La Pampa, la sconfinata terra dei Gauchos di prima parte
In macchina dispersi nell'immensa 'Pampa' argentina, alla scoperta di capolavori della natura e dell'uomo...
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È il 22 luglio. L’arrivo all’aeroporto di Buenos Aires è l’immagine di un brutto risveglio dopo una notte travagliata. Le poche ore di sonno rannicchiato su un sedile, mi fiaccano il cervello. La calca agli arrivi internazionali è soffocante, qualche minuto per cambiare i primi pesos poi di corsa a ritirare la macchina. Una Citroen Berlingo che d’inverno ne ha già visti più d’uno, ma il contachilometri, probabilmente ritoccato, li nasconde molto bene. Primo trasferimento verso Cordoba, verso nord-ovest. Come ci appare subito chiaro, la strada sarà un compagno di viaggio instancabile qui in Argentina. Nove ore di rettilineo e qualche semicurva, spezzato ogni centinaio di chilometri da una rotatoria immersa nella pianura della Pampa. E “pianura”, dopo questo viaggio, assumerà tutto un altro significato. Una pianura sconfinata, sembra quasi di vedere la terra piegarsi di fronte e di lato. Arriviamo in serata e l’alloggio piacevole ci fa scordare la fatica di quasi 2 giorni di viaggio ininterrotto. Poi a cena, iniziamo nel modo peggiore in un “all you can eat” dove chi, come me, non riesce a gestire i languori dettati da file interminabili di vassoi, si arena dopo un quarto d’ora di scorpacciata. È mattina (23 luglio), colazione in un bar retrò convenzionato con l’hotel e via alla scoperta della città. Bisogna dimenticarsi di venire dalla vecchia Europa; la città non è preparata per orde di turisti come qualunque capitale europea o qualunque città degna di nota. Cordoba, al contrario, appare come una città moderna, vissuta e molto viva sin dalle prime ore della mattina. Si alternano grandi palazzi a edifici e piazze più “caratteristiche” del Sud America. Con nostro grande rammarico apprendiamo dall’ufficio informazioni che sabato e domenica gli argentini fanno festa, ci sembra di capire dal tono o dalla poca voglia delle commesse che sia un usanza tutt’altro che sporadica in Sud America; quindi musei chiusi, tutto rimandato a lunedì. Comunque l’inverno caldo argentino ci guida senza sosta per tutta la mattinata fino a scoprire la perla di Cordoba, il quartiere gesuita con la prima, la più antica, università argentina. La visita guidata ci mostra il patio e le aule dove tutt’ora si tengono le lezioni e un museo tra cui spicca il registro delle punizioni agli studenti. All’uscita l’aria si è fatta ancora più calda; sembra l’ora giusta di concedersi uno spuntino e di rinfrescarsi un po’, saranno oltre 20 gradi (ma non doveva essere inverno?) e ci fermiamo per un aperitivo a base di “Empanadas” e “Quilmes”, la birra più rinomata in Argentina. Ottime le “Empanadas” del Rincon, tanto che raddoppiamo la dose sia di cibo che di bevande e un’idea comincia a circolare nel gruppo, perché non partire nel pomeriggio alla ricerca di qualche estancia gesuita? In fondo, abbiamo appreso, è il motivo per cui Cordoba è patrimonio Unesco. Bene, altre due “Empanadas” e ci mettiamo in viaggio. Sebbene i chilometri non siano molti (70?) gli ultimi 15 sono su uno sterrato degno di un rally, ma tutto sembra aggiungere fascino ad una ruta per sierras (finalmente un paesaggio collinare) osannata dalle guide che abbiamo con noi. In realtà il bel paesaggio intorno Cordoba “punteggiato di paesi caratteristici” è diventato un rifugio turistico con belle villette e strade pulite (incredibile aspetto, questo delle strade pulite, pari solo al ricchissimo New England statunitense). Pittoresca la Estancia de Santa Catalina che però, essendo sabato, ci viene fatta visitare solo a metà. Un Cristo seduto con le ginocchia artritiche ci viene presentato come il vero “protagonista”. Un Cristo seduto non rappresentato in nessuna chiesa italiana (giura la guida intraprendente), tanto meno con le ginocchia artritiche dovute al lavoro nei campi. Non dimentichiamo che le estancias gesuite erano fondate sul lavoro degli schiavi, piegati tutto il giorno nei campi. Da qui le ginocchia. Saranno le 17, fa caldo per essere inverno (saremo ancora intorno ai 20 gradi) per cui una merenda è d’obbligo. Il ‘ristorantino’ fuori la estancia non ha niente a che vedere con il rinomato ristorante a 5 stelle indicato nelle guide (ma chiuso per bassa stagione), d’altronde non era quello che cercavamo. Il formaggio fresco e il salamino non ancora stagionato accompagnano degnamente la solita birra (vero leitmotiv della vacanza), il locale ci affascina con i sui scaffali ‘precari’ e un cliente abituale che intrattiene ‘los italianos’ con lunghi discorsi sui calciatori argentini che hanno fatto carriera nel Bel Paese. Tornati in città dedichiamo ancora qualche ora alla visita di Cordoba e devo dire che l’atmosfera che si respira tra centinaia di bancarelle improvvisate e la gente che a tutte le ore del giorno riempie le strade ci lasciano un ricordo molto gradevole della città.