Martinica tra carnevale e rum
Il mio driver mi consiglia alcune Maison tra le migliori come Clement, La Mauny distillery, Trois Rivières da visitare e non mi manca l’imbarazzo della scelta… ma non bevo alcolici (vino a parte), quindi opto per la Saint James distillery con museo annesso.
Entrare in auto qui e’ un insulto all’atmosfera così coloniale che mi appare davanti: siamo a Le Bourg Sainte Mari , costa atlantica, ormai verso la fine del mio tour in 4×4 e se non porto del rhum agli amici rischio di essere linciata:)) e qui di bottiglie tra le quali scegliere ce ne sono! Il museo è un’introduzione alla storia del rhum. Dalla scoperta del nuovo continente, spagnoli e portoghesi prima e francesi e inglesi dopo, incentivano le piantagioni di canna da zucchero per la grande richiesta che viene dal Vecchi Continente. E’ cosi che a partire dal succo di canna o melassa nasce una bevanda molto molto alcolica che data agli schiavi li rende controllabili! Ma è Jean Baptiste Labat, frate dell’ordine dei Dominicani, che nel 1694 inventa l’alambicco, ma solo nel 19o secolo si incomincia a distillare il succo di canna da zucchero fresca fermentata. Esistono diverse qualità di rhum: Rhum Blanc o grappa di rhum; Rhum Vieux lasciato per almeno 3 anni in botti di rovere; Rhum Paille invecchiato altri 2 anni. Ricordate che dal 1996 il rhum agricolo della martinica ha l’Appellation d’origine controllee (Aoc).
Il Musee e’ attiguo alla distilleria ed è una antica casa coloniale. All’interno la storia degli strumenti per la distillazione e dei modi di invecchiamento, tutto raccontato da una simpatica signora che alla fine ci offre una degustazione di rhum sino a 50° alcolici! Uscirete ciondolando se non sarete attenzione! I prezzi sono buoni, diverse le gradazioni e differenti grandezze di bottiglie e vi faranno anche delle utili confezioni regalo. Il Rhum ST. James nasce nel 1765 a Saint Pierre dove si trovano la maggior parte distillerie e il nome inglese dava la possibilità di esportare con facilità il rhum nel nuovo Continente. Nel 1902 dopo l’eruzione della Montagne Pelèe la distilleria si e’ spostata a Saint Marie. Se avrete la mia fortuna potrete anche visitare la collezione nella cantina con i barricati millesimali dal 1885. Se siete di strada andateci e se non lo sarete, beh, ogni distilleria ha il suo fascino.
Il Rhum è la base di drink tipici della Martinica e non solo. Dal tipico TI Punch al Planteur leggermente meno alcolico. Si ma come farsene uno a casa? Ecco svelato il trucco
Ingredienti per il “Ti-Punch”; Rum Bianco; Sciroppo Di Zucchero; Lime. Quantità per un drink: 2 Oz rum bianco; 1 Oz sciroppo di zucchero; 1 fresh lime;
Istruzioni per la preparazione: Lavare bene un lime, rimuovere l’alto e il basso, tagliarlo a fettine sottili in semianelli, aggiungere il lime a del ghiaccio tritato e mescolare con un cucchiaio da barman. Poi aggiungere rum e sciroppo di zucchero, sino all’orlo del bicchiere e mescolare insieme. Aggiungere una simpatica cannuccia corta e, infine, servire… e il gioco e’ fatto. Per un super Planteur Martiniquais, invece… ½ tazza di rum bianco (rhum agricole blanc); 1 tazza di rum invecchiato (rhum vieux); 1 1/2 tazza di succo d’arancia; 1 1/2 tazza di succo d’ananas; 1 1/2 tazza di nettare di guava; 3 cucchiai di succo di lime fresco; 3 cucchiai di sciroppo di grenadine; 1 cucchiaino di angostura bitter; 6 anelli di ananas fresco; 6 fette d’arancia; 6 bastoncini di cannella (o cannella in polvere: ma non troppo in modo da non “uccidere” gli altri sapori); 6 maraschino di ciliegie. Istruzioni per la preparazione: combinare il tutto in un contenitore di grandi dimensioni, quindi mescolate. Guarnire il top con dei pezzetti di frutta e dopo essersi tirati un po’ su di giri affronto il Carnaval.
Il Carnevale martinicano, già nel 17° e 18° secolo era una festa per ricchi coloni, seguendo la tradizione cattolica, tra sontuosi ricevimenti in maschera. A Saint Pierre, con i coloni francesi nel 18° secolo, ha il suo apice. Immaginiamo da un lato i coloni e i loro balli in maschera, serate ricevimenti e banchetti, costumi sontuosi, dall’altra parte i vidés nègres e le loro tradizioni autoctone. Con l’abolizione della schiavitù nel 1848 il carnevale diventa folclore popolare e si integra con le tradizioni degli antichi schiavi che danno allo colore alla festa con le loro credenze e con i loro strumenti musicali: tamburi, cha-cha, ti-bois…
Dopo la catastrofe di Saint Pierre, ossia l’eruzione del 1902, niente più carnevale in tutta l’isola per due anni. Ogni anno tutto inizia a partire dalla prima domenica seguente l’Epifania sino al culmine nei giorni grassi. Era chiaro che io dovevo esserci… per cinque giorni di festa continua. Parate per le strade, feste private e serate a tema. Ogni paese si mobilita per organizzare i propri festeggiamenti, ogni domenica si susseguono sfilate in tutta l’isola. Ogni comune elegge la sua regina e reginetta da portare in trionfo alla grande parata. E la lotta è dura visto le bellezze locali! La tradizione vuole che anche le anziane nonne concorrono per essere la più bella in abiti tradizionali. In gran segreto ogni città taglia e cuce i nuovi costumi che rimarranno celati fino al “vidé” (sfilata carnevalesca) nelle strade di Fort de France, la Grande Parata che durerà 5 giorni…In Martinica durante il carnevale tutto si ferma e tutti si animano. I preparativi sono durati mesi e mesi e davvero per cinque giorni pochi riescono a dormire, io compresa. Il re del carnevale, Vaval (manichino satirico che rappresenta un politico, un personaggio in vista o un’istituzione) viene portato in sfilata per le strade, a capo di una folla festosa. Accanto a Vaval sfilano le Regine del Carnevale ognuna eletta nei diversi comuni. I gruppi più famosi dell’isola si dividono tra una sfilata e l’altra tra nord e sud ed è musica 24 ore su 24. Le maschere tradizionali: gli uomini di creta interamente spalmati di argilla rossa; i nègs gwo-sirop, uomini spalmati di sciroppo di canna e carbone (caricatura dello schiavo ribelle venuto dall’Africa, in opposizione allo schiavo creolo nato sull’isola); i mariann lapofig, vestiti di foglie di banana; i moko-zombis, danzatori su trampoli d’ispirazione africana; le guiablesses, le diavolesse… tutto si mescola, i costumi sgargianti indossati da bellissime ragazze, i più audaci si travestono da donne con string in pizzo… calze a rete e tacchi degni di viale Zara… ma tutto fa colore, gioia e voglia di scacciare pensieri e oscuri passeggeri della nostra anima. Durante i vidé una musica indemoniata fatta di tamburi, di clarinetti e trombe sono accompagnati da barili, bambù, pentole… tutto diventa strumento di percussione, i ritmi si miscelano con lo zouk, i beguin e sono armonicamente suonati insieme e tutto, naturalmente, fa spettacolo. Esiste addirittura la parata in pigiama che ha inizio alle 5 del mattino, tutti in pantofole in giro per la città di Lamentin, peccato non esserci. I quattro giorni prima del Mercoledì delle Ceneri la festa impazza: ogni giorno ha una tematica diversa. Sabato e domenica ognuno si maschera come gli pare, lunedì di scena i matrimoni burleschi, una sfilata di uomini mascherati da sposini, chi a piedi, chi sui carri che sfilano e sulle brad jak… Martedì è di scena il diavolo: tutti in rosso e con maquillage da diavolo. Infine il Mercoledì delle Ceneri, è giorno delle joyeuses pleureuses (diablesses, diavolesse che piangono la morte di Vaval), ognuno su mette in lutto, ci si veste di nero e bianco per la morte di Vaval, che verrà bruciato sul rogo al tramonto. Mi chiedo come mai Vaval ha la faccia di Sarkozy… meglio non approfondire.
I miei amici locali, per farmi entrare al meglio de “esprit du Carnaval crèole” mi trascinano tra discoteche e ritrovi locali e mi narrano storie di altri tempi. Immagino di essere una colona francese ribelle che rinnega il suo ceto per partecipare con i vidés nègres… poteva essere altrimenti? A Le Marin, mano nella mano del mio accompagnatore creolo, che mi protegge con galant esprit da ogni caos, ci imbuchiamo in una festa privata sotto il cielo tra i profumi di piatti creoli locali generosamente offertici da amici comuni e innaffiati di rhum. Carnevale è carnevale ogni dove, ma qui ha un non so che di surreale. I rumori, i colori, il ballare il ‘biguine’ (o ‘beguine’), i suoni dei coperchi e delle pentole diventati tamburi improvvisati, le risate, gli scherzi mi entrano nella testa e nel cuore. La festa continua in privato guardando le stelle sul catamarano ormeggiato, sorseggiando Planteau, ascoltando buona musica e raccontandoci leggende sul carnevale. Inutile dire che alle sei di mattina l’alba e’ un po offuscata dalla stanchezza e dai fumi dell’alcol. Ma sono in vacanza, mi dico… carpe diem petite italienne, come mi chiamano loro.