Weekend a Stromboli
Sbarcati in una assolata mattina di fine estate da un vociante aliscafo in terra di Stromboli, i piedi scalzi ed i modi diretti, quasi bruschi, del nostro “caronte” ci ricordano d’un tratto che qui si è in un’altra dimensione. A bordo di un ape taxi che ci conduce dritti all’albergo scorriamo scene di vita isolana fatta di gesti, suoni e colori a cui ci eravamo da tempo disabituati.
L’hotel Miramare, che si affaccia sulla baia di sabbia nera di Ficogrande, ha camere spartane ma attrezzate di tutto il necessario e, soprattutto, con panoramiche terrazze private.
Non indugiamo molto al richiamo del mare e così, appena “docciati” e “costumati”, ci tuffiamo nelle limpide acque del tirreno. Visto a pelo d’acqua il vulcano incombe dall’alto dei suoi quasi mille metri con un’aria a dir poco inquietante, ma basta il primo sbuffo del suo incessante respiro per rendercelo già più familiare.
All’imbrunire esploriamo gli abitati di San Bartolo e di San Vincenzo, entrambi raggruppati attorno alle omonime chiese e collegati tra loro dalla Via Vittorio Emanuele che in passato ha visto di rado il transito delle donne da un nucleo all’altro.
La Piazzetta panoramica di San Vincenzo è il cuore pulsante della vita isolana, attorno alla quale si concentrano pochi servizi essenziali e vari locali dove non è difficile assaggiare pietanze con capperi eoliani o un buon pesce fresco di giornata.
L’indomani la mattinata trascorre rilassata tra mare e tintarella, mentre si pianifica per il pomeriggio “l’attacco” al vulcano. Alle 17.00 ci avviamo lungo il sentiero che si diparte alle spalle della chiesa di San Vincenzo: dapprima in leggera pendenza, ben presto lascia il posto a ripidi gradoni. All’altezza del Semaforo S. Vincenzo tralasciamo il percorso che punta in vetta e che è riservato solo alle escursioni guidate per piegare sulla destra lungo un sentiero che taglia a mezza costa i vari canaloni che precipitano verso il mare, scoprendo, nelle loro pareti erose, gli strati sovrapposti delle varie colate laviche. All’imbrunire giungiamo sull’argine dell’affascinante sciara del fuoco e da lì a poco il vulcano premia la nostra fatica con una vigorosa emissione di cenere e lapilli, mentre dalla specchio di mare antistante parte una sguinzagliata di flash dalle barche turistiche che si danno ogni giorno appuntamento per l’occasione. Intanto il buio e l’aria che comincia a farsi frizzante ci riportano a più miti consigli, facendoci decidere per il rientro. Scendiamo lungo il vecchio percorso che costeggia l’argine della sciara del fuoco, guidati da un unico segno luminoso che ben presto scopriamo essere un sorprendente ristorante sul sito dell’osservatorio, nel quale si cena in un’ampia terrazza panoramica, rigorosamente a lume di candela, per godersi al meglio lo spettacolo delle esplosioni.
Purtroppo, senza quasi accorgercene, il breve weekend volge già al termine e l’indomani, fatto l’ultimo bagno di commiato, ci congediamo un po’ a malincuore dall’isola che ha saputo regalarci oltre agli affascinanti spettacoli di natura vulcanica, l’oscura quiete di una notte stellata che porteremo a lungo con noi.
Paolo Mazzaglia