I parchi del Nord Tanzania
Compreso che si poteva fare abbiamo anche iniziato a vagliare il volo. Qui la cosa si è fatta subito difficile perché volare su Kilimanjaro Airport dal Nord Italia lascia solo due possibilità: Klm o Ethiopian. Ci sarebbe anche l’ipotesi di volare in Kenya e poi da lì fare un transfer via bus, ma fatti due conti e visto che Graziella non gradiva e non voleva essere obbligata a fare la vaccinazione contro la febbre gialla (obbligatoria per chi entra via terra dal Kenya), abbiamo optato per l’Ethiopian. Meno male! Successivamente abbiamo saputo che il transfer era infinito (6 ore) e quindi la mia amica aveva avuto l’intuizione giusta.
Presi i biglietti aerei potevamo concludere anche con l’Agency che avevamo scelto. Dopo numerose mail abbiamo optato per Leopard Tours (http://leopard-tours.com/) perché ci ha dato la sensazione che fosse molto grande e dotata di mezzi, e il prezzo era complessivamente vantaggioso.
Ho prenotato dunque il parcheggio vicino a Malpensa (www.ceriamalpensa.it) e abbiamo iniziato a preparare la lista delle cose da portare. Graziella e suo marito hanno fissato la vaccinazione per la febbre gialla (perché no? si sono detti), noi invece eravamo ancora coperti. Tutti abbiamo fatto l’assicurazione annullamento su internet.
Era solo gennaio e saremmo partiti alla fine di marzo, ma le settimane scorrono veloci.
Ho inviato l’acconto alla Leopard (30%) su un conto in Gran Bretagna ed ho incrociato le dita (la richiesta di tutti i T.O. locali è di saldare prima della partenza dell’Italia). Venti giorni prima della partenza mando anche il saldo e facciamo tutti gli scongiuri di nuovo.
Arriva il 19 marzo e, senza difficoltà in autostrada, mia moglie ed io raggiungiamo Malpensa (è un lunedì e partiamo da Verona, c’è sempre un po’ di timore di trovare guai sul percorso). Non ho capito perché, ma non sono riuscito a gestire on line il check in, quindi avevamo tempi un po’ stretti e invece arriviamo in aeroporto che ancora non hanno aperto. Lì incontriamo la nostra coppia di amici e con il foglio di convocazione in mano ci presentiamo per il check, così ci informano che non abbiamo potuto farlo on line perché abbiamo pagato con carta di credito (mah!? E come avremmo dovuto pagarlo?) e loro devono controllare la corrispondenza della carta con l’acquisto (ma non c’è scritto sul sito!). Meno male che Graziella (aveva pagato lei) aveva con sé la carta perché altrimenti non so come l’avremmo risolta!
L’aereo è pieno zeppo, speravamo di stenderci, ma niente da fare. È un po’ usato, ma tenuto bene con ampio spazio di seduta e per le gambe. Si parte verso le 22 e riusciamo anche a dormire un po’ finché le luci dell’alba annunciano Addis Abeba. Dobbiamo passare diverse ore in aeroporto per la coincidenza e lì dove ci fanno attendere c’è ben poco per passare il tempo, ma siamo forniti di smartphone (c’è il wireless free) e libri. Ci facciamo subito un caffè etiope buonissimo e la giornata inizia bene. Le donne etiopi sono belle da far girare la testa, e anche gli uomini non sono da meno. In aeroporto le indicazioni sui voli latitano un po’ e ogni tanto vediamo passare a mo’ di gregge grupponi di passeggeri che vengono spostati da un gate all’altro, il tutto senza che sui tabelloni compaia alcunché.
Finalmente si riparte e arriviamo a Mombasa, altra sosta di un’ora circa e infine l’ultima tratta per Kilimanjaro Airport in Tanzania. C’è da fare il visto d’ingresso e accompagnare la quota in Usd (attenzione che le banconote devono essere recenti) ad un modello da compilare che si trova in aeroporto, ma noi l’avevamo già scaricato dal sito del Ministero del Turismo Tanzaniano. C’è da fare un po’ di code varie, ma tutto fila liscio, salvo che vogliono vedere il tesserino con le vaccinazioni! Questa è una sorpresa! Meno male che eravamo ben organizzati altrimenti saremmo rimasti di sale. Andiamo a ritirare i bagagli e cominciamo ad allungare il collo per vedere se c’è qualcuno con un cartello con il nostro nome, perché il timore è tanto, ma non si vede fuori. Passiamo la dogana ed ecco lì due locali in divisa cachi che espongono il cartello con il mio nome: tiriamo un bel respiro di sollievo. Saliamo subito sul fuoristrada che ci accompagnerà per tutto il viaggio. È un Toyota Land Cruiser 100 che è stato però tutto modificato: di fatto è stato svuotato e riarredato. È diventato una specie di camionetta. C’è un sedile a fianco dell’autista, due subito a seguire, altri due dietro ed infine un sedile per tre persone in fondo. Il baule è stato ridotto per dare più vivibilità all’interno anche in considerazione del fatto che si sta spesso in piedi (il tetto si solleva) per vedere gli animali. È stata modificata anche la tappezzeria dei sedili, ora è un ruvido jeans che non fa sudare, nonostante le molte ore da passare lì sopra. Naturalmente non c’è aria condizionata, ma con noi c’è un frigo portatile sempre fornito di acqua in bottiglia ed è free. Nel percorso verso il Kirurumu Resort dove trascorreremo la notte ci vengono date in un buon italiano un po’ di indicazioni sul viaggio da parte dell’accompagnatore, poi lui scende e proseguiamo con l’autista, Moses, che rimarrà con noi per tutto il tour. Voglio spendere subito due parole per Moses, un giovane di appena 25 anni che parla un buon italiano e con una cortesia innata anche nei modi. Pensate che per diventare guida dopo le scuole apposite ha fatto due anni da accompagnatore ad altri autisti per imparare il mestiere, le strade ecc. Ha anche una ottima conoscenza della flora e della fauna che incontreremo nel tour e per noi è stato preziosissimo. Arriviamo al Lodge che ormai sta facendo buio, ma già lungo la strada che porta al resort abbiamo modo di vedere centinaia di cicogne che stanno costruendo i nidi: che meraviglia. Per la descrizione dei Lodge che abbiamo visitato nel tour vi rimando a Tripadvisor dove ho postato i commenti.
Al mattino sveglia a presto per il drive game nel Lake Manyara Park. E lì incontriamo gnu, zebre, ippopotami, scimmie ecc ecc. Scattiamo a ripetizione con le macchine digitali compatte che abbiamo, ma mi rendo subito conto che solo grazie al marito di Graziella, Duilio, porteremo a casa delle immagini all’altezza: è venuto in viaggio con macchina quasi da professionista e teleobbiettivo da 300 mm!
Il Parco è sicuramente bello per noi che siamo al primo giorno, ma è niente in confronto a quello che vedremo poi.
In tarda mattinata concludiamo la visita e si parte per il trasferimento verso il Serengeti. È un viaggio lungo che, complice anche le soste lungo il percorso, occuperà tutta la giornata. La Toyota però è molto comoda e confortevole e poi ogni tanto facciamo delle soste se vediamo cose interessanti lungo il percorso. Il trasferimento si snoda attraverso il Parco del Ngorongoro, quindi hai voglia a vedere animali ovunque. Incontriamo anche diversi villaggi Masai, perché loro sono dediti alla pastorizia, non cacciano e così non sono stati costretti ad abbandonare i territori dedicati a parco, salvo che nel Serengeti che è off limits per chiunque, pensate che non è neppure possibile scendere dal mezzo se non nelle aree previste.
Ci fermiamo anche per la classica visita nel villaggio Masai (dietro compenso al capo villaggio). Poi, nel tardo pomeriggio entriamo nel parco del Serengeti.
È grande all’incirca come il Veneto, mentre il Ngorongoro è più o meno la metà. Ormai sono avvenute tutte le nascite, succede fra fine gennaio e primi di marzo, quindi gli erbivori si sono trasferiti tutti nella piana del Serengeti (in Masai significa Pianura Senza Fine) dove è più facile trovare acqua e soprattutto si vedono i carnivori a distanza perché gli alberi sono pochi e non ci sono dislivelli apprezzabili dove possono nascondersi. Qui iniziamo ad incontrare animali in numeri spaventosi.
Arriviamo al Serengeti Sopa Lodge. È situato in una posizione che domina la pianura e siamo tutti eccitati per le giornate che passeremo qui. Trascorriamo tre notti in questa struttura e le giornate sono state semplicemente entusiasmanti. Abbiamo visto quantità pazzesche di gnu, zebre, gazzelle ecc e poi ippopotami, elefanti ovunque e ancora leoni, leopardi e ghepardi, e tanto altro ancora. È impressionante il numero degli animali che incontriamo. Alcuni incontri avvengono ad appena un paio di metri dalla Toyota e c’è anche un discreto pathos quando si avvicinano. Posso solo dire che sono stati giorni pazzeschi.
Quando è il momento di ripartire il trasferimento diventa un game drive straordinario: incontriamo centinaia di gnu in migrazione ed un gruppo di una quindicina di leoni, alcuni intenti al pasto!
Lasciamo con nostalgia il Serengeti ed entriamo nuovamente nel Parco del Ngorongoro. Qui facciamo anche visita al piccolo museo dedicato alle orme di ominidi più vecchie del pianeta. Non c’è molto da vedere, ma è un peccato non fare questa piccola deviazione, è giusto premiare la loro buona volontà. Poi la strada comincia a salire perché stiamo andando sulla cresta del cratere più grande del mondo: il Ngorongoro. Siamo a 2.400 metri e arriviamo quando il sole comincia ad essere basso. Molto bella la struttura del Sopa Ngorogoro, con tanto di piscina, ma inizia a fare freddo e ci godiamo il tramonto sulla piana 800 metri sotto.
Al mattino sveglia presto perché ci vuole più di mezzora per scendere nella pianura del cratere. Il diametro è di circa 16 km, sembrano pochi, ma per trovare i rinoceronti che sono solamente una trentina l’abbiamo percorsa in lungo ed in largo per bene. Anche qui troviamo, in piccolo, gli stessi animali del Serengeti, ma in più ci sono i rinoceronti e devo dire che sono decisamente sorprendenti nelle fattezze. Qui gli animali sono più abituati ai fuoristrada e si possono avvicinare abbastanza.
Torniamo nel nostro hotel stanchi morti, ma con gli occhi che traboccano di immagini incredibili.
Al mattino si riparte per il Tarangire Park. Anche questo trasferimento è abbastanza lungo, arriveremo solo per pranzo pur comprendendo una sosta per shopping.
Praticamente in hotel (Tarangire Sopa) siamo quattro gatti, il giorno dopo rimarremo solo noi.
Qui fa caldo, siamo a circa 600 metri d’altezza (rispetto ai 1.600 del Serengeti poi…) e si fa fatica ad abituarsi. Usciamo per il game drive solo alle quattro del pomeriggio perché dovrebbe essere più facile per noi e anche per gli animali, ma il caldo è tosto, si superano i 37 gradi. Devo dire che dopo tutto quello che abbiamo visto non riusciamo a provare nel Tarangire le emozioni precedenti. Il parco è bello e grande, ma ci sono alberi ed erba in quantità così è difficile vedere gli animali. Non riusciamo ad individuare nessun carnivoro. Si sprecano le giraffe e soprattutto gli elefanti. C’è la maggiore concentrazione al mondo per km quadrato infatti! Ci consoliamo con i tanti cuccioli di elefanti che sono spassosissimi e buffi. Alcuni non hanno più di un mese e sono alquanto goffi nelle movenze.
Belli anche gli uccelli che popolano il parco e straordinario il numero di baobab. Passeremo qui due notti, ma non posso dire che ho ricordi indelebili. O forse sì, ma, purtroppo in negativo, perché tutti noi siamo stati letteralmente aggrediti dai tafani. Hanno superato camicie in cotone/lino e calze, senza contare dove avevamo la pelle scoperta. Subito si sente un lieve pizzico, ma nei giorni successivi la bolla sale in superficie e così ci siamo portati in Italia 20/30 punture a testa! Fra l’altro è anche zona della mosca tse tse, quindi si ha un certo timore. Pensate che i Masai non portano a pascolare le mandrie per questi motivi…
È il 28 marzo, l’ultima mattina. Dopo un ultimo game drive ci dirigiamo verso Arusha, pranziamo lungo la strada ed eccoci di nuovo in aeroporto.
L’aereo si alza fra nuvole basse e perdiamo subito di vista il terreno sotto di noi, ma fortunatamente i bellissimi ricordi rimarranno indelebili.
Consigli di viaggio
Prenotate l’aereo con anticipo, avrete tariffe migliori. Tenete conto che le strutture nei parchi sono relativamente poche, non incontrerete mai più di 700/800 turisti sparsi su tutto il territorio del Serengeti. Il periodo di alta stagione è febbraio, oltre al solito Natale e Ferragosto, ovvero quando ci sono le nascite. La migrazione nel Serengeti avviene tutto l’anno, ma a febbraio gli animali sono tutti nella pianura. A marzo i cuccioli sono numerosissimi ed è bello vedere come gli adulti li proteggono.
Portate con voi dollari in banconote, è inutile cambiare in scellini locali, se non per le mance o poco più. Anche per gli acquisti che farete i prezzi sono in dollari. Il visto per noi italiani si fa direttamente in aeroporto compilando una dichiarazione per l’entrata. Il Serengeti è tutto a circa 1.600 metri, quindi di giorno fa caldo, ma vivibile (eccetto luglio/agosto, mi dice Moses) e alla sera una felpa è spesso superflua. Diverso è il Ngorongoro, dove si dorme a 2.440 metri e lì è meglio avere qualcosa di pesante perché la temperatura la notte scende sotto i 10 gradi. Per il Tarangire copritevi per bene così eviterete le punture dei tafani.
Attenzione a portare con voi repellenti per le zanzare. Si trovano anche negli hotel, ma naturalmente il prezzo è diverso. Per quel che riguarda le vaccinazioni vedete voi, ma ricordate che la febbre gialla è pressoché obbligatoria. Noi siamo coperti anche per tifo e tetano, ma viaggiamo abbastanza spesso in zone dove non è facile raggiungere un ospedale dunque è meglio essere protetti. Per il problema di tutti, la malaria, vedete che fare. Tenete conto che ha una incubazione di otto giorni, quindi se fate il viaggio classico di una settimana e siete così sfortunati di beccarla non sottovalutate i sintomi e curatevi in Italia, altrimenti se preferite fare il vaccino tenete conto che non avrete mai una copertura totale. Non potete fare a meno di una assicurazione sanitaria e annullamento, tenete conto che nessuna vi offre il pagamento in loco quindi dovrete avere con voi denaro e/o carte di credito sufficienti per fare fronte alle spese che vi saranno poi rimborsate al rientro.
In ultimo il costo del viaggio. Fra aereo e Leopard Tours abbiamo speso Euro 2.000 a testa. Leopard Tours si è comportata benissimo, abbiamo avuto solo qualche ritardo nelle risposte alle mail, ma poi laggiù abbiamo scoperto che è una delle 5 agenzie locali più grandi. Infine ancora un paio di raccomandazioni: non si può fare a meno di un cappello e di un binocolo all’altezza. Jambo!