Marrakech El Hamra

Una settimana a Marrakech, con escursione sui monti dell'Atlante, con visita alla capitale berbera,ed ai siti più belli. Impressioni, sensazioni, emozioni.
Scritto da: connemara
marrakech el hamra
Partenza il: 06/12/2010
Ritorno il: 12/12/2010
Viaggiatori: '2
Spesa: 2000 €
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Viaggio in Marocco

Indice dei contenuti

Di Susanna La Valle

E’ dicembre qui fa freddo. Partiamo una mattina uggiosa e grigia. Direzione: Marrakech.

Prima di partire abbiamo letto di tutto, abbiamo studiato, organizzato pianificato tutto o quasi, siamo pronti a mercanteggiare, abbiamo fatto cartine per non perderci nei suk. Sappiamo che farà caldo,circa 30 gradi o giù di lì, abbiamo tenuto sotto controllo le valigie per permettermi di riportare souvenir a go’ go’ . Il viaggio dura due ora e mezzo, che passano velocemente nell’attesa di sentire il primo soffio d’Africa. Arriviamo che a Marrakech è già notte. Dall’aereo si vedono gruppi di luci scintillanti nel nulla. L’aeroporto è piccolo ma molto curato. Recuperate le valigie affrontiamo il primo problema con relativo esame, come arrivare al Riad Nashrim.

Usciamo fuori dall’aeroporto, l’aria è calda, c’è vento. Provo la sensazione di trovarmi vicino la sabbia, di cui potrei descriverne anche l’odore secco e dolciastro.

Tramonta in fretta l’idea del pulmino, sembra che alle 8 di sera non ci sono più. Ci avventuriamo così nella nostra prima esperienza di contrattazione. I tassisti incominciano con una cifra per noi ridicola ma per il posto assolutamente esorbitante, ci seguono in questa trattativa una famiglia di italiani che devono raggiungere un albergo appena fuori Marrakech. Propongo a Francesco una cifra, pensando di sfangarla, ma niente da fare. Alla fine il prezzo lo fanno loro, meno di quanto proposto, ma sicuramente una fortuna per il posto. Del resto c’è poco da mercanteggiare hanno fatto cartello e noi non possiamo fare a meno del taxi se non vogliamo rimanere in aeroporto fino a domani mattina. Proviamo a consolarci dicendo che comunque l’abbiamo fatto scendere sul prezzo.

Il taxi ha i tappeti da preghiera internamente, ed il tassista non è molto gioviale. Percorriamo un lungo viale che ci porta nella Marrakech nuova, e dopo un piccolo tratto vediamo i bastioni con le porte della città imperiale. Le mura dei bastioni sono spesse e rosse. Dalle nove porte entrano ed escono come da un formicaio uomini, donne, carretti, improbabili motorini, muli, cavalli, dromedari.

Attraversiamo la porta principale e dopo aver girato un angolo il tassista ferma la macchina dicendoci che lui non può proseguire e dovremo andare a piedi. Stranamente si ferma proprio davanti ad un gruppetto di ragazzini con un carretto a mano.

Non facciamo in tempo a scendere è già hanno caricato le nostre valigie. Sono contrariata, dico a Francesco di chiedere quanto vogliono, ma ormai è fatta si lanciano attraverso un vicolo stretto e noi a corrergli dietro.

Le strade sono pavimentate nella città vecchia anche se vi sono parecchie buche. Giriamo per alcuni angoli ed imbocchiamo un vicolo con la pavimentazione divelta, si vedono buche e tubi. Staranno facendo i lavori, o forse stiamo cadendo in un agguato? Sono in ansia, ma non dico niente a Francesco. Per fortuna girando in un altro vicolo arriviamo davanti ad un portone, è il nostro Riad.

Suoniamo ed i ragazzini ci chiedono la stessa cifra che abbiamo dato al tassista che ci ha portato in macchina, e non contenti vorrebbero anche un ulteriore mancia perché a portare il carretto erano in tre. Perdo la calma squadro i ragazzotti e dico a Francesco di non dare altro, i tipetti alzano la voce, ci viene in soccorso un tipo che apre la porta al Riad. Riesce a “salvarci” , anche se non ci aiuta a scendere sul prezzo. Francesco mi consola dicendo che comunque senza di loro non avremmo trovato il Riad.

I Riad, le antiche dimore signorili dei Marrakchi, comprate per pochi soldi, il più delle volte da francesi, adesso ristrutturati e diventati piccoli alberghi.

L’interno della nostra nuova casa è sbalorditivo. C’è un chiostro con una bellissima fontana gorgogliante, sul patio scoperto, in alto una balconata con diverse porte, sono le stanze. Il tizio che ci ha aperto ha una specie di pigiamino – divisa e le tipiche babouches ai piedi. Ci accompagna al piano superiore Dalla balconata superiore il chiostro inferiore sembra ancora più bello, con la fontana , le colonne, i tavolini con le sedie in ferro battuto. In alto il cielo stellato .

Sulla balconata tante porte e fantastici lampadari pieni di vetrini colorati . La nostra stanza non è molto grande.troneggia un pesante letto in legno scuro con due comodini in legno cesellato, ed una bifora con archetti che si apre sulla balconata esterna. Il lampadario è bellissimo ed anche il bagno con le sue piastrelline colorate, le Zellij .Lasciamo le valigie e decidiamo di andare a cenare nella piazza Patrimonio Immateriale dell’Umanità: Jema El Fna.

Prima uscita su Marrakech, “ La Rossa”, riprendiamo il viottolo stretto e giriamo un paio di volte. C’è tanta gente per strada e questo ci rassicura, donne, bambini, uomini e ragazzi.tutti passeggiano o fanno la spesa. Le donne indossano dei vestiti lunghi, i Kaftan sono lucidi con colori accesi impreziositi da passamanerie e ricami. ma non tutte sono coperte in viso. La piazza Jemaa El Fna non è proprio vicina. E’ Un catino di persone intente a vendere e fare spettacolo: tatuatori con l’hennè, orafi, cantastorie, venditori d’acqua, giocolieri, bancarelle di spremute, venditori di frutta secca, incantatori di serpenti, danzatici del ventre e poi tanta, tanta musica assordante fatta di tamburi e strani mandolini, un mosaico di motivi, africani, andalusi, mediorientali.

Ci tirano da tutte le parti E nonostante tutte le precauzioni ci fregano subito. un tizio con una scimmia si avvicina ed io commetto il grande errore di voler accarezzare la manina della scimmia (impressionante …..)… la bestia fetente ci mette un attimo a saltarmi sulla testa. Il babbuino è addestrato e posizionato sulla mia testa e incomincia a spulciarmi, a mordicchiarmi le unghie appena provo a mettere la mano per levarmela di torno. Il tizio ci dice di fare una foto, e lì capiamo la fregatura, vuole dei soldi. Francesco gli dice di togliere la scimmia, il tizio chiede 20 Dirham quanto il tassista, quanto i ragazzini…..E’ chiaro che qui sono tutti per fregare i turisti polli come noi. Francesco gli offre 5 dirham per la foto e lui risponde che deve comprare da mangiare alla simpatica bestiola…., commento di Francesco “ Ma quanto mangia sta scimmia?” La situazione sta diventando paradossale il tizio non vuole levarmi la bestia dalla testa se non lo paghiamo, alla fine accetta anche se visibilmente scocciato (Lui…) 10 Dirham, un furto! Non so ma la bellezza di questa piazza così famosa non la cogliamo, vediamo che gli altri si divertono un mondo, noi ci sentiamo a disagio nella confusione e nell’aggressione continua. Baraonda e caos.tra l’altro siamo capitati con il festival del cinema, e alle voci, alle musiche dei cantastorie si mescola l’alto parlante, il Patrimonio Immateriale dell’Umanità per noi è scioccante. Decidiamo di mangiare. ci facciamo catturare questa volta consapevolmente e rassegnati da uno dei banchi sulla piazza che espone montagne di carne e pesce. Mangiamo ma con controvoglia, non siamo soddisfatti, non apprezziamo, anche se vedo comitive di italiani che invece si divertono un mondo. Faccio un confronto e ripenso al freddo di Skagen in Danimarca alla differenza siderale di questi due posti, anche lì ho cenato di sera, annuso l’aria qui è carica di odori dolciastri , mandorle tostate , pistacchi, succo d’arancia , datteri, confronto con il fresco profumo di sale, profumi lieti e discreti, ci guardiamo con Francesco e decidiamo che questa piazza proprio non è per noi. Dopo aver ricevuto l’ennesimo furto da parte del ristoratore, decidiamo di tornare al riparo nel nostro spettacolare Riad, silenzioso e fresco . Riprendiamo la strada del ritorno, non siamo vicinissimi, ma non ci perdiamo. Sono preoccupata per l’ora , ma scopro che invece qui è tutto tranquillo, le donne anche se coperte camminano anche senza uomini, bambini festanti anche se è notte tarda, sgambettano vicino le madri. Giovani con motorini sfrecciano per i vicoli. Torniamo al Riad le mie paure sono infondate, qui è tutto tranquillo.

Saliamo nella nostra camera, al primo piano, nella balconata prima di entrare guardo in alto sul tetto inesistente, il cielo è terso e si vedono le stelle. Ci addormentiamo. ci svegliamo prestissimo con il richiamo alla preghiera, alle prime luci dell’ alba : “Allah Akbar”, Dio è grande, è veramente grande. l’emozione che ci regala è intensa e mi commuove fino alle lacrime. Ci alziamo dal letto e guardandoci stupiti ci lasciamo cullare dalla voce del Muezzin che cantilena la preghiera . Tutto è silenzio, il frastuono della piazza Jemaa El Fna è un ricordo lontano, questa è la magia che cercavamo.

Siamo eccitatissimi non vediamo l’ora di vedere alla luce del giorno il Marocco che abbiamo sempre sognato. E’ dura aspettare le 8, proviamo a dormire un altro po’, fino ad arrivare alla colazione che ci servono intorno alla fontana. Una colazione a base di Te, marmellate dolcissime , dei Muffin fritti molto buoni, e tanto succo d’arancia. Che bello provo ad immaginare la vita in questa casa . Esternamente questo posto si presenta con un anonimo cancelletto in fondo ad un vicolo sterrato circondato da mura senza intonaco. Quando varchi la soglia del cancello scopri un mondo raffinato e ricchissimo di stucchi, lampadari multicolori, profumi e bellezza, tanta bellezza. Da qualche parte ho letto che questo popolo molto scaramantico preferisce lasciare l’esterno spoglio è poco curato per non creare invidia ed attirarsi l’energia negativa. Il paradiso di lusso e magnificenza è ad uso e consumo dei padroni e amici, per il mondo esterno tutto è ben celato e nascosto. Finita la colazione decidiamo di esplorare il Riad, andiamo all’ultimo piano e scopriamo una bellissima terrazza che dà proprio sui tetti di Marrakech. Ci sono sdraio e un salottino con puff. ci facciamo delle foto, fa caldo ed è anche un po’ nuvoloso, ma è bellissimo. I tetti sono spogli e vediamo che le case sono tutte con muri sporchi e sberciati, ma ormai lo so, quello che vedo esternamente potrebbe nascondere nei suoi interni una reggia con tanto di odalische e servitori. Respiro l’aria dell’Africa .

Pronti ad affrontare la città usciamo con tanto di navigatore, raccomandandoci di non perderci di vista pronti ad affrontare il Suk. Passando per la strada che avevamo fatto la notte prima ci accorgiamo che questa mattina è un grande mercato dove si aprono piccole botteghe, divisi per genere. c’è quella che vende legumi, il carretto con una montagna di menta , non resisto la compro anche se non so bene cosa ne farò. Il negozio della carne “vivA” , nel senso che hanno galline e galli chiusi in gabbie, che vendono pesandoli e consegnandoli alle donne legati per le zampe a testa in giù. Poi Capre, pecore ed altri animali . Poi ci sono quelli che dovrebbero essere i supermercati , sono bugigattoli dove c’è di tutto. Le donne sono impegnatissime. hanno quasi tutte il Kaftan che copre i vestiti ma da sotto escono scarpe occidentali con il tacco. I colori sono squillanti e le stoffe sono bellissime. Proseguiamo, senza avere una meta . i nostri progetti di seguire un filo conduttore è già andato a farsi friggere. basta girare un angolo, e non sai più dove sei.

Giriamo varie volte e ci ritroviamo dietro la piazza Jemaa El Fna , qui ci sono i negozi con i sarti che cuciono le vesti , li vedo all’opera dietro le macchine da cucire , con in bella vista le stoffe. Ora mi accorgo che anche gli uomini portano la veste ,la Djellaba con in testa la papalina bianca di cotone e ai piedi straordinarie babbucce giallo ocra.

Ma come trovare il suq delle babouches, la strada che stiamo facendo è quella della piazza , forse da lì capiremo qualcosa . Mi faccio attrarre da un artigiano che lavora il legno , ci vende una scatola con trucco , nel senso che per aprire lo scrigno devi aprire cassetti e cassettini nascosti. Lo shopping è iniziato, Francesco è preoccupato io pericolosamente esaltata.

Arriviamo alla piazza , che ora è tranquilla sono sparite le bancarelle , i ballerini i cantastorie, le Scimmie! Giriamo e ci ritroviamo all’interno dei Suk. Le botteghe sono una di seguito all’altra , tutti ti chiamano e ti spingono ad entrare, compro le mie babouches . Sono coloratissime di pelle morbida , ci sono quelle per casa morbidissime e senza suola , e quelle per camminare fuori. Decisamente qui non deve piovere ,se vanno in giro con queste pantofole .

Immagino che la vita dentro queste pantofole è per gente che sta bene e che non si deve stancare molto e soprattutto non ha fretta. Ciabattare durante tutto il giorno è un lusso che sicuramente noi occidentali non possiamo neanche immaginare , qui si và piano non si corre.

Camminiamo, siamo un po’ in ansia in questi vicoli stretti e terrosi bisogna stare attenti perché riescono a passare macchine, motorini , carretti con muli. Le macchine ed i motorini corrono incuranti della gente che cammina. Siamo terrorizzanti , ci schiacciamo contro le mura e siamo sempre pronti con la coda dell’ occhio a guardare cosa sfreccia alle nostre spalle.

Zig zagando, mi accorgo che qui sono tutti incuranti del caos, e dopo un po’ di inziale paura entro in quella sorta di spirito fatalista che ho visto negli altri e non mi interesso più dei rumori di motore , cammino indifferente e mi accorgo che sono guidatori bravissimi pronti a fare manovre anche in spazi impossibili, macchine scassatissime , carretti con muli , motorini smarmittati modello “Califfo” riescono a superarmi senza farmi scansare e darmi alcun fastidio.

Senza saper come ci ritroviamo al Suk dei tintori, ormai la mia piantina dei suk è andata a quel paese, qui bisogna dimenticare di fare un percorso. Entro in una bottega e vedo dei colori bellissimi. Ci sono sciarpe , foulard dai colori incredibili. Chiaramente rimango affascinata dall’Indaco usato dagli uomini del deserto i Tuareg, per le loro vestiti , un colore ricavato da una pianta . Il colore fissato in maniera naturale , scambia sulla pelle del viso e delle mani, tanto da far diventare questo popolo famoso come gli Uomini Blu.

Qui parlano italiano , inglese , francese , mi fanno vedere come lavorano la tinta e scopro anche la seta marocchina , ricavata dai filamenti delle foglie della pianta di Agave qui non hanno i bruchi. Imparo a farmi il turbante dei tuareg, il tagelmust indaco e nero, e dopo aver contrattato , ma neanche tanto , non sono proprio capace, riprendiamo la strada dei Suk.

Comprerei qualsiasi cosa , ma Francesco mi controlla , è quasi seccato da tutto questo frastuono ed è convinto che io non so trattare . Ora nelle mie mire è trovare il suk dei farmacisti voglio comprare tutti i rimedi possibili ed immaginabili, mi sono documentata è so che ci sono viagra naturali, semi di cumino che tolgono il raffreddare se ispirati, fiori d’arancio contro la febbre, essenze , e amuleti…..E’ strano questo posto se giri alla fine riesci trovare , quello che vuoi , ti ci trovi per caso, così arriviamo nella bottega dove compriamo essenze e fiori d’arancio.

Qui avviene la nostra prima vittoria contro questi infamoni ricattatori, il tizio ci chiede un prezzo esorbitante e noi ce ne andiamo sdegnati…..Giriamo un angolo e ci sentiamo toccare sulla spalla il ragazzo del negozio è lì con la nostra bustina degli acquisti , pronto ad accettare quanto abbiamo offerto. Francesco è raggiante, ed io contenta , proseguiamo nel suk dei farmacisti , è una serie di botteghe con dentro vasi di vetro , dove è possibile trovare di tutto , anche niente ma che viene venduto per quello che cerchi. Ci sono erbe strane , colori naturali , anche il mio amato indaco, liquidi ,zampe di lucertole , e gekj grandi vivi, essenze di qualsiasi tipi, strane cose che potrebbero essere indifferentemente animali, piante, o radici, poi tanto te alla menta, zafferano a sacchi. Una tra queste botteghe è speciale , gestita da una cooperativa femminile, vende l’olio d’Argan. E’ un olio particolare , deriva dalla spremitura delle deiezioni delle capre che mangiano un particolare tipo di arbusto. L’olio è un antirughe naturale , ed un ottima crema per i capelli. Devo essere sincera l’aver letto l’origine , mi trattiene dall’acquisto.

Il Suk dei farmacisti è un posto fantastico. Entriamo in un altra di queste botteghe, qui perdiamo il controllo, il tizio ci vende di tutto , ed io non contenta ho anche l’infelice idea di dire che cerco amuleti. Chiaramente il tizio dichiara di essere il più grande fattucchiere del mondo ed è disposto a fare degli amuleti , “para merda e para sfiga”, in particolare mi consiglia per me quello contro la gelosia e l’invidia delle donne, ( ce ne vorrebbero chili…..) a Francesco quello per avere tanto denaro, ed uno generale per la casa. Il tutto per 100 Euro , un’autentica fortuna per lui e per noi polli.

Non abbiamo i soldi , rimaniamo che ci porterà nel pomeriggio la roba al Riad e noi lo pagheremo. Io sono troppo convinta , Francesco un po’ meno ed il tizio che ha capito che la persona da convincere è Francesco , racconta che questo amuleto lui l’ha fatto per un albergatore di Rapallo , che ogni anno torna a farselo rifare , il suo albergo è il primo della città e ne sta aprendo un altro , ci dice nome , cognome ed indirizzo , penso “ non può essersi inventato tutto…..”

Ho una busta piena di roba , olii essenze , polveri afrodisiache , radici di mandragola , filtri d’amore per le donne , lui dice che assicura “ Cavalcate per tutta la notte “ , questo convince Francesco ……Kayal, spezie per ogni tipo di malanno , profumini ed il mio amato Indaco , un solo pezzetto….Costa una fortuna.

Se qualcuno volesse trovare il posto, il negozio si chiama “Spice Shop” di Aitoukdir, se ci capitate chiedete che fine ha fatto l’albergatore di Rapallo…….(!)

Stiamo per uscire carichi di pacchetti, quando il tizio ci dice , se vogliamo vedere una vecchia casa con Harem , che per “caso” ospita la vendita di tappeti, ci assicura che non siamo costretti a comprare , e noi ingenuamente ci lasciamo convincere , ci accompagna un tipo, che ci raccomanda di tenerci a distanza e non far capire che lo stiamo seguendo . La cosa ci sembra strana , ci dice che la polizia controlla , non riusciamo a capire perché … Ma facciamo così. Il tipo con fare sospetto cammina senza voltarsi , e noi lo seguiamo a distanza . Arrivati al posto non entra nemmeno, ci fa un accenno saluto con la testa e sparisce. Dentro ci accolgono con i veri e propri salamalecchi , mi fanno accomodare nella stanza delle concubine , su una montagna di cuscini, ricchissima di Zouak, sono motivi floreali dipinti sul legno di cedro dell’Atlante. Io sdraiata sui cuscini assisto allo spettacolo dello srotolamento dei tappeti ai miei piedi . I pezzi sono stupendi, ma i prezzi sono improponibili per noi , poi c’è anche la faccenda che non saprei come portarmi un tappeto su Ryan-air. Il proprietario ci dice però cose interessanti, ci dice che i tappeti vengono tessuti solo dalle donne , perché sono pazienti , hanno la pazienza di aspettare 9 mesi per fare un bambino….Ci spiega dei nodi , colori , tessuti. Io sempre seduta sui morbidi cuscini non resisto e tra i tappeti ne vedo uno di cotone giallo , che può servire anche da tovaglia, il prezzo è alto ma contrattiamo fino allo spasimo ed alla fine crediamo ( poveri illusi ) di aver strappato l’affare , il tipo chiede però un extra da dividere con l’operaio che srotola i tappeti , dice che gli è appena nato un figlio…..Insomma come degli allocchi siamo caduti nelle mani del “ Venditore di Tappeti” eppure è un modo di dire ….Niente… cascati in pieno. Andiamo a pagare , hanno la carta e ci fanno un pacchettino piccolo , ce lo pesano pure . Io sono assolutamente drogata dalla situazione , ci offrono il te alla menta e il tizio parla , parla ……unica cosa bella , l’augurio del tipo alla cassa, ci augura che questo tappeto possa essere testimone della felicità della nostra famiglia. A me mi fregano con poco un augurio come questo ed io compro qualsiasi cosa . Francesco è nero non è convinto per nulla. Il tappeto ci costa 300 euro.

Sono quasi le due e mezzo e non abbiamo mangiato nulla. Troviamo sulla strada un posto carino dove finalmente pranziamo bene , si chiama “Le Bougainvillier” prendiamo il tipico Tagjine, uno stufato di pollo o agnello con ceci, salse e cus cus cucinato in una piatto di coccio con coperchio conico.

Siamo sfiniti ci lasciamo andare sui divani carichi di roba e senza soldi, è vero qui le cose costano poco ma dipende quante ne compri , noi abbiamo finito il contante. E’ tutto buono ed il posto è veramente bello ha una corte piena di fiori e divanetti , le cameriere molto carine si aggirano fra i tavoli, una è scollaciata , ma con il foulard in testa . Sui muri ci sono gabbiette con cardellini gialli che cantano.Finito, raccogliamo tutta la roba e torniamo in albergo . Dobbiamo riposarci siamo cotti , e poi alle 18.00 arriva il fattucchiere con gli amuleti.

Memori della sera prima , chiediamo di cenare in albergo, non ce la possiamo fare ad un’altra cena in piazza. Ci lasciamo andare sul letto mentre sentiamo il richiamo alla preghiera del pomeriggio. Francesco non è convinto per come è andata la giornata, e temiamo l’arrivo del fattucchiere. Questo si presenta puntualmente alle 18,00 con un sacchettino, riusciamo a pagare ed il tipo ci dà un sacchetto di cuoio sigillato che dovrò portare io , lo lascerò a mia figlia Livia , se sta bene Lei sto bene anche io è come se avessi vinto al superenalotto. Ci dà poi un miscuglio strano di erbe , conchiglie , e chissà cosa altro , che dovremo bruciare a casa. Per Francesco una pasta marrone indecifrabile che dovrà mettere sotto la scarpa quando cammina. Ci consegna tutto si prende i soldi , ci benedice e se ne và.

Io sono entusiasta , Francesco è nero , ma mi accontenta e prova a crederci, ma gli leggo in faccia che sente tutta la fregatura.

Io voglio credere, ho le mie ragioni per crederlo , il problema è che siamo stati troppo polli , e qui non hanno un grande rispetto per quelli che si fanno fregare. Rimaniamo questa sera in albergo ceniamo con tutta tranquillità serviti dal cameriere con divisa e babbucce ai piedi . Guardiamo la televisione vediamo la partita sul pc ed infine andiamo a letto. Sogno magiche pozioni, sortilegi per tutta la notte.

La mattina Francesco è nero , da ora in poi mi dice che prenderà in mano la situazione. Mi adeguo e decidiamo di lasciar stare i mercati andiamo a vedere il Giardino di Yves Saint Laurent. Attraversiamo i noti vicoli rossi e usciamo da una delle porte di Marrakech , è una strana sensazione , fuori dalla città vecchia , ci sono strade , un mare di macchine , semafori, palazzi , mi rendo conto che siamo rimasti chiusi in un piccolo mondo , Marrakech è anche questa, allontanandomi dalla porta , riesco a vedere il colore incredibile delle mura. Nel cercare il giardino ci viene in mento di fare qualche escursione ci prenotiamo per il giorno dopo un autista e macchina per andare sui monti dell’Atlante alla ricerca delle medine, delle città di fango e dei berberi. Il prezzo è onestissimo, ma non ci rendiamo conto che il viaggio è di diverse ore . Il tipo parla solo Francese , e non capiamo bene. Quindi dopo aver girato ed esserci persi un paio di volte , riusciamo ad arrivare ai giardini. E’ una giornata calda, afosa , e girando per la città nuova lo smog ti prende alla gola.

Questi giardini una volta di proprietà del pittore Mayorelle, furono acquistati dallo stilista che ne fece una fondazione . Ci sono piante esotiche tipiche di questi climi .

Entrando troviamo un canneto , fanno un suono incredibile le canne agitate dal vento sembrano delle piccole percussioni suonate da mani invisibili . Il giardino non è grandissimo ma bellissimo, un’autentica oasi di pace blu.

Piante grasse ed esotiche di tutti i tipi , orci color indaco da dove si affacciano piante con foglie carnose di un verde smeraldo, la scelta cromatica mi affascina, il tocco dello stilista permea tutto. Giriamo fra le aiuole tutto sa di armonia, misura , classe, stile. Marrakech è stata città da sempre amata dalle star del cinema e dai stilisti, che ne hanno fatto la loro dimora da favola

Mi accorgo di essere vestita con lo stesso colore scelto da Saint Laurent, mi sento benissimo con questo colore indaco, e dalle foto si vede la mia serenità. Questo piccolo polmone verde in mezzo allo smog è bellissimo, passeggiando tra le aiuole , archetti muretti decorati a mosaico , ci si sente bene, blu e verde ti scorrono intorno e forzano i blocchi energetici per pulire e tonificare. Usciamo e veniamo travolti dal vento caldo , chiedo a Francesco una cosa che avevo sognato di fare , quando preparavo il viaggio, fare un giro in carrozza intorno alle mura. Fuori alla villa ce ne sono diverse, chiaramente sparano prezzi incredibili , ma ormai Francesco è diventato un marocchino e riesce a trattare un prezzo accettabile. Montiamo sulla carrozza scoperta , i sedili sono di velluto rosso e sulla base ci sono incredibili tappeti damascati. Partiamo, il cocchiere è gentile e ci spiega la strada. Come sono contenta mi sento una regina, guardo il mondo dall’alto del mio cocchio e vedo banchetti stracarichi di arance enormi , donne velate che fanno la spesa , sulla strada ci supera un motorino con due adulti e 3 bambini tutti aggrappati e chiaramente senza casco. Poi è la volta di un autobus con abbarbicati al cofano una serie di ragazzini che scroccano il passaggio.

Incominciamo il giro delle mura , con questo caldo sembrano ancora più intense nel loro colore rosso . Passiamo davanti all’Hotel più famoso il mitico Moumia , residenza di lusso di statisti ,attrici, ed artisti. All’entrata ci sono guardie che controllano ogni ingresso. Ho letto che un te qui può costare anche 20 euro , è un lusso che vorrei provare , ma è richiesto un abbigliamento formale ed elegante , non abbiamo tempo e non abbiamo i vestiti adatti. Continuiamo il nostro giro ed entriamo da una porta che ci porta direttamente nella piazza Jemaa el Fna. Il giro è costato poco , ma il tipo ci ha comunque fregato il tragitto ci è sembrato troppo breve. Va bè pazienza , mi sono comunque divertita un mondo. Scendiamo è ora di pranzo , diamo una seconda chance alla piazza, ora tranquilla.

Troviamo un ristorante , sotto la grande terrazza che si affaccia sulla piazza, terrazza che sarà oggetto dell’attentato di alkaida a maggio ( la cosa a distanza ci ha impressionato molto….). Il ristorante è molto carino , con soffici puff e bassi tavolini. Ordiniamo i soliti tajin , preoccupandoci di chiedere se prendono la carta , come al solito siamo rimasti senza contanti. Mangiamo e ci rilassiamo, fino a quando non arriviamo al pagamento, qui si apre il problema , i tizi pur di farci entrare, hanno omesso che il circuito della carta non funziona bene . Sono arrabbiata , ma non c’è niente da fare dobbiamo andare a trovare il contante, vado per alzarmi per seguire Francesco ma vengo fermata. Devo rimanere in ostaggio dei marocchini. Sono furiosa , non mi trattengo e quasi urlo , nella più assoluta indifferenza dei camerieri che mi lasciano sbollire senza degnarmi di uno sguardo, ma ben attenti che rimanga seduta al mio tavolino. Francesco torna dopo un quarto d’ora , paga , usciamo sdegnati. Scopro che Francesco non è andato da nessuna parte , aveva i soldi ma non voleva dare gli ultimi contanti , ha fatto finta di aver prelevato, per non dargliela comunque vinta. Sono furente, possibile che Francesco mi ha dovuto far incazzare in quel modo e mi ha dovuto lasciare in ostaggio di una banda di imbroglioni marocchini….. Comunque ci ritroviamo senza soldi contanti , ma niente paura qui le banche funzionano benissimo. Finalmente con i dirham , possiamo riprendere il nostro giro.

Andiamo a vedere il palazzo di El Badi, è una residenza reale abbandonata , ci sono mura e qualche stanza , non c’è molto da vedere , è l’ambiente che è bello , si respira aria del deserto , la stessa che abbiamo trovato nei vicoli del mercato con i tetti di canna agitati dal vento di sabbia, un vento carico di granelli che sentiamo nel naso e nella gola . Entrando scopro la vera meraviglia di questo posto …..I nidi delle cicogne . Sono fantastiche , grandi proprio come sono nei disegni , stanno appollaiate sui pinnacoli dentro enormi nidi che sembrano cesti. Capisco da dove è la nata la storia che portano i bambini con quei nidi grandi è facile immaginare come ci possa entrare agevolmente un neonato , ci starebbe comodo , comodo…..

Vado in cerca di tutte le cicogne con il naso in su ne scopro tantissime , e’ il periodo della nidificazione , qui in dicembre fa caldo e si sta bene , dopo questo periodo saranno pronte a ripartire verso i paesi del nord , proprio in tempo per il ritorno del caldo anche in quei posti. Intanto si godano il sole caldo del pomeriggio marocchino. Giriamo per questa residenza filmando tutte le cicogne, quando all’interno di un corridoio esterno notiamo una donna completamente attabarrata, è tutta nera , ha pure i guanti lunghi oltre al velo alla belfagor, a malapena si vedono le fessure degli occhi. Vediamo che è in compagnia di una ragazza , stende un tappetino e aspetta , dopo pochi minuti parte il richiamo della preghiera e la donna si inginocchia e si rialza ritmicamente , sta pregando incurante di noi che siamo presenti , la preghiera innanzi tutto. Siamo imbarazzanti cerchiamo di non dare fastidio , ma non possiamo fare a meno di guardare.

Finita la preghiera si rialza si riassetta il vestitone nero , raccoglie il tappetino lo arrotola e va via. Devo essere sincera fa veramente impressione vedere un essere tutto vestito di nero, non so se mi fanno più impressione i guanti neri lunghi o il velo nero che avvolge tutta la faccia. Saliamo su una terrazza interna e con il sole che incomincia a scendere, guardo i tetti di Marrakech.

I tetti sono incredibili , sono arrangiati , pieni di terrazzini , tegole , cassoni e tante , tante , parabole. Ogni tetto ha almeno una parabola. Una cosa veramente incredibile , anche il tetto sopra la casupola più malandata , magari con muri grattati di tre colori diversi, anche quella ha la sua parabola. Questo mi fa pensare che il satellite è l’orecchio della popolazione mussulmana . Si connettono tra i diversi paesi , ascoltano la stessa musica , guardano le telenovele , la sera prima ho avuto modo di dare un’occhiata alla televisione , ed hanno tutta una serie di telenovele comiche , recitate anche da donne che fanno le faccette , truccatissime e divertenti . Scopro che sono un popolo che ama ridere e prendersi in giro. Penso che questa è la vera potenza degli islamici e degli arabi il satellite ed Internet . La vera rivoluzione di questi popoli, una rivoluzione che prenderà dopo qualche mese dal nostro viaggio la connotazione di rivoluzione culturale e politica, l’uso del satellite e di internet sarà la svolta epocale . La ribellione dei popoli arabi è stata dirompente , strana , ancora difficile da valutare se vera o pilotata , ma pur sempre una rivoluzione. Immagino la potenza di questo popolo, e temo la loro unità fondata su una fede incrollabile che guida ogni istante della loro vita , ben lontana dalla nostra unità religiosa fondata su valori evanescenti .Ortoprassia ed Ortodossia due modi diversi ed inconciliabili di vivere la fede. La verità è che la loro conquista dell’occidente, la loro “crociata inversa” è iniziata da tempo, in maniera sottile, silenziosa ma costante.

Usciamo dal palazzo dopo aver salutato le cicogne dei pinnacoli . Pensiamo di arrivare alle Tombe Sadiane , anche se sappiamo che è tardi il sole è quasi al tramonto. Rientriamo nei vicoli , ma ci perdiamo, chiediamo ad una donna fuori da un negozio , ci indica la strada. Francesco vede che nel cesto accanto al negozio delle papaline di cotone , costano pochissimo ne prende due. La donna ci chiede di entrare nel suo negozio , ormai è tardi per le tombe , decidiamo di dare un’occhiata. Ha dei bei oggetti di bigiotteria ed argento . Rimango colpita dalle mani di Fatma , è un’altra cosa che voglio prendere , ne vedo una smaltata molto bella , e penso a mia sorella Titti , Ne vedo un’altra stupenda con corallo, dico alla donna se è vero che porta bene , lei annuisce , è alta fiera , probabilmente berbera , quando parla si mette una mano sulla bocca con un vezzo di pudore molto bello , dice che si vergogna perché non riesce a farsi capire bene. Mi chiedi una cifra troppo alta , proviamo a contrattare, ma non riesco a scendere sul prezzo. Siamo su in binario morto quando inaspettatamente la donna mi chiede se ho qualcosa da darle , qualche cosmetico . Non credevo di riuscire a vivere una situazione di baratto , frugo nella borse prendo un primo rossetto usato per metà , ma non le piace , poi ricordo di avere anche il gloss di Yves Saint Laurent. Non faccio in tempo a tirarlo fuori , che vedo un sorriso luminoso della donna , afferra al volo il gloss ringraziandomi e benedicendomi, accetta di lasciarmi al prezzo proposto le due manine. E’ così contenta del lucidalabbra usato per metà che rimango commossa. Uscendo ci dice se vogliamo passare dal marito che ha una farmacia naturale , vende intrugli , pozioni ecc. memori dell’esperienza del venditore di tappeti, decliniamo ed andiamo via. Francesco mi chiede quanto costava il gloss , quando dico il prezzo s’infuria e mi prende in giro, dicendo che alla fine la mano l’ho pagata di più di quanto voleva la donna. Non capisce il senso di questo incontro , sono stata protagonista di un baratto con una berbera , ho fatto gioire una donna regalando un cosmetico che non avrebbe mai potuto comprare , non m’importa quanto valeva ,era comunque usato più della metà comprato a Roma in saldo a prezzo stracciato. Questo rossetto mi ha permesso di comprare le manine, ho reso una donna felice è più bella , le ho dato un oggetto considerato di lusso , di uno stilista che ben conoscono , che ha vissuto nella loro città. Ho ricevuto in cambio un sorriso pieno di gioia, luminoso accompagnato da ringraziamenti , benedizioni e baci ,questo è un tesoro prezioso. Francesco continua a borbottare anche se la donna contenta oltre misura gli regala un’altra papalina. Usciamo che è tardi per le tombe sadiane , torniamo indietro passando per una strada zeppa di persone , macchine , smog. Anche qui una marea di negozietti, un meccanico che ripara macchine che sarebbero out anche per un nostro sfascio, sarti, empori , negozio di chincaglieria varia, e strani fast foood , non mi viene in mente altro per definirli . Sono posti dove mangia la gente del posto , gli edifici sono assolutamente da colera a vederli da fuori . Sono piccolissimi servono due o tre persone al massimo , ( solo uomini) sui dei pentolini di coccio mangiano delle uova o della carne affogati in un sugo o zuppa , accompagnato da del pane piatto, la posateria è una forchetta improponibile

La difficoltà ad utilizzare la posata è palese , agguantata lateralmente con tutte le dita della mano , sembra che l’arnese viva di vita propria e che il commensale lotti per domarla e renderla docile. Preferiscono di gran lunga usare il pane come cucchiaio o forchetta, e perchè no, anche come tovagliolo. Sono ambienti poveri , cibo povero , per gente semplice e non ricca. Chiaramente non si avvicina nessuno dei turisti.

Se è vero che uno si dovrebbe fidare del posto dove mangiano i “nativi ”dovremmo fiondarci . Ma la cosa non ci attira nella maniera più assoluta. Qui devono avere anticorpi che sono delle belve feroci.

Proseguendo arriviamo alla Koutoubia il minareto più alto della città.

Sono le 19,00 il sole sta tramontando e mentre camminiamo in un viale vengo investita dall’odore di zagara e dei fiori d’arancio , qui gli alberi al 9 di dicembre sono in fiore. Accanto al minareto c’è una moschea sbirciando dalla porta vediamo gli uomini in ginocchio in preghiera, le donne non si vedono , sono sicuramente in un posto separato , o molto più probabilmente pregano in casa. Gli uomini in fila indiana a seconda della preghiera si alzano s’inginocchiano e chinano il capo a terra. Rubiamo qualche foto, spira un vento dolce e finalmente pulito e fresco, lo Zefiro o vento di Ponente ( per noi a Roma , il Ponentino…) torniamo verso la piazza di Jema El Fna.

Non abbiamo voglia nella maniera più assoluta di restare qui , compriamo da una bancarella pistacchi , noccioline, mandorle tostate , frutta candita. Qui pecchiamo di gola , infondo anche queste leccornie sono pericolose , una bancarella all’aperto visitata da tutti i generi di insetti, per non parlare di dove conservano questa roba. Ma ormai è fatta abbiamo comprato, e mangiamo.

Torniamo verso casa, la nostra casa, il nostro Riad, arriviamo sperando che ci sia qualcosa da mangiare, ma purtroppo l’inserviente in livrea e babbucce ci dice che bisognava ordinare dalla mattina. Torniamo in stanza domani dobbiamo partire alle 8 alla volta dei monti dell’Atlante. Ci addormentiamo dopo aver mangiato i dolciumi, cullati da “Allha Akbar”. La mattina dopo ci alziamo prestissimo il nostro autista ci aspetta alle 8, realizziamo solo ora guardando la cartina che ci aspetta un viaggio di diverse ore. L’appuntamento è nella piazzetta vicino al Riad, stranamente in macchina ci sono due persone , la macchina è comoda e grande . Partiamo , facciamo pochi metri è uno dei tizi ci dice che quella mattina è impegnato è che ci accompagnerà l’altro passeggero un ragazzo giovane. Capiamo che il tipo ci ha venduto o meglio subaffittato, sono un po’ preoccupata, Francesco è tranquillo , annuisce al tipo e fa finta di niente. Partiamo, il ragazzo è educato , vestito bene e sicuro di sé , chissà dove finiremo…..usciamo da Marrakech , il ragazzo prende una specie di autostrada polverosa e ci indica un edificio , ci dice che è la scuola più in di Marrakech lì studiano gli inglesi e francesi. Facciamo ancora qualche kilometro e ci dice che accosta per comprarsi le sigarette. Cerco di capire dover sta andando a fare acquisti io vedo solo una baracca alla sinistra della macchina. Ed è proprio lì che và , ritorna con del succo di frutta e due pacchetti di sigarette. Ci chiede se può fumare e se può accendere lo stereo. Francesco seduto vicino lui chiaramente non fa obiezioni, è da lì comincia la colonna sonora di questo viaggio sull’Atlante. Sono pezzi di disco music anni 90, musica rock marocchina tutto in un mix registrato su CD. Iniziamo la rampicata , la giornata è calda ed afosa , per me potrebbe essere giugno inoltrato , invece siamo alla metà di dicembre. Mi sembra impossibile che possiamo trovare la neve, siamo diretti ad una stazione sciistica, il ragazzo ci dice che fino ad una settimana prima il passo era chiuso. Proseguiamo ed incominciamo la salita, man mano il paesaggio ai lati diventa brullo fatto di terra da un colore indefinito che brilla sotto il sole, è un terreno ferroso con strani riflessi violetti. Capisco ora perché viene definito un paesaggio lunare. Il ragazzo serissimo nel suo ruolo di autista, guida senza distrazioni e parla poco. Incominciamo a fotografare, ai lati della strada , tenuta benissimo per essere una strada di montagna dove non si vede nessuno e passa pochissima gente. Stiamo salendo sull’Atlante, terra della popolazione berbere di montagna, scendendo verso il Sahara i Berberi della montagna lasceranno il posto ai Berberi del deserto i Tuareg.

Le curve diventano sempre più strette ed il paesaggio sempre più brullo , Francesco mi dice che stiamo per superare i 2000 metri. Sono già due ore di viaggio quando all’improvviso arriviamo al passo più alto ed incominciamo la discesa, man mano il paesaggio si addolcisce ed incominciamo a vedere bambini che conducono pecore, donne velate , e strani agglomerati di case di fango , il pisè terra cotta al sole , ghiaia e paglia, dove non manca la solita parabola. Lungo la strada incontriamo degli uomini che danno un significato a quei bagliori viola che avevamo visto salendo, vendono pezzi di quarzo rosa ed ametista , l’intera montagna è fatta così. Non ci fermiamo , ho letto nella guida che la maggior parte delle pietre sono ciofeche , anche a 2000 metri l’arte di fregare il turista ignaro è l’occupazione preferita. I grandi affari sono finiti da tempo.

Noi dobbiamo arrivare a Ouarzazate , la principale città dell’Atlante , terra di berberi. In effetti qui la gente ha tratti diversi, i lineamenti sono più duri , i zigomi pronunciati ed il viso cotto dal sole . Attraversiamo piccoli paesi ai lati della strada , questi sì che sono isolati , sono formati da piccole roccaforti e minareti , tutto rigorosamente di fango ma impreziositi da merletti e ghirigori. So già tre ore di viaggio e Ouarzazate è ancora lontana. Francesco chiede al ragazzo se è possibile fare una deviazione, dovremmo quasi essere vicino ad Ait Benhaddou un villaggio fortificato con torri merlate, set cinematografico di film come Cleopatra, Lawrence D’Arabia e Indiana Jones, oggi Patrimonio dell’ Umanità.

Francesco è un grande è riuscito a calcolare esattamente la posizione , e convince l’autista , un po’ riluttante a fare questa deviazione. Prendiamo una strada laterale ed attraversiamo un vallone. Quello che vediamo è uno spettacolo unico , una citta con tanto di torri, minareti e grandi palazzi completamente di fango , isolata in mezzo al nulla, straordinaria . Ci fermiamo sulla collina che anticipa la discesa verso la città per fare qualche foto. Lì troviamo alcuni camper , una guida che parla un inglese incredibile spiega la storia della città. Vicino al camper staziona un tuareg rigorosamente in blu indaco , ha blù anche la faccia vicino c’è un cammello sonnacchioso , marchetta turistica per i polli. Lo fotografo di nascosto , so bene di che pasta sono fatti , ho ancora il ricordo della scimmia, poco più in là un vecchio con un cesto dove è attorcigliato un cobra. Decidiamo di andare alla scoperta della città , rimontiamo in macchina ed arriviamo nelle vicinanze del paese. Qui nasce un piccolo problema la città è aldilà di una striscia ghiaiosa dove scorre un ruscelletto, vedo che ci sono larghe pietre piatte dove saltellano alcuni bambini per arrivare alla porta della città. Io sono una pippa con equilibrio zero , sono arciconvinta che farò una figura allucinante cadendo nell’acqua. Francesco sicuro saltella sulle pietre e si allontana fregandosene di me, io non so che fare , mi viene in aiuto il ragazzo che capisce e mi prende per mano facendomi fare un saltello per volta. Arrivo sull’altra sponda con ansia e con uno sguardo che fulmina Francesco , ma tanto lui non si accorge di niente. Varchiamo la porta di ingresso della Ksar ( città fortificata) , un vecchio all’ingresso ci chiede pochi spicci , come tassa d’ingresso. Varcando l’asif Mellah, si accede ad un dedalo di vicoli e passaggi coperti. Le abitazioni di fango rosso , sembrano abbandonate da un popolo improvvisamente allontanatosi. Effettivamente il capo di questa città guerreggiò con gli abitanti di Marrakech ,che vinsero la guerra, determinando la fuga della popolazione e l’uccisione del Capo, vicende non troppo lontane nel tempo, ma questa città è sempre stata così immobile nei secoli , vissuta ed abitata dal popolo berbero da sempre in contrasto con il popolo della pianura, fiero delle sue tradizioni , Libero.

Avanziamo dentro le abitazioni e qui cominciamo a salire e scendere un infinità di scale e scalette. Io sono distrutta , Francesco và con passo spedito ed io arranco. Vorrei fermarmi , ma il ragazzo mi riprende per mano ed ad ogni mio sospiro mi dice “ EL EL”che vuol dir su sù , il tono è dolce ed accondiscendente , se non fosse stato per lui avrai mollato tutto ed avrei aspettato Francesco giù . Fa caldo manca l’aria ed ho il fiatone ma proseguo con El El. In effetti le torri merlate , ed il panorama visto dai tetti lasciano senza fiato. Saliamo e scendiamo attraverso le case, in una stanza troviamo due ragazzi che si stanno facendo un thè alla menta , ci chiedono di fermarci e ci offrono di sorseggiare con loro, qui tra i berberi l’ospitalità è una cosa seria , ringrazio commossa, mi sembra di vivere un avventura fantastica. Sorseggiamo il the ed inchinandoci ringraziamo con un ossequioso “salamalecu”, proseguiamo nelle stanze e troviamo arnesi ed un forno. Il ragazzo conosce gli attrezzi e ci spiega come funzionava il forno, ci fa vedere alcuni attrezzi adoperati per fare lo yougurt, alimento privilegiato della popolazione berbera.

Usciamo dal labirinto di stanze e ci ritroviamo all’esterno. Qui sembra di stare in piccolo paradiso. Palme altissime e profumate, arrampicanti spontanei fioriti , e il sole di mezzogiorno che dà un colore dorato a tutto. Bellissimo. Ed in tutto questo il richiamo della preghiera , anche qui, intensissimo profondo. Chiedo a Francesco di riprendere tutto e di privilegiare i suoni di questo posto così particolare. Il canto degli uccelli, il Muezzin, le fronde degli alberi , sembra di sentire il respiro di Dio. Il ragazzo ci guarda un po’ incuriosito , ma non commenta, noi immobili senza parlare con la telecamera accesa, proviamo a portarci a casa queste sensazioni. E’ tardi dobbiamo ancora arrivare ad Ouarzazate, c’è ancora un po’ di strada. Ritorniamo sui nostri passi ed io devo riattraversare o meglio guadare il ruscelletto. Il ragazzo è andato avanti e Francesco fa il cretino con la telecamera sperando in una mia caduta. Io mi faccio coraggio e senza aiuto faccio l’equilibrista fra le pietre, ce la faccio senza problemi e mostro a Francesco, che mi sta riprendendo, il dito medio a mò di sfida. Riprendiamo la macchina e ripartiamo. Facciamo ancora mezz’ora di strada e finalmente arriviamo alla capitale dell’Atlante. La città sembra tutto meno che una città di montagna. Il ragazzo ci porta diretto al museo del cinema , ma è chiuso e riapre alle 15,00, rimane contrariato ,mi sembra di capire che per qualche ragione doveva farci entrare proprio lì, forse qualche altra fregatura. A noi non sembra vero , francamente non ce ne frega niente di vedere i set cinematografici, và benissimo così , sono contenta di aver fatto tardi. Sono le tre mangiamo il solito Tajin di pollo . Il posto è carino ha una bella terrazza che si affaccia sulla strada principale , al di là della quale c’è un bellissimo palazzo, la Kasba di Taourirt.

Il ragazzo preferisce stare per conto suo e ci viene a riprendere dopo una mezz’ora , prova a riproporci il museo ,ma noi siamo attratti dal palazzo. In effetti è bellissimo , scopriamo che è una delle Kasbe più belle e grandi del paese.

Il palazzo è’ un complesso di edifici a più piani di fango rosso e paglia. Le stanze sono riccamente decorate con stucchi e soffitti di cedro dipinto, mi affaccio da una finestra proprio quando riparte il richiamo della preghiera. E’ bellissimo affacciarsi da queste piccole finestre protette da gentili ringhiere che nascondono a chi guarda dal basso.

Fotografiamo come dei forsennati , dobbiamo ripartire ci sono 4 ore di viaggio .Abbiamo scelto una meta che richiede due o tre giorni , e noi l’abbiamo fatta in un giorno. Ricominciamo la nostra ascesa per l’Atlante per arrivare al passo e tornar indietro. Sono stanca , ma non riesco a dormire .in prossimità del passo il ragazzo ci chiede di fermarci , vuole prendere un caffè. Scendiamo l’edificio dove c’è il bar è su due piani con chiari segni di abbandono, fa freddo. Entriamo in questo posto da brividi , sembra di essere in un vecchio soloon abbandonato del West, mancano solo le balle di fieno che rotolano. Non capisco chi possa venire qui. Saliamo al piano di sopra e troviamo un bar improponibile. Il ragazzo ordina un caffè con del latte , ci chiede se vogliamo qualcosa, chiaramente rispondiamo di nò. Il posto è da incubo , ma il barista è gentile , come lo sono le due persone sedute ad un tavolino sbilenco con due sedie spaiate. Il ragazzo prende il bicchiere di vetro con il latte ed il caffè e si avvia all’uscita. Rimango contraddetta, ma il barista non dice niente, prende i pochi spiccioli e saluta ossequiosamente.. Il Ragazzo vede la mia faccia stupita, mi dice che preferisce bere con calma in macchina , riporterà il bicchiere quando ricapiterà da queste parti , Pazzesco. Rimontiamo in macchina, vedo che vicino a questo improbabile posto di ristoro c’è una specie di negozio dove sono ammucchiati , pietre enormi di quarzo , e varia chincaglieria , il proprietario berbero mi chiede di entrare ma non c’è tempo. Dobbiamo ritornare a Marrakech. Mentre ci allontaniamo scorgo sul tetto del bar un cartellone della coca cola, probabilmente ha i miei stessi anni, c’è ancora raffigurata la bottiglia di vetro , quella piccola , arrotondata, i colori sono quelli pastello, sbiaditi con una scritta in arabo e poi Coca Cola, non so perché, ma mi fa effetto . Ripartiamo e ricominciamo le curve ed il paesaggio lunare. La stanchezza si fa sentire , ma il panorama è ancora più bello di quello della mattina, il tramonto accende il terreno carico di ametiste. Ricominciano gli alberi, dal mio finestrino vedo una processione di donne con bambini, portano secchi carichi di panni. Poco più in là scorgo altre donne chine presso un ruscello intente a sbattere panni contro le pietre. Altre donne poco più in là dopo aver sbattuto i panni li appoggiamo sui rovi a sgocciolare , prima di riprenderli e portarli a casa puliti. Aguzzo la vista per capire dove è il paese, lo trovo dopo due curve. Ne fanno di strada le donne ! Vedo che la strada che conduce al villaggio è sterrata non ha indicazioni. Sto vedendo un villaggio berbero. Cerco qualche uomo , ne vedo uno vestito con la dyelleba e papalina che cammina lungo una salita, per il resto il villaggio sembra deserto. Sono tutti chiusi in casa , e scopro anche cosa fanno, basta alzare lo sguardo sui tetti e scopro che anche qui ci sono le parabole, Non hanno la lavatrice, le donne si fanno un culo enorme per lavare i panni al ruscello, le case sono di fango , non hanno strade , servizi…..Ma la parabola non può mancare. Scrivo questo diario dopo qualche mese, le impressioni che avevo avuto nel palazzo di El Badi ritornano, la parabola , i sistemi di comunicazione quali internet hanno di fatto cambiato questo mondo. L’accesso ad un’informazione globale , ha reso questi popoli liberi, ha fatto quello che una cultura chiusa non avrebbe mai permesso. Quando ero lì trovavo assurdo ed uno sfregio quelle parabole , a distanza di qualche mese , il mio giudizio è cambiato. Che importa se devi andare a lavare al ruscello , l’isolamento di questo villaggio è colmato dai quei grandi orecchi pronti a captare ogni sussurro del mondo. Incomincia a fare notte , le ultime due ore di viaggio sono nella completa oscurità. Ripenso a questa gita , ho visto posti unici non addomesticati dal turismo di massa. Mi viene in mente quanto i berberi amano il loro territorio, lo difendono e lo curano con profonda dedizione e senso d’appartenenza. A questo proposito ripenso al mattino quando, mentre percorrevamo la superstrada, abbiamo visto per diverse volte uomini in tuta che raccoglievano le cartacce lungo i margini della strada. Cosa da noi impensabile. Qui i tengono tantissimo ,i berberi proteggono la loro terra come uno scrigno prezioso. Diversi dai Marrakchi , qui non sono insistenti Arriviamo a Marrakech che sono le 20,30 , un’ora e mezza dopo l’orario previsto. Abbiamo fatto tantissima strada con qualche deviazione. Siamo sfiniti e dalla faccia si vede che è stanco anche il nostro autista. Dico a Francesco di lascargli 15 euro, è una buona mancia. Il ragazzo ringrazia e se ne và. Siamo stanchi , non abbiamo fame, ma è troppo presto per andare a dormire, scegliamo di uscire. E così ricominciamo il nostro giro verso la piazza di Jema El Fna. Stavolta non ci fregano più , c’è molta animazione e diversi artisti , di nascosto proviamo a riprendere con la telecamera , ma una signora grassa se ne accorge e chiama un ragazzino che con un piattino corre verso di noi. Scappiamo letteralmente , ed andiamo verso un altro angolo. Dico a Francesco che vorrei comprarmi un vestito marocchino, un Kaftan, giriamo tra le bancarelle e scopriamo che all’interno della piazza c’è un piccolo Suk. Chiediamo qualche prezzo , ma sono troppo alti e i negozianti sono antipatici, Giriamo ancora e troviamo un ragazzo con una dyelleba bianca, papalina e barba , sembra uno studente delle scuole coraniche. Chiediamo il vestito e lui me ne mostra uno di un colore stupendo , un azzurro acceso , setoso e brillante. Il prezzo non è alto, convinco Francesco a chiedere anche per lui una dyelleba. Ci chiede se la vogliamo pesante o leggera , si rivolge a me , in questo paese le donne fanno le spese per tutto, anche per gli uomini. Lo scelgo leggero chiaro , come quello dello studente. Gli chiediamo uno sconto , tergiversiamo per qualche minuto , ma lo studente è in buona , siamo gli ultimi acquirenti della giornata , stanno tutti chiudendo , ed anche lui ci dice che vuole andare a casa. Ci fa un bello sconto. Siamo raggianti, finalmente sappiamo contrattare. Elargiamo sorrisi , Francesco gli stringe la mano ed anche io vado per porgere la mia , ma ricevo un cortese rifiuto. Mi dice che la donna è il Tempio di Allah, la sua bellezza è sacra , è come tale Lui non può toccarla commetterebbe un peccato contro Dio.

Abbasso gli occhi e mi scuso , Lui capisce e mi sorride , mi prega di non sentirmi offesa, la Sua religione gli impone il massimo rispetto per la donna….. Io sono la casa di Dio….? ! Per questo uomo sono il tempio di Dio ma che meraviglia, poi dicono che le donne nel Corano sono trattate alla stregua di schiave…… Ne abbiamo di preconcetti e tanta ignoranza.

Fisso il venditore è chiaro che quello che avevamo ipotizzato essere uno studente coranico , lo è davvero , devoto ed integralista ,andiamo via con mille salamalecchi ( parola non fu mai più appropriata).

Con i nostri acquisti torniamo al Riad , siamo sfiniti.

Ci svegliamo all’alba con il solito invito alla preghiera , oggi è l’ultimo giorno a Marrakech ,vogliamo fare ancora un giro , ma ancora è presto. Ci riaddormentiamo per un po’ , ma alle 8,00 siamo pronti per la colazione. Usciamo per le 8,30 ho voglia ancora di Suk e di musei. Ripassiamo per il mercato , è presto stanno ancora allestendo le piccole botteghe, c’è un via vai di motorini, asini, e biciclette , ma ormai ci siamo abituati , non ci spaventiamo più. Rimaniamo indifferenti , tanto pensano a tutto loro, il problema non è dei pedoni. Il nostro giro incomincia dalla parte di suk che avevamo lasciato da parte, a dire il vero non sappiamo come ci finiamo dentro, ma ormai siamo abituati anche a questo. Siamo nei Suk degli strumenti musicali. Qui assisto allo spettacolo più bello. Francesco attratto dai tamburi improvvisa un duetto con un venditore. E’ fantastico , ha la papalina bianca un camicione di cotone grezzo ed li jeans un perfetto fricchettone. Francesco suona un grande tamburo la Guedra ed il negoziante uno più piccolo. Vanno in sintonia immediatamente , ed il ritmo si spande per tutta la via, le persone si fermano a guardare , Francesco acquattato al centro della bottega , con il marocchino in piedi alle sue spalle. Vanno avanti così per 20 minuti. Francesco è assorto con gli occhi socchiusi , segue il ritmo e sembra completamente estraniato dal contesto ha rimosso il Suk. La musica è bellissima , improvvisata, vibrante.

Il tipo alle sue spalle , vedo che incomincia a stancarsi , lui è lì per vendere non per fare un concerto , ma è paziente. Alla fine si risolve a chiudere il Live. Fa i complimenti a Francesco è davvero bravo, ed il venditore è sincero. Chiaramente compriamo due tamburi, e proseguiamo il giro. Ricapitiamo nella piazza dei farmacisti , è lì vedo una bottega con tartarughe , gechi ed altri strani rettili, non posso portarmeli , anche se mi piacerebbe farlo. Al centro della piazza una donna berbera vende cappelli di lana fatti a mano, ormai Francesco è un marocchino , parte con una trattativa estenuante ed alla fine ottiene tre cappelli al prezzo di uno. Hanno guadagnato entrambi anche se per la prima volta vedo sul volto della donna , un disappunto misto a rispetto, Francesco è stato bravo. Continuiamo il giro, ora basta comprare , vogliamo andare a vedere la scuola coranica , proviamo a seguire la nostra mappa ma niente da fare, non riusciamo a capire dove siamo. La nostra incertezza insieme a quella di due turisti attira un uomo che si offre immediatamente come guida. Proviamo a far capire alle due che è meglio lasciar perdere, ma niente da fare, sono destinate a finire dal venditore di tappeti , dal farmacista, dallo stregone, poi dall’amico che vende paccottiglia e chissà in quanti altri posti prima di arrivare alla scuola ed aver sborsato diversi Dirham. Le lasciamo andare e proviamo a fare un altro percorso , ritorniamo sui nostri passi, e scopriamo che la scuola è proprio dietro la piazza dei stregoni. E’ chiaro che il tizio sta conducendo le due donne da tutt’altra parte. Siamo senza soldi e rimango fuori la scuola mentre Francesco và al bancomat. Mi siedo per terra , e guardo la gente che passa. Una donna con la veste marocchina e velo per gli occhi il Fir Wal, è elegantissima , ha occhiali di marca tenuti sul petto da una catenina piena di swarovski . Mi sorride , lo si capisce benissimo , gli occhi delle donne di qua hanno imparato a parlare ed esprimere sentimenti ed emozioni. Passa un anziano strascinando le babbucce , con il cappuccio tirato sulla testa ha un aria solenne e misteriosa. Accanto a me una donna si lagna , vende delle borse intrecciate , sono belle ,ne compro una , non mi và di contrattare costano proprio poco, ci metto così tutti i mei ultimi acquisti, vorrebbe vendermele tutte , come al solito qui il senso della misura è sconosciuto. Francesco ritorna dopo una mezzora e finalmente entriamo. La Madrasa Ben Youssef è bellissima. Dal patio di ingresso si sale lungo una serie di piani , dove ci sono delle cellette , gli alloggi degli studenti. Sembra proprio un convento, ogni stanza ha una piccola finestra che dà sul cortile, è fresco e riposante , da una di queste sento il richiamo alla preghiera , qui l’emozione è ancora più intensa , mi chiudo dentro e mi appoggio al muro fresco , la penombra e le mura fanno da cassa di risonanza ad “Allah Akbar” , sembra di sentire in stereofonia. Entriamo ed usciamo dalle stanze e saliamo fino all’ultimo piano. Guardo in giù dalla balconata interna e vedo giù nel cortile interno un uomo con djellaba e cappuccio tirato sulla testa, sparire dietro una colonna, sembra di vedere un nostro monaco. Che strano mi accorgo solo ora che alcuni di questi abiti sono quelli usarti dai nostri religiosi, Che cosa singolare. La differenza è che questi sono gli abiti della popolazione e non dei religiosi. Usciamo dopo circa una un’ora e troviamo lì vicino l’ingresso ad un cubo ( la Koubba Almoravide), è una vecchia costruzione almoravide , non è tenuta bene , ma è bella , facciamo un giretto anche lì , usciamo ed entriamo lì accanto al museo di Marrakech. Varcata la soglia la prima cosa che troviamo è una foto di Mohammed VI re del Marocco, ha un viso sorridente , è molto giovane, veramente non siamo in grado di capire a quando risale la foto. Il museo di arte e cultura marocchina è veramente bello, ci sono pezzi stupendi. In una grande sala c’è il più bel lampadario che abbia mai visto , grande quanto tuttala sala tutto intagliato nel legno , pieno di riccioli , volute e ghirigori , fantastico , la foto o la telecamera non riesco a rendere giustizia della grandiosità e magnificenza. Giriamo io sono attratta dalla stanza dei gioielli berberi. Sono bellissimi , insieme ai pezzi ci sono le foto d’epoca delle donne ritratte con questi monili. Ci sono coralli , pircing da naso e orecchini, pesantissime collane, cavigliere piene di campanellini, anelli e bracciali. Io sono attratta dalla teca delle manine di Fatma , bellissime , grandissime , altro che piccoli ciondolini, questi sono enormi e ricchissimi., Fotografo un po’ tutto. Continuiamo il nostro giro per un’altra mezz’ora. Sono le due dobbiamo pranzare , alle 5 ci spetta un autista dell’albergo che ci porterà all’aeroporto. Usciamo e ricapitiamo nel ristorante carino del primo giorno le Bouganville. Ci fermiamo nel simpatico portico e mangiamo il nostro Tjanie. E’ bello questo posto, mi accorgo solo ora che è un vecchio Riad ristrutturato.

Usciamo dopo un ora e torniamo al nostro Riad dobbiamo preparare le valigie ed assoggettarci al solito rito Ryanair …..Quanto peseranno la valigie? Francesco è bravissimo alzando una valigia è in grado di dare il peso esatto con uno scarto di pochi etti. Ma siamo comunque preoccupati.

Prepariamo tutto , salutiamo l’inserviente, diamo un ultimo sguardo al nostro palazzo principesco ,ed usciamo.

L’autista parla Italiano , ci dice di essere stato a Milano per qualche anno, ci porta all’aeroporto, lo ringrazio e lo saluto con un arrivederci lui risponde che spera che torneremo a visitare il suo paese, aggiungendo “ InshaAllah” sempre se Dio vuole.

Questo è il commiato di Marrakech e del Marocco, anche noi siamo affidati a questo Dio onnipresente a tutte le ore del giorno, che scandisce la vita , ed a cui il suo popolo si affida incondizionatamente . Ripenso alla storia del saio , infondo la nostra religione, prima che si secolarizzasse non era tanto diversa. Avevamo i guerrieri della fede, i crociati, i fanatici, i martiri, la donna era considerata un oggetto misterioso il più delle volte pericoloso , ( forse qui la concezione è migliore, la donna è la casa di Dio da noi era la dimora del demonio…..Bella differenza!) magia e superstizione, regole e tempi dettati dall’ora delle preghiere, non è così diverso dalla nostra religione. Ultimo siparietto all’arrivo a Ciampino, passiamo le valigie alla dogana ed un doganiere ci ferma ci chiede se abbiamo un tappeto , è inutile negare l’hanno visto con i raggi. Solo ora mi ricordo che non si possono portare tappeti antichi , ci sono da pagare tutta una serie di tasse oltre al fatto che è proibito il commercio. Facciamo vedere il tappeto , il doganiere capo sorride ci chiede quanto l’abbiamo pagato, rispondiamo 300 euro il sorriso diventa risata , ci dice che verrà si e nò 40 o 50 euro.

Io rimango malissimo , e lo fulmino con lo sguardo. Il tipo capisce e mi dice , se ci siamo divertiti, rispondiamo di sì come dei bambini , ed aggiunge , “ questo è quello che conta”.

La frase di circostanza mi irritata ancora di più , anche Francesco è furioso , ma con me. Alla fine questo sapore dolce amaro del Marocco ci disturba ,Marrakech ci ha fregato ancora una volta , impossibile vincere con questo popolo, guardo Francesco furioso e gli sussurro a mezza bocca “ MASHALLAH !” ….( come Dio ha voluto)

Dicembre 2010

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