i fuochi sono veramente tanti (un corpo viene bruciato in circa 3 ore) e le fiamme alte un po’ ovunque. Tantissimi turisti si avvicinano come noi sulle barchette e tantissimi altri a terra vicino ai fuochi. In questo crematorio più grande ci sono nell’acqua degli uomini neri quasi come dei demòni, solo in mutande, che rivoltano la cenere immergendola in acqua trasportandola con grandi bacinelle metalliche. La guida ci dice che appartengono ad una casta molto bassa (quella dei Dom) e che cercano di recuperare gli anelli o orecchini d’argento e d’oro che rimangono dalla cremazione setacciando la cenere. Io li paragonerei a degli avvoltoi che aspettano lo spegnersi del fuoco e della brace per portare via i preziosi oggetti che sono stati lasciati alla salma del defunto. Questi non hanno alcun rimorso e di fronte a tanta gente, frugano nelle ceneri bagnate e s’immergono nel fiume per rovistare e cercare di arricchirsi. A detta della nostra guida queste “iene” sono molto ricchi visti i preziosi raccolti.

Ora mi sono un po’ tranquillizzato, non so cosa mi stia succedendo ma sono meno infastidito dal fumo e dall’odore. Questa è “Varanasi nella sua realtà”, forte, emozionante e così lontana dalla nostra realtà occidentale.

A completamento del quadro, tanti cani si aggirano intorno alle ceneri rimaste in cerca di avanzi umani …siamo rabbrividiti quando trovano delle ossa che afferrano e le rosicchiano …e si intravedono brandelli di carne!

Nel frattempo dietro alla nostra barca, che dista pochissimi metri dalla terra ferma, ci sono centinaia di altre barche di turisti che osservano anche loro in silenzio questo rito per noi triste e macabro.

Dopo aver assistito lato fiume a questa cerimonia ci spostiamo con la barca verso un altro lato del Gange, dove si terrà il Ganga Aarti, una cerimonia che si svolge quotidianamente ai bordi del fiume e che raduna migliaia di persone. Essa prevede tutta una serie di riti, con incensi, fumi, fiori e momenti magici guidati dai “sacerdoti” e che termina col mettere una lanternina galleggiante sul fiume. Anche noi lo abbiamo fatto come preghiera per le persone care.

Dopo questa infinita giornata andiamo in cerca di qualche trattoria per un buon pasto indiano al quale ora mi sto anche abituando.

Al termine della buonissima cena (costata circa 2,50 euro a testa) ho visto una barberia, dove facevano anche i massaggi facciali per 100 rupie (circa 1,50 euro). Come rinunciare a questo momento di benessere prima di tornare dalle nostre parti dove qualcosa del genere chissà quanto costa…

Rientriamo tardi nell’hotel e dobbiamo correre tra le scale prima che le scimmie ci vedano e semmai urlare nel caso dovessimo essere attaccati!

L’esperienza di oggi a Varanasi è stata unica e magica, devo dire che le scene che ho descritto le avevo viste solo in Tv.

La mattina seguente ci siamo alzati all’alba per andare a vedere i riti Indù e le abluzioni dei milioni di pellegrini che giungono qua da tutta l’india per fare il bagno sul Gange. Anche quì avevamo il giro in barca!

Purtroppo oggi, 16 marzo 2012, termina il nostro lungo viaggio, domani torneremo a Delhi e al suo inferno! Enrico ha l’aereo per il rientro in Italia mentre io proseguirò il mio viaggio in Vietnam.

Sono piuttosto soddisfatto per le cose viste e per questa esperienza. Avvolte il viaggio è stato pesante sopratutto per i lunghi tragitti ma siamo stati sicuramente ripagati dalla bellezza dei posti e dai contatti con tanta povera gente. Abbiamo capito che le priorità per gli indù sono ben diverse dalle nostre, e fa pensare che i soldi con cui noi paghiamo una pizza quì possono bastare a sopravvivere per un mese.

Marcello Podda / inwed6marcello@hotmail.com

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