Le meraviglie di Minorca

L'isola delle Baleari è un piccolo gioiello da scoprire. Calette e sabbia rossa, ma anche un villaggio all'altezza e l'avventura a bordo di una jeep.
Scritto da: brody29
le meraviglie di minorca
Partenza il: 03/07/2011
Ritorno il: 10/07/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Minorca è una meraviglia. Il primo dato piuttosto certo è questo, poi ogni viaggio ha le sue variabili e fortune, ma dal punto di vista naturale questa isola delle Baleari ha poco da invidiare a ben più reclamizzate colleghe. La fortuna di azzeccare la scelta del villaggio, inoltre, garantisce un surplus di soddisfazione, ma andiamo con ordine e per capitoli per chi fosse stuzzicato dalla voglia di scoprire l’isola che nei secoli è stata di tutti: arabi, barbari, francesi, inglesi, spagnoli e pirati.

MINORCA

Il paesaggio è caratterizzato da una macchia mediterranea a tutta spinta e colori accessi: dal verde al blu, lo spettro cromatico offerto è piuttosto ampio. La costa nord è caratterizzata da spiagge di sabbia rossa, in varie tonalità, e abbastanza ampie, mentre a sud imperano calette più ristrette di sabbia bianca. Il mare è splendido ovunque, trasparente e pulito con relativa esaltazione di colori e fondali. Ovviamente la variabile del meteo è importante, perché con il vento si alzano facili dei cavalloni molto divertenti, ma meno rispettosi, se vogliamo, del panorama da cartolina. Può capitare, inoltre, di svegliarsi con il cielo nuvoloso, ma le condizioni mutano con grande velocità, perlomeno a luglio, quindi vale la pena non disperare. In ogni caso il mare è di quelli che invogliano a tuffarsi: l’acqua è freddina, ma la sopportazione ampiamente ripagata. Capitolo meduse: possono capitare, come dappertutto, ma l’usanza dei bagnini di segnalarlo con una bandiera apposita è assai utile, soprattutto per quando non ci sono e si può evitare di tenere l’occhio vigile per nulla. In genere, comunque, sono marroni e nuotano in superficie garantendo una certa visibilità. Gli isolani, inoltre, spiegano che la presenza di meduse è direttamente collegata alle correnti, ma se si registrano a nord non ci sono al sud e viceversa. Nel caso fosse un problema insormontabile, dunque, basta cambiare costa, che per Minorca significa al massimo un’ora di macchina a dirla lunga. Rimanendo in tema mare, va affrontata la questione Poseidonie smentendo subito alcuni miti che vogliono determinate spiagge letteralmente ricoperte. La costa minorchina è Riserva Naturale (concetto che non mancheranno di ripetervi come un mantra), quindi la tendenza è di intervenire il meno possibile sull’ambiente: filosofia seguita pure nel rapporto con le alghe, seppur molto dibattuta sui media locali. Il risultato è che le Poseidonie ci sono e vengono lasciate, ma solo in alcune zone e mai in misura tale da ritenerle fastidiose. Importante la questione viabilità: Minorca è solcata da una sola strada che porta dalla capitale Mahon fino all’altro centro di una certa importanza che è Ciutadella, sostanzialmente da est fino ad ovest per un’oretta di percorso. La dimensione è quella di una nostra superstrada, sempre scorrevole e praticamente mai trafficata pur essendo, come detto, l’unica arteria di raccordo per i 160.000 abitanti estivi dell’isola (82.000 i minor chini veri, al netto di turisti e stagionali). La strada scorre grosso modo al centro e per raggiungere le varie spiagge si imboccano raccordi più piccoli che conducono verso la costa: la loro condizione dipende dalle zone, ma buona parte è assolutamente transitabile con un’utilitaria. Proprio perché Riserva Naturale, comunque, è impensabile aspettarsi uno stradone costiero: se non si toccano nemmeno le Poseidonie, giustamente non si prende in considerazione nemmeno l’asfalto. Alcune calette, quindi, possono essere raggiunte solo con mezzi più abituati alle condizioni estreme come la jeep, più alternativi come la barca o più faticosi come il lungo cammino. Di costiero, infatti, esiste un sentiero chiamato “Camì de Cavalls” che circonda tutta l’isola ed è facilmente affrontabile a piedi, mentre è più impegnativo in bicicletta a causa della presenza di numerose pietre. Non preoccupa, invece, pendenza del tutto limitata in un’isola in cui il punto più alto è il Monte Toro a poco più di 300 metri sopra il livello del mare. Tutto il paesaggio è punteggiato di piccoli appezzamenti di terreno delimitato da muretti a secco, spesso utilizzati come pascolo per pecore, mucche (per la verità piuttosto magre) o cavalli che, in razza araba, a Minorca sono una sorta di istituzione protagonista di molte feste ed esibizioni. L’amministrazione isolana, infatti, a suo tempo cedette i terreni gratis ai residenti per riqualificare la zona costiera mantenendo centrale proprio lo sviluppo turistico sostenibile che ha caratterizzato la politica minorchina negli ultimi anni. Molti residenti, quindi, durante l’estate si trasferiscono letteralmente nella casa al mare, anche se la distanza dall’abitazione principale si traduce alcune volte in pochi minuti di automobile. In una qualche misura è anche questa una tradizione culturale dell’isola.

LE SPIAGGE

Come detto, di spiagge a Minorca ce n’è davvero a centinaia, pronte a soddisfare tutti i gusti possibili. Ricordata la differenza tra le calette di sabbia bianca al sud e gli spazi più ampi e rossi al nord, citeremo solo qualcuna tra le tante che si possono scoprire autonomamente nell’isola. Tutti sponsorizzano il trittico Macarella, Macarelleta e Turqueta che si trovano a sud-est: chiaramente si tratta di paesaggi da favola, ma è bene mettere in conto che a Minorca, essendo il mare splendido dappertutto, esistono numerosi altri scorsi ugualmente straordinari e assai meno reclamizzati. Non solo, nelle escursioni che vi offrono gite in barca tra le varie calette molto spesso non è previsto l’attracco, quindi si tratta di una visita stop and go, un poco come essere allo zoo. Per la zona di Son Xoriguer rimando al capitolo sul villaggio, mentre vale la pena di citare Cala Coves, una piccola insenatura di acqua cristallina dove le rocce sono puntellate di grotte preistoriche in cui hanno vissuto per anni gli hippie. Alcune di queste, per dire, sono addirittura arredate in maniera rudimentale, mentre altre sono state sigillate perché, logicamente, una Riserva della Biosfera difficilmente può conciliarsi con una zona praticamente “occupata”. Oggi è possibile raggiungerla attraverso una strada piuttosto impervia (qui, forse, è meglio affidarsi alle escursioni), ma la suggestione è assicurata. Per quanto riguarda la terra rossa, menzioni meritano Cala Pregonda nella sua affascinante dialettica tra la sabbia infuocata e il blu del mare oppure Playa Cavalleria, molto meno impattante a livello paesaggistico ma caratterizzata dalla presenza di un terreno argilloso perfetto per impacchi sulla pelle e fotografie da suggestione Grand Canyon. Cala Blanca, infine, è altrettanto chiacchierata, ma forse è quella che più di tutte, assieme a Cala ‘N Bosch, ricorda l’organizzazione strettamente turistica tipica di alcuni scorci italiani, anche se la bella pineta la rende appetibile per chi ama l’ombra naturale o i bambini. Qui, ovviamente, citiamo solo una minima parte di quello che si può scoprire, quindi vale la pena di infilarsi in un autobus o in un’auto e seguire il proprio fiuto. Tema dibattuto tra i turisti, inutile nasconderlo, è quello della presenza di nudisti nelle varie spiagge. Può certamente capitare di incrociarne in quantità variabile se si è intenzionati a visitare numerose calette, ma tutto sommato si tratta di un atteggiamento tollerante e piuttosto naturale tanto che raramente ci si ritrova in situazioni di disagio. Le testimonianze, infatti, convergevano tutte in un sostanziale apprezzamento per distinzione e tolleranza, mentre i bambini sono francamente gli ultimi a porsi particolari problemi in presenza di genitori capaci di spiegare questa scelta. In alcuni luoghi, comunque, sono previsti degli spazi appositi e proprio la caletta del villaggio Sol Falcò a Son Xoriguer è dotata di una terrazza per nudisti che sovrasta il piccolo bar affacciato sul litorale.

IL VOLO

Noi abbiamo viaggiato sulla rotta Verona-Mahon con volo “Meridiana” e operativi a orari serali. Ritardo contenuto all’andata e praticamente orario perfetto al ritorno, con assistenza soddisfacente all’interno degli aeroporti, a parte una fila abbastanza lunga al check-in spagnolo. Informazione utile: in Italia il controllo sui chili delle valigie è spesso conforme alla compagnia aerea, al traffico di passeggeri e alle direttive della società di gestione, ma a Mahon la verifica è scrupolosa: un chilo in più e si scuce 18 euro, senza troppe discussioni. Il consiglio, quindi, è di testare la valigia sui rulli dei check-in chiusi che rimangono con la bilancia accesa (il che vi garantisce il risparmio della moneta da 1 o 2 euro che spesso chiedono le macchinette-bilancia automatiche nelle hall di alberghi e villaggi) e, semmai, suddividere il peso nei vari bagagli a mano che, al contrario, vengono lasciati passare piuttosto agilmente senza andare troppo per il sottile. La logica, evidentemente, è quella del guadagno dato che souvenir e regalini spesso prendono in contropiede. A Verona, invece, una convenzione di “Settemari” permette di lasciare l’automobile nei parcheggi P3 e P4 a soli 38 euro la settimana, prezzo piuttosto concorrenziale considerata la vicinanza al terminal quantificabile in 5 minuti a piedi bagaglio muniti. Arrivando con un margine di anticipo, oltretutto, si può sperare di trovare uno stallo al coperto allo stesso prezzo quando strutture analoghe imperniano i propri guadagni in buona parte sulla differenza per infilare il mezzo al riparo dalle intemperie. Il saldo può avvenire poi alle casse automatiche sia in contanti sia, ma abbiamo rilevato una certa difficoltà negli orari serali in chi ha scelto questa strada, con bancomat e carte di credito.

IL VILLAGGIO SOL FALCO’ A CALA ‘N BOSCH -Aiutati dalla preziosa collaborazione e assistenza di Alessia Respighi dell’agenzia “Ingirula Viaggi” di Carmagnola (To) abbiamo scelto il villaggio “Sol Falcò” di Cala ‘N Bosch, zona sud-ovest dell’isola, direi praticamente perfetta come ubicazione logistica di base. La struttura è sicuramente di alto livello, un tre stelle di recente acquisizione non esclusiva del tour operator torinese “Settemari”. In soldoni oltre agli italiani c’è una forte presenza spagnola e una più modesta quantità di inglesi e tedeschi. La catena è la “Sol Hoteles” che tiene in mano le redini organizzative del complesso. Il villaggio è costituto da una serie di corpi abitativi di due, o massimo tre, piani ciascuno con un proprio nome di riferimento e numerazione (Cortijo, Finca, Hazienda…) con camere graziose, a misura, pulite e dotate in larga maggioranza di balcone. Punta di diamante è sicuramente la ristorazione con la possibilità di pasteggiare nell’arco di un orario monstre dalle 13 alle 22, con una semplice pausa di servizio di appena un’ora. Idealmente, quindi, si potrebbe passare la propria vacanza a mangiare senza alzarsi mai dal tavolo. L’offerta temporale ampia, comunque, è abbastanza tradizionale nell’all-inclusive, ma quello che innalza di una spanna il Sol Falcò da questo punto di vista è certamente la qualità degli alimenti: dalla griglia di carne, pesce e verdure ad ogni pasto ai singoli piatti, antipasti, secondi, pane o dolci è difficile alzarsi da tavola senza aver trovato qualcosa di proprio gradimento. Evidente che un buffet di dimensioni ciclopiche possa prendere talvolta una cantonata, ma la netta maggioranza delle pietanze è davvero degna di elogio. L’accuratezza nella gestione del settore della ristorazione trova una controprova nella pubblicità esterna al ristorante che invita gli avventori che non alloggiano all’interno del villaggio a pranzare o cenare per 20 euro a persona: una proposta da vero e proprio ristorante non finalizzato unicamente al cabotaggio interno. Per i fondamentalisti della cucina italiana esiste la rassicurante tranquillità di diversi tipi di pasta e una fetta di pizza ad ogni pasto sotto il controllo di chef Mattia particolarmente abile in tema di ravioli e ravioloni. Colazione internazionale ugualmente ricca. Le dimensioni del villaggio non sono eccessive e in poco tempo si riesce a districarsi bene nelle varie zone e tra le sette piscine. La ricchezza di vasche è certamente un punto a favore perché permette una spalmatura del pubblico secondo le varie esigenze: confusionaria e al centro della vita animata la piscina principale articolata in tre cerchi attigui e la specifica per bambini, più tranquille e ridotte le restanti tre disseminate tra i complessi abitativi. Di fatto le aree piscina sono in realtà quattro: comunque tante rispetto alla norma. La spiaggia su cui insiste il Sol Falcò è essenzialmente quella di Son Xoriguer, ma non è la spiaggia del villaggio perché in Spagna il concetto di privatizzazione balneare non esiste e l’imperativo è quello della libertà personale con asciugamano, ombrellone e sdraio autoportati. Per la verità esistono anche dei lettini con ombrellone da pagare come fossero i bagni nostrani, quindi se non volete caricare troppo i vostri bagagli esiste una soluzione alternativa. Trovandosi sulla costa sud, comunque, la conformazione della costa attorno al villaggio è quella di scogliere con aperture su calette di medie o piccole dimensioni e nel raggio di 15-20 minuti a piedi è possibile scegliere tra due spiagge più ampie e alcune piccole insenature forse più affascinanti. Le aperture più spaziose sono in prossimità delle due strutture turistiche maggiori: Cala ‘N Bosch di fronte all’omonimo albergone e, per l’appunto, il Son Xoriguer già citata. In mezzo, la possibilità di trovare calette più appartate o angoli in cui i colori del mare si esaltano particolarmente nelle giornate con poco vento e tanto sole. Verso est, invece, si incunea il Camì de Cavalls che con una camminata nell’ordine di 10 km conduce alle spiagge di Son Saura e Cala ‘N Turqueta, ma bisogna essere polpacci allenati se non altro per la distanza sommata tra andata e ritorno. Vicine sono anche le tanto reclamizzate Macarella e Macarelleta, ma raggiungibili solo con un mezzo. Il Sol Falcò, inoltre, è un autentico brodo di giuggiole per i bambini perché fortissima è la caratterizzazione e l’ambientazione sulla base del cartone dei “Flinstones”. Per comprenderne la portata basti pensare che esistono camere interamente a tema con decorazioni alle pareti, lenzuola, specchi e arredamento in perfetto stile “antenati” e ogni giorno intorno alle 13 fa capolino in piscina, dopo l’aquagym, la mascotte di Fred o Dino, disponibile poi a fare delle foto nella casa dei Flinstones appositamente creata vicino al ristorante. Non manca, chiaramente, lo sfruttamento commerciale della faccenda con un piccolo shop esattamente al fianco dell’entrata del ristorante con prodotti monotematici però carini e curati a prezzi concorrenziali. Che l’investimento in tal senso sia di quelli importanti è ulteriormente confermato dal prezzo del costume da Fred arrivato addirittura dagli Stati Uniti: 6.000 euro. Piccola nota di colore: se assistete a Fred che si massaggia la pancia simulando un attacco di fame significa che è arrivato il momento di rientrare dato che l’animatore interno fatica a sopportare ulteriormente il caldo. Altro piccolo segreto: dentro Fred si nascondono animatori uomini e dentro Dino le donne per questione di dimensioni. L’aggancio abbastanza rapido è con il tema animazione e spuntano proprio qui le seppur lievi dolenti note. Dunque, prima di tutto tranquillizziamo genitori vari dicendo che, per quello che l’occhio di chi non ha figli può garantire, il miniclub sembra funzionare piuttosto bene dato che è seguito con cura e passione facilitato, inevitabilmente, dall’ambientazione particolarmente curata. II resto dell’attività italiana, però, è purtroppo abbastanza inesistente, in parte perché gli orari proposti talvolta sono poco allettanti (la pallanuoto alle 15 con apertura del ristorante alle 13, per esempio, non vanta esattamente il massimo dell’appeal), in parte perché all’interno dell’organizzazione late qualche piccola tensione che si riflette poi all’esterno. La scelta, per esempio, di proporre musical tutte le sere e le difficoltà di coinvolgimento dell’animazione italiana pare discendano da una forte predominanza del gruppo spagnolo che, a differenza degli animatori dell’agenzia di “Settemari”, è assunto direttamente dalla catena “Sol Hoteles” titolare della struttura. Parte della loro retribuzione è collegata a una classifica tra alberghi e villaggi della catena stilata in base ai giudizi del pubblico: difficilmente, quindi, si scostano da gusti “internazionali” come possono essere i vari Grease, Hannah Montana o il flamenco. Per come intendono l’animazione gli italiani, però, può essere riduttivo. Non è escluso, comunque, che Settemari alzi la voce per riequilibrare in parte il sistema. Assai “tosta”, invece, la programmazione ginnica con spinning e aquagym di grande intensità e ritmo. Lampante la formazione accurata degli animatori spagnoli che, pur cambiandosi con frequenza quotidiana nel mostrare gli esercizi, mantengono entusiasmo e una base comune. Alla base, probabilmente, una preparazione specifica comune. Nota di merito va certamente riconosciuta ai giardinieri e ai responsabili del verde interno al villaggio, davvero encomiabile e a tratti un’attrazione fuori programma del viaggio. Fiori di colori accesi e grande cura, il che per strutture di dimensioni importanti con addirittura quattro zone piscina non è sempre scontato. Altrettanto da segnalare la pressoché nulla presenza di insetti o affini: difficile stabilire se si tratti di una caratteristica naturale dell’isola o di una semplice conseguenza di disinfestazioni di una certa importanza, anche se la macchia mediterranea che si espande fa preferire a sensazione la seconda opzione.

Buoni i collegamenti con i mezzi pubblici data la presenza della fermata della linea pubblica numero 65 esattamente di fronte al villaggio, ma anche a margine di alcuni blocchi abitativi. La tratta collega il Sol Falcò a Ciutadella con passaggio nelle zone dei comprensori turistici maggiori come Cala Blanca, Santandria o Sa Caleta (qui si trova il Vera Club). Nel viaggio si può ammirare il paesaggio tipico, ma anche alcune villette residenziali di abitanti delle grandi città spagnole che qui possiedono la seconda casa al mare. Avvistata pure una villetta italiana dal nome “Villa Paradiso”. Volendo allargare gli orizzonti, dalla stazione dei bus di Ciutadella o dalla piazza dei Pini partono linee che collegano con tutti gli angoli di Minorca: si tratta certamente di una soluzione di viaggio più lunga, ma anche più economica rispetto alla macchina. Lo spostamento Sol Falcò-Ciutadella, per esempio, costa 1,50 euro a testa che raffrontati ai quasi 50 euro quotidiani per il noleggio di una macchina fanno riflettere. Attenzione, però, perché i bei pullman giallorossi della linea hanno la tendenza a cambiare talvolta la composizione della propria linea che, di norma, è composta dalla strada principale dell’isola abbandonata a ripresa diverse volte per avvicinarsi verso le calette con i complessi turistici. Capita, invece, che il bus segua solo la strada principale, quindi è bene informarsi bene sempre alla salita, anche perché le modifiche difficilmente stravolgono i piani, ma richiedono al massimo cinque minuti di più di cammino. Bisogna, però, sapere dove scendere. Il biglietto, invece, si paga direttamente all’autista a bordo, quindi c’è tutto il tempo per chiedere le informazioni, sperando nella buona predisposizione d’animo del conducente.

LE ESCURSIONI

Avendo sperimentato unicamente la giornata in jeep organizzata da Settemari in comune con gli altri tour operator italiani ed europei operanti sull’isola l’analisi, chiaramente, non potrà che essere in qualche misura parziale. Partendo dall’esperienza del fuoristrada, però, va sottolineata la possibilità di raggiungere mete difficilmente avvicinabili con mezzi come l’automobile noleggiata, il che regala un sostanziale surplus alla gita. Le tappe sono, in rapida carrellata, Cala Coves, Cala Pregonda, Cap de Cavalleria (strapiombo nel punto più a nord dell’isola) e Playa Cavalleria. Molte di queste, vero, potete godervele per i fatti vostri, ma gli spostamenti, tra vie strettissime e dune che portano la jeep a sfidare i suoi equilibri, valgono la scelta dell’itinerario alternativo. Si gusta, insomma, il palpito di Minorca, soprattutto nello spostamento di un’oretta tra la costa sud a quella nord attraversando le cittadine tipiche di Alaior ed Es Mercadal, ai piedi del Monte Toro. Nelle stradine di Alaior, per esempio, si può cogliere forte l’influenza inglese nell’architettura urbana, frutto del dominio della Corona nei secoli passati. In quanto a urbanistica, infatti, Minorca riflette un travagliato passato storico per cui nulla è particolarmente definitivo riflettendo un effetto patchwork di stili e intenzioni. A parte rari casi di unità come, appunto, Alaior tutto il resto è caratterizzato da queste commistioni che possono piacere o meno secondo gusto personale. Chiusa la parentesi architettonica, vale la pena di segnalare due piccoli nei circa l’escursione ovvero il prezzo di più di 50 euro a cranio, forse eccessivo data l’assenza, e siamo al secondo, di fornitura di alcun tipo di cibo o bevanda. Generalmente la scelta forzata è quella di un pranzo o un panino in un bar, affollato e piuttosto scialbo, all’ingresso della passeggiata per Cala Pregonda. Con 7 euro, però, si portano a casa due panini di buona qualità e per l’acqua è bene pensare di fare rifornimento nel villaggio sfruttando la formula all-inclusive che viene un poco dribblata in occasione della jeep. Evidentemente esistono degli accordi di una qualche natura che intercorrono tra la società che noleggia le jeep, coordinata ad Alaior da un inglese di nome Francis straordinariamente somigliante a Gianni Morandi, e gli esercenti. Attenzione che nella presentazione dell’escursione vi verrà prospettata la possibilità di guidare il mezzo: è importante sapere che l’accettazione dell’offerta comporta nella maggior parte dei casi trasformarsi negli autisti ufficiali della jeep durante tutti gli spostamenti. L’esperienza può anche essere molto divertente, ma nel caso non vi entusiasmasse rimanere fissi al volante è bene comunicarlo immediatamente. Abbiamo prestato attenzione, inoltre, alla gita in barca che costeggia le varie calette provando a informarci sui prezzi di uguale escursione, generalmente accompagnata da paella a bordo, proposta da soggetti privati nel porto di Ciutadella. Bene, i prezzi coincidono o sono più bassi di pochi euro che, però, andrebbero spesi semmai per il biglietto del bus dal villaggio alla cittadina. Sostanzialmente, quindi, conviene veramente appoggiarsi al giro organizzato dal tour operator per una questione di assicurazione e comodità. Anche al raccolto molo di Cala ‘N Bosch, comunque, è possibile trovare delle barche che girano quotidianamente l’isola a prezzi più modulabili unicamente perché i tragitti sono leggermente differenti. Offerte, poi, escursioni a Mahon o spettacoli con i cavalli. Minorca è una meraviglia. Il primo dato piuttosto certo è questo, poi ogni viaggio ha le sue variabili e fortune, ma dal punto di vista naturale questa isola delle Baleari ha poco da invidiare a ben più reclamizzate colleghe. La fortuna di azzeccare la scelta del villaggio, inoltre, garantisce un surplus di soddisfazione, ma andiamo con ordine e per capitoli per chi fosse stuzzicato dalla voglia di scoprire l’isola che nei secoli è stata di tutti: arabi, barbari, francesi, inglesi, spagnoli e pirati.



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