So Faroe, so good
Partenza alle 8.35 da Copenhagen con la Atlantic Airways per Vagar, l’aeroporto della Faroe. Volo molto bello: si sorvola la Danimarca, si vede la costa norvegese, le Shetland prima di arrivare a destinazione. Per fortuna non avevamo letto la nota della Lonely secondo cui non sempre gli aerei riescono ad atterrare causa nebbia e nuvole basse, e che luglio è il mese più difficile. Alcune persone ci hanno raccontato che la settimana precedente un aereo non è riuscito a scendere all’aeroporto ed è andato in Scozia, la terra più vicina. In effetti l’atterraggio è davvero “spettacolare”, con le montagne che si avvicinano sempre di più, l’aereo che entra in uno fiordo stretto, sorvola allevamenti di pesci e dal finestrino sembra quasi di potere toccare le case e le pecore in cima ai monti. All’aeroporto ritiriamo l’auto (una capiente citroen c5) presa con Unicar (www.unicar.fo) a 256euro per 3 giorni, con restituzione al porto. L’auto disponeva di una sorta di viacard che registra tutti i passaggi nei tunnel a pagamento che collegano le varie isole sott’acqua (gran lavoro!): molto comodo. Alla consegna dell’auto non hanno controllato il marchingegno, ci hanno chiesto quanti tunnel abbiamo preso e abbiamo pagato. Bel gesto di fiducia che ovviamente abbiamo rispettato!
Sia la Lonely, sia la Routard contengono due misere righe sulle Faroe: noi ci siamo mossi con le fotocopie della Lonely inglese sulla Scandinavia (una ventina di pagine dedicate), con la rivista trovata a bordo del volo che conteneva utilissime dritte sui posti da vedere e con gli stradari gratuiti che si trovano in aeroporto.
31 luglio: Funningur – Gjogv – Eidi – Torshavn.
Ci dirigiamo a Funningur, dove abbiamo prenotato una casa attraverso l’ufficio informazioni dell’isola di Eysturoy (praticamente ogni isola ha il suo ufficio e può gestire le prenotazioni solo per quell’isola), a 87euro a notte. Abbiamo trovato una casetta adorabile, con una bella cucina attrezzatissima, un’ampia sala da pranzo e un bel bagno. L’unico difetto i letti, molto stretti e corti! Abbiamo scelto Funningur perché si trova sull’isola centrale, in modo da poterci muovere liberamente sia verso est sia verso ovest. In “città” non ci sono né ristoranti, né alberghi, né bar, né supermercati, per cui occorre mangiare altrove o fare la spesa. Le pompe di benzina hanno tutte un mini-market più o meno fornito e una piccola bakery/tavola calda. In giro ci sono vari supermercati, tra cui il Bonus, un’insegna islandese con prezzi bassi, riconoscibile dal simbolo del maiale con una specie di occhio pesto (giuro).
Funningur – Gjogv. Funningur si affaccia in un bellissimo fiordo e la strada per raggiungerlo da Funningsfiordur è molto suggestiva. C’è un piccolo porto con vista sulle belle montagne dell’isola di Kalsoy: la chiesa e la maggior parte delle case hanno il suggestivo tetto in torba. Da lì abbiamo raggiunto rapidamente Gjogv, che la Lonely descrive come uno dei paesini più belli. È sicuramente carino, ma quanto altri paesini che vedremo anche nei giorni dopo. Il bello è che in paese si trova una guesthouse, la Gjaargardour, dove abbiamo pranzato con una buona zuppa di asparagi (in tutta la Scandinavia vengono sempre servite con abbondante pane e burro) e generose fette di torta. Abbastanza caro, ma può essere una soluzione.
Gjogv – Eidi. Spostandosi verso ovest l’altro centro abitato che si incontra è Eidi, dove una semplice passeggiata consente di arrivare a Eidiskollur e godere della vista di due faraglioni gemelli. Noi abbiamo sbagliato strada e ci siamo infilati in un sentiero a caso che ci ha dato una vista parziale del panorama: meglio chiedere informazioni prima della camminata, gli abitanti sono sempre molto disponibili e orgogliosi di mostrare le bellezze della loro terra.
Eidi – Torshavn. Per cenare abbiamo deciso di andare nella capitale, per avere un po’ più di scelta. Abbiamo trovato un utilissimo supermercato aperto fino alle 21, vicino al porto, in cui abbiamo fatto la spesa per i giorni successivi. La città chiude piuttosto presto, per cui siamo riusciti a cenare in una specie di pub, il Marco Polo, in cui abbiamo mangiato pesce (tra cui la famosa pilot whale, non particolarmente buona) a un prezzo piuttosto caro. Nel complesso non vale particolarmente la pena mangiare fuori, avendo una casa è molto meglio fare la spesa e cucinare.
1 agosto: Funningur – Klaksvik – Mykines.
La mattina, dopo una lauta colazione domestica, ci dirigiamo a Klaksvik per prendere un traghetto per l’isola di Kalsoy. Non conoscevano gli orari e scopriamo che i traghetti sono pochi (uno al mattino e uno al pomeriggio), per cui abbiamo molte ore davanti a noi senza un programma. Ne approfittiamo per pianificare la gita del giorno dopo a Mykines e all’ufficio informazioni di Klaksvik ci dicono che il giorno non c’è posto (anche qui le corse sono limitate). Inoltre ci avvertono che è bene andare a Mykines appena si arriva alle Faroe e non aspettare l’ultimo giorno, perché a volte il mare non consente di ripartire dall’isola e si può restare bloccati anche per giorni. Poiché dalle foto sembrava un posto splendido e l’idea di non vederlo ci andava stretta, chiediamo se c’è ancora posto nell’ultimo traghetto del pomeriggio e se c’è modo di dormire sull’isola. Sì, c’è posto, no, è tutto pieno. Però la persona con cui parliamo al telefono (ogni ufficio del turismo si occupa solo della propria isola, per cui quelli di Klaksvik ci hanno messi in contatti con quelli di Vagar, da cui parte l’unico traghetto…) ci dice che conosce qualcuno che ha una “unfinished house” e che potrebbe ospitarci. Ovviamente accettiamo.
Passiamo per casa a prendere il necessario per una notte fuori (la comodità di avere la casa nel mezzo delle Faroe), poi ci dirigiamo a Vagar e partiamo in traghetto. Il viaggio in mare è splendido: si passa accanto a monti, faraglioni e scogli mozzafiato e avvicinandosi a Mykines si vede una miriade di uccelli che volano intorno all’isola, tra cui i celeberrimi puffin.
Raggiungiamo la casa, che in effetti è ancora in costruzione (costruire la propria casa è un po’ l’hobby nazionale), ma niente di drammatico: un water funzionante, una cucina funzionante (con l’unico lavandino della casa) e materassi gonfiabili da campeggio per terra.
Decidiamo di fare subito la passeggiata al faro, approfittando del tempo splendido, ma prima ci fermiamo all’unico “ristorante” dell’isola per prenotare per 5 persone. Meno male che lo abbiamo fatto: la proprietaria ha dovuto controllare di avere effettivamente cibo per noi e ci ha tenuto da parte gli hamburger…
Il paesino è uno dei più belli delle Faroe, con le sue casette nere con il tetto in torba e gli infissi delle porte e delle finestre colorati.
Tra il paese e il porto parte la passeggiata per il faro: impedibile. È una passeggiata piuttosto facile, anche se in alcuni punti la salita tira, percorribile in un paio d’ore tra andata e ritorno: ovviamente dipende anche dal tempo che trovate e dalle foto che avete intenzione di fare… Noi abbiamo trovato un sole splendido che consentiva una vista a perdita d’occhio sull’oceano, il paesino, i gabbiani, le scogliere. Qualche nuvola qua e là lungo il sentiero nascondeva improvvisamente l’oceano, mozzando il fiato per l’emozione. Lungo il percorso ci siamo trovati davanti a una parete erbosa letteralmente gremita di pulcinelle di mare: uno spettacolo di colori, immerso nel più totale silenzio. Bellissimo. Al rientro abbiamo mangiato i nostri buoni hamburger con barbabietola e dei gustosi waffle.
2 agosto. Mykines – Klaksvik – Kallur – Vidoy.
La mattina ci siamo svegliati con la sorpresa della colazione preparata dal nostro proprietario e costruttore della casa (non era prevista, ce l’ha offerta). Poi abbiamo provato a raggiungere un relitto di un aereo caduto negli anni ’70 (no comment) che si trova su un versante dell’isola, ma si tratta di una passeggiata di circa 2 ore e non avevamo tempo per riprendere il traghetto mattutino. Una volta arrivati nell’isola di Vagar ci siamo diretti a Klaksvik, dove abbiamo imbarcato l’auto per l’isola di Kalsoy. Sull’isola è presente una sola strada, con lunghissime e strettissime gallerie, che porta fino a Kallur, dove inizia una passeggiata per arrivare al faro. Anche qui calcolate un paio d’ore, con un po’ di saliscendi: alla fine si gode una vista spettacolare, in un posto incontaminato, lontano da tutto. Davvero da non perdere.
Sul traghetto del ritorno abbiamo conosciuto un vecchio marinaio, che ci ha consigliato di non tornare sui nostri passi, ma di proseguire fino all’isola di Vidoy per approfittare della splendida giornata di sole. Consiglio davvero saggio. La strada è bellissima e siamo arrivati a Vidareidi, un paesino in una posizione molto scenografica, con una piccola chiesa e un cimitero affacciati sull’oceano: luoghi di vera pace. Abbiamo trovato un punto da cui godere il tramonto proprio sull’isola di Kalsoy e quindi siamo tornati a casa per una cenetta domestica e base di aringhe.
3 agosto. Da Funningur a Saksun a Torshavn.
Il giorno della partenza per l’Islanda siamo andati lentamente verso ovest e strada facendo abbiamo deviato per raggiungere Saksun. Uno dei paesini più remoti visti alle Faroe (e ce ne vuole!). Merita assolutamente la visita per la sua posizione in una zona di brughiera e una chiesa affacciata su un lago, in mezzo a montagne scoscese.
Da lì abbiamo raggiunto il porto di Torshavn, dove abbiamo pranzato, per consegnare l’auto e prendere la Norrona della Smyril Line, direzione Islanda.
3 agosto. Da Torshavn in mare aperto verso l’Islanda.
La partenza della nave per l’Islanda è verso le 16; la Norrona, della Smyril Line, è una bella nave che parte dalla Danimarca, fa tappa alle Faroe e arriva il giorno dopo sulla costa occidentale dell’Islanda. Si tratta di una bella nave, grande, pulita, con all’interno vari ristoranti, un market, sala giochi, cinema e una connessione wifi gratuita. Noi abbiamo dormito in una stanza da 9, strettissima, con 3 file di 3 letti a castello (quello in alto è davvero attaccato al soffitto), ma pulita e non così scomoda.
Partendo da Troshavn si può dare un ultimo sguardo alle Faroe, dato che la nave attraversa un paio di isole prima di arrivare in mare aperto: qui l’atmosfera si fa quasi irreale, con le acque scure, gelide, e una nebbiolina che avvolge le nave impedendo di guardare lontano. Sembrava di essere in The Others 🙂
I ristoranti sono un po’ cari, ma i bar e i self service hanno dei prezzi accessibili, considerando soprattutto il fatto che si è in mezzo al nulla.
Per chi non ne avesse abbastanza di questa descrizione, ho pubblicato anche un post dedicato alle emozioni che mi ha lasciato questo viaggio: http://maurizionasi.it/elenco-di-cose-imparate-alle-faroe/