Benvenuti nella Corea del Nord
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Due. In Corea, tutto è doppio. Due sono le Coree, quella del Nord e quella del Sud, due sono i Mondi a cui appartengono, uno sfacciatamente capitalista e l’altro un paradiso stalinista. Due sono le realtà che attraverseranno i miei occhi, quella reale e quella della propaganda. Due sono i leader che governano, Kim Il Sung, il padre della patria, e Kim Jong Il, il “caro Leader”. E due sono anche le guide che verranno a prendermi all’aeroporto, e che per tutto il mio soggiorno in Corea del Nord mi scorteranno, mi osserveranno, risponderanno alle mie domande e m’incuriosiranno con i loro modi bizzarri, un momento incredibilmente misteriosi e un’attimo dopo terribilmente sinceri. Mr. Lim e la Signorina Kim mi danno il benvenuto in una Pyongyang fresca di pioggia, che davanti ai miei occhi, si manifesta in ampi viali di tipo stalinista percorsi qua e là da qualche raro veicolo, statue gigantesche che incitano alla forza e al patriottismo, enormi piazze piene di bandiere rosse e qualche ragazza che vestita con il “josenot” il colorato abito nazionale Coreano, s’affretta a salire su autobus decrepiti ed affollati. Mentre fuori dal finestrino del minibus scorre la città e le nostre guide ci riempiono di dettagli pieni di propaganda sul loro grande paese e di quanto siano fortunati a vivere qui, non posso fare a meno di pensare che non sono mai stato così lontano da casa. Non come fattore geografico, ma proprio come fattore mentale, culturale, sociale. Qui si parla delle atrocità compiute dai Giapponesi con un grande fervore, della guerra di Corea come se fosse appena finita o come se dovesse da un momento all’altro riprendere vita, della fede “Juche” come unica ragione di vita, ovvero un mix di stalinismo e confucianesimo. Internet non esiste e nemmeno i telefoni cellulari. Forse sono finito in una dimensione spazio-temporale che ancora non conosco, perché qui, il tempo come lo intendiamo noi, si è inesorabilmente fermato, ma che al contempo è capace di sedurre, di attrarre, di confonderti. Il buio si e’ già impossessato del cielo quando arriviamo in hotel, e curiosando fuori dalla finestra della mia stanza, rimango sorpreso nel vedere che le tenebre sono scese su Pyongyang. Le uniche luci che si scorgono sono quelle della torre Juche, di un rosso intenso, e quella di una macchina che sta correndo solitaria lungo il fiume Taedong. Anche il silenzio è irreale, non lo si avverte solamente ma lo si può davvero percepire in tutta la sua potenza.
il risveglio nella capitale
Al mattino, tirando le tende, finalmente lo skyline della capitale si manifesta in tutta la sua opulenza, perché Pyongyang è una metropoli, la sola nella Corea del Nord, dove enormi grattacieli svettano nel cielo azzurro senza nuvole, mescolandosi all’architettura tipica del socialismo reale, dandole così un fascino molto singolare e decisamente unico. E un fascino tutto suo, ha anche la deposizione di fiori, rituale obbligatorio per ogni gruppo che viene in visita qui, ai piedi della gigantesca statua di Kim Il Sung, il padre fondatore di questo Paese, che dall’alto dei suoi 20 metri, guarda ogni cittadino. Milioni di Nordcoreani vengono qui ogni anno a visitare e offrire rispetto al leader mai dimenticato, quindi, anche il nostro gruppo, dopo aver ricevuto una breve lezione su come porgere omaggio nella maniera corretta, compra un mazzo di fiori in un chiosco e s’inchina, tutti all’unisono, davanti a questo gigante di bronzo depositando poi i fiori ai suoi piedi. Non c’è dubbio che Kim Il Sung sia amato e venerato, come un padre, come un Dio. Quando le nostre guide ci parlano dei suoi sforzi, delle sue idee e dei suoi progetti, hanno le lacrime agli occhi e l’emozione rompe le loro voci. Forse per noi è inimmaginabile questo tipo di venerazione, e tantomeno mi sento di giudicarli. Così, quando subito dopo visitiamo il Mausoleo del defunto leader troviamo pazientemente in fila brigate di operai in divise da lavoro, contadini vestiti con l’unico abito elegante che possiedono, soldati in uniforme che vengono a prostrarsi pieni di dolore davanti al corpo imbalsamato della loro guida. Non ho mai visto così tanta gente piangere simultaneamente di profondo dolore, di disperazione. Rimango davvero senza parole davanti alla loro pena, perché sarebbe difficile trovare un termine, uno qualsiasi, per descrivere le sensazioni che provo davanti a questa folla in lacrime. Le guide in seguito, ci informano che è dovere di ogni cittadino della nazione di venire a omaggiare il defunto leader almeno una volta l’anno, cosa che fanno con un fervore quasi religioso.
Nel cuore della NAZIONE
E che Pyongyang (e forse tutta la Corea del Nord) sia dedicata a Kim Il Sung lo rispecchia anche il fatto che la piazza principale, dove con il gruppo ci rechiamo in seguito, si chiama… indovinate un po’… Piazza Kim Il Sung. Questo luogo è il cuore pulsante della nazione, dove vengono regolarmente eseguite la maestose parate militari del primo maggio, e dove si celebrano gli avvenimenti e le celebrazioni più importanti. La piazza inoltre, che come potete facilmente immaginare è di dimensioni enormi ed è tra l’altro, una delle più grandi di tutta l’Asia, ospita la sede del Partito Comunista, facilmente riconoscibile dalle due gigantografie di Marx e Lenin, il museo di arte e cultura Coreana e la biblioteca più grande del paese, sede nazionale per gli studi sul “Juche”, l’ideologia ufficiale della Repubblica Democratica di Corea, nonché il sistema politico su cui si basa. Significa letteralmente “corrente principale” e identifica i cittadini Coreani come gli artefici dello sviluppo della nazione. Kim Il Sung descrisse il “Juche” come l’idea secondo cui “l’uomo è il padrone di ogni cosa e decide ogni cosa” e da questa idea, si è sviluppata questa disciplina che trae le sue radici da un mix di confucianesimo e stalinismo, e che mira a creare una nuova società, priva di classe sociali e al contempo influenzata dal culto dell’autorità. E parlando di “Juche”, di fronte alla piazza, oltre il fiume Taedong, si erge in tutta la sua altezza, la torre Juche, dominata da una fiamma (non vera) che s’illumina di notte e da dove godiamo di una vista mozzafiato su tutta la città. Che il tempo qui a Pyongyang si sia fermato ad altre epoche, ci verrà dimostrato anche in serata, quando andiamo allo stadio 1° maggio, lo stadio più grande del mondo, dove assisto ad uno degli spettacoli più belli, incredibili e stupefacenti che abbia mai visto: i giochi di massa del festival Arirang. Ginnasti, atleti, soldati, bambini e spettatori sugli spalti si esibiscono in esercizi di sincronia con cartoncini colorati ed altri oggetti, creando suggestive coreografie che illustrano la storia Coreana, il partito dei lavoratori, l’esercito e, certo non potevano mancare, Kim padre e Kim figlio. Ogni dettaglio è curato, ogni persona è in sincronia, e lo spettacolo a cui assistiamo è semplicemente riassumibile in una parola: stupendo!
vERSO IL CONFINE
Il giorno dopo lasciamo, solo temporaneamente, la capitale e ci dirigiamo a Panmunjon, nella zona demilitarizzata che segna il confine con l’altra Corea, quella del sud. Appena arrivati, veniamo presi in affido da un generale Nordcoreano molto simpatico, che ci porta a visitare i vari padiglioni dove sono stati siglati alcuni accordi durante la guerra di Corea ma soprattutto il confine tra le due Coree, due mondi diversi. Da un lato ci sono i soldati Nordcoreani, rigidi come statue, mentre qualche metro più in la, ci sono due soldati Svizzeri dell’Onu che pattugliano la parte Sudcoreana. Il tutto è davvero surreale, perché si parla di pochi metri di terra, dove da un lato ci siamo noi che fotografiamo dei turisti uguali a noi dall’altra parte del confine. Un confine invalicabile. Un confine dove si vedono macchine giapponesi sfrecciare su autostrade affollate e gente vestita all’ultima moda. Una visione su di un altro Mondo che sembra terribilmente lontano, malgrado ci separino solo pochi metri. Dopo Panmunjon ci rechiamo a visitare la bellissima città di Kaesong, sicuramente una delle città più pittoresche della Corea, visto che è una delle poche a non essere stata distrutta durante la guerra e che quindi ha preservato tutto il suo fascino tradizionale. E, altrettanto tradizionale, è l’hotel dove passiamo la nottata, il Folk Custom Hotel, che consiste in tante piccole case tradizionali circondate da graziosi giardini. Ogni casa ha due o tre stanze, arredate in tipico stile Coreano, dove ogni dettaglio è curato e armonioso. E qui, mi viene servita la cena più strana di tutta la mia vita perché stasera si mangia tradizionale ovvero… zuppa di cane! Ad essere sincero, malgrado la sola idea sia rivoltante e mi faccia sentire terribilmente in colpa, devo dire che la zuppa di per se non era male… ma questa è un’altra storia. Kaesong mi rimarrà impressa per la sua atmosfera dolce e rilassata, dove il tempo sembra essersi fermato, ma il viaggio continua e in poche ore di autobus ritorniamo nella oramai familiare Pyongyang che ci accoglie con un cielo striato di rosso e arancione. Nella capitale ci attendono ancora il Museo della Liberazione, dove veniamo istruiti a dovere sulla guerra di Corea e sulle atrocità compiute da Giapponesi ed Americani, e per rimanere in tema di guerra fredda, andiamo pure a visitare la famosa nave “USS Pueblo”, una nave spia Americana catturata dai Coreani negli anni ’60 e dove una soldatessa molto carina ci mostra con molto zelo come la nave fu catturata e in che modo gli americani volessero attaccare la Corea del Nord.
Vita quotidiana
Dopo la discussione politica sulla nave, è giunto il momento di vedere come vivono gli abitanti di Pyongyang, e lo facciamo iniziando con il prendere la metropolitana. Certo, è abbastanza inusuale andare a visitare la metropolitana di una città, ma quella di Pyongyang merita davvero di essere menzionata, perché le stazione che abbiamo visto, sono stupende. Decorate con lampadari di cristallo e enormi bassorilievi e mosaici che parlando di Kim Il Sung o del partito dei lavoratori, sono quasi più delle gallerie d’arte che delle semplici stazioni. Per quanto breve sia stata la nostra visita, abbiamo comunque visto come i cittadini nordcoreani vivono normalmente e vadano al lavoro. In seguito, usciti dalla metropolitana, siamo andati a visitare la Hollywood nordcoreana, i Korean Feauture Film studios, dove vengono prodotti la maggior parte dei film di questo paese. Qui, abbiamo visitato set cinematografici, abbiamo visto alcune scene che venivano girate in quel momento e abbiamo assistito pure alla visione di un film Nordcoreano, che non è un qualcosa che non si vede tutti i giorni… E’ stata una giornata decisamente molto piena, ma non abbiamo tempo di riposarci perché siamo nuovamente in partenza dalla capitale, destinazione questa volta è il Monte Myonhyang.
Dopo una serata trascorsa tra karaoke ed una disastrosa partita a biliardo, in cui sono stato umiliato dal nostro autista (avete presente Italia-Corea del ’66? Ecco… la storia si ripete…) ci alziamo presto e andiamo a visitare il Salone internazionale dell’Amicizia qui al Monte Myonhyang. Le sale di questo grande complesso marmoreo situato su di un lato della montagna, ospitano tutti i doni fatti a Kim Il Sung e Kim Jong Il dagli altri capi di stato o da delegazioni che hanno rapporti di amicizia con il governo Nordcoreano. I regali, rigorosamente elencati per paese e per anno, provengono principalmente dagli ex stati satelliti dell’Urss e dagli altri paesi socialisti del mondo. Sono centinaia e variano da un tavolino fatto con pelle di coccodrillo regalo di Noriega ad una pelliccia d’orso ucciso da Ceausescu, dal vagone del treno regalo di Stalin in persona ad un vaso di ceramica dono di un’oscura cittadina campana. Molto più interessante, almeno per me, è stata la visita al complesso monastico situato vicino al museo, dove un tempio buddista si erge in tutta la sua bellezza e pace zen. Qui, due attempate guide ci hanno illustrato la storia del tempio, che situato tra due valli, è davvero un’oasi di pace. Visto che è una bellissima giornata, ne approfittiamo per sederci vicino alle sponde di un fresco ruscello e fare un simpatico pic-nic con le nostre guide, che ci raccontano ancora una volta del loro paese e delle sue tradizioni.
E’ davvero un peccato ritornare a Pyongyang, perché il viaggio è giunto alla sua conclusione e fra poche ore prenderemo posto sul mitico treno che da Pyongyang va fino a Mosca. Noi scenderemo a Pechino, dove ha avuto inizio questo viaggio, e mentre il treno corre attraverso le vaste campagne Nordcoreane, tutti i ricordi, le sensazioni e le emozioni provate mi ritornano in mente, con un pizzico di malinconia perché fra poche ore, tutto questo sarà davvero solo un lontano ricordo.
Un ricordo bellissimo ed unico, chiamato Corea del Nord.