Zaini in spalla… si parte per la Cina
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Prima tappa: Shanghai
Atterriamo a Shanghai che sono le 23 passate, sia la metro che il velocissimo treno maglev hanno finito l’ora di servizio. Cerchiamo un bus notturno per raggiungere il centro città ma dopo aver vagato su e giù per l’aeroporto e aver visto solo pullman privati degli alberghi decidiamo di cedere alla tentazione del taxi. Mostriamo l’indirizzo e via verso la città, ci mettiamo un’ora buona per arrivare nonostante il tassista guidi abbastanza spedito. Paghiamo all’incirca 30 euro, su per giù pensiamo di aver già preso la prima fregatura della vacanza, in realtà poi valutiamo con non abbiamo affatto speso molto visti i km che separano il Pudong Airport con la città. Dopo alcune difficoltà per trovare l’ostello, in quanto si trovava in fondo ad una vietta buia senza essere segnalo, saliamo in camera e realizziamo finalmente di essere in Cina. Non eravamo molto convinti di venire a Shanghai, per il semplice motivo che ne io ne Marco siamo attratti da grosse città piene di palazzoni e grattacieli, siamo partiti alla ricerca della “vecchia” Cina, per motivi di volo però l’abbiamo aggiunta come tappa, e vi dirò che ho visto una delle cose più belle di tutto il viaggio. Forse perché è stato il primo approccio con la cultura cinese. Ma andiamo con ordine…. Il primo giorno partiamo alla scoperta di questa città, per raggiungere la metro dobbiamo attraversare un parco dove notiamo con divertito stupore un sacco di persone che fanno ginnastica. Prendere la metro, qui come anche a Pechino, è assolutamente fattibile anche per chi come noi non ha la minima idea degli ideogrammi cinesi: ogni macchinetta self-service per i biglietti da la possibilità di scegliere la lingua inglese (così come i bancomat), le fermate sulla metro sono scritte anche in inglese e lo stesso vale per i nomi delle vie della città. Prima tappa Piazza Renmin, da qua raggiungiamo Nanjing Road lunghissima via pedonale piena di gente e negozi, la percorriamo e raggiungiamo il Bund: passeggiamo lungo la sponda del fiume e osserviamo lo skyline dell’altra sponda. Il clima è terribilmente caldo e afoso, per fortuna nella zona del Bund si può godere di un piacevole venticello. Prossima tappa vagare alla ricerca del Giardino del Mandarino Yu. Dal Bund raggiungiamo la cosiddetta Vecchia Shanghai ed inizia il primo impatto con la vera Cina di cui noi siamo alla ricerca: poco distante dai grattacieli si snodano viuzze in cui la gente vive in piccolissime case adibite a negozio di ogni genere, dove i parrucchieri lavorano per la strada e le signore si fanno la pedicure sulla strada. Girovaghiamo per queste vie fino a raggiungere un quartiere pieno di negozietti per turisti, in cui si trova l’ingresso del giardino. Prima di entrare facciamo anche un giro nel Tempio del Dio della Città dove veniamo accolti da profumo d’incenso e tanta spiritualità. Rimaniamo letteralmente colpiti dal giardino del Mandarino Yu e confermiamo quanto riporta la guida che considera questo angolo di città uno dei punti più suggestivi di Shanghai, forse perché è totalmente in contrasto con la modernità esterna. Intanto è pomeriggio inoltrato, decidiamo di recarci in ostello, riposarci un’oretta nel cortile per poi ritornare in centro per la cena. Primo approccio con un ristorante cinese, prima di partire chiunque ci aveva detto che la cucina è molto differente da quella proposta dai ristoranti cinesi in Italia e che non avremmo mangiato bene. Percorriamo un’intera via piena di ristoranti in cerca di un posto che ci attirasse particolarmente, decidiamo di entrare in quello un po’ più affollato rispetto agli altri: quello che mi vien da dire è che non era un posto adatto a persone troppo schizzinose. La tovaglia è sporca e umida, i piatti non son proprio pulitissimi, i camerieri svuotano i piatti dagli avanzi di cibo e li ammassano in alcune bacinelle buttate a terra a fianco ai tavoli. Nonostante ciò a me tutto questo piace, sono in un paese diverso dal mio e mi va di adattarmi in tutto. L’unica accortezza che decidiamo di prendere è di evitare cibi con pesce e carne sopratutto se non cotti per evitare strani mal di pancia. Finita la cena ci dirigiamo nuovamente al Bund per osservare i grattacieli del Pudong illuminati, e sinceramente siamo rimasti molto colpiti da questa visione. Intanto ha iniziato a piovere, foto veloce e di corsa alla metro per evitare di dover prender un taxi. Il secondo giorno abbandoniamo l’ostello e con gli zaini in spalla andiamo a visitare il Tempio Jing’an. Il tempio è ancora in via di ricostruzione ed è completamente inserito in mezzo a modernissimi grattacieli, nonostante ciò ci ha colpito positivamente, anche perché abbiamo avuto la fortuna di assistere ad una breve funzione con monaci buddisti. Spuntino veloce per la strada e via all’aeroporto dove ci attende un aereo per Xi’an.
Seconda tappa: Xi’an
Arriviamo in città verso sera, ci eravamo accordati con l’ostello che qualcuno ci sarebbe venuto a prendere. Purtroppo scendiamo dall’aereo e non troviamo nessuno con il nostro nome scritto su un foglietto. Cerchiamo un telefono per metterci in contatto con l’ostello, solo per capire se si erano dimenticati di noi, se magari erano già andati via a causa del piccolo ritardo del volo o se magari doveva ancora arrivare. Ovviamente i telefoni funzionano solo con la scheda e non con le monete. Mentre Marco fuori cerca un bus io dentro continuo a cercare lo sconosciuto omino. Per caso trovo un uomo al telefono con un foglio al contrario, leggo in controluce il mio nome e il problema viene magicamente risolto. Nel percorso aeroporto-ostello ci facciamo entrambi una brutta idea di questa città, ma l’umore si risolleva appena entriamo in ostello: una vecchia casa cinese adibita ad ostello e pub, molto carino e caratteristico. Il mattino seguente ci facciamo scrivere in cinese, dalla ragazza che lavora in ostello, un foglietto con scritto tutte le informazioni necessarie per prenotare il treno che dobbiamo prendere la sera stessa. Lasciamo i bagagli in ostello e partiamo per la missione biglietti del treno e la missione trovare un trasporto verso l’esercito di terracotta. Ci rechiamo in stazione, da buona furbona continuavo a sostenere che distava dall’ostello solo 3 km, in realtà mi sa che il mio calcolo sulla cartina della guida era stato un bel po’ approssimativo, dopo quasi un’ora di cammino arriviamo. Ci mettiamo in coda, facciamo i biglietti del treno per Pingyao e andiamo al parcheggio dei bus. Saliamo su un piccolo autobus verde con scritto Terracotta Warriors che al modico prezzo di un 1 euro ci porta a destinazione. Il viaggio dura circa un’oretta, gli unici turisti eravamo noi due, tutti gli altri scendevano a fermate intermedie. Nessuno problema se il bus era pieno, la signorina che raccoglieva i soldi per i biglietti tirava magicamente fuori piccoli sgabelli per improvvisare posti nel corridoio tra i sedili. Detto ciò non c’è da stupirsi se stai per visitare una delle cose più importanti al mondo e l’autista ti fa scendere a lato di una strada a quattro corsie indicandoti che il sito si trova ovviamente dall’altro lato della strada. A Xi’an capiamo una cosa fondamentale, il pedone non ha mai ragione nemmeno sulle strisce, fondamentalmente pensiamo che non ci sono regole stradali. Più di una volta osserviamo che i taxi passano con il rosso, che piuttosto che rallentare e farti passare ti passano di striscio e questo vale per macchine, motorini, biciclette e risciò. Raggiunto l’altro lato della strada nel tragitto verso la biglietteria veniamo assaliti da una marea di persone che si propongono come guida in inglese per la visita dei padiglioni. Dopo averli rifiutati gentilmente tutti, fatti i biglietti e camminato per altri 10 minuti alla ricerca dell’effettivo ingresso ci dedichiamo al famoso esercito di terracotta. Decidiamo di seguire l’ordine proposto dalla guida per la visita: prima il padiglione n.3 (il più piccolo), poi il n.2 (ancora in fase di scavo), ed infine il padiglione più grande e famoso il n.1. Bellissimo ma davvero troppa gente che ci mette delle ore per scattare alcune fotografie. Finita la visita dobbiamo cercare il modo di ritornare in città, visto che non esiste un’effettiva fermata. Appena arriviamo sulla strada passa un autobus identico a quello dell’andata, saliamo e torniamo. Piccolo intoppo: il bus si scontra lateralmente con una macchina, così dobbiamo scendere nel bel mezzo di un incrocio e risaliamo sul primo pulmino che passa. Ritornati a Xi’an, non essendoci gradi cose di particolare interesse in città, raggiungiamo il quartiere musulmano, ovviamente tutto sempre a piedi. Siamo di nuovo in quella parte di Cina che più ci affascina: viette piene di gente, mercati e bancarelle. Stand di frutta secca e candita, affascinanti e semplici gabbiette di canarini appese agli alberi e odore di spiedini di carne per tutto il quartiere. Giungiamo davanti alla moschea, ma vista l’ora era ormai chiusa, rimaniamo ad osservare anziani signori che giocano a dama. Cena a base di noodles, recupero degli zaini in ostello e poi via verso la stazione, di nuovo a piedi. Dobbiamo partire per Pingyao, ci sono tre diverse tipologie di sistemazione sul treno, visto che il viaggio è durato 8 ore noi abbiamo optato per i soft beds, cuccette con la porta composte da quattro posti. L’alternativa sono le cuccette da 6 posti non chiuse, o i comuni posti a sedere, che penso siano invivibili per viaggi lunghi, vista la quantità di gente e bagagli che occupava quei vagoni.
Terza tappa: Pingyao
Arriviamo nella città delle lanterne rosse alle 7 del mattino, usciti dalla stazione veniamo letteralmente circondati da tassisti e uomini con il risciò che si offrivano di portarci a destinazione. Ma noi decidiamo di andare a piedi. Una signora sul risciò nonostante tutto ci segue con molta insistenza e ci mostra su una cartina la nostra posizione che ovviamente non corrispondeva con quella reale, solo per spaventarci del lungo cammino che avremmo dovuto affrontare e usufruire del suo servizio. Ovviamente non ci caschiamo e nello stesso istante un gruppo di ragazzi ci fa capire che siamo sulla strada giusta per raggiungere la città vecchia all’interno delle mure. Pingyao è incredibile e arrivarci al mattino presto, prima che la città venga invasa da ondate di turisti è ancora più emozionante. La città è composta da tre o quattro vie principali, prettamente popolate da turisti e tutto il resto è composto da umilissime abitazioni. Rimaniamo a Pingyao per due notti, compriamo un biglietto cumulativo con cui possiamo salire sulle mura, visitare tutte le abitazioni importanti della città, la casa del governatore, il tempio di Confucio e il tempio taoista. La città verso sera diventa ancora più bella: le vie sono illuminate dalla luce rosse delle lanterne Il secondo giorno piove, ne approfittiamo per riposarci un po’, rallentando un po’ la nostra corsa sfrenata per visitare il maggior numero di cose. In ostello a causa del brutto tempo manca la luce, così come anche in maggior parte della città e al ristorante durante la cena, dove mangiamo a lume di candela. Mentre dopo cena la luce è tornata nella via del ristorante, nella via dove si trova l’ostello sono illuminati solo i posto dotati di generatori. Raccattiamo la nostra roba e facciamo lo zaino con la luce della candela, purtroppo niente doccia perché il boiler ovviamente non poteva funzionare. Il mattino ci svegliamo prestissimo abbiamo un treno da prendere.
Quarta tappa: Datong
Dopo sei ore di viaggio, in questo caso prendiamo delle cuccette con hard bed, arriviamo a Datong. Poco prima dell’arrivo attiriamo l’attenzione di un ragazzo che lavora sul treno vendendo cartine geografiche: rimane colpito dai nostri nasi, e molto divertito, ride facendoci notare la differenza tra i loro nasi e il nostro. Non è la prima volta che attiriamo l’attenzione, molte volte ci siamo accorti di persone che di nascosto ci facevano delle foto o semplicemente con un gran sorriso venivano a chiederci se potevamo fare una foto insieme a loro. A Datong abbiamo in programma di visitare le grotte di Yungang e il tempio sospeso ma decidiamo di dedicarci solo a quest’ultimo. Ci incamminiamo a piedi verso l’ostello, la città sembra che abbia subito un bombardamento, quasi tutti i palazzi sono vuoti e semi distrutti e ovunque ci sono cantieri e proprio a causa del percorso interrotto da uno di questi cantieri, non sapendo più che strada prendere per raggiungere l’ostello fermiamo un taxi e ci facciamo accompagnare. Ci lascia all’esterno di un’area pedonale sembra di essere in un oasi di pace, in realtà si vede che è una ricostruzione di antiche edifici cinesi che ospitano un gran numero di negozi di abbigliamento e scarpe. La pace dura per poco, da ogni negozio esce musica assordante. Il nostro ostello si trova al piano superiore di un negozio per abiti per bambini, quindi devi entrare nel negozio per raggiungerlo, ma eravamo preparati a questo grazie ai commenti lasciati da altri viaggiatori. Dopo esserci sistemati chiediamo al ragazzo della reception qualche informazione su come raggiungere il tempio sospeso e Pechino per la sera dopo. Diciamo che non c’è stato di grande aiuto: su una cartina, che tuttora ci chiediamo in che modo sia stata creata, ci segna le stazione degli autobus e ci spiega che bus prendere. Decidiamo di andare alla ricerca della stazione subito per non essere impreparati e perder tempo il mattino seguente, dopo aver girato in lungo e in largo abbiamo dovuto arrenderci perché non abbiamo trovato nulla. Secondo ricerca un posto in cui cenare: anche in questo caso è stato molto difficoltoso. A differenza di tutti gli altri posti che pullulavano di ristoranti e banchetti di cibo qua non c’era nulla al di fuori dei soliti fast food americani, ripieghiamo su una sottospecie di catena di fast food cinese che ci ha comunque permesso di mangiare cibi tradizionali.
Il mattino riusciamo a raggiungere la stazione dei bus solo con un taxi, per fortuna una ragazza che lavora li parla inglese e ci indica quale pullman prendere e ci aiuta a fare i biglietti. Inizia la lunga “epopea del tempio sospeso”. Già eravamo stufi di Datong ma dopo tutte le difficoltà incontrate per arrivare al tempio, possiamo dire che la sua bellezza non ha ripagato la nostra voglia di scappare subito verso Pechino. Saliamo sul bus, dopo un’ora e più di viaggio con musica ad altissimo volume e suono di clacson continui, l’autista ci fa scendere nel nulla. Un cartello indica che mancano solo 5 km alla meta ma da li in poi siamo costretti a prender un taxi. Prima fregatura della giornata: 5 minuti di taxi ci costano esattamente quanto il costo del biglietto del bus, pur essendo noi due più un signore cinese al momento di pagare il cinese scende e la tariffa da buoni turisti la dobbiamo pagare noi. Il tempio è magnifico, il biglietto costa quasi 20 euro però e la visita dura pochissimo, in realtà compreso nel prezzo ci sono altri templi sparsi per le montagne, ma viste le difficoltà incontrate per raggiungere il più grosso e famoso non eravamo pronti ad affrontarne altre. Ora di tornare indietro constatiamo che non esistono mezzi pubblici che ritornano a Datong e nemmeno taxi convenzionati. Saliamo su un taxi abusivo che dopo qualche minuto si fa pagare e ci molla ad un altro taxi, gli facciamo ben comprender che il secondo taxi non l’avremmo pagato: probabilmente erano d’accordo a trasportarci e poi avrebbero diviso la somma. Veniamo lasciati alla stazione dei bus, chiediamo a che parte il primo bus per Pechino, raggiungiamo l’ostello per prendere gli zaino e fuggiamo via da questa città.
Quinta e ultima tappa: Beijing
Arriviamo a Pechino che è ormai buio, raggiungiamo l’ostello, molliamo tutto e andiamo a metter qualcosa sotto i denti, il mattino seguente ci aspetta la scoperta della grande Beijing. Siamo entrambi molto emozionati, anche se parecchio stanchi, nella prima settimana non abbiamo fatto altro che spostarci da un posto all’altro. La camera dell’ostello diventa ben presto il regno del disordine, finalmente possiamo svuotare i bagagli visto che staremo fermi per sei notti consecutive nello stesso posto. Dormiamo in un hutong situato in una magnifica posizione, sotto piazza Tian’anmen e poco distante dalla metro. Primo giorno a Pechino: giro per la piazza Tian’anmen, visita dell’incantevole Città Proibita davvero stra piena di turisti, ricerca di tranquillità a Jinshan Park, esplorazione del quartiere Dongcheng Nord con la torre del tamburo e della campana, passeggiata lungo il lago Qianhai.
Il secondo giorno siamo partiti alla scoperta del Palazzo d’estate e poi presi un po’ dalla foga di essere in Cina siamo andati e veder i panda allo zoo. A chiunque sconsiglierei di andare li dentro, già personalmente non amo granché gli zoo, per di più gli animali sembravamo davvero tristi. Verso sera ci siamo recati al Silk Market, il paradiso di chiunque ami le marche e lo shopping, giro veloce di perlustrazione per valutare davvero l’esistenza di questo mercato. Per concludere la giornata ci rechiamo al famoso mercato in cui si possono trovare spiedini di scorpioni, ragni, lucertole… con nessuna voglia di provare ad assaggiare qualcosa, anche se da casa eravamo semi intenzionati a provare qualcosa di non troppo disgustoso.
Il terzo giorno decidiamo di dedicarlo alla Grande Muraglia, un po’ stanchi di girare e fare lunghi spostamenti e per paura di un ulteriore fregatura dopo quella di Datong decidiamo di affidarci ad un’agenzia che organizza viaggi in giornata. La meta è Badaling, la più turistica ma anche la più vicina. L’appuntamento è per le sette del mattino all’agenzia, saliamo sul un pulmino e dopo poco ci fanno scendere e accomodare in una hall di un hotel dicendoci di aspettare una mezzora. Dopo aver atteso un bel po’ di più, appena abbiamo visto dei turisti salire sul un bus diretto alla muraglia ci siamo aggregati. Non so se era effettivamente il nostro tour ma non importa. La giornata è stata davvero snervante, tipica gita da spilla soldi ai turisti. Prima visita delle Tombe Ming, non un granché interessanti; successivamente laboratorio della giada dove ci hanno lasciato nel negozio un’ora cercando di attirare la nostra attenzione su braccialetti e altri mille gingilli. Dopo pranzo finalmente la muraglia. Nonostante il fiume di turisti che la percorre è bellissimo essere li sopra e osservare questo lunghissimo muro che si snoda tra i monti. Purtroppo il tempo a disposizione della muraglia è di sole due ore. Risaliamo sul bus, ci fanno vedere lo stadio olimpico e ci fanno scendere a China Town dove c’è il laboratorio della seta. E qui l’attesa è infinita: ci siamo stati all’incirca tre ore, io e Marco appena la visita al laboratorio era terminata ci siamo recati all’esterno e così altri ragazzi che erano sul pullman con noi, nonostante ciò abbiamo dovuto attendere che il resto dei turisti comprasse, piumoni, copriletti ecc. ecc.. Il quarto giorno colazione con ravioli e subito dopo andiamo al mausoleo di Mao, privi di borse macchina fotografiche e cellulari così come preveder il regolamento. Subito dopo ci rechiamo al Tempio al cielo. La giornata finisce con qualche acquisto al Silk Market.
L’ultimo giorno effettivo di vacanza, prima di affrontare il lunghissimo volo, lo dedichiamo al distretto 798, quartiere di artisti e gallerie d’arte, fuori dal caos della città. Nel pomeriggio passeggiamo per la via pedonale vicino al nostro ostello e scopriamo che è pieno di bancarelle di cibo. Corriamo in ostello a preparare i bagagli e decidiamo di cenare assaggiando i vari cibi offerti dalle bancarelle. Per lo più spiedini di pollo piccanti, di agnello, ravioli e strane cose non classificabile.
La nostra vacanza è purtroppo giunta al termine nella notte ci recheremo in aeroporto, siamo davvero stanchi perché abbiamo girato e camminato tantissimo ma felicissimi dell’esperienza appena vissuta.