Cambogia, Laos e un pizzico di Thailandia
Il giorno dopo, la doverosa visita alle attrazioni più gettonate della città: il palazzo imperiale, il Buddha disteso, quello gigante, quello di giada e il golden mountain. Non descrivo tutti questi siti che sono ben illustrati in ogni guida turistica, ma devo manifestare la mia meraviglia per ciò che ho visto. Oro, oro e ancora oro ovunque! Una leggera brezza, fa svolazzare questi piccoli quadratini di oro puro che ricoprono il Buddha gigante. L’oro, la ceramica e i vetrini colorati, luccicano al sole, trasformando queste statue ed edifici già grandiosi, in oggetti preziosi. La tranquillità che si respira nei giardini pieni di fiori e fortunatamente poveri di turisti, ci ha permesso di apprezzare al meglio tutte queste caratteristiche. Insomma un giorno talmente pieno di emozioni visive, da vederci nel tardo pomeriggio già spossati, anche se nei vari giri, ci siamo fatti scorrazzare dal tipico tuc tuc. Ovviamente non basta un giorno per visitare questa immensa città, ma domani dobbiamo prendere l’aereo per Phnom Penh, per cui ci ripromettiamo di visitarla meglio al ritorno. Un volo della Jet Airwais arriva puntuale alla capitale della Cambogia, dopo le opportune formalità doganali, carichiamo armi e bagagli su un tuc tuc che ci porta senza eccessive difficoltà in centro, davanti alla nostra prossima guesthouse. Phnom Penh è una città particolare in cui spicca l’ enorme differenza fra il troppo ricco e il troppo povero. Non abbiamo mai visto in tutti i nostri viaggi, un numero così esorbitante di macchine di lusso, ovunque Suv, gipponi, macchine di marche costosissime. Considerata la situazione infelice di tale stato, con il genocidio effettuato dai Khmer rossi pochi decenni fa, da dove proviene tanta ricchezza? Per contro, spesso accanto a cumuli di spazzatura ammucchiati sui marciapiedi in attesa del ritiro notturno, si vedono intere famiglie accampate con giacigli di fortuna. Numerosi bambini si avvicinano ai turisti in cerca di soldi o di cibo, per poi portare il ricavato alla mamma spesso in attesa di un ennesimo figlio. Non sono insistenti o particolarmente fastidiosi, ma proprio con questo loro atteggiamento abbastanza dignitoso, gli occhi tristi e affamati, ti fanno sentire un ricco e insensibile occidentale. Questa città è meno appariscente di Bangkok, ma anche qui non mancano monumenti interessanti quali il Palazzo Reale e la Pagoda d’argento. Quello che però ci rimane in mente quando ricordiamo il nostro viaggio è il museo del genocidio e il campo di sterminio.
Il museo è situato nelle scuole superiori, trasformate in carcere e luogo di tortura nei 3 anni di regime. E’ impressionante vedere questa scuola, poco diversa da una scuola italiana e sufficientemente moderna considerati gli anni e il Paese, trasformata in una fabbrica di morte. Da qui e dai campi di sterminio sono passati un milione e mezzo di persone, compresi i bambini e ancora adesso parte delle loro fotografie ci guardano da una fila infinita di pannelli esposti. Il campo di sterminio è altrettanto impressionante, è un luogo ameno, il sole, le farfalle, i fiori e il fiume che scorre poco distante e poi le depressioni nel terreno, spia di una fossa comune, o l’albero contro cui sbattevano i bimbi per ucciderli risparmiando le cartucce…. E tutto questo con la tacita complicità dell’occidente. Questa visita come ho detto ci ha turbato profondamente e ci allontaniamo dalla città abbastanza volentieri. Il nostro itinerario prevedeva una sosta a Skuon, il paese dei ragni per poi recarci a Kompong Cham. Per questa ragione decidiamo di affittare una macchina con autista, visto che in Cambogia gli stranieri non possono guidare e sembrano non esserci bus che effettuano questa piccola diversione.
Di fatto l’itinerario cambia, perché tale autista ci dice che non esistono collegamenti fra questa città e Siem Rap che sarà la nostra prossima meta. Per cui dopo ardua contrattazione decidiamo di saltare Kompong Cham e andare direttamente lì, fermandoci però al paese dei ragni. Sembra facile… Un percorso di circa 300 chilometri diventa una storia infinita, si parte la mattina e si arriva nel tardo pomeriggio, buche, lavori stradali, soste impreviste e inspiegabili, una toccata e fuga in un “autogrill” dove abbiamo il piacere io, di superare la mia paura dei ragni facendomi camminare una tarantola grossa come la mia mano, su per il braccio e Luca di gustarsene alcuni fritti! Finalmente arriviamo a Siem Rap, ancora una volta stanchi morti! L’autista se ne va arrabbiato perché visto che non ha rispettato i patti, ossia portarci a visitare Skuon, non gli abbiamo dato la mancia inoltre perché non accettiamo di fermarci al primo albergo in cui ci porta. In realtà scegliamo un bellissimo hotel fornito di piscina in cui ci buttiamo appena depositati i bagagli per toglierci la polvere e la stanchezza di dosso. Il sistema funziona, per cui la sera ci rechiamo in centro paese per gustarci una saporita cena a base di noodles e gamberi, decisamente molto più gustosi dei ragni fritti!
Il giorno dopo, accompagnati dal nostro autista di tuc tuc, Ben, con cui abbiamo fatto un “contratto” di tre giorni per farci scarrozzare su e giù per il territorio, acquistiamo un pass di 3 giorni per visitare Angkor Wat, che ci viene consegnato con tanto di fotografia. Questo sito decisamente merita la sua fama. Gli edifici in pietra scura si stagliano nel verde della foresta in contrasto con l’azzurro del cielo senza una nuvola. E’ incredibile pensare che questo complesso monumentale abbia resistito per secoli all’inclemenza del clima, all’incuria e soprattutto all’invasione della foresta, che ben si nota ad Angkor Tom, dove gli alberi dominano ancora la scena. Viene facile il confronto con i nostri siti archeologici quali Pompei o Domus Aurea, in cui sono sufficienti tre giorni di pioggia per causare disastri incalcolabili. Comunque per due giorni passeggiamo in mezzo a queste bellezze, saliamo su scale ripidissime e ammiriamo i bassorilievi sui muri. Il frinire delle cicale in certi punti è assordante e a volte incontriamo delle famigliole di scimmie curiose e dispettose.
Il terzo giorno invece decidiamo di visitare Phon Kulen ed è una grande avventura! Arriviamo alla base della montagna con il nostro solito tuc tuc, poi ci caricano su due moto dall’aspetto vetusto. Mezz’ora dopo, con la schiena a pezzi causa dossi e fossi arriviamo a questo tempio buddista dove un grande Buddha disteso ci guarda dall’alto di una scalinata. Dopo visitiamo una sorgente di acqua cristallina e il fiume dai mille lingam, in cui le donne in cerca di un figlio si bagnano recitando preghiere. E per concludere la grandiosa cascata. Abbiamo scelto il periodo giusto per visitare quest’angolo di mondo, è appena finito il periodo delle piogge, per cui fiumi e cascate sono nel pieno della loro potenza. Non resistiamo e ci tuffiamo ai piedi della cascata, l’acqua è calda e numerosi pesciolini ci fanno il peeling alle gambe. Il ritorno è altrettanto travagliato, il tuc tuc si rompe più volte in mezzo al nulla, ma per fortuna grazie agli sforzi combinati di Luca e Ben, riparte. In questi tre giorni abbiamo avuto modo di chiacchierare un po’ con lui e abbiamo scoperto che come molti suoi connazionali, gioca alle scommesse clandestine più di metà dei suoi guadagni, per cui ci troviamo a discutere se il campionato o le singole partite, le vinceranno l’Inter o il Milan!
Domani partiamo con un “Vip Bus”, destinazione Paxe in Laos. Il programma è il seguente: partenza dall’albergo alle 6.30 con un pulmino che ci porterà alla stazione dei bus. Da qui alle 7 partirà il Vip Bus che arriverà a destinazione alle 19. Ovviamente pranzo e colazione incluse e guida in lingua inglese… Ebbene per farla breve, siamo arrivati in Laos alle 17 del giorno dopo, con pernottamento vicino alla frontiera a spese nostre, niente pranzo, ben due guide che non parlavano e non capivano assolutamente una parola di inglese e giusto per rendere il viaggio più interessante abbiamo cambiato 6 mezzi di trasporto, uno più fatiscente dell’altro e sempre più piccoli. Nell’ultimo eravamo ammassati in 18 in un mezzo da 16 posti, con zaini, sacchi, borsoni e chi più ne ha più ne metta.
Ogni 10 minuti l’autista si fermava per caricare o scaricare cose o persone e gli unici 5 turisti, noi, 2 russi e un australiano, ci siamo sentiti trattati come fastidiosi abusivi e di sicuro per gli altri passeggeri cambogiani lo eravamo.
Comunque con questa esperienza mi sono resa conto del mio grande errore nella programmazione del viaggio… Da casa era tutto pianificato: partenza da Bangkok, aereo fino a Phnom Penh, trasporti locali per le varie città cambogiane fino all’arrivo a Siem Rap, da qui, viaggio al vicino confine laotiano… Grande errore, le strade seriamente transitabili in Cambogia sono 2, una che scende e una che sale, e anche se ci aspettavamo dei rallentamenti nei percorsi, non immaginavamo l’entità del tempo perso. Meglio sarebbe stato e senz’altro meno costoso, andare dalla Thailandia in bus fino a Siem Rap, da qui alla capitale per poi risalire in Laos.
Comunque alla fine siamo arrivati a Paxe. Il primo impatto è disorientante: il pulmino ci lascia a bordo strada, noi scendiamo carichi come muli e non c’è nessuno in giro, è tardo pomeriggio ma il silenzio ci circonda. Ma dove sono tutti? Ci incamminiamo verso quello che pensiamo sia il centro, ma la situazione non cambia. Finalmente vediamo l’insegna di una guesthouse e ci fermiamo a chiedere informazioni, decidendo di fermarci qui. Poi mollati gli zaini pesanti ci accingiamo all’esplorazione. In effetti incontriamo quasi tutte le persone nella zona del mercato, ma a differenza della Cambogia, qui sembrano quasi indifferenti ai turisti, salvo quando li interroghi e allora si fanno in 4 per te. Conosceremo meglio questo lato dei laotiani, molto discreti ed estremamente dignitosi nella loro povertà. Affabili, ma non invadenti, curiosi ma non insistenti, insomma una bellissima popolazione. Ci tuffiamo nel mercato, incantati dai mille colori della frutta esotica, poi affittiamo un motorino per i due giorni seguenti.
Prima tappa motorizzata: Wat Phu, un sito archeologico Khmer, che ricalca in piccolo Angkor. Ma la meraviglia è scorrazzare in motorino per questi piccoli paesini, perdersi una decina di volte e fare una traversata del Mekong al limite dell’infarto, con una barchetta in legno marcio. Siamo in cerca di un centro di addestramento di elefanti di cui abbiamo letto su una guida. Ci arriviamo dopo lunga ricerca, ma rimaniamo un po’ delusi perché è il classico luogo in cui pagando un congruo compenso, ti fanno fare un giro su questi poveri animali. Ma non fa niente, attraversando piantagioni di caffè e siepi giganti di stelle di natale ci divertiamo tantissimo. La cosa più buffa è che mentre noi facciamo fatica a mantenere la moto in equilibrio su queste strade sterrate e dissestate, incrociamo un motorino guidato da una ragazza che mangia un panino, oltre a lei sullo stesso mezzo, un’altra e 4 bambini dai 10 anni ai pochi mesi… Li fermiamo: è doverosa una foto! Quando ritorniamo in albergo, siamo completamente arancioni per la polvere accumulata sui vestiti.
Dopo una notte di sonno, di nuovo a caccia di cascate. La prima è vicina ad un resort, ma pressoché deserta. La seconda è completamente nascosta dalla giungla. Anche qui siamo completamente soli e questo ci permette di stendere i miei vestiti e oggetti vari ad asciugare al sole, infatti durante il guado del fiume per raggiungere la cascata, sono caduta disastrosamente in acqua, con cellulare, telecamera, documenti e soldi (da qui si capisce chi è il portaborse fra i due!). Intanto che tutto ciò asciuga al sole io, molto coraggiosa, inerpicandomi sulle rocce, vado dietro alla cascata e vi garantisco, fa molta paura; la temperatura si abbassa di almeno quindici gradi e il rumore dell’acqua che scende ti fa pensare di essere in serio pericolo.
La nostra prossima destinazione è Vanvien. Questa cittadina si è dedicata al turismo giovanile. Posta in mezzo alle montagne e in prossimità di un fiume, offre ogni tipo di svago connesso con la natura e non solo. Centinaia di ragazzi percorrono le sue vie o scendono su camere ad aria di camion lungo il fiume con secchielli colmi di bevande alcoliche, gli spinelli costano 50 centesimi e vengono venduti ovunque liberamente, ragazze e ragazzi ubriachi e seminudi girano ad ogni ora per la città e in alcuni locali, la musica occidentale viene sparata ad altissimo volume. Gli alberghi stanno sorgendo come funghi, ma per adesso non ha ancora perso il suo fascino. Noi ci dedichiamo a divertimenti più “sobri”, ossia percorriamo un fiume sotterraneo seduti su camere d’aria e ci facciamo 10 chilometri in canoa sul fiume. A sera grande mangiata!
Il viaggio prosegue per Luan Prabang, le strade sono tutte in montagna parte sterrate e parte asfaltate con buche enormi. Però qui la promessa del vip bus è mantenuta! Questi autisti non conoscono il freno motore, per cui periodicamente si devono fermare per far raffreddare i freni surriscaldati dalle continue frenate, Luca che è un autista freme di orrore!
Anche Luan Prabang è una cittadina tranquilla e facilmente visitabile. Molto bello il palazzo del re e il mercato etnico e ancora più caratteristico è il mercato alimentare serale: dopo le 19 una cinquantina di bancarelle situate in una via strettissima si riempiono di ogni genere di cibo. Con l’equivalente di 2 dollari ci si riempie il piatto di verdura, carne pesce frutta, insomma la scelta è infinita. Poi ci si siede stretti, stretti con altri turisti e locali su tavolacci in legno circondati da una folla di persone e si mangia ciò che si è conquistato. Malgrado la sistemazione e l’igiene che lascia un po’ a desiderare, il cibo è ottimo e abbondante, se non si è schizzinosi è assolutamente da provare.
In questa città, provo la mia terza esperienza di massaggio: drammatica! Queste persone non hanno mani, hanno tenaglie… Ti svitano le articolazioni, ti massacrano con le ginocchia e i gomiti, ti pizzicano dei nervi che tu non sai neanche di avere e a nulla servono le tue richieste di massaggio “soft”, uscirai da questa esperienza completamente disarticolata!
Invece bellissima e rilassante un’altra nuotata ai piedi di una cascata. Il fondo calcareo, dona all’acqua dei colori stupendi e nei pressi c’è un centro di recupero degli orsi dal collare che se ne stanno spaparanzati in mezzo agli alberi guardandoci incuriositi.
Prossima meta è Vientiane, in “sleeping bus”, molto comodo con arrivo in serata. Momento di panico quando il quinto albergo visitato ci dice che è “full”, è sera, siamo stanchi (tanto per cambiare!) e abbiamo 3 pesantissimi zaini, pieni di tutti i souvenir di viaggio! Per fortuna alla fine troviamo l’ultima camera disponibile in un hotel molto bello e tiriamo un sospiro di sollievo! Il giorno dopo ci dedichiamo alla visita della capitale che a dire il vero, non ci piace molto. Molta prostituzione, decisamente più evidente e sfacciata di Bangkok, miseramente nota per questa caratteristica. Una grande città, abbastanza impersonale in cui spiccano due cose in particolare: il Xiengkuanei Buddha Park, un po’ fuori dalla capitale, costituito da un’insieme eterogeneo di gigantesche riproduzioni in pietra di varie divinità e il Cope. Il Cope è un centro di recupero di persone disabili o mutilate. I suoi assistiti sono perlopiù vittime dei milioni di bombe di cui gli americani hanno generosamente innaffiato il territorio Laotiano e Cambogiano, nel periodo della guerra in Vietnam. In questo centro, si costruiscono protesi di ogni tipo, e si riabilitano ciechi, sordi e amputati. Si organizzano gare sportive e concerti, insomma si fa qualcosa di utile per permettere una vita migliore a queste persone che lo stato non è in grado di aiutare. Con un bus notturno ritorniamo in Thailandia. La nostra meta è Pattaya. Lo so, lo so, è la Rimini tailandese, niente a che vedere con spiagge bianche e mare cristallino ma è economica e vicina a Bangkog da dove dovremo ripartire. Non era prevista dal viaggio, in realtà avremmo voluto visitare maggiormente Cambogia e Laos, ma la difficoltà e la durata degli spostamenti ci ha un po’ esaurito, per cui pensiamo a tre giorni di completo relax… Ma ovviamente anche qui non riusciamo a stare fermi per più di mezza giornata, siamo dei turisti iperattivi, per cui affittiamo un motorino e andiamo in visita nei dintorni. Il flotting market è molto caratteristico e lo visitiamo con piacere, ma ancor meglio è il Nong Nooch Ttropical Garden, un enorme giardino botanico, con piante e animali da cui non riusciamo ad allontanarci se non dopo un’intera giornata di visita. Persino il tipico spettacolo per turisti di danze e lotta thai, è gradevole e interessante.
In queste scorribande in motorino scopriamo 2 cose: uno, qui anche se l’asfalto è ottimo, i motorini si bucano frequentemente (ben tre volte!). Due, in Thailandia non si può guidare con la patente internazionale normale, ce ne vuole una speciale, ma non te lo dicono quando affitti la moto. E così quando ci ferma un poliziotto, dopo le opportune minacce, ci tira da un lato e sul retro del libretto scrive una cifra… Sarà che vuole una mazzetta? Noi mangiamo la foglia e sganciamo l’equivalente di 15 euro, anche in questo sono decisamente più economici delle mazzette pretese dalla polizia stradale italiana! Al ritorno a Bangkok, completiamo la nostra visita al Mercato Cinese, 2 o tre templi che non abbiamo visto in precedenza e il grandissimo e super moderno centro commerciale. La cosa che ci stupisce sempre di questi mercati, sia tipici che moderni, sono i centinaia di negozi uno in fila all’altro che vendono esattamente le stesse cose, per lo stesso prezzo. Ma come faranno a sopravvivere alla competizione? Il mercato cinese è poi una cosa da vedere per chi non soffre l’affollamento e il rumore.
L’alluvione che ha colpito questo stato ha lasciato i suoi segni, poco più di 15 giorni prima il fiume si è ritirato dalla capitale, e ancora adesso per le strade ci sono i sacchi di sabbia che sono serviti ad arginarlo. Però il Mekong è ancora in piena, e i negozietti in riva al fiume sono ancora allagati, questo non ferma i negozianti che immersi nell’acqua sopra il ginocchio, tentano ancora di vendere la loro merce ai passanti, passerelle di fortuna, collegano la riva ai battelli e a certi templi. Nei negozi e negli alberghi invece sono in vendita le bottigliette di acqua distribuite dalla Croce Rossa in aiuto agli alluvionati, si sa, libero mercato, libero guadagno!
Il viaggio di ritorno in Italia è altrettanto tranquillo, anche se passare dal sole caldo al freddo intenso, è stato abbastanza scioccante.
Prima di partire, ho letto questa frase: “I vietnamiti seminano il riso, i cambogiani lo guardano crescere e i laotiani lo ascoltano”. In effetti in confronto all’operosità e all’efficienza quasi teutonica dei vietnamiti, la popolazione sia del Laos che della Cambogia, vive un’esistenza povera, ma più rilassata. C’è un certo fatalismo nei loro comportamenti, per cui quando un gruppo di una decina e più di monaci buddisti, lindi e ben pasciuti, si ferma a chiedere la carità ad un poveraccio che vive per strada, quello si toglie il pane di bocca e glielo dà in cambio di una benedizione. Oppure le centinaia di tavolini che nel fine settimana costeggiano le strade delle città, da pomeriggio a sera inoltrata, che si scoprono essere rivenditori di biglietti della lotteria, con tanto di consulenza astrologica. E poi le amache, tirate ovunque, sui tuc tuc, nei negozi, per strada, su cui uomini e bambini (le donne ahimè sono quasi sempre indaffarate) si rilassano guardando l’orizzonte o schiacciando un pisolino. E poi mangiano, mangiano dalla mattina alle 5 alla mezzanotte eppure sono magri come chiodi! Decisamente ritmi diversi da quelli occidentali; è vero le scuole e gli ospedali sono privati, probabilmente avranno un’aspettativa di vita minore, ma pur nella loro povertà vivono decisamente meno stressati!
CONSIGLI PRATICI
– Se volete acquistare materiale elettronico o fotografico i prezzi sono ottimi anche se la scelta è più limitata. In ordine di risparmio: Laos, Cambogia, Thailandia. In Thailandia, l’”Iva” sugli acquisti vi viene restituita all’aeroporto, ricordarsi di farsi rilasciare l’apposito modulo dal negoziante.
– Il cibo è buono e ben cucinato, i succhi di frutta e i frullati sono fantastici e fatti al momento. L’acqua è meglio utilizzare quella in bottiglia.
– La valuta preferita è il dollaro, l’euro è meno gradito. I cambi sono onesti e chiari.
– Le carte di credito sono poco accettate, in quanto le commissioni per i locali sono molto alte.
– Noi ci siamo portati litri di repellente per zanzare, ma in realtà ne abbiamo viste pochissime, decisamente meno che nella nostra amena pianura padana.
– Ovviamente è di regola contrattare, con taxisti, alberghi, tuc tuc e negozianti.
Cambio: Tailandia, 1 euro = 41,80 Baht
Cambogia, 1 euro = 5.500 Riel
Laos, 1 euro = 10.900 Kip
Voli: Etihad, Milano Malpensa – Bangkok, con scalo ad Abu Dhabi, andata e ritorno per 2 persone 1245 euro.
Air Asia, Bangkok – Phnom Penh, solo andata 132 euro.
Trasporti Locali a parte la macchina con autista che ci è costata l’esagerata cifra di 120 dollari da Phnom Penh a Siem Reap, gli altri bus hanno un prezzo più accessibile. Ricordate i minibus sono più veloci, per questa ragione il costo è leggermente superiore. Però anche se guadagnate un’ora di viaggio, arrivate alla meta in pessime condizioni, perché gli urti che ricevete, mettono a dura prova anche il viaggiatore più elastico. I vip bus, ci mettono circa un’ora in più, ma sono decisamente più comodi e soprattutto non si fermano ogni 10 minuti per caricare e scaricare persone o cose! Comunque i biglietti costano dai 7 ai 25 euro a seconda della tratta.
Evitare assolutamente la compagnia Neak Krorhorm Travel e Tours, che è quella che ci ha fatto cambiare 7 mezzi di trasporto con un ritardo sull’arrivo di un giorno!
I motorini si possono affittare a circa 10 dollari al giorno. Con la patente italiana si può guidare solo in Laos.
Visti: tutti i visti si possono fare in frontiera. Portarsi qualche foto tessera dall’Italia. Si paga all’entrata dopo aver compilato una media di tre moduli per ognuno, e si paga anche all’uscita ovviamente dopo aver compilato altri moduli. Mi raccomando non perdete visti e documenti di entrata perché sono guai. Il prezzo d’uscita è comunque più modesto, circa 2 dollari.
– Cambogia: 20 dollari.
– Laos: 37 dollari.
Monumenti: I’ingresso ai monumenti è abbastanza economico circa 2 o 3 euro, tranne qualche eccezione che arriva ai 10 euro. Angkor Wat è il più caro infatti costa 40 euro per tre giorni, ma decisamente ne vale la pena.ù
Le cascate si trovano in parchi nazionali per cui anche qui si paga un biglietto per accedervi che di solito non supera i 3 euro.
Guesthouse:
– Bangkok: Baan Sabai, Mail baansabai@hotmail.com . Camere pulite e sufficientemente all’interno da non sentire i rumori della strada. Abbastanza centrale e ben servito dai mezzi.
– Phnom Penh: Hotel Cyclo, www.hotel-phnom-penh.com . Gestito da una coppia di francesi, zona centrale.
– Siem Reap: Freedom Hotel, Mail freedom@online.com.kn . Ottimo, splendido giardino con piscina, un po’ lontano dal centro.
– Vangvieng: Som Pha Thai Guesthouse, di recente costruzione, centro paese, molto bella e pulita.
– Luan Prabang: Mao Pha Shok Guesthouse, Mail bounkert@hotmail.com Bella, pulita, vista fiume.
– Vientiane: Riverside hotel Molto bello e centrale, cosigliato anche della Lonely Planet.
– Pattaya: Jomtien Hotel, mail jh@jomtienjostel.com . Pulito, a 200 metri dalla spiaggia.
Tutti questi alberghi ci sono costati da un minimo di 5 dollari a un massimo di 25, a notte per camera matrimoniale con bagno, aria condizionata e WiFi libero. In alcuni c’è anche la televisione con cui si può vedere Rai International, sempre che qualcuno voglia ascoltare le brutte notizie quando è in vacanza!