West Coast dreaming…
Indice dei contenuti
Da febbraio il nostro gruppo (formato da me, Emanuele, Federica e Michele) si mette alla ricerca sfrenata di voli che possano portarci dall’altra parte del mondo, e visto che siamo in California, anche di mete da visitare oltre Los Angeles. La lettura dei diari di viaggio di TpC come al solito è stata utilissima, e a tal proposito un ringraziamento particolare va a Martina Battistioli e al suo compagno, che hanno scritto due racconti di viaggio favolosi (“La nostra west coast – lei”, “La nostra west coast – lui”), che vi consiglio senz’altro di leggere se intendete intraprendere questo viaggio. Oltre i diari di viaggio, abbiamo anche fatto incetta di cataloghi presso tutte le agenzie di viaggio del circondario, per copiare gli itinerari più fattibili!
Dopo affannose ricerche, il 13 marzo blocchiamo un volo della U.S. Airways che parte il 6 aprile da Roma, con scalo a Philadelphia, diretto a San Francisco, con ritorno il 16 aprile da Los Angeles (con scalo sempre a Philadelphia) su Roma: costo 846,00 euro (facendolo qualche mese prima si può senz’altro risparmiare qualcosa in più). Oltre il volo, decidiamo di acquistare in agenzia anche una polizza sanitaria (assolutamente consigliabile se si viaggia negli Stati Uniti) costo 117,00 euro (polizza Mondial Assistance che copre praticamente tutto); una polizza annullamento biglietto € 45,00 e il visto d’ingresso (Esta obbligatorio) costo 14,00 euro. Dopo l’acquisto del biglietto e delle polizze, si parte alla ricerca degli alberghi! Il tempo non è molto ma il sito Booking.com e le recensioni di Trip Advisors ci hanno permesso di scegliere strutture con ottimo rapporto qualità/prezzo.
Dopo le premesse d’obbligo, si arriva al 5 notte e si devono preparare le valigie: il passaporto c’è, la reflex c’è, le guide Mondadori e Lonely Planet ci sono, e allora via verso l’aeroporto di Fiumicino! I controlli al terminal 5 sono piuttosto pressanti e due ore volano piuttosto in fretta, tanto che arriviamo all’imbarco che nemmeno ce ne accorgiamo! Il primo volo non è particolarmente faticoso, si guardano film, si legge e si mangia “lo squisitissimo” cibo passato a bordo, finchè dopo circa 8 ore e mezza arriviamo a Philadelphia. Una volta atterrati i controlli per entrare negli States sono serratissimi, scanner oculare, impronte digitali, il perché e il per come siamo in America e poi giusto il tempo per una birra locale e delle patatine e via veloci verso il secondo volo che ci porterà a San Francisco. Questo volo devo dire che è stato molto più faticoso, nonostante il tempo per giungere a destinazione sia stato minore del primo volo (circa 6 ore), arriviamo che siamo letteralmente sfatti: sono le 21.00 ora locale, ma per noi sono le 6 del mattino! Troppo stanchi per prendere bus navetta o metro, optiamo per un taxi che ci porterà al nostro albergo per la “modica” cifra di 50 $.
SAN FRANCISCO
Il nostro hotel “Adagio” (www.hoteladagiosf.com; prenotato tramite il sito splendia.it al costo di 117,00 € a notte) ha una facciata bianchissima che spicca da lontano, ha delle camere spaziose, pulite e arredate con gusto. La sera del nostro arrivo la stanchezza prende il sopravvento e quindi ci buttiamo a letto sperando in un bel sonno ristoratore. Purtroppo il jet lag si fa sentire e alle 4 del mattino gli occhi si aprono e Morfeo se ne va: alla fine alle 6 non posso più stare a letto e mi preparo per fare un giro per la città con al collo la mia reflex. La prima impressione non è eccezionale, i negozi sono ancora chiusi e in giro ci sono solo senzatetto e barboni :/ Anche gli altri si alzano e alle 8, dopo una colazione da starbucks, siamo tutti operativi! Ci dirigiamo verso Union Square e Chinatown (che devo dire non è niente di che), passiamo il quartiere italiano e via fino a Fisherman’s Wharf dove al Pier 33 ci aspetta il battello che ci porterà al penitenziario di Alcatraz! Ho sempre sognato di vedere questa prigione, saranno i film visti fin da bambina con il mio papà (“Fuga da Alcatraz” con Clint Eastwood,“L’isola dell’ingiustizia” con Kevin Bacon, “The Rock” con Sean Connery), sarà il pensiero che qui vi è stato rinchiuso Al Capone, il più grande gangster ai tempi del proibizionismo americano (messo dentro per evasione fiscale!), ma non potevamo non andarci! Avevo letto che le file per prendere il battello erano molto lunghe, e noi non avevamo molto tempo, quindi abbiamo preso i biglietti on line una settimana prima di partire sul sito www.alcatrazcruises.com, per un costo di 26 $ a testa, che dà diritto al passaggio in battello (che permette di vedere la baia e il Golden Bridge da una prospettiva veramente fantastica!), all’ingresso al penitenziario e alle audio-guide. L’isola di Alcatraz, a differenza di quanto immaginavo, è vicinissima (circa un miglio dal molo Pier 33) ed è circondata da tantissimi fiori, piante e uccelli (c’è una riserva naturale nella parte sud dell’isola). La visita sia alle celle che al cortile per l’aria è piuttosto suggestiva: il pensiero che fino al 1963 qui venivano detenuti i prigionieri più pericolosi d’America, ti fa vivere la visita sotto un’ottica decisamente diversa!
Dopo la visita al penitenziario (durata circa due ore), ci dirigiamo verso la zona del Pier 39, dove mangeremo al mitico Bubba Gump (www.bubbagump.com)! Per chi non ha visto il film, è il ristorante di Forrest Gump e del suo amico Bubba che preparavano i gamberi in tutti i modi! L’atmosfera è quella tipica dei locali americani, con una vista fantastica sulla baia. Mangeremo gamberi e granchi fatti in tanti modi, tutto innaffiato da ottima birra locale (di cui non ricordo proprio il nome!). Il conto non è bassissimo, ma vale la pena andarci! Dopo il pranzo andiamo a vedere le otarie spaparanzate in pedane di legno galleggianti che da alcuni anni hanno scelto questo molo per godersi il sole in totale relax. Dopo di che si fa un bel giro per il quartiere di Fisherman’s Wharf che è veramente molto colorito sia per le persone che lo affollano che per i cibi che si trovano ad ogni angolo di strada (i granchi giganti sono uno spettacolo!). Ci avviciniamo a vedere il sottomarino Pampanito, ma non entriamo, la visita non ci interessa particolarmente e decidiamo di passare oltre e andare in Ghirardelli Square. In questa bella piazza decidiamo di prendere un cable car per fare un giretto. Facciamo quasi due ore di fila, paghiamo un biglietto di 15 $ dollari a testa ma alla fine saliamo su questi tram che vanno su e giù per le inclinatissime strade di San Francisco! Scendiamo in prossimità di Union Square e dopo aver fatto qualche acquisto, andiamo in albergo per rinfrescarci un po’ prima di uscire la sera. La sera nessuno di noi ha fame (il pranzo ci ha un po’appesantiti tutti), quindi invece che cenare decidiamo di prendere nuovamente un cable car da Union Square (il nostro biglietto valeva per tutto il giorno e per tutte le tratte) e fare un giro by night fino a Lombard street, la strada più inclinata del mondo! Non avendo macchina, la percorriamo a piedi, anche se vediamo le macchine che scendono, che sembrano veramente fare molta difficoltà! E la prima giornata finisce così!
Secondo giorno
Anche il secondo giorno il jet lag non mi permette di dormire tanto e alle 6 sono in piedi! Oggi ci aspetta un giro per la zona del Golden Bridge. Prendiamo un autobus sempre da Union Square (biglietto fatto sull’autobus al costo di 4 $) che ci porterà vicino al quartiere del Presidio e da lì saliamo su un altro bus che ci lascerà all’ingresso del mitico ponte rosso! Lo percorriamo per metà a piedi, mentre molti turisti lo fanno in bicicletta, e ammiriamo tutta la baia e la zona del Presidio. Il ponte è lungo quasi 3 km e a quanto pare la colorazione rossa è stata causale o meglio, un errore nell’acquisto della vernice! Ma meglio così, visto che grazie a questo colore lo si può ammirare da tanti angoli della baia. Dopo la visita al ponte ci dirigiamo verso l’aeroporto per ritirare la nostra macchina, che ci permetterà di iniziare il nostro viaggio on the road! Appunto su San Francisco: la città è particolarissima non solo per il sali-scendi delle strade, ma anche per la varietà dei quartieri (italiano, cinese, giapponese, sudamericano, etc…) tutti diversi l’uno dall’altro, per le case vittoriane (accidenti non essere riuscita a vedere il quartiere hippy di Haight Hashbury dove si dice ci siano delle case particolarissime!), per i granchi giganti e sicuramente per la eterogeneità della gente. Proprio in merito alla gente, non si può non fare un accenno ai senzatetto che sono una parte importante della città: avevo letto che ce n’erano tanti, e in effetti è così, come in tutta la California. Questo Stato è effettivamente l’espressione allo stesso tempo della ricchezza e della povertà, della libertà e delle restrizioni, dell’abbondanza e della miseria, e l’apice lo si può vedere proprio nelle grandi città.
YOSEMITE NATIONAL PARK
All’aeroporto di San Francisco noleggiamo per 8 giorni una Land Rover (categoria Suv) dalla compagnia Alamo, al costo di 250 € (per noleggio e assicurazioni varie, prenotato tutto dall’Italia), più il navigatore (assolutamente indispensabile) per $ 69,00, più l’aggiunta di due guidatori per90,00 $. L’omino della Alamo ci consiglia di prendere un auto più grande perché, secondo lui, quella scelta da noi è troppo piccola per 4 persone, e ci dice che ci avrebbe permesso di scegliere na categoria maggiore aggiungendo solo di 50$; ma per noi una Land Rover ci sembra più che sufficiente e confermiamo la nostra scelta. Pensiamo sia solo un modo per prendere altri soldi, ma poi ci rendiamo conto che negli Stati Uniti tutto è ingrandito ed in particolare le automobili, sembra facciano a gara a chi ha l’auto più grande! A noi la nostra va benissimo, anche se nelle strade americane la nostri macchina sembra davvero piccolissima! In merito proprio alle strade, molto importante è sapere che le autostrade sono gratis e gli unici pedaggi sono in prossimità dei grossi ponti. Ma ora pensiamo alle valli verdi e alle cascate, perché tra circa tre ore saremo a Oakhurst nella Sierra Nevada, alle porte dello Yosemite National Park!
Arriviamo al nostro hotel Sierra Sky Ranch (www.sierraskyranch.com; prenotato tramite booking.com al costo di 135 $ a notte con colazione) verso le 18.30 e la luce fievole del tramonto ci permette di gustare appieno la bellezza del posto: l’albergo è immerso nel verde e tutto è costruito in stile montano. Le camere sono tutte diverse, con grandi lettoni in legno e con l’affaccio sul giardino che circonda la proprietà. Purtroppo noi arriviamo il giorno di Pasqua e il ristorante è chiuso, quindi dobbiamo optare per un ristorante situato nel centro del paese dove mangeremo della buona carne e per Fede (la vegetariana del gruppo) dell’ottima insalata e salmone!
La mattina ci si sveglia presto con il cinguettio degli uccellini e dopo una sana colazione fatta con prodotti freschi del posto (frutta, marmellata e pane tostato), nonché i mitici Waffel fatti al momento, salutiamo lo Sky Ranch, dove ci sarebbe piaciuto passare qualche giorno in più.
Appunto sullo Sky Ranch e in particolare sulla disponibilità e gentilezza del personale: quando siamo arrivati contavamo di prenotare l’albergo per il giorno dopo tramite internet, ma purtroppo il mio pc non ha mai trovato la linea negli Stati Uniti (nonostante la connessione fosse gratis in quasi tutti i posti dove abbiamo alloggiato) e quindi abbiamo chiesto consiglio su dove soggiornare al personale della reception che non solo ci hanno aiutato a trovare il posto dove dormire, ma ci hanno fatto loro la prenotazione on line! Cosa dire di più! Sicuramente non possiamo che consigliarlo!
Tornando al parco, raggiungiamo l’ingresso sud dopo circa 15 miglia dove una ranger ci consegna le mappe e ci dice che il biglietto è di 20 $; noi optiamo per il pass annuale al costo di 80$ che ci permetterà di entrare anche negli altri parchi nazionali. Una volta dentro andiamo subito al Mariposa Groove dove si trovano le sequoie giganti e tra i vari percorsi, scegliamo quello che ci porterà a vedere il Grizzly Giant, una sequoia che dovrebbe avere tra i 1600 e i 2000 anni. Le sequoie sono bellissime, e meritano senz’altro una visita per la loro grandiosità. Dopo circa due ore dedicate a questi maestosi capolavori della natura, ci dirigiamo verso la Yosemite Valley, che dall’ingresso sud è circa un’ora di macchina. La strada che percorriamo è la 41 che è piena di curve, ma non ci si può aspettare diversamente da una strada di montagna. Dopo diversi tornanti si arriva al Tunnel View da dove si può ammirare una vista mozzafiato sul El Capitan, l’Half Dome e le Yosemite Falls. Per chi ama la fotografia (e io prima di partire avevo appena finito un fantastico corso di fotografia) questo parco è una favola, visto che è proprio qui che il mitico Ansel Adams (di cui c’è una galleria apposita all’interno della valle) ha scattato le sue più famose foto! Il parco è attrezzatissimo, ricco di cascate, ruscelli, foreste e sentieri di ogni genere. Purtroppo il Glacier Point e il Tioga Pass sono ancora chiusi per la neve e non possiamo vederli, ma la vista delle cascate che sbucano da ogni roccia, ci rende comunque soddisfatti della visita.
Purtroppo non possiamo passare altro tempo in mezzo a questa meraviglia e alle 4 circa ci mettiamo in cammino verso la nostra prossima destinazione: la Death Valley! La distanza che ci aspetta è tanta: inizialmente avevamo pensato di fermarci nei pressi di Bakersfield, ma ce lo hanno sconsigliato in tanti e allora abbiamo deciso di proseguire e dormire a Lone Pine, che si trova proprio alle porte della Valle della Morte.
Arriveremo al Lone Pine a mezzanotte, piuttosto distrutti dalle ore di macchina, ma dopo qualche inconveniente nella ricerca dell’albergo (il navigatore si era totalmente impallato) troviamo il nostro Motel “National 9 Trails” (stile: Psycho! Per chi ha visto il film, potrà perfettamente immaginare le nostre facce nel vederlo!), il cui costo non è stato particolarmente conveniente per un 2 stelle (138 € a notte) ma non possiamo fare tanto gli schizzinosi, visto che gli altri alberghi della zona sono tutti pieni. Quindi prendiamo le chiavi delle stanze, parcheggiamo l’auto e via a letto! Per fortuna la stanza è abbastanza pulita e dopo aver ben chiuso la porta, ci abbandoniamo al sonno!
DEATH VALLEY
Descrivere ciò che si prova entrando in questo parco è difficile, perché il nome evoca certamente scenari tristi e desolanti, ed è per questo che mi affido alle parole di Richard Lingernfelter, che più di altre possono esprimere le sensazioni che questo deserto scatena nel visitatore: «La Valle della Morte non è realmente così differente da gran parte del resto delle zone desertiche. È un po’ più profonda, un po’ più calda e un po’ più secca. Quello che la fa sembrare diversa non è nient’altro che la nostra immaginazione. Perciò è una terra di illusione, un posto nella mente, un miraggio tremolante di ricchezze, di mistero e di morte».
Niente di più vero: questo deserto può raggiungere i 57 gradi, ed è sicuramente il posto dove abbiamo avuto più caldo, visto che sembrava ci fosse sempre un phon acceso e che nessuno volesse spegnerlo! Attraversare questa valle è davvero una sensazione unica; avevo letto e visto tanti film ambientati in questo luogo, ma vederlo dal vivo è un’altra cosa. Il paesaggio tutto intorno da la sensazione della desolazione della solitudine, e sicuramente farlo di notte deve essere molto più suggestivo! Noi lo abbiamo percorso di giorno lunga la 190 fino a Furnace Creek, dove si trova il punto informativo per i turisti. Lungo la strada ci siamo fermati a fare qualche foto vicino a Stovepipe Wells dove si trovano delle dune di sabbia favolose! A Furnace Creek abbiamo fatto rifornimento (se potete fatelo fuori dai parchi dove la benzina costa molto meno), la macchina aveva sete e non potevamo aspettare di uscire dal parco, e a quel punto abbiamo deciso di fare una pausa anche noi per bere e mangiare un hamburger. Ordiamo al punto di ristoro di Furnace e nel frattempo che ci portano il cibo, io ne approfitto per comprare qualche souvenirs nel negozio affianco, dove trovo dei bellissimi acchiappasogni fatto dai nativi americani. Dopo aver mangiato, ci dirigiamo verso Badwater e per raggiungerlo percorriamo anche la Artist Drive dove si possono ammirare delle montagne di sabbia e roccia dalle mille sfumature di colore. Arriviamo finalmente a Badwater, un lago di sale che si trova a 85 metri sotto il livello del mare. Questo e’ uno dei luoghi più bassi del pianeta e l’impatto sia per il colore abbagliante che per il caldo soffocante è sconvolgente. Scatto delle fantastiche foto, questo è un set fotografico a cielo aperto! Prendiamo anche dei sassi si sale per vedere meglio le cristallizzazioni e arriviamo quasi al centro del lago, per poi tornare indietro verso la macchina dove abbiamo delle bottiglie d’acqua che ci aspettano!!! Avevo letto di portarsi assolutamente appresso delle bottiglie d’acqua, ma pensavo fosse un’esagerazione: vi assicuro che non lo è!
Dopo Badwater ci dirigiamo verso il Zabriskie Point, un altro punto di osservazione sulle montagne di sabbia e roccia. Qui deve essere fantastico arrivarci al tramonto, ma noi non abbiamo tempo per aspettare il tramonto e ci accontentiamo del sole del pomeriggio, che comunque ci permette una visione favolosa! Mentre Fede, Micky e Manu si riposano e guardano l’orizzonte, io avvisto un gruppo di suore cinesi che gironzolano: quale occasione migliore per scattare delle foto a dir poco suggestive? All’inizio non si accorgono di me, poi quando il mio ronzio le distoglie dalla visione del deserto, mi sorridono e si mettono in posa per permettermi di scattare loro altre foto! Che persone incredibili…
Ci dirigiamo verso Dante’s View, ma inizia ad essere tardi e allora decidiamo di lasciar perdere e lasciare per il momento la California e dirigerci verso il Nevada!
NEVADA-LAS VEGAS
Lasciamo quindi la Valle della Morte e ci dirigiamo verso la nostra prossima tappa: la capitale mondiale del gioco d’azzardo! Las Vegas ci appare come una cattedrale nel deserto, visto che il Nevada risulta essere piuttosto arido e desolato. Dalla Valle della Morte Las Vegas dista circa due ore di macchina e come tappa è perfetta per chi poi prosegue verso la valle dei canyon.
Noi abbiamo prenotato al New York New York e devo dire che la scelta è stata anche questa ottima (un 4 stelle a 70 $ a notte), sia per la bellezza dell’albergo che per la posizione, proprio all’inizio della Strip!
Una volta arrivati, parcheggiamo l’auto (parcheggio gratis dell’albergo) e dopo una doccia veloce, via verso Las Vegas Boulevard! Anche qui c’è piuttosto caldo, e questo ci permette finalmente di uscire vestiti piuttosto leggeri e di cenare in un ristorantino messicano all’aperto (non ricordo il nome :/) che si trova proprio di fronte al Bellagio! Mangiamo piuttosto bene e ci gustiamo durante la cena lo spettacolo delle fontane che viene riproposto ogni 15 minuti. E’davvero fantastico sia per i giochi di luce e acqua, sia pensare che hanno ricreato qui il lago di Como! L’Italia qui la fa da padrona tra il Bellagio, il Venetian (dove oltre il ponte di rialto, ci sono i canali e le gondole!) e il Ceasar Palace, che per di più sono anche tra i più belli e spettacolari. Bello anche lo spettacolo del Mirage, dove è stato ricostruito un vulcano che erutta a suon di musica! Facciamo un giro per vedere gli alberghi, che qui sono l’attrattiva principale e dopo la Strip decidiamo di tornare in albergo per tentare la fortuna al casinò. In effetti non si può venire a Las Vegas e non giocare, non trovate? Io e Manu saremo piuttosto fortunati con la roulette perché alla fine vinceremo 500$, mentre Micky e Fede perderanno i 40$ giocati: e va bè, il gioco è gioco! All’una e mezza decidiamo di smettere e andare a letto, perché il girono dopo ci aspetteranno i canyon!
Sveglia con calma (vista l’ora tarda della notte prima) e poi colazione all’interno dell’albergo, dove scegliamo un posto che sembra italiano, ma poi scopriremo che di italiano non ha proprio niente! Le colazioni all’interno di questi hotels sono carissime, e non sono mai comprese nel prezzo della camera (sic!).
E’ ora però di lasciare Las Vegas e dirigerci verso il nostro prossimo stato americano: lo Utah!
Appunto su Las Vegas: a noi è apparsa come una vecchia signora che continua a truccarsi e vestirsi come una ragazzina senza però avere più l’età per farlo: è un po’cadente e la prostituzione sventolata ad ogni angolo di strada è davvero eccessiva, pensate che ad ogni marciapiede ci sono ragazzi che portano magliette con la scritta: “ragazza in 5 minuti in camera!”; per il resto vale senz’altro una visita, magari senza perderci troppo tempo, una notte è più che sufficiente!
UTAH-ARIZONA
Lasciamo il Nevada e ci dirigiamo verso lo Zion National Park, che a causa della brutta giornata non potremo gustarci appieno. Entriamo con il nostro pass annuale e ci viene fornita una mappa in lingua italiana che indica tutti i percorsi possibili. Lo Zion è un parco naturale dalle montagne rosse veramente particolari; noi lo percorriamo in macchina visto che ci è difficile scendere a causa della pioggia. Ci sono molti percorsi a piedi che costeggiano il virgin river, ma noi decidiamo di proseguire e lasciamo il parco con il rammarico di non aver potuto stare di più. Ci fermiamo a mangiare un boccone in un locale fuori dal parco dove mangiamo dei sandwich in stile Homer Simpson! L’idea era quella di proseguire verso il Bryce Canyon e la Monument Valley, che dicono siano spettacolari, ma purtroppo il tempo a disposizione e le miglia da percorrere non ci permettono altre deviazioni, e quindi ci dirigiamo a vedere il solo Grand Canyon.
Prendiamo la 89 fino a Fredonia, poi la 89 A che tornerà ad essere la route 89 superato il Colorado river. Lungo il tragitto lo scenario cambia completamente, davanti a noi si avvistano delle montagne dalle sfumature rosate, che poi scopriremo essere quelle che formano il Grand Canyon. La strada è spettacolare, sicuramente la più bella tra quelle percorse, sarà il fatto di averla fatta al tramonto, sarà il vento che faceva ondeggiare la arida vegetazione locale, sarà il fatto di sentirsi così piccoli e soli davanti a tanta immensità! Lasciamo lo Utah e approdiamo in Arizona passando sopra il fiume Colorado, che poi rincontreremo una volta giunti al Grand Canyon. In Arizona attraversiamo la terra dei Navajo e l’idea è già di per sé emozionante, se non fosse per la vista delle baracche dove ora vivono e della desolazione che li circonda. L’unica consolazione per il cuore è vedere come vivono qui i cavalli: sono lasciati liberi di pascolare e correre in queste immense distese di terra, dove l’uomo non è riuscito ad arrivare del tutto con il suo potere distruttivo.
Lasciamo questi paesaggi unici e ci dirigiamo verso il Grand Canyon e più precisamente al nostro hotel il Grand Canyon Plaza che si trova a Tusayan, località all’ingresso sud del parco. Al nostro arrivo (dopo quasi 9 ore di macchine alle spalle) non trovano la nostra prenotazione e il panico ci assale, visto che tutti gli alberghi della zona sono pieni, ma per fortuna poi la nostra reservation compare sul pc della reception e a noi sembra come un’apparizione! L’albergo è molto grande e le stanze sono pulite, magari la colazione un po’ cara (27 $ per 2), ma ho mangiato tanti di quei pancakes con lo sciroppo d’acero, che alla fine sono stata soddisfatta (io li preparo anche a casa e sono buonissimi: www.ricetteamericane.com/2007/01/ricetta-pancakes-frittelle-americane.html)! Poi non potevamo lamentarci troppo visto che la prenotazione ci era stata fatta la mattina stessa dall’Italia (in Italia era però mezzanotte!) e l’unico alloggio trovato in zona era questo (costo 190 $ a notte): a tal proposito: grazie mamma per averci fatto dormire in un letto!!! Anche in questo caso pensavamo di prenotare lungo il tragitto, ma il pc non ha funzionato… Un consiglio: è vero che un viaggio on the road è più bello se li lascia qualcosa al caso, ma vi consiglio comunque di prenotare gli alberghi dall’Italia prima di partire, o almeno quelli che si trovano vicino a località molto turistiche, perché cercare un albergo alle 10 di notte dopo che siete stati ore e ore in auto non è proprio il massimo!
Passiamo adesso alla visita del South Rim del Grand Canyon (il North Rim è chiuso durante l’inverno): credo che le parole non possano essere sufficienti per descrivere l’immensità che ti si para davanti quando ti trovi ad ammirare questo spettacolo della natura!
Il Grand Canyon viene definito da molti uno delle 7 meraviglie naturali (il giornale americano USA Today nel 2007 lo ha scelto insieme a “il Potala di Lhasa” (Tibet/Cina), “la Città Vecchia di Gerusalemme” (Israele), “le Cappe Polari” (Artide e Antardite), “Il Papahānaumokuākea Marine National Monument, un parco con la barriera corallina nelle Hawaii” (Stati Uniti), Le rovine Maya della penisola dello Yucatan (Messico), “La grande migrazione tra i parchi del Serengeti e del Masai Mara”(tra Kenya e Tanzania)) e ciò secondo me a gran ragione: noi siamo arrivati a notte fonda dentro il parco e non ci siamo resi conto di cosa avevamo intorno, la mattina, però, quando siamo andati nei vari punti di osservazione, siamo rimasti basiti da quanto i nostri occhi vedevano. Noi abbiamo percorso la Hermit road (percorsa da un bus navetta che si ferma in tutti i punti di osservazione) che ti permette di vedere il Canyon e il fiume Colorado che taglia in due le montagne. L’altra riva sembra vicinissima e invece è distante ben 16 km! Il parco è organizzato benissimo, sia per i percorsi che si stagliano lungo tutto il canyon, sia per le escursioni che si possono fare con i muli o a cavallo (rammarico mio e di fede non averlo potuto fare… sic!), o addirittura in elicottero. Noi pensavamo di fare quello in elicottero (costo circa 125 $ a testa) ma poi il tempo (maledetto tempo che non c’era) non ce l’ha permesso. Durante il percorso abbiamo cercato lo Skywalk che avevamo visto in tante foto, ma purtroppo è sì sul Grand Canyon, ma a 300 miglia da dove eravamo noi! Ahimè… Ricordatevi che il Parco Nazionale occupa solo una piccola parte del Grand Canyon e se volete passare lungo il ponte trasparente che da sul Grand Canyon, dovete andare vicino a Pearce Ferry, che sta vicino a Las Vegas (a saperlo prima!). E va bè, vorrà dire che prima o poi dovrò tornare per vederlo!
Lasciamo il Grand Canyon e ci dirigiamo verso la nostra ultima meta dove ci aspetta un carissimo amico, che ha dato il via a questa avventura: Los Angeles! Il tragitto dal Grand Canyon è lungo (circa 7 ore) e le soste per la benzina e il cibo sono d’obbligo. Lungo il percorso ci fermiamo in un punto ristoro e al negozietto dei souvenir vedo dei vasetti con dei piccoli cactus, bè ora uno di queste piccole piantine è sul davanzale della mia finestra! Una minuscola parte dell’Arizona è tornata con me in Italia.
LOS ANGELES
Arriviamo a Los Angeles a notte fonda e ci dirigiamo direttamente a Pasadena a casa di Arturo che ci aspetta con tutta la sua famiglia arrivata la settimana prima da Messina e da New York. Con nostro grande stupore e tanta gratitudine la mamma ci fa trovare un bel piatto di lasagne fumanti, che ci sbaffiamo in men che non si dica! Dopo due chiacchiere e qualche altro assaggio andiamo all’Hotel Hilton prenotato per noi da Arturo. Che dire, albergo curatissimo e impeccabile.
La mattina dopo facciamo colazione tutti insieme in un locale cubano dove hanno dei dolci grandiosi e subito dopo, invece di dirigerci in spiaggia (il temporale e la pioggia scrosciante ce lo impediscono… ahimè…), decidiamo di fare un giro in macchina per il quartiere di Beverly Hillse Bel Air, dove ci sono delle case pazzesche! Purtroppo non trovo la mappa delle case delle star (che troverò solo nella walk of fame), ma pazienza, ci accontentiamo di immaginare chi può esserci dietro quelle vetrate… Tom? Brad? Nicholas?
Una volta visti i quartieri, decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa dentro un centro commerciale, e mai scelta fu più azzeccata, visto che becchiamo un fast food vegano fantastico! The Veggie Grill (www.veggiegrill.com) è un classico fast food, e per la gioia di fede, con cibi esclusivamente vegani, di assoluta qualità e devo dire anche molto squisiti. All’ingresso ci accoglie un ragazzo che fornisce dettagli sui singoli piatti e ci consiglia cosa prendere, e alla fine rimaniamo tutti molto soddisfatti. Dopo il nostro bel pranzetto, decidiamo di dirigerci verso la famosissima Walk of Fame, ossia la strada con i nomi di tutte le star di Hollywood, nonché con le impronte delle mani e dei piedi dei nomi più celebri, tra cui quelli di Marilyn. Purtroppo la delusione è grande: ho sempre sognato questo posto, per un’amante del cinema questa strada rappresenta tutto, e invece, è sporca, decadente, piena di negozi di nessun valore, e dicono anche che da poco hanno compiuto un’opera di rivalorizzazione della strada! Arriviamo anche al Kodak Centre, il luogo dove vengono consegnati gli Oscar, ma anche questo devo dire non è niente di chè.
Lasciamo Hollywood Boulevard e ci dirigiamo verso l’Osservatorio Griffith, dove si può ammirare la collina di Hollywood e Los Angeles in tutta la sua immensità! Al centro ci sono tutti i grattacieli, dove si trova la zona finanziaria della città, e tutti intorno le ville, mentre nella periferia le case dei poveracci, e anche qui ce ne sono proprio tanti… Ma quanto è grande però… non si riesce a vedere la fine…
Finalmente finisce di piovere e possiamo prepararci per la serata, visto che stasera ci aspetta una cena tipicamente siciliana in tutti i sensi, sia per i piatti, che per le porzioni!!! Mammamia la nostra pancia!
E la nostra giornata a Los Angeles termina qui, domani sarà l’ultimo giorno e speriamo che il tempo ci assista!
Ci svegliamo la mattina e vediamo che il sole è lì che ci aspetta e di ciò siamo veramente grati! Si va quindi tutti insieme verso il molo di Santa Monica per vedere nuovamente l’Oceano Pacifico, che qui tanto pacifico non è, visto che tira un vento fortissimo e di fare il bagno non se ne parla proprio! Dicono che a Los Angeles c’è sempre il sole e caldo, allora noi non siamo stati proprio fortunati con il tempo!! Ma non importa, ci facciamo lo stesso una bella passeggiata per il molo, che è veramente fantastico, si incontrano tante persone in bicicletta, che fanno jogging, che vanno sui pattini, che fanno joga sui prati, che giocano a cricket o con lo skate e la vela (uno sport che non avevo mai visto!). Ci sono poi quelli che passeggiano con i cani o con il proprio boa al collo (oddio!!!) ed essendo il lungomare lunghissimo, incontriamo veramente gente di tutti i tipi, ma i più strani saranno a Venice Beach, dove ci sono molti Hippyes e negozi stranissimi (farò delle foto fantastiche!). Qui mangiamo qualcosa, io prenderò un sandwich di tonno, che era grande quanto me, ma davvero buono. Purtroppo la giornata sta volgendo al termine, e giusto il tempo di un gelato (sempre di dimensioni enormi!) e poi via a fare qualche acquisto prima di preparare le valigie per il nostro ritorno; domani mattina alle 6 dobbiamo essere in aeroporto per lasciare la macchina e prendere il volo che ci riporterà in Italia…
E alla fine cose strane che mi hanno colpito di piu’ degli Stati Uniti: i beveroni, la carne secca al cioccolato alle stazioni di servizio, i cerchioni luccicanti delle mega macchine americane, chiese enormi anche nei paesini piu’ piccoli, i controlli in aeroporto, la liberta’ californiana, i senzatetto…
Ora che è passato un mese dalla nostra partenza, ripensando a questo viaggio il paragone più calzante che mi viene in mente è quello di un pranzo in un ristorante di nouvelle cousine: ogni posto visitato è stato come un assaggio di un piatto squisito, ben preparato e diverso, e solo alla fine di tutte le portate ci siamo sentiti totalmente sazi e appagati! Sicuramente la vista del Grand Canyon vale un intero viaggio negli Stati Uniti, ma ogni posto, ogni persona incontrata è stata importante… Io non ho mai preso troppo in considerazione gli Stati Uniti, ho sempre pensato che non avrebbero potuto colpirmi più di tanto, ma devo dire che mi sono dovuta ricredere; ma il bello dei viaggi è proprio questo, ti aprono la mente come nient’altro può farlo…