Cambogia, il regno Khmer

Un viaggio in Cambogia è ricompensato dalla bellezza del sito di Angkor Wat, patrimonio dell'Unesco dal 1992 quale complesso religioso più grande al mondo
Scritto da: curiosona
cambogia, il regno khmer
Partenza il: 27/03/2012
Ritorno il: 31/03/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Visitare la Cambogia aiuta a capire meglio la storia di un popolo distrutto dalla storia che è riuscito malgrado tutto a conservare cultura e tradizioni come pochi al mondo. Nell’aprile 1975 i Khmer rossi sotto il regime di Pol Pot presero il potere e iniziò così per il Paese un periodo di terrore, crudeltà e violenze che nel giro di poco più di tre anni causò la morte di un milione di uomini, donne e bambini dopo torture e barbarie inaudite. Oggi il turismo è l’unico spiraglio per una vita migliore. Per fortuna i cambogiani possiedono un tesoro architettonico unico, il complesso dei Templi di Angkor, città frenetiche e stimolanti, belle spiagge tropicali ancora incontaminate. Atterriamo a Siem Reap da Pakse (Laos) e, dopo aver lasciato i bagagli in hotel, ci attende la gita al lago Tonle Sap, il più grande dell’Asia. La nostra guida è un ragazzo giovane che ha studiato italiano in Thailandia, si sposerà l’8 aprile e gli mancano tre esami per la laurea in ingegneria. E’ pieno di entusiasmo e ci racconta con orgoglio del suo Paese. Il saluto cambogiano è “Sompiah” detto con le mani giunte e un leggero inchino. La città è molto trafficata con cicli, moto e tuk-tuk (economici taxi a tre ruote) ad ogni angolo. Ci sono circa 300.000 abitanti e sono tutti in strada. Numerosi sono i palazzi e gli alberghi risistemati a nuovo dopo la guerra civile e fervono i lavori in corso. Ci fermiamo prima a una coltivazione di fiori di loto e scopriamo che si mangiano i semi (il sapore è di mandorle fresche) e gli steli, oltre ad essere il fiore sacro di Buddha. La piantagione ha luogo nel periodo secco quando l’acqua nelle vasche è ridotta, mentre nel periodo delle piogge viene smessa. La proprietaria è una signora con due figli piccoli che si è “inventata” questo lavoro unico nella zona che le permette di vivere bene. Attraversiamo i villaggi Kompong Phluk e Kompong Khleang dove le case sono di legno su palafitta per resistere all’allagamento durante il periodo delle piogge. La strada che percorriamo è all’altezza delle case ma sovrasta i terreni coltivati a risaie. La nostra guida ci fa notare delle bottiglie di plastica riciclate colme di un liquido rosa e ci spiega che è carburante venduto al mercato nero perché ai distributori costa 1,50 Euro/litro. Al porto prendiamo una barca sul canale Prek Toal che porta direttamente nel lago Tonle Sap. Alcune donne vendono cibo cotto su una barca che funge da ristorante galleggiante. Ci stupisce il colore dell’acqua color fango, come le rive del canale, dove dei segnali indicano l’altezza dell’acqua quando esonda nelle stagione delle piogge. Si vedono pescatori che lanciano le reti, bambini che fanno il bagno e un via vai di barche che trasportano merci e persone. Si entra sul lago dove ci sono ben 170 villaggi galleggianti con circa 80.000 abitanti. Poiché molti bambini morivano prima dei 5 anni gli americani hanno costruito un depuratore per l’acqua da bere migliorando la situazione. 54 anni è l’aspettativa di vita e la scolarizzazione è del 17% sotto la media nazionale pur essendoci in ogni villaggio la scuola, poiché i bambini iniziano presto a lavorare. Ci fermiamo al villaggio galleggiante Chong Khneas dove hanno messo alcuni coccodrilli nelle vasche e due bimbi piccoli tengono un boa vivo al collo per mostrarli ai turisti e guadagnare qualche soldo con le foto E’ tutto molto triste e la povertà è concreta. Il reddito annuale si aggira intorno ai 500 Dollari! Sulla strada di ritorno la nostra guida ci fa visitare una scuola d’arte. E’ un progetto finanziato dai francesi che hanno fondato questa scuola aperta a ragazzi che creano opere col legno scolpito o intagliato. Per il settore tessile stanno ricreando la lavorazione della seta perché molte donne pratiche di questa tecnica sono state uccise durante la dittatura di Pol Pot e non si trovano più insegnanti. Rientriamo in città e gironzoliamo per le vie del mercato. I giovani cambogiani stanno ora vivendo i cambiamenti che caratterizzarono i nostri anni ’60. Ci dicono che la sera sono aperti i night market fino a mezzanotte e numerosi sono i ristoranti, pub e discoteche per il divertimento di giovani cambogiani e turisti. Consumiamo la cena in un tipico locale dove i tavoli hanno un foro centrale per inserire il fornello dove il cliente cuoce il cibo che consiste in verdura, pesce e carne di ogni genere tra cui l’esotico serpente e il coccodrillo. Abbiamo assaggiato il serpente che è abbastanza “coriaceo”, mentre il coccodrillo è simile al pollo.

La mattina seguente si parte per la prima parte del Grand Tour di Angkor, il celebre sito storico. Si entra nella zona dei templi (ampia circa 400 km2) facendo un biglietto personale con fotografia che dura due giorni. In quest’area ci sono 200 monumenti induisti costruiti dai re Khmer dal IX al XIV secolo quando la loro civiltà era al massimo della creatività. L’architettura Angkor evidenzia il credo religioso dei Khmer – induismo e buddismo. In auto percorriamo un viale alberato immerso in un grande parco finché giungiamo al mitico Angkor Wat patrimonio dell’Unesco dal 1992 in quanto complesso religioso antico più grande del mondo. Il sito Angkor è l’anima del popolo Khmer (90% della popolazione cambogiana) e rappresenta l’arte Khmer, grande civiltà, cuore spirituale, identità nazionale e potere politico. Questa colossale costruzione è tra le più antiche, è costituita da cinque torri allineate tra loro ed è l’anima della Cambogia che ha rappresentato tre torri al centro della sua bandiera. Si accede alla porta centrale attraverso un ponte di pietra con tante statue e il serpente Naga che corre ai lati formando una balaustra sul grande fossato. In totale ha cinque porte e tutt’intorno corrono gallerie con bassorilievi che raccontano le leggende induiste: demoni, dei, ballerine e animali mitologici scatenano la nostra fantasia e sicuramente è una delle più sensazionali meraviglie del nostro pianeta. La nostra guida ci illustra alcune gesta leggendarie raffigurate su queste pareti anche se non corrispondono alla sua fede essendo musulmano. Per ammirare questa opera prestigiosa occorrono minimo due ore su e giù scale di legno, attraverso gallerie e corridoi trasversali. Breve tappa alle “piscine reali” (quella del re più piccola, quella della regina e delle numerose concubine più grande) prima di giungere all’immenso bacino artificiale East Baray oggi prosciugato, per il quale Re Yasovarman fece erigere possenti argini alti fino 7 metri disposti a pianta rettangolare. Al centro dell’East Baray su una collina artificiale scorgiamo le sontuose rovine del tempio East-Mebon, dedicato a Shiva, il Signore dei tre mondi. Ha tre livelli, cinque torri, maestosi elefanti di arenaria e anticamente sorgeva su un’isola al centro dell’East Baray. Chiudere gli occhi e immaginarlo circondato dall’acqua è semplicemente una meraviglia. Consumiamo il pranzo in campagna presso un’elegante casa cambogiana di teck su palafitta adibita a ristorante. Le coltivazioni intorno rendono la casa fresca e il cibo è preparato con verdura e frutta coltivati dal proprietario, come pure pollame e pesce allevati sul posto. E’ tutto di nostro gradimento e assai gustoso senza essere piccante. Riprendiamo il nostro giro e poco più a sud svettano davanti ai nostri occhi le maestose cinque torri del Tempio di Stato del Re Rajendravarman II: Pre Rup, un colossale tempio-montagna dalla proporzioni esagerate. Bellissime false-porte scolpite, forse adibito a funzioni funerarie, e un’eccellente vista panoramica ne fanno un tempio superiore dal punto di vista architettonico e artistico. Altra tappa al Prasat Kravan una delle più antiche costruzioni di Angkor risalente alla prima metà del X secolo. A differenza degli altri è realizzato in mattoni e probabilmente era destinato all’alta corte degli ufficiali. Sparsi nella foresta si nascondono altre 12 torri per i militari. Una ventina di km a nord troviamo, circondato dalla foresta, uno dei capolavori artistici più raffinati e pregiati che i Khmer ci abbiano lasciato: il piccolo ma delizioso Tempio Banteay Srei, la “cittadella delle donne” interamente ricoperto di stupendi bassorilievi. La visita richiede tempo per ammirare le numerose sculture che abbelliscono ogni angolo. Sembra di essere nel cuore di una favola uscita dalla fantasia dei fratelli Grimm circondati dalla foresta cambogiana e da statue create dai sogni ma di solida pietra. Alla fine facciamo una sosta presso dei contadini che producono zucchero grezzo in quadretti dalla palma da zucchero. E’ un tipo di palma che cresce qui e queste specie di caramelle si ottengono dal liquido che secerne il frutto, cotto in grandi pentoloni e poi fatto raffreddare in stampini di bambù. Sono ottime e con un vago sapore di caramello/castagna. Si possono utilizzare per addolcire tè, caffè o per la preparazione di dolci. Il giorno seguente col nostro pass personale rientriamo nel sito dei templi Angkor per visitarne altri. Tra la fine del XII e l’inizio del XIII sec. l’impero Khmer raggiunse la massima espansione e col celebre re Jayavarman II si passò dall’Induismo al Buddismo Mahayana dedicando grandi monasteri. Tra questi ci appare il Ta Phrom famoso per il suo aspetto selvaggio. Ancora oggi giganteschi alberi sono incastrati sui muri del monastero e le loro possenti radici si insinuano tra le intercapedini dei massicci blocchi di arenaria in un mistico abbraccio tra arte, storia e natura. Sembra che questi alberi vogliano soffocare le pietre stritolandole sino a farle sparire. Da un lato incontriamo una serie di costruzioni molto interessanti tra cui le mastodontiche rovine del “tempio montagna” chiamato Ta Keo, mai terminato, poi due templi molto belli e simili tra loro: Thammanon e Chao Sai Tewoda. Infine raggiungiamo l’Angkor Thom, la gigantesca città fortificata (3 km per lato), ultima capitale dell’impero Khmer, attraverso la porta “Victory Gate”. All’interno si trovano numerosi templi: Bayon ha innumerevoli torri sulle quali sono scolpite le facce enigmatiche di Buddha sui quattro lati; la Terrazza degli Elefanti è dedicata a questi possenti animali che non rispettano alcun ostacolo nella foresta, e la Terrazza del Re Lebbroso scolpita con bassorilievi stupendi realizzati su cinque registri sovrapposti. Sembra che sia raffigurato il re colpito dalla lebbra, ma la leggenda racconta di un morso di serpente che lo uccise. Nella città esistevano anche costruzioni in legno per militari, sacerdoti e amministrativi andate perdute, ma sono rimaste quelle in pietra a raccontarci la magnificenza di questa antica città (Thom). Anche l’antico Palazzo Reale, circondato da un muro e da torri di entrata, probabilmente in legno è andato purtroppo perduto. Fuori da queste mura e attraversando la foresta incontriamo un gruppo di scimmie dispettose che rubano le merende ai visitatori. Sembra che non amino più le banane ma, viziate, preferiscano biscotti e dolci. Uscendo dall’Angkor Thom si passa attraverso la porta più celebre della città: il South Gate contornato da file di Dei e Demoni che sorreggono serpenti Naga. Il tempio Preah Khan, incantato e seducente, profondo mistero nella giungla, era fortificato e difeso da un alto muro di cinta e circondato da un ampio canale attraversato da quattro ponti ornati da serpenti “Naga”. I sacerdoti si raccoglievano nei cortili, i guardiani dormivano sotto le mura fortificate dove gli alberi svettano nel blu del cielo. Tutto sembra un insieme meraviglioso di bellezza fuso in una superba confusione. Nella foresta si cela anche il tempio Neak Poan (le terme) a forma di croce che simboleggia i quattro elementi basici per l’uomo: terra, fuoco, aria, acqua. Anticamente quando qualcuno si ammalava veniva qui a ristabilire l’equilibrio dei quattro elementi. Oggi preferiscono andare in ospedale a curarsi. Rientriamo in albergo e ci concediamo una nuotata in piscina perché il caldo oggi è stato opprimente (oltre 32°). Per la cena scegliamo un piccolo locale tipico nel night market. I piatti sono sempre accompagnati da riso bollito che sostituisce il pane, prendiamo il tipico “amoc”, pesce cotto con noce di cocco, citronella e peperoncino avvolto in foglia di banano, erbe aromatiche e tuberi profumati come contorno e squisita frutta tropicale che qui cresce in abbondanza (banane di diverse qualità crude, fritte o seccate al sole, cocco morbido e dolce, jackfruit succoso e profumato, mangostani con la buccia violacea e la polpa bianca, dolce e delicata). La sera si può passeggiare tranquillamente nelle vie affollate e la gente locale è sorridente, gentile e veramente ospitale. I commercianti non sono insistenti coi turisti per vendere i loro prodotti ma semplicemente li offrono con un sorriso. L’unica cautela da tenere presente per chi fa trekking è che nel territorio cambogiano sono tuttora presenti mine e ordigni inesplosi in aree non segnalate e quindi è opportuno avere una guida locale che accompagni i viaggiatori. A questo proposito abbiamo incontrato due volte un gruppo di invalidi delle mine che suonavano strumenti musicali raccogliendo fondi per la loro fondazione. La nostra guida ci ha raccontato un aneddoto che gli è successo qualche tempo fa. Due ragazzi italiani arrivarono all’aeroporto bardati con stivaloni e tenuta da trekking che lui ha trovato eccessivo e molto comico. Qualcuno li aveva spaventati con storie di serpenti velenosi e mine inesplose. Tutto vero ma c’è un limite all’esagerazione. Finì che i ragazzi regalarono i loro stivali a due pescatori che li usano tuttora molto felicemente e la nostra guida ride ancora adesso dell’episodio che racconta a tutti!

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Ristorante galleggiante

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Lago Tonle Sap

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Angkor Thom

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