Gita fuori porta a Marrakech
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Curiosando su internet mi imbatto nell’imperdibile offerta di 149 euro per tre notti presso il Monriad, nell’affascinante città di Marrakech, nel cuore della Medina, dichiarata patrimonio mondiale dall’Unesco. Il pacchetto comprende una camera matrimoniale con colazione, trasporto da/per l’aeroporto di Menara, una cena e un’escursione.
L’aereo parte da Pisa, con un low cost della Ryan air per 205 euro in due e un bagaglio, ora del decollo le 6.30 e in poco più di tre ore arriviamo a destinazione godendoci una bellissima alba, che dal finestrino mi guardo in tutto il suo splendore. Al nuovissimo aeroporto ci aspetta un incaricato del nostro riad per accompagnarci fino all’hotel. Già dall’auto varcando una delle venti porte principali per l’accesso alla città vecchia, si ha l’impressione di entrare in un mondo fermato ad un secolo prima, ma guardando meglio sotto le tuniche a giullare indossano le nike e usano moderni cellulari. Il tempo di lasciare i bagagli, gustare il nostro primo tè marocchino e prendere possesso della deliziosa camera in stile locale, che siamo già immersi nell’atmosfera della piazza principale, la Djemaa El-Fna, che dista solo un paio di vicoli dal nostro alloggio. E’ ancora abbastanza presto e non molto affollata, tranne i carretti che offrono gustose spremute fresche di arance, che con il loro colore, danno un tocco di vita all’immenso grigio del cemento. I loro proprietari anche da lontano riconoscono il turista e cercano di farlo avvicinare al loro stand per racimolare qualche dirham. L’ora di pranzo è ancora lontana, ma i ristoratori sono già all’opera con bracieri e piastre calde. Abbiamo letto che questa cucina marocchina non è affatto male ed infatti non ci deluderà. Decidiamo per una colazione tardiva e ci fermiamo in un posto tipico per assaggiare la beghrir, una specie di frittella quadrata con miele, seguita dalla bastilla, molto simile al nostro millefoglie, ma molto più dolce. Rifocillati siamo pronti per immergerci nelle variopinte e strette viuzze dei souq, dove bisogna fare attenzione, anzi balek, balek, ai motorini che sfrecciano a tutta velocità non curanti delle persone, forse anni prima spettava ai carretti con i ciuchi scorrazzare, purtroppo i tempi cambiano e di asinelli ne sono rimasti pochi in giro! Le stradine appaiono come un labirinto e dentro trovi un po’ tutto quello che è l’artigianato locale e se riesci a non fare acquisti è già una vittoria, ma non è il nostro caso. Mio marito decide subito di contrattare per la tunica a giullare, abito tipico maschile. Il prezzo parte da 650 Dh ed arriviamo a prenderla per 250 Dh. Ottima la manifattura e il tessuto. La nostra prima busta di shopping è conquistata.
un giro in città
Le vie si differenziano per i mestieri: troviamo il vicolo delle farmacie, anzi direi più erboristerie, dove hanno un rimedio per tutto, dalla verruca, alla caduta dei capelli, all’incenso per scacciare gli spiriti di casa. Passiamo poi dalla via del ferro, dove oltre ad avere dei bellissimi oggetti in vendita troviamo i lavoratori che minuziosamente danno forma a quello che poi diventerà un arredo per la casa. Anche nella via delle tintorie stanno lavorando, immergendo la lana in grossi recipienti fumanti, per colorarla e poi appenderla fra i tetti ad asciugare. Si cerca di rubare qualche scatto fotografico, ma stando attenti a non disturbare troppo l’artigiano. Camminando ci torna appetito e questa volta scegliamo un improbabile “ristorante” nei vicoli della Medina, dove arrostiscono degli spiedini di pollo e di vitello. Mangiamo allegramente in mezzo alla gente locale per poco più di 40 dh in due. Ripartiamo con il nostro giro, questa volta veniamo catturati da un venditore di tappeti che ci illustra la sua merce, ci offre del tè marocchino e ci garantisce un prezzo pazzesco solo per noi. Riusciamo a spuntare 200 euro per un tappeto 3×2 metri compresa spedizione a casa, ma non era in programma nei nostri acquisti e andiamo oltre. Siamo in febbraio e il clima è piacevole, stiamo con il solo maglione di pile e pantaloni leggeri, anche se qualche nuvola si sta addensando in cielo minacciando di farci perdere il tramonto. Dai souq, raggiungiamo di nuovo la bellissima piazza degli impiccati e da lì decidiamo di andare a prenotare il nostro hamman per lunedì mattina, passando da Rue Zuiton, poi Rue kasbah, fino ad arrivare alla porta di Bab Agnaou, una delle più vecchie della città, di cui ammiriamo i suoi bellissimi bassorilievi e i nidi di cicogna sulle due torri. Passiamo di fronte anche al Riad Zuiton, il palazzo reale, che osserviamo dall’esterno. Il sole è calato dietro le nuvole e rientriamo in hotel dove questa sera abbiamo la cena compresa nell’offerta. Buona la zuppa Harira, meno l’insalata marocchina, piena di coriandolo e ottimo il cous cous vegetale. La serata è più fresca e per oggi, con qualche goccia di pioggia che cade dal cielo, ci avviamo a dormire.
Rifletto sulla giornata e mi rendo conto che non solo di donne completamente senza “velo” ne ho viste veramente poche, ma addirittura ne sono passate diverse con il burka nero integrale. In una città così grande, la differenza penso stia nelle origini della famiglia o in quelle del proprio sposo, altrimenti, religione o no, non mi è semplice capire la libera scelta della donna moderna di continuare a coprirsi.
ESCURSONE NELLA VALLE DELL’OURIKA
Il secondo giorno è prevista l’escursione alla valle dell’Ourika e alle 9 partiamo direttamente dal nostro riad. Imbocchiamo la P 2017, la Route d’Ourika, per uscire dalla città. La guida ci spiega che Marrakech conta circa 1.500.000 di abitanti e che al suo interno si parlano diversi dialetti, l’arabo vero e proprio solo all’interno della Medina. Mi rendo subito conto che basta uscire di poco dalle mura e il paesaggio si fa subito brullo e pieno di morbide colline ricoperte da arbusti. Incontriamo anche qualche cammello e ci viene detto, sorridendo, che ormai sono solo per i turisti. La nostra prima fermata è per la visita alla casa berbera. Saliamo nella dimora fatta di argilla dove ad accoglierci ci sono donne e bambini. Hanno il loro forno per il pane, la loro stalla con la mucca per il latte e il burro e sotto delle calde coperte il pane senza lievito pronto per essere cotto. La padrona di casa ci offre tè berbero e ci spiega come prepararlo, accompagnato da pane di mais appena sfornato, miele, burro e olio. Una delizia. Ripartiamo puntando alla catena dell’Atlante, dimora della seconda vetta africana. Il cielo è sereno, la temperatura piacevole e sulle cime la neve brilla sotto i raggi del sole. Secondo stop alla cooperativa che produce l’argan, il famoso olio naturale benefico per la pelle e scopro utile anche in cucina. Approfittiamo della spiegazione per fare domande ed infine acquistare qualche prodotto naturale. Qualche altro km sul nostro mezzo lungo la P 2017 e ci fermiamo al villaggio di Setti Fatma, lungo il fiume di Oued Ounka, dove accompagnanti, iniziamo un piccolo treck per raggiungere delle cascate, chiamate Les cascades Ourika Setti Fatma, ma qua tutto si chiama Fatma! Il sentiero sale un bel po’ fra massi e ruscelli, che rendono umido il terreno e le mie sneakers non sono certo il tipo di scarpe adatto! Non mi aspettavo di fare una “passeggiata” breve, ma impegnativa. Le prime cascate che sono possibili da raggiungere in poche ore non sono poi così spettacolari, ma qualche scatto se lo meritano. Al ritorno passiamo da un altro sentiero, che chiude il nostro percorso ad anello, dove ammiriamo qualche bel panorama. Ritornati a valle mi faccio catturare dall’acquisto di piccole tajine colorate, che già immagino sulla mia tavola come contenitori di burro aromatizzato e salse piccanti. Mangiamo nel villaggio, zuppa di patate con olio di argan, spiedini e creme caramel, per 120 Dh a testa. Il ritorno è più veloce e ci permette di rientrare al nostro riad in tempo per il tramonto che stasera ci regala bellissimi colori. Dopo una doccia ristoratrice salgo sul terrazzo del riad munita di cavalletto e macchina fotografica e inizio una serie di scatti fino a quando il sole non sparisce sotto i tetti. Usciamo per la cena, la piazza adesso è piena di bancarelle numerate, che propongono cibo marocchino, affumicando i passanti con gli improvvisati bracieri accesi. Appena ti avvicini ti invitano ai loro tavoli, pubblicizzando il proprio stand come il migliore per qualità e servizio. Noi optiamo per un kebab al piatto che avevamo già puntato la sera prima suRue de Bab Agnaou, 100 Dh in due. Girovaghiamo in serata fra pesca alle bottiglie, improbabili guaritori, venditori di pozioni magiche, incantatori di serpenti e “danzatori” del ventre. Non vedo più le scimmie al guinzaglio, ma ci sono sempre le donne che ti inseguono pur di farti un tatuaggio all’hennè sulla mano. Io passo. Prima di rientrare per la notte giro nel distretto culturale e acquisto di una tela di un giovane pittore locale, che al rientro farà bella sfoggia su una parete di casa. Anche per stasera è arrivata l’ora della buonanotte.
IL GIORNO DELL’HAMMAN
Lunedì mattina è il nostro terzo giorno è quello in cui abbiamo l’appuntamento per il nostro hamman marocchino presso “Le bains de Marrakech”. L’idea di partenza era di provarne uno pubblico, non ci andava però di farlo separatamente, per questo abbiamo optato per una spa di “lusso” e un romantico hamman di coppia con massaggio. Il trattamento ci conquista così tanto che si accaparra il merito di avere una spiegazione dettagliata sul reportage. Arrivo alle ore 9 e puntualissimi ti fanno accomodare negli spogliatoi fornendoti tutto il necessario. L’interno è veramente enorme e suggestivo con illuminazioni e arredi, quasi un labirinto, dove gentilissime signorine, sempre a disposizione, ti indicano la direzione o ti accompagnano alla propria area. Si parte con il bagno turco, ti gettano secchiate di acqua calda sul corpo e poi ti fanno stendere su comodi materassini. Il caldo è molto piacevole e proviene dalle pareti in pietra scura, sono roventi, ma non dà fastidio. Da qua inizia il trattamento, prima cospargendoti il corpo di oli essenziali, poi applicando il famoso sapone nero, preceduto da un energico scrub con guanto, il tutto dura circa 45 minuti, compresi i tempi di relax al caldo del vapore. Dall’hamman, dopo una rinfrescante doccia e qualche minuto di relax, sorseggiando tè marocchino, arriva il momento di abbandonarsi a delle vere e proprie mani di fata e il corpo si rigenera dalla punta dei piedi a quella dei capelli, in un’atmosfera a lume di candela e musica soft, nella stanza a due lettini. Finito il lungo massaggio ti forniscono accappatoio asciutto e ti accompagnano nella sala relax dove ti offrono nuovamente tè marocchino questa volta accompagnato da deliziosi pasticcini al miele. Poi infine doccia e uscita, da una porta diversa da quella da cui abbiamo fatto l’accesso. Il personale è professionale e ben istruito, l’arredamento da mille e una notte e per quelle tre ore ti senti il re del palazzo, il tutto per meno di 50 euro a persona. Usciamo dal nostro paradiso giusti per l’ora di pranzo che decidiamo di fare da un “tajinaro” vicino al nostro riad, in Rue Riad Zitoun lkdm. Il pranzo più buono che abbia fatto in questo viaggio. Tajina di pollo con verdure, cous cous royal e tè marocchino per meno di 40 dh a testa. Ottimo tutto, oltre al servizio molto cortese, ma questo lo abbiamo riscontrato un po’ ovunque. Ultimo pomeriggio con alla mano l’elenco della spesa… dobbiamo assolutamente acquistare in ordine: teiera, bicchierini a corredo e la cosa più importante, il giusto infuso per fare il tè marocchino. Decidiamo di rituffarci nei souq, ne scopriamo una nuova parte dove ammiriamo come le donne berbere fabbricano i tappeti, nodo su nodo mi invita a provare, sembra semplice, ma che pazienza! Infatti il tappeto sarà pronto solo dopo alcuni mesi. Arriviamo anche davanti al museo di Marrakech, del quale visitiamo l’atrio, ma decidiamo di non entrare a far visita, il tempo stringe e le cose da fare e vedere non finiscono mai. Le vie dei souq non hanno mai fine e questa volta visitiamo un’altra bellissima sezione di manufatti di ferro e metallo, da lampade, a portacandele, a porta zucchero, con disegni molto complessi e con giochi magici di luce. Ci ripromettiamo che in un futuro torneremo per fare i nostri acquisti più importanti. Nel frattempo aggiungo un’altra mezza dozzina alle mie tajine colorate del giorno prima, di cui mi sono innamorata, mentre da un ragazzo che parla benissimo la nostra lingua, acquistiamo tè verde e menta. Solo in ultimo chiudiamo le spese con la teiera, quella giusta per fare il tè e non il souvenir per turisti, e con 6 deliziosi bicchierini a corredo.
Oggi è stata un giornata più calda della altre, si girava in maglietta e si respirava una bella aria primaverile. Il sole ci regala un bellissimo saluto di fine viaggio e lo osserviamo dal locale “Cafè du Grand Balcon” che dall’alto guarda tutta la piazza, non è facile accaparrarsi un buon posto per degli scatti, ma alla fine conquistiamo un tavolino al bordo della terrazza e da lì ci godiamo il tramonto. La piazza lentamente si illumina in notturna e dalla torre del minareto della moschea più alta della città, quella di Koutoubia, si innalza il richiamo alla preghiera. La voce del muezzin è così ben scandita e melodica che ci ipnotizza. Davanti a noi, impossibile non notare il punto in cui meno di un anno sorgeva il Cafè Argane, fatto esplodere, da un atto terroristico, il 28 aprile del 2011.
Questa sera ci concediamo la turistica cena nella Djemaa El-Fna presso la bancarella numero 1, ma sembrano più o meno tutti uguali almeno che non si opti per le specialità locali con zuppa di lumache o testa e frattaglie di agnello.
Prima di andare a dormire non ci rimane che fare le valigie sistemando con cura gli acquisti fatti, domani mattina ci attende il rientro in Italia da una piacevole gita fuori porta nella Medina di Marrakech, a poche ore di volo da casa nostra eppure così diversa come cultura, odori, colori e paesaggi.
Da rifare prima possibile, hamman compreso!