Berlino a 360 gradi
Il nostro hotel è il City B Novum che non si trova in centro ma è a due passi dalla linea U2 della metropolitana; la stanza che ci viene assegnata è enorme e molto luminosa (purtroppo anche di notte).
Iniziamo la visita della città partendo dal Reichstag per il quale è necessario fare una richiesta via internet e attendere una risposta che arriverà dopo gli adeguati controlli della polizia; per fortuna la multa non pagata, per divieto di sosta, presa qualche mese prima all’Oktoberfest non conta; il Reichstag è la sede del parlamento tedesco ed è stato ristrutturato nel 1999. L’originaria struttura esterna è stata mantenuta ed è stata costruita una spettacolare cupola di vetro da cui si gode una splendida vista a 360 gradi di tutta la città. Nei pressi del parlamento si trova un futuristico cubo bianco che è l’edificio della Cancelleria (sede del governo).
A due passi si trova la Porta di Brandeburgo che è stata costruita come porta di accesso alla città alla fine del ‘700 in stile classico; sopra di essa vi è una quadriga che raffigura la Dea della Vittoria che è stata “rapita” da Napoleone e recuperata in seguito dai tedeschi (a differenza di molte opere d’arte italiane).
Il valore storico del luogo è indubbio: qui si tenevano le parate di Hitler e JFK vi pronunciò la frase “Ich bin ein Berliner”; inoltre qui un’enorme folla festeggiò la caduta del muro.
Nei pressi della Porta e a pochi metri da quello che fu il bunker di Hitler si trova si trova Il monumento all’olocausto che è composto da una griglia di 2711 blocchi di cemento di varie dimensioni che provocano l’effetto di una grande onda. Addentrandosi nel monumento gli spazi diventano sempre più stretti e costringono i visitatori che si incrociano a “confrontarsi”. I blocchi sono ricoperti da un prodotto chimico utilizzato per evitare graffi antisemiti.
Il memoriale, che ricorda uno dei momenti più bui dell’umanità, è forse un po’ troppo astratto e non riporta né nomi né date.
Proseguiamo la visita raggiungendo, sempre a piedi la Potsdamer Platz: negli anni ‘20 la piazza era il cuore della metropoli più vivace d’Europa, dove si trovavano cafè letterari, alberghi, locali e dove erano sorti i primi problemi di traffico, tanto che qui fu montato il primo semaforo del mondo (cosa che consigliamo di ricordare nel caso si decida di partecipare a qualche quiz a premi televisivo). Potsdamer durante la guerra fredda divenne la triste terra di nessuno nella parte ovest della città. Dopo il 1989 nell’area che costituiva la “striscia della morte”, ed era il più grande spazio edificabile d’Europa, i migliori architetti del mondo, su un progetto base di Renzo Piano, cercarono di interpretare in chiave moderna la storica Potsdamer Platz. Un’ampia zona della piazza è ora occupata dalla Daimler City. Un altro edificio che è impossibile non notare è la sede centrale della Sony, costituito da sette edifici futuristici costruiti intorno ad un cortile interno dove è possibile passeggiare al coperto.
Non lontano dalla piazza si trova il Checkpoint Charlie che era un’area di controllo costruita dagli alleati nel punto di confine tra la zona americana e quella sovietica della città ed era il principale punto di passaggio dei diplomatici e degli stranieri che avevano il permesso di spostarsi tra le due Berlino.
Del Checkpoint, che un tempo ha rischiato di essere l’epicentro di un possibile conflitto apocalittico tra superpotenze, rimane ora solamente una cabina ricostruita ad uso dei turisti, con bancarelle che vendono riproduzioni e personaggi vestiti da soldati che si fanno fotografare a pagamento (neanche fossimo al Colosseo).
Nel museo chiamato la casa del Checkpoint Charlie è possibile analizzare i tentativi di fuga dei cittadini della DDR tramite gli oggetti, spesso fantasiosi, che furono utilizzati come le casse degli strumenti musicali, auto modificate (che riportano ancora i segni dei proiettili), windsurf e persino un piccolo sottomarino.
Di sera assistiamo, per caso, alla passerella degli attori che partecipano alla Berlinale, la mostra del cinema di Berlino; ammiriamo, anche per il coraggio, le attrici che sotto una leggera nevicata sfilano con vestiti da sera leggerissimi e scollatissimi.
Ciò che attira di Berlino è il fatto che la città è sempre stata al centro della storia: dalle vicende prussiane, ai giorni drammatici del nazismo, fino al periodo della guerra fredda; è lo si può notare facilmente nei suoi punti di attrazione turistica. Forse a causa del suo difficile passato la città si è aperta ad uno spirito innovativo di sperimentazione (nell’arte, nel design, nella musica) e di tolleranza (a meno che non passeggiate sulla pista ciclabile).
Il giorno successivo, invogliati da una giornata di sole, visitiamo la East side gallery. Dei 170 chilometri di muro originariamente costruito rimane un solo tratto lungo 1.300 metri che è diventato la East side gallery, una metafora di come la politica e l’ideologia possano dividere l’umanità. Artisti di tutto il mondo hanno manifestato il loro entusiasmo e la loro creatività con più di 100 murales: quello che ci è piaciuto di più raffigura una Trabant che sfonda il muro.
Ci rechiamo poi in Alexanderplatz che è un esempio tipico di architettura del socialismo reale: palazzi insignificanti, viali mediocri, molto asfalto e niente natura; sulla piazza svetta l’enorme sfera del Fernsehturm, la Torre Televisiva.
Dopo aver fatto più di un’ora di coda per comprare i biglietti ci comunicano che il tempo di attesa per la salita sarà di un’altra ora.
Ne approfittiamo per andare a mangiare il piatto tipico della città il Currywurst apprezzato molto anche dalla cantante Madonna; quando scopriamo che l’acqua costa praticamente più della birra decidiamo di andare al risparmio.
L’offerta gastronomica della città è immensa e riguarda tutte le cucine del mondo; noi passiamo con disinvoltura dai Kebab (ottimo quello di Hasir), alle peccaminose fette di torta, ai panini, alle zuppe vietnamite che hanno un effetto ayurvedico dopo tanti grassi.
Torniamo alla torre che è alta 365 metri, il suo ascensore sale alla velocità di 6 metri al secondo ed è il più veloce d’Europa e ci aiuta a “mandare giù” il Currywurst. La sfera di acciaio posta sotto l’antenna produce un riflesso a forma di grande croce, che ha provocato non poco imbarazzo ad un regime non religioso. L’effetto di luce è stato soprannominato dai berlinesi “La rivincita del Papa”.
Trascorriamo il pomeriggio a passeggiare all’interno degli centri commerciali dal design futurista di Friedrichstrasse. I centri sono collegati tra loro da passaggi sotterranei.
Ceniamo, a base di pesce fresco, in uno dei tanti banchi dell’enorme magazzino KaDeWe, il cui motto è: se non ce lo abbiamo probabilmente non esiste. Il reparto più fornito e che vale la pena di visitare è quello del gourmet.
Il terzo giorno raggiungiamo l’isola dei musei, dove di trova anche l’imponente Duomo e visitiamo il museo archeologico Pergamonmuseum (che consigliamo) all’interno del quale si trovano la ricostruzione dell’altare della città turca di Pergamo, la porta del mercato di Mileto e la strada processionale di Babilonia lunga 30 metri.
Raggiungiamo poi Gendarmenmarkt che è forse la più bella piazza della città. Il Duomo francese e il Duomo tedesco si trovano ai lati del teatro Schauspielhaus, edificato dal famoso architetto Schinkel.
In città ci muoviamo facilmente con la metropolitana; abbiamo fatto un abbonamento piuttosto conveniente (Berlin Welcome Card) che ci consente di ottenere sconti in alcuni musei, ristoranti e negozi. Le stazioni della metropolitana non presentano barriere, evidentemente i tedeschi hanno fiducia nell’onestà delle persone (o nella percentuale sulla multa corrisposta ai controllori nel caso in cui qualcuno venga pizzicato a viaggiare senza biglietto).
I bagni pubblici sono rari e non sono gratuiti; il meccanismo automatico di pagamento è complicato in modo proporzionale all’urgenza determinata dalla combinazione di birra e freddo.
Trascorriamo il pomeriggio a vagare tra i vicoli dello Scheunenviertel, che si trovava nella parte est della città, in cui ci sono negozi gestiti da proprietari indipendenti, gallerie d’arte e locali alternativi e di tendenza. Nella ex parte ovest della città si trovano invece i locali più lussuosi.
Il giorno successivo uno sciopero dei mezzi di trasporto (sì, succede anche in Germania!) ci ha impedito di raggiungere il Castello di Charlottenburg;
Torniamo allora ad occuparci di storia, questa volta di quella del rock, e grazie ad una visita guidata da Thilo Schmied di Fritz Music Tours, andiamo a visitare gli Hansa Studios, dove hanno registrato Bowie, gli U2, Iggy Pop, i Depeche Mode, ecc.. “L’amico Fritz” ci racconta alcuni aneddoti interessanti, come ad esempio come gli artisti cantassero nudi nel mitico studio 2 illuminato solamente da candele, per poter aprire meglio la loro anima al canto.
Nel pomeriggio, a seguito di un impulso anarco-punk, visitiamo la Kunsthaus Tacheles, un’area gestita da un collettivo di artisti squat auto organizzato.
Entriamo in un edificio fatiscente e maleodorante, ricoperto di graffitti nel quale però riusciamo ad a intravvedere qualche sprazzo di vera arte.
Un’ultima considerazione riguarda la sfrenata vita notturna della città; noi abbiamo assistito allo spettacolo multimediale dei Blue Men che non è esattamente un’opera berlinese; è di notte che i Berlinesi danno sfogo alle loro fantasie eccentriche e disinibite dando prova della loro tolleranza (a meno che non si arrivi ad uno spettacolo in ritardo).