Sudafrica, Lesotho, Swaziland e Mozambico

4 Stati, 3.500 km in 4x4 in 17 giorni/15 notti. Un viaggio appassionante, unico nel suo genere, sicuramente entusiasmante e che evoca emozioni forti.
Scritto da: Luna Lecci
sudafrica, lesotho, swaziland e mozambico
Partenza il: 15/04/2011
Ritorno il: 01/05/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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Range di spesa sostenuto: € 2.700,00 a persona

Descrizione in breve: 4 Stati, 3.500 km in 4×4 in 17 giorni/15 notti. Un viaggio appassionante, unico nel suo genere, sicuramente entusiasmante e che evoca emozioni forti. Lo consiglio a persone dinamiche che sappiano adattarsi alle realtà dei differenti luoghi visitati e a chi ha uno spirito d’avventura (anche se si è sempre guidati da una persona giovane ma esperta, preparata e professionale). L’obiettivo principale di questa scoperta dell’Africa è viverla da protagonista. Le mete, le zone, le strutture non sempre sono posti turistici e la tecnologia dalla quale nel nostro paese siamo schiavi spesso non è contemplata (no internet, difficoltà per le linee dei cellulari, né possibilità di vedere la tv e, una volta, neppure la corrente elettrica). Il tour è pensato per pochissime persone e i compagni di viaggio che si incontreranno avranno sicuramente gli stessi interessi (il nostro, in più, quello per l’ottima e varia cucina che si avrà modo di gustare).

Premessa. Era una vita che volevo fare un viaggio in Sudafrica e per la S. Pasqua di quest’anno me lo sono regalato. Consulto varie brochures prese in agenzie di viaggi e qualche sito. In particolare studio gli itinerari di Dreamland, Kuoni, I viaggi dell’airone, Il Diamante, VIA (viaggi in avventura), African explorer, TOA (tour operator associati). Tutti ottimi, per diverse tasche, per differenti giorni e chi più, chi meno, il medesimo tragitto. Poi un lampo di genio: mando una mail al sito di Turisti per caso con la specifica richiesta. Mi rispondono prontamente Stefania di Evolutiontravel e Loredana di Travelboutiq. La prima ha un itinerario molto simile agli altri, ma un prezzo più competitivo, la seconda mi propone qualcosa di completamente differente, nuovo, interessante, dinamico, poco turistico, un mix. Inizia un quotidiano scambio di mail e alla fine un paio di telefonate. L’entusiasmo di questa giovane agente mi conquista (peccato che io stia a Roma e lei a Monza altrimenti saremmo diventate amiche!) così come la sua professionalità e puntualità. Mi dà sicurezza e il nome del tour operator con cui ci farà viaggiare: TerritoriDTW (prenotare con lei o direttamente con lui ha esattamente lo stesso costo! Uno di quei viaggi in cui non si pronuncerà la frase: “ma tu quanto hai pagato?”, “io meno perché ho prenotato tanto tempo fa”, “io poco perché ho colto l’offerta di un last second”). Navigo sul sito, leggo qualche recensione e con Loredana prenoto, 10 giorni prima della partenza, quella che si rivelerà una fantastica scoperta.

15 aprile 2011. ROMA-IL CAIRO-JOHANNESBURG. Partiamo da Roma con volo Egyptair e facciamo scalo a Il Cairo. Il volo Fiumicino-Il Cairo delle ore 14,00 porta un’ora di ritardo, ma non ci disperiamo in quanto la coincidenza per Johannesburg, se così si può chiamare, sarà dopo sei ore. Atterriamo a Il Cairo alle 18,30 e ci incontriamo con Elia, il ragazzo del Tour Operator DTW (discovery the world, elia@territoridtw.it) che ha organizzato il viaggio e che farà da guida. Conosciamo gli altri membri del gruppo: due amici di Terni ed un ragazzo originario del Marocco ma che da 23 anni vive a Peschiera del Garda. Scopriamo che, nonostante la profilassi antimalarica non è obbligatoria, ma consigliata, due ragazzi del gruppo stanno prendendo il farmaco Lariam. Le ore trascorrono tra racconti e scambi di opinioni davanti un frullato al guava e alle 23,30 spicchiamo il volo (l’arrivo sarà previsto a Johannesburg alle 7,35). Su entrambe le tratte abbiamo consumato pasti niente affatto male: manzo o pollo o pesce accompagnato da riso, contorno di verdure, panino, insalata, dolcetto e soft drinks a volontà. La notte cerchiamo di dormire un po’ ma l’airbus, nonostante sia grande e ha abbastanza spazio tra un sedile e l’altro, non è confortevole come il letto di casa. Ogni tot di file un monitor proietta film in lingua… Non italiana. Non c’è alcun fuso orario – perché in Italia vige l’ora legale, altrimenti avremmo trovato le lancette spostante un’ora avanti – per cui nessun jet leg, ma un po’ di stanchezza per le lunghe attese… Sì.

Prendiamo un po’ di informazioni sulla destinazione finale. Il Sudafrica è un paese vasto, 4 volte l’Italia, che si estende per circa 2000 km da nord a sud dal fiume Limpopo a Capo Agulhas e per quasi 1500 km da est ad ovest da Durban a Port Nolloth. A nord confina con la Namibia, il Botswana, lo Zimbabwe, il Mozambico e lo Swaziland, mentre il Lesotho emerge in mezzo alle praterie nella parte sud orientale del paese. Può essere diviso in tre regioni: il vasto altipiano interno (highveld), il Great Escarpment (bacino del Kalahari) al suo margine e una stretta pianura costiera (lowveld). E’ situato nell’emisfero australe e le stagioni sono opposte rispetto all’Italia. Grazie alla sua posizione appena a sud del Tropico del Capricorno è in gran parte asciutto e soleggiato, ma il clima è determinato anche dalla conformazione del territorio, dalla presenza degli oceani: a sud piove più spesso da luglio a settembre, a nord da novembre ad aprile.

16 aprile 2011. JOHANNESBURG (Regione GAUTENG) e Regione FREE STATE. Arriviamo a Johannesburg alle 8,30 dove ad aspettarci troviamo un’allegra, giovane e simpatica ragazza mozambicana: Maria (che in realtà si chiama Mercia – ma allora non era più logico tradurre il suo nome in Marzia o Grazia? -), la fidanzata del capogruppo che si unirà a noi. Prima di atterrare Elia aveva raccolto (€ 350 a testa) i soldi per costituire un fondo comune con cui sostenere tutte le spese inerenti la benzina, le entrate ai parchi, i pasti… Denaro che cambia in aeroporto presso un ufficio cambio (€ 1 = 9,6 Rand Sudafricani (ZAR) meno la commissione di € 90 su € 3.500 totali). Ogni differente taglio delle banconote raffigura un big five ossia uno dei cinque grandi animali della savana (leone, leopardo, bufalo, rinoceronte ed elefante) che tutti i turisti, noi compresi, vogliono, nel corso di uno dei tanti fotosafari, assolutamente avvistare! Ritiriamo, al parcheggio dell’aeroporto, il fuoristrada Toyota Land Cruiser 4×4 al quale è annesso un carrellino porta valige. In 7 si sta comodi ed imminente è la partenza direzione sud, verso il Free State, una delle nove regioni del Sudafrica. Dopo pochi km facciamo un pit stop in un autogrill per il rifornimento di benzina. Il pieno costerà € 110 ed un litro di diesel poco più di € 1.

Non ci fermiamo in questa grande e moderna metropoli, cuore finanziario ed economico del Sudafrica, ma percorriamo circa 300 km tra campi di grano, mais (che voglia di raccogliere e gustare una delle migliaia pannocchie color oro!), fattorie e piccoli villaggi per arrivare a Clarens.

La strada che taglia queste estesissime distese dove pascolano mucche, struzzi, asini… Si presenta lunga ed infinita, interrotta a volte da lavori in corso ma tutto sommato ben asfaltata.

Pranziamo a Bethlehem, un paesino a 30 km dalla destinazione finale, presso Wimpy un fast food dai panini giganti e dai prezzi contenuti. In un supermercato acquistiamo bibite, acqua, pane e companatico per i panini di domani (io anche una coscia di pollo dal banco rosticceria e una macedonia dal reparto frutta). Elia è attento nei riguardi di persone con intolleranze particolari, che richiedono diete speciali (vegetariani, allergici o, nel nostro caso, di un ragazzo musulmano). Sarebbe bene fargli sapere eventuali esigenze al momento della prenotazione affinché possa dare, in tempo utile, disposizioni nelle strutture in cui consumeremo i pasti.

Alle 17 arriviamo a Clarens (che non ha nulla a che vedere con la nota marca di prodotti di bellezza), il tempo di una passeggiata per i negozietti e scarico bagagli in una tipica farm locale, la Bokpoort (bok=antilopi e poort=vallata) dove ci danno il benvenuto Christos, dalle sembianze di un pastore sardo, la delicata moglie Helena e il figlio di appena 19 mesi che batte il cinque con tutti gli ospiti. Parlano inglese perfettamente come tanti locali anche se diffuse sono pure le lingue Zulu, Africana ed un’altra decina! Pernottiamo in un monolocale in mezzo al verde, semplice, pulito, un po’ freddino visto il clima, ma fornito di stufetta e termocoperta.

Il tempo di rilassarci un po’ e via, per cena, da Highlander, dove una bistecca fiorentina da gr 550 (T-bone) o una bistecca senza osso di gr 350 (Rump), con contorno di patate o riso e verdure e una birra media ci costano € 10 circa a testa! Le cameriere sono tutte donne, spesso abbondanti, indossano una parrucca che mostra capelli lisci o al massimo mossi. Su molti tavoli vediamo delle ciotole in ferro con un coperchio simile a quello di una teiera inglese. Sono le potjie che contengono spezzatini di vari tipi di carne speziati con cui si condisce il riso bianco. Buona notte e che il vento spazzi via nuvole e pioggia.

17 aprile 2011. LESOTHO. Dalle 8 alle 10 è previsto, per € 25 a testa, un giro a cavallo tra le montagne (escursione adatta anche a chi non sa cavalcare) e, alle 10, la prima colazione. Noi preferiamo goderci la tranquillità della farm, ma i tre ragazzi che la fanno rientrano entusiasti per aver visto, a distanze ravvicinate, specie di animali quali l’eland (la più grande antilope in assoluto che arriva a pesare kg 700), le zebre, gli gnu… La prima breakfast che gustiamo – presso una luminosa saletta arredata da trofei di caccia: le teste imbalsamate di animali – è abbondante e nell’inconfondibile stile sudafricano: french toast, una sorta di ragù di manzo un po’ speziato e bollente, yogurt, cereali di diverso tipo, pane in cassetta, marmellate, succo d’arancia e bevande calde da prepararsi al momento. Alloggiare qui pare ci sia costato € 35 a persona e soddisfatti ci congediamo dai signori Roos e dal Bokpoort, where the soul runs free.

Attraversiamo il confine e dal Sudafrica passiamo nello Stato del Lesotho. Alla frontiera ci fermiamo per compilare dei moduli e farci apporre il visto sul passaporto. Si avvicinano dei bimbi curiosi per il nostro fotografare il cartello di Welcome to the King of Lesotho. Ovviamente immortaliamo anche loro regalando magliette. Elia ci dà qualche informazione. Lesotho (si pronuncia lesutu) è uno Stato montuoso completamente circondato dal Sudafrica, di forma approssimativamente circolare, con un impervio territorio, alte catene quali il Drakensberg e i monti Maluti. Lo slogan coniato per promuovere il turismo (ma a parte noi, di turisti non se ne vede l’ombra e, quando ci sono, da maggio a settembre, si tratta di sudafricani ai quali piace sciare: Afriski) è: “il regno nel cielo”, dal momento in cui il punto più basso è il più alto del mondo. Diverse volte, tra l’altro, siamo passati in mezzo alle nuvole! Molte sono le verdeggianti colline pedemontane che lungo il confine cedono il passo a una fascia pianeggiante dove vivono i due terzi degli abitanti: i Basotho. Dai monti scendono tre grandi fiumi, l’Orange, il Caledon e il Tugela. Un aspetto veramente sorprendente dell’Africa meridionale è la ricchezza della sua flora che presenta una spettacolare varietà. Per quanto riguarda il clima pare che l’85% delle piogge cada nel periodo compreso tra ottobre e aprile e… Purtroppo non ci abbandona un minuto. Ci fermiamo in una rientranza della strada a consumare il frugale pasto a base di toast al prosciutto e formaggio, carne secca e banane davanti un paesaggio da cartolina che ci emoziona: quanti contrasti naturali forti! La strada è una serie di saliscendi tra i 1000, i 2820 mt del Moteng Pass e i 3255 mt di altitudine del Tlaeeng Pass. Una sosta fotografica anche alla cava Letseng Diamond Mine dalla quale si estraggono costosi diamanti e alle adiacenti abitazioni (capanne in mattoncini con tetto in paglia) degli operai. Per quanto riguarda la moneta, non cambiamo il Rand Sudafricano con la valuta di questo Stato: il Loti dal momento in cui è comunemente accettato ed è di 1 a 1. Dopo circa 200 km tra valichi e pendii arriviamo a destinazione: Mokhotlong. Ci accoglie, a lume di candela, una grossa mami intenta a prepararci la cena. La Molumong guesthouse, nel mezzo delle montagne del Drakensberg, è priva di corrente elettrica, gironzoliamo per le stanze, tutte a nostra disposizione, facciamo capolino ai bagni comuni e ci caliamo in una dimensione completamente differente dalla nostra, nuova sì per noi, ma probabilmente nota ai nostri bisnonni. Alle 19,30 pentolini e pentoloni sono appoggiati su un lungo tavolo. Ad ognuno sarà dato un piatto, un bicchiere, una forchetta e un caloroso buon appetito. Prima timidamente e qualcuno con un po’ di diffidenza, poi sempre più convinti e golosi, bissiamo le succulente pietanze: fagioli al pomodoro, piselli con cipolle, pollo al tegame, patate fritte, “cime di rape” tritate, sugo al curry piccante e polenta bianca. La serata si conclude con un bicchierino di Amarula, un liquore locale simile al Bayles ma ricavato da un frutto endemico, la Marula, del quale si nutrono anche gli elefanti i quali, se ne mangiano grosse quantità, risultano positivi al test all’alcool… Praticamente si ubriacano! Un po’ di spirito di adattamento e sarà bellissimo vivere questa realtà parallela alla nostra spesso troppo schiava del telefono, della tv, di internet, della luce, di tanto benessere…

18 aprile 2011. LESOTHO e SANI PASS. Se il buongiorno si vede dal mattino… Siamo fortunati! La mami ci ha preparato una colazione a base di papigna (semolino caldo che va condito con latte e zucchero di canna), uova sode e fette di pancarrè con burro d’arachidi. Per i più nostalgici a disposizione una scatola di biscotti da intingere nel tea o nel latte e nescafè. Un basotho che parla un po’ inglese ci porta a fare un giro tra le tipiche abitazioni locali. Lo seguiamo su e giù per la montagna che svetta nel cielo, schivando muli, pecore, galline… Ed intanto il nostro sguardo si perde nel paesaggio sterminato sottostante. Chiede a tre differenti signore se possono mostrarci casa e così abbiamo l’onore di vedere internamente tre strutture, tutte di pochi mq, costruite in fango e sterco, con tetto in paglia e a forma circolare. La prima appartiene ad un’anziana donna, Paolina, 86 anni che si scusa per il disordine (che ovviamente non c’è ed è impossibile vi sia vista l’esiguità degli utensili che possiede). Al centro un bracierino e sopra una pentola scura dall’usura. Per terra un ferro da stiro in ferro che utilizza dopo averlo riscaldato sulla brace. La seconda casa è di una donna che incontriamo ad una fontana intenta a riempire un grosso recipiente d’acqua che caricherà su una carriola e utilizzerà per lavare, in altre bacinelle, i vestiti della sua famiglia. E’ una donna robusta, tonica e la sua dimora ha, a differenza della precedente, un materasso appoggiato verticalmente sulla parete che la sera sarà posizionato al posto del bracierino al centro dell’abitazione. Notiamo due pelli di animali per terra: sono di bestie sacrificate al momento della morte di un parente le quali, tenute in casa, aiutano a non dimenticarlo. L’ultima abitazione è di una donna intenta a mischiare sterco e sabbia in grosse ciotole al fine di ristrutturarne l’intonaco. Pensiamo sia “benestante” perché ha un letto simile ai nostri, un vasetto per i bisogni, il bracierino è poggiato su un tavolino e diversi piatti a vista su una “credenza”. Mentre tra domande e foto continua la nostra passeggiata, dei bambini incuriositi ci seguono, ma si nascondono dietro qualche muretto, cespuglio… Ci sbirciano e quando cerchiamo di avvicinarci, di fotografarli… Corrono veloci in mezzo ai saliscendi della montagna e urlano. Tiriamo fuori dagli zaini cappellini, cancelleria… Li mostriamo in lontananza e piano piano molto timidamente ritornano. A quel punto si lasciano consegnare, rimanendo immobili, le cose che abbiamo. Ridono, si scambiano sguardi, emettono dei gridolini e quando scattiamo una foto e gliela mostriamo… Esplode un’allegria contagiosa. Tutta la popolazione indossa delle spesse coperte le quali vengono avvolte, una sull’altra, a mo’ di mantelle. Il freddo è tanto e come noi, lo patiscono. Molti coprono il capo con passamontagna, con cappelli in lana o con quelli caratteristici a forma di piramide con una “campanella” in cima, i Mokorotlo, simboli di questo Stato. Abbiamo portato anche diversi indumenti per neonati e quando li doniamo ad una mamma che porta a mo’ di zainetto la sua bimba di cinque mesi, per ogni capo che riceve ride e batte le mani. Ci fa spupazzare sua figlia che non emette un gemito di contraddizione: una vera e propria bambola! Ci rendiamo conto di quante cose avremmo potuto regalar loro rendendoli felici, di quante cose abbiamo noi e che a volte non apprezziamo. La passeggiata si conclude con la visita ad una casa adibita a luogo in cui si produce, dalla fermentazione del mais, una birra. Queste costruzioni sono segnalate da bandierine bianche. L’odore è forte, ma l’aspetto della bevanda non è affatto invitante ed igienicamente troppo rischiosa da assaggiare per i nostri pancini. In compenso familiarizziamo con il gruppetto di uomini e donne che si occupa dell’operazione e quando li immortaliamo, alla visione delle foto sulla macchinetta digitale, si divertono molto e ci chiedono più volte di replicare (saranno un po’ brilli?). Rientriamo alla guesthouse dove la mami ci fa trovare pronto il pranzo: riso in bianco, piselli e cipolle, sughetto piccante, frittatine e intingolo di fagioli e maionese. Salutiamo tutto lo staff e, da unici turisti quali siamo, cominciamo a scendere dalle montagne più alte dell’Africa Australe.

Ci aspettano una novantina di km tra salite e soprattutto discese dal Drakensberg. La strada è sterrata, sdrucciolevole, piena di buche, spuntoni di rocce, massi staccati dalle pareti, con una pendenza vertiginosa, senza guardrail… A volta ci sembra di essere seriamente in pericolo e solo il trovarci su un fuoristrada imponente guidato dall’organizzatore che ha affrontato il percorso più volte, ci tranquillizza. Attraverso il tortuoso Sani Pass, uno dei più difficili da percorrere, arriviamo alla frontiera con il Sudafrica, ma qualche metro prima ci fermiamo nel pub più alto in Africa, il Sani Top Chalet, a 2873 mt, dove gustiamo cioccolata calda, milo (una specie di nesquic) e cuba libre. Alle 17,30 arriviamo al Sani lodge & Honeyguide Cottage ai piedi delle montagne, dove pernotteremo in piccole stanze molto rustiche, con bagni esterni e comuni agli altri ospiti e ceneremo con un piatto unico composto da un pasticcio di pasta in bianco (un po’ scotta!), ragù di manzo squisito, zucca a tocchetti, fagiolini lessi e per finire gelato alla vaniglia affogato al cioccolato. Concludiamo la serata in una sala comune dove un camino ci riscalda un po’ (la temperatura in questi giorni ha oscillato tra i 2 e i 15°C) mentre le chiacchiere ci fanno sentire sempre più affiatati.

19 aprile 2011. ST. LUCIA (Regione KWA ZULU NATAL, SUDAFRICA). Ricca colazione african (bacon, uova e pomodoro) and international (cereali, frutta e toast) style e ci dirigiamo nel nord-est tagliando il Sudafrica e costeggiando l’Oceano Indiano. La strada è buona, per un bel tratto superstrada e per il resto autostrada. Ci aspettano quasi km 500 che interrompiamo una prima volta per metter diesel: € 125 per 121 lt (con il primo pieno abbiamo percorso quasi km 800) e una seconda per prepararci qualche panino con contorno di patatine fritte calde calde e succo di guava! Passiamo al centro della grande città di Pitermaritsburg, poi in quella di Durban cercando di arrivare per tempo (ci sono diverse deviazioni per il rifacimento del manto autostradale, spesso in calcestruzzo) a St. Lucia (nella regione dello Kwa Zulu Natal, un’area conosciuta anche come Zululand ossia la terra degli Zulu) dove un battello, in un paio d’ore di navigazione, più o meno per € 20 a testa, ci cullerà sulle rive dell’estuario. Per pochi minuti, però, lo perdiamo (avevamo pure chiamato per avvisare del lieve ritardo! Sono più fiscali e puntuali degli svizzeri!), ma non ci perdiamo d’animo e la parte del lago St. Lucia, che sfocia come un lungo imbuto sull’Oceano Indiano, lo andiamo ad ammirare dallo Ski Boat Club sorseggiando una bibita fresca. Riusciamo a scorgere, e proviamo le prime forti emozioni, degli ippopotami (pesano anche kg 2000, vanno a 18km/h in acqua, 44km/h sulla terra e arrivano a mangiare, ogni notte, anche kg 65 di erba!) e dei coccodrilli che fanno capolino dalla poco limpida acqua. Numerosi i banchi di pesci volanti che fanno sembrare l’acqua un idromassaggio, mentre uccelli pescatori (kingfisher) e aironi sovrintendono dall’alto. Siamo contenti, la nostra amarezza per la gita saltata è ampiamente ripagata! A saperlo non avremmo corso come pazzi e ci saremmo goduti di più la strada circondata da milioni di alberi alti, snelli, eleganti ed utilizzati per la produzione della carta.

Stasera pernottiamo all’African dreamz guesthouse dove le ampie, pulite, fornite di compliments camere con bagno, arredate con un ricercato e buon gusto stile etnico, ci regalano momenti di relax impagabili! La sig.ra Pam che lo gestisce è molto affabile e discreta, ci spalanca le porte e scompare silenziosa.

Vista la vicinanza con il mare, stasera ceniamo a base di pesce da Ocean Basket, a pochi minuti a piedi dalla guesthouse. Ci vengono proposte varie combinazioni (pescato, molluschi, crostacei…) grigliate e fritte servite su un unico tegamino bollente appoggiato su un tagliere. Ognuno sceglie la sua e per circa € 15 a persona mangiamo minimo 4 gamberoni, 6 calamari, un trancio di pescato, tre cozze con contorno di patate o riso, un dolcino e un bicchiere di vino bianco a testa! Come siamo appagati! Prima di rientrare e andare a nanna ci fermiamo in un pub a bere una birra, c’è della musica e pervasi da un totale spirito di libertà, seppur quattro gatti, facciamo quattro zompi.

20 aprile 2011. WETLANDS e HLUHLUWE UMFOLOZI. Dopo la prima colazione, sempre all’altezza, anzi, ancor più ricca e variegata, ci dirigiamo nel parco nazionale St. Lucia Wetlands (o Isimangaliso). Il biglietto per sette persone, compresa l’auto, è di circa € 20. Siamo pronti ad aguzzare la vista, a non fare rumore, a ridurre al minimo gli spostamenti per non far scappare e spaventare la fauna selvatica e a segnalare, più a bassa voce possibile, avvistamenti interessanti. Restiamo sempre sul mezzo; anche affacciarsi dai finestrini non sempre è consigliabile in quanto rompe la sagoma del veicolo, disturba gli animali ed è pericoloso per la nostra incolumità. Nel corso delle tre ore vediamo waterbuck (antilopi d’acqua, tra il marrone e il grigio con un cerchio bianco intorno alla coda), tanti facoceri (warthog, tra i cinghiali e i maiali, anche di kg 100), svariati suni (magri, piccoli ed eleganti antilopi di massimo kg 5 con le orecchie bianche), gnu blue (diversi da quelli neri che hanno la lunga coda chiara), impala (antilopi di media grandezza, dalle orecchie con le punte nere e una striscia molto scura sul naso), kudu (antilopi con 6-10 strisce bianche verticali su entrambi i fianchi), cercopitechi (scimmie dalla zona dei genitali verdi) e tantissimi stercorari (grossi scarabei volanti). Il giro si conclude con una passeggiata in riva all’Oceano, in una parte molto scogliosa dove rimaniamo impressionati dalla presenza di enormi granchi, di ricci e scogli interamente ricoperti di cozze che avremmo portato via con noi se non fosse stato severamente proibito (non avevamo la licenza e rischiavamo anche € 200 di multa)!

Usciamo da questo primo safari di tre ore abbastanza contenti e, vista l’abbondante colazione, decidiamo di pranzare con la frutta. Presso alcune bancarelle acquistiamo un casco di circa dieci banane, un’altra decina di mini ananas, una quindicina di granadille (frutti della passione) e 4 papaie per € 8. Dopo il ricco carico di vitamine dedichiamo il pomeriggio al secondo parco nazionale del Sudafrica, quello di Hluhluwe Umfolozi. L’entrata, sempre a bordo della nostra auto, è di € 11. Siamo emozionatissimi, qui potremmo incontrare i famosi big five! Il parco, una delle aree protette più antiche, istituita alla fine dell’800, è veramente esteso, gli animali vivono allo stato brado, liberi e padroni del loro territorio. In più di tre ore di giro riusciamo ad emozionarci davanti ai mammiferi più alti: le giraffe (arrivano anche a mt 5, con il collo di soli mt 3,5, il cui maschio si distingue per il colore più scuro e per le corna senza peluria consumata durante gli scontri), a quelli più grossi: gli elefanti africani veramente imponenti e numerosi (possono pesare anche 6300 kg, mangiano kg 300 di erba al giorno, bevono lt 150 d’acqua e per veder nascere un elefantino le femmine hanno una gestazione di 22 mesi), molti rinoceronti bianchi pesanti anche kg 2300, con una gobbetta sul collo, sempre con la testa bassa e due corni sul naso (qui ce n’è un’altissima concentrazione), babbuini, nyala (simili ai kudu, con 8-14 strisce bianche verticali su entrambi i fianchi), zebre, specie di fagiani ma dal lunghissimo collo, quaglie e uccelli dai più sgargianti colori (bluette come lo storlino azzurro, completamente gialli fosforescenti…).

C’è mancato di immortalare altri “pezzi grossi”, ma siamo soddisfatti così, avremo altri safari nel corso del tour e sarà bello scoprire ogni volta un animale mai visto prima dal vivo.

Per cena organizziamo un braai (barbecue) in un’area adibita nella splendida Hluhluwe guesthouse che ci ospiterà per circa € 80 a stanza. Facciamo la spesa in un supermercato della catena Spar, spendiamo più o meno € 80 per un succulento e golosissimo pasto a base di carne (T-bone, salsicce di mucca e agnello) con contorno di peperoni arrostiti e sorseggiando un paio di bottiglie di vino rosso locale. Con la collaborazione di tutti e scoprendo che oltre all’amore per l’Africa ci accomuna quello per la cucina… Concludiamo la serata scherzando, ridendo e ai prossimi avvistamenti!

21 aprile 2011. SWAZILAND. Dopo la prima colazione, servita con precisione, raffinatezza ed accuratezza, lasciamo il Kwa Zulu Natal e ci dirigiamo a nord verso il Regno dello Swaziland, il più piccolo Stato dell’emisfero australe. Rimbocchiamo il pieno (€ 102), attraversiamo la frontiera e proseguiamo per la Ezulwini Valley, la magnifica valle tra Manzini e Mbabane, la capitale.

Percorriamo quasi 300 km e troviamo ospitalità in un Regno dai colori meravigliosi: quelli della terra rossa, dei fiumiciattoli dove sassi levigatissimi sembrano appositamente posizionati, degli sgargianti vestiti delle donne e dei bambini, delle distese di gradazioni spettacolari di verde in un alternarsi di scenari montani, vallate con solchi evidentissimi dovuti alle forti piogge degli ultimi mesi che hanno eroso il terreno.

Non cambiamo i Rand Sudafricani con la valuta di questo Stato: il Lilangeni in quanto è comunemente accettato e il cambio è di 1 a 1.

Elia ci dà qualche informazione sul piccolo Regno dalla forma approssimativamente rettangolare, senza sbocco sul mare, chiuso da tutti i lati dal Sudafrica, fatta eccezione per circa 100 km di aspro confine con il Mozambico nella parte orientale (che percorreremo domani). Quasi i tre quarti della popolazione trova lavoro nel settore agricolo e anche se non abbiamo visto enorme benessere, non abbiamo neppure avuto la sensazione che le persone patissero la fame. Le sue risorse naturali sono ben amministrate, il re è ben voluto da tutti, regna da tantissimi anni, non ha mai fatto pagare troppe tasse al suo popolo e ha 15 mogli! Ogni anno sceglie una ragazza vergine, la sposa e la manterrà, assieme alla sua famiglia d’origine, per tutta la vita. Passiamo davanti alle terre di sua proprietà, verdi e ricche di pascoli, si intravede uno stadio, ma non la sua dimora.

Ci fermiamo a comprare la frutta con cui pranzeremo. Le persone sono sorridenti e gentili ma non vogliono assolutamente esser fotografate o riprese. Rispettiamo le loro volontà e portiamo nel nostro cuore i ricordi dei loro sorrisi.

Un inconveniente è in agguato: l’auto sulla quale viaggiamo fa un rumore strano. La portiamo da un meccanico che, in una mezz’oretta, risolve, per poco più di € 30, il problema di alcuni bulloni sganciati (nella sfortuna… Che fortuna!).

Proseguiamo il nostro itinerario che prevede la visita di un piccolo agglomerato di negozi artigianali, tra i quali una fabbrica-negozio di candele. Alcune sono dei veri e propri capolavori, ottimi souvenir per i colori, per le forme a tema Africa, per tutte le tasche e per tutti i gusti.

Alloggiamo al Buhleni farm Chalets in mezzo ad una foresta! Wow! Ogni chalet è una sorta di palafitta in legno, una casetta sopraelevata che rende proprio l’immagine di quei film girati in questo meraviglioso continente. Il tetto pullula di scimmie e all’interno le due stanze con bagno, soggiorno e cucina a vista, sono molto spaziose. Si potrebbe andare a cena in un ristorantino tipico ma… Più tipico di questo alloggio non esiste per cui in un supermercato limitrofo compriamo lo stretto necessario per cucinarci un’abbondante porzione di spaghetti aglio, olio e peperoncino da gustare in questa location. Dopo cena il gruppo si divide. Io e il mio boy ci godiamo la pace e la tranquillità ascoltando solo i rumori prodotti da madre natura, gli altri vanno a giocare al casinò poco distante.

22 aprile 2011. SWAZILAND E MOZAMBICO. Colazione di buon ora preparata da noi nello chalet e poi visita al Mantenga, un villaggio che riproduce la vita degli Swazi di diversi anni fa. Il biglietto è di € 10 a persona e, a parte una zona naturale dove ci sbizzarriamo in foto panoramiche tra ruscelli, cascate e paesaggi che si riflettono in specchi d’acqua, per la visita siamo guidati da uno swazi vestito con abiti tradizionali che parla un perfetto inglese. Le costruzioni delle capanne, a forma di igloo, sono realizzate con canne intrecciate in maniera perfetta e nidi di termiti spalmate sul pavimento. Ognuna ha un suo significato: quella in cui dormono solo le donne dai sei anni in su, quella solo per i maschietti, una per ogni famiglia appena creata, quella adibita per cucinare, per il saggio del villaggio… La guida ci racconta anche alcune curiosità: la donna non poteva mangiare la testa della mucca perché sarebbe potuta diventare troppo intelligente cibandosi del cervello o parlare e ribellarsi all’uomo dopo aver gustando la lingua dell’animale, né poteva mangiarne le zampe, si correva il rischio che se ne andasse di casa! Gli uomini avevano un recinto fatto da rami secchi in cui si riunivano a fumare mariuana e prendere importanti decisioni!

Finita la gita, turistica sì, ma che consiglio per apprendere usi e costumi di questa particolare etnia, ci dirigiamo verso una nuova nazione: il Mozambico un’ex-colonia portoghese, indipendente dal 1975, dove si parla portoghese (ma molti locali comunicano in shangaano).

Prima di raggiungere la frontiera ci fermiamo nei pressi di un benzinaio e veniamo letteralmente assaliti da mozambicani con quantità incredibili di soldi tra le mani: sono coloro che ci cambieranno gli euro o i Rand in Metical (MZM), la moneta locale. Dopo trattative, tira e molla cambiamo con la persona che ci fa meno antipatia, anche perché il prezzo lo concordano tutti insieme (€ 1=40 Metical). In qualche minuto arriviamo alla frontiera Namaacha dove faremo il visto. Compiliamo un paio di stampati, ci mettiamo in posa per una bella foto, lasciamo le impronte digitali di entrambi gli indici e paghiamo il corrispettivo di € 50 a persona ottenendo uno splendido adesivo incollato su tutta una pagina del passaporto. Se non avessimo pagato con la moneta locale, ma con quella sudafricana o in euro, il prezzo sarebbe lievitato anche di circa € 20!

Ci fermiamo per mangiare qualche panino nei pressi di un campo di pannocchie e due donne che si occupano di raccoglierle ci fanno tanti timidi sorrisi, aspettano che rivolgiamo loro la parola e poi si sciolgono in abbracci, risate e addirittura un bacio per le foto che scattiamo e per qualche frutto, cappellino o bottiglia di plastica vuota (scopriremo che saranno loro molto utili) che amichevolmente doniamo. Che emozione aver rallegrato con pochissimo queste donne e, a dirla tutta, penso sinceramente che siano loro ad aver rallegrato il nostro passaggio!

Proseguiamo in direzione nord lungo la costa per arrivare a Bilene. Quasi un centinaio di km di strada sterrata e piena di avvallamenti dovuti alle tante piogge dove bisogna guidare con la massima attenzione perché bimbi o animali potrebbero improvvisamente attraversare. Tante sono le piante particolari che vediamo scorrere dal finestrino, per esempio l’euphobie mentre fra gli alberi si trovano prevalentemente quelli con legni duri come acacie e papaie. Costeggiamo il fiume Sabie (un altro importante fiume che sfocia quasi mille km a nord è lo Zambesi) e appena la strada diventa asfaltata, notiamo tantissime bancarelle ed alberi dai rami secchi sui quali sono appese bustine bianche. Elia ci spiega che segnalano miele puro o castagne (cajunut, anacardi). Rallentiamo un po’ e veniamo attorniati dai venditori di anacardi che sporgono, fin dentro l’auto, i loro sacchetti. Cediamo alla tentazione di assaggiarli e per quasi € 5 ne compriamo una bustina (si fa ad occhio e non a peso). Sono buoni e soprattutto naturali: appena tostati e non salati! Facciamo un carico di calorie e finalmente, dopo quasi otto ore da quando siamo partiti, l’autista-guida, veramente molto bravo sotto tutti i punti di vista, ci fa definitivamente scendere, non senza un applauso, a destinazione: Praia do Sol un resort in riva al mare dove stazioneremo per 3 notti.

Ma è fantastico! Gli alloggi sono realizzati esclusivamente in legno e paglia, non sono grandi ma graziosi: un letto matrimoniale con tende per proteggerci da insetti vari, un lavandino ed una doccia in pietra. Tutto rigorosamente in materiale superecologico.

E’ buio, una pioggerellina (nonostante la stagione secca sia già iniziata da tre settimane e si dovrebbe concludere a settembre) cade rinfrescando l’aria e sentita un po’ di stanchezza, ci godiamo una cenetta a base di gamberoni, fagiolini, patatine fritte e dolce presso il resort (€ 12 a persona).

23 aprile 2011. BILENE E SPIAGGIA (MOZAMBICO). Sarà l’eccitazione per la giornata di relax a base di sole, bagni e gustose pietanze a base di pesce che ci aspettano, sarà il pensiero che forse poco di questo sogno potrà realizzarsi vista l’incessante pioggia… Ma non riesco a dormire granché nonostante tutte le buone condizioni per farlo (la ninna nanna è suonata dalle onde del mare e cantata dalla flora e fauna del resort). La colazione è quella classica sudafricana ma un po’ meno abbondante, il tempo non promette bene, non ci scoraggiamo e ci avventuriamo per una passeggiata lungo la costa. La sabbia è bianca e tante sono le alghe, le conchiglie, i resti di qualche peschereccio. Sembra che le battigie più belle dei 3000 km di costa di questo Stato siano a nord, ma a noi anche qui piace tanto! Non ci sono molte persone anche perché un acquazzone tropicale sta per abbattersi su di noi… Anzi, inizia forte e violento e… Non ci salviamo. La temperatura però non è fredda e quasi con indifferenza rientriamo zuppi fradici nelle nostre stanze per una calda doccia. Il pranzo lo consumiamo a Bilene, a pochissimi km dalla struttura, presso Fatima’s braye dove divoriamo mezzo pollo allo spiedo ciascuno con contorno di patatine fritte e pomodori, sorseggiamo una birretta e paghiamo quasi € 6 a testa. Veramente non male! Nel frattempo il sole fa capolino e ne approfittiamo per fare un po’ di shopping presso alcune bancarelle lungo la stradina del ritorno. I prezzi non sono eccessivi e gli ambulanti gentili e cortesi. Non piove più e i ragazzi decidono di giocare calcetto sul bagnasciuga. Il tempo di tirar fuori il pallone e… Come funghi si materializzano uno, due, tre, quattro e cinque mozambicani pronti ad iniziare una vera e propria partita da campionato mondiale. I “nostri” bianchi sono un po’ in soprappeso, i neri hanno dei fisici tonici, alcuni statuari ma… Udite udite… Italia batte Mozambico 7 a 1! Tra le risate e le battute reciproche trascorre il corto (fa buio alle 17,30!) pomeriggio. Una doccia, un po’ di lettura e scopriamo che il “giovane capo” ha organizzato una braciata di pesce: Mercia ha acquistato dai pescatori kg 6 di tainhaa e chakeo, ha pagato una mami affinché li pulisse, li ha portati da Fatima’s bray dove li griglieranno bene come il pollo del pranzo e serviranno accompagnati da riso bianco, patatine fritte, pomodori e cipolle. Il tutto, semplicemente strepitoso, gustoso, fresco ed abbondante, bibite comprese, per soli € 10 a testa! Provare per credere! Siamo veramente contenti e per finire allegramente e in bellezza ci andiamo a prendere una bibita in un bar-discoteca in zona: la Pousada Sào Martinho. Diverse sono le persone che bevono, qualcuna gioca a biliardo, molte ballano in maniera molto sensuale, provocante, un po’ allusiva. Sia gli uomini che le donne, dai fisici scultorei o esageratamente in soprappeso, si muovono in piena libertà, fuori da ogni schema. Indossano l’abbigliamento più disparato (c’è chi è a torso nudo, chi porta un maglioncino di lana, chi succinte canottiere e minigonne). Ognuna, però, è accomunata dal ritmo nel sangue, dalla spensieratezza che sprigiona da tutti i pori, dai sorrisi spontanei e coinvolgenti. Una curiosità sono le acconciature. La maggior parte delle donne capelli posticci. Il motivo è che i loro capelli sono molto crespi, ricci, a volte ingestibili per cui è usanza raderli quasi a zero ed “incollare” delle parrucche di capelli lisci, corti, nero corvino. Chi ha più possibilità comprerà parrucche di capelli veri, molte si accontenteranno di quelle sintetiche.

24 aprile 2011. BILENE E SPIAGGIA (MOZAMBICO). Buona S. Pasqua! La sorpresa trovata, e più che apprezzata, oggi, è quella di un cielo turchese con uno splendido sole. La colazione è molto abbondante e con cioccolatini di auguri per tutti. La mattinata passa in maniera libera e spensierata: chi passeggia, chi prende il sole, chi fa continui bagni, chi gioca a pallone. All’ora di pranzo ci mettiamo in macchina, percorriamo qualche km e ci ritroviamo nuovamente su una spiaggia presso il Complexo Pereira dove un gommone ci aspetta per portarci (A/R € 5 a testa), in un quarto d’ora, dall’altra parte della baia. L’acqua durante la traversata (e pure a ridosso della riva) è blue intenso ed arriva ad una profondità anche di 30 mt. Raggiungiamo un piccolo Paradiso di resort che si affaccia sul mare e si sviluppa in altezza. In bella vista il ristorante dove festeggeremo la S. Pasqua con pietanze per tutti i gusti ma Elia ci consiglia di puntare dritto sul pesce e, come al solito, fa centro! C’è chi gusta delle aragostine, chi un granchio gigante, chi i classici gamberoni, i calamari, le cozze e il pesce Serra (ossia pesce sega, simile al pesce spada). Comprese le bibite paghiamo circa € 15 a testa e ci alziamo sazi ed appagati. Il posto è veramente bello, si può fruire della piscina, dei lettini… Noi decidiamo di fare una passeggiata al di là di una collinetta sabbiosa, formata da alte dune dietro le quali, senza corrente elettrica ed in piccole costruzioni, vive il personale del resort. Arrivati in cima, davanti ai nostri occhi si apre uno scenario che sembra un quadro: l’Oceano Indiano aperto con le sue onde alte, lunghe, che portano sul bagnasciuga conchiglie colorate e granchi giganti. Una nuotata in queste acque è sconsigliata perché la corrente è fortissima e noi ci accontentiamo di bagnarci i piedi. La risalita è molto impegnativa, ma la stanchezza è superata dall’aver visto il color oro rosso della sabbia sulla quale spicca il verde smeraldo di tanti alberi di caju incontrarsi con il celeste del mare.

Un motoscafo ci viene a prendere, sono le 18,30 ed è buio pesto, ottimo per distinguere in cielo la Costellazione di Orione e la Croce del Sud tra un numero infinito di stelle, di diamantini luminosi.

Una S. Pasqua che dimenticherò difficilmente! Rientriamo nelle nostre stanze, una doccia, un po’ di relax e la stanchezza per il tanto sole preso, per la scarpinata… Si fa sentire. Per cena un po’ di frutta e a nanna presto, domani si parte.

25 aprile 2011. MAPUTO (MOZAMBICO). Buona Pasquetta. Con un po’ di dispiacere lasciamo il resort sul mare sotto un sole cocente e ci dirigiamo verso la capitale: Maputo, il cui nome, prima dell’indipendenza, era Lourenço Marques, in onore del commerciante portoghese che ne esplorò la baia. Pranzo a base di frutta. Presso il piccolo villaggio di Macia ci fermiamo ad acquistare papaia, avocado, ananas, granadille, banane, bananine-mela, cetrioli e mandarini in quantità industriali spendendo poco più di € 10. Le venditrici di frutta (e di manioca, una radice con consistenza simile a quella delle patate e una forma somigliante a una carota tortuosa con la buccia marrone e dura) quasi sempre con bambini, sono restie a farsi riprendere o fotografare ed è un vero peccato perché i colori di quei banchi trasmettono veramente salute ed allegria. Tre ragazzi si avvicinano con bacinelle colme di anacardi: come metodo di misura usano un bicchiere o un barattolino. Ne vogliamo un bel po’, cerchiamo di tirare sul prezzo, ma sono decisi e una manciata in più di prodotto ce lo danno ricevendo, oltre ai soldini, cappellini! Lungo la strada vediamo dei sacchi di iuta stracolmi: è carbone, si vende principalmente per tenerlo in casa quando finisce il gas visto che costa meno (€ 5 di carbone può durare anche due mesi). Ci fermiamo pure in uno dei tavolinetti lungo la strada dove compriamo una bottiglia di miele puro per € 3 scarse più un cappellino (ma quanto sono ambiti!). Arriviamo finalmente a Maputo e ci rendiamo conto di quanto siano simili le città: tante auto, traffico impazzito, mezzi pubblici stracolmi. Conta 2 milioni di abitanti e noi abbiamo la fortuna di essere ospitati a casa di una di loro: Maria/Mercia, che vive un po’ fuori, in un villaggetto dove si conoscono tutti. Appena arriviamo, infatti, davanti la porta di casa si concentra un capannello di amici curiosi che ci guardano, ci sorridono, ci salutano stringendoci la mano tre volte, così come è usanza locale. Su un tavolino al centro del giardinetto poggiamo le stracolme buste di frutta che condividiamo con la famiglia. L’avocado lo mangiamo come dolce: svuotato dentro una bacinella, mescolato allo zucchero di canna e voilà un budino dolce e ricco di vitamine! Subito dopo pranzo mentre noi donne (io, Mercia, sua cognata, un’amica…) chiacchieriamo, un ragazzo del gruppo decide di andare dal barbiere ovvero sottoporsi a rasatura. Per € 0,50, sotto indicazioni di altri ragazzi, con la macchinetta un mozambicano lo rade completamente con ottimi risultati! Wow, che coraggio! Ci congediamo dalla calorosa accoglienza per dirigerci al Mercado du povu (mercato del popolo). Siamo in effetti gli unici stranieri e per rispettare la loro volontà non registriamo né fotografiamo il reparto carne (decine di gabbie con polli vivi, alcuni già spennati, altri sezionati), né il reparto verdura con i cacana (verdure esteticamente simili ai cavoletti di Bruxelles buoni da schiacciare insieme alle arachidi e al succo di cocco), con le piccole piramidi di sacana (piccolissimi e piccantissimi peperoncini) o con i gamberetti secchi utilizzati per insaporire il sugo. Mercia ci mostra il banco dove lavora il suo papà: un erborista. Prima di vederlo lo immaginavo davanti a mille barattoli di semi, piante, fiori… E invece il suo lavoro mi ricorda quello del mio papà: un piccolo falegname artigiano (www.arredamentiluna.com). Sul piano da lavoro ha diversi tipi di macete, asce e sulle mensole a vista una serie di tronchi, rami, sezioni di alberi, spesse radici, ognuna con una proprietà! Un’altra nuova esperienza. Proseguiamo il giro della città con una passeggiata sul lungo Oceano, sulla Costa do Sol dove diversi sono i banchetti di artefatti locali (noi in realtà volevamo acquistare presso l’art dif dove i souvenir sono realizzati da persone diversamente abili in una struttura statale, ma la troviamo chiusa). Interessante sarà vedere la stazione ferroviaria CFM dalla quale, in realtà, non partono molti treni, ma bus. Tantissime le persone che li aspettano, alcune si improvvisano venditrici di qualcosa da mangiare; per esempio di uova sode a € 0,10 l’uno. All’interno della stazione vi sono esposte le prime due locomotive e una targa del 2010 che attesta il centesimo anniversario. Di fronte l’enorme statua di una donna in ricordo dei combattenti europei ed africani morti durante la guerra mondiale. Presso distributori bancomat notiamo lunghe code. Il motivo è che siamo alla fine del mese, i mozambicani trovano accreditato lo stipendio, € 40/50 è quello medio mensile, e quindi la necessità di ritirare subito. I prezzi del riso (che si vende per € 20 a sacchi da kg 25), del pane (che si vende al pezzo), del latte (quasi € 1 al litro)… Non sono bassi. Per risparmiare un po’ è abitudine alzarsi presto, andare a lavorare, far colazione alle 11 con pane, burro, frutta, tirare fino alle 20 e cenare con riso, latte di cocco, verdure e pesce fritto o polenta al cocco e una fagiolada (soffritto di carote, cipolle, aglio, alloro, zenzero, peperoni, salsa di pomodoro e fagioli).

Presso La Barraca ceniamo con un intero pollo arrosto a testa con contorno di patatine fritte, lattuga, pomodori, bibite per € 10 a testa! Un locale semplice ma pulito che consiglio vivamente nonostante il servizio sia un po’ lento ma… Siamo in Africa e qui l’orologio va più lentamente che in Europa. Flessibilità, pazienza e soprattutto senso dell’umorismo sono essenziali (una volta a colazione notavamo i camerieri intenti ad apparecchiare i tavoli: noi ed un’altra coppia eravamo già seduti ad aspettarli e… Loro davano la priorità, con un ritmo da moviola, alla sistemazione di quelli senza ospiti!). Stanotte pernottiamo a Matola presso il Vaquita Premier Hotel dove la nostra stanza è nientepopodimeno che un appartamento di un’ottantina di mq con salottino, tv, frigo, doppio letto matrimoniale e bagno con vasca. Ma quanto lusso!

26 aprile 2011. KRUGER NATIONAL PARK (Regione MPUMALANGA – SUDAFRICA). Dopo l’abbondante colazione, salutiamo il Mozambico uscendo dalla frontiera Ressano (che lunga fila!) ed entriamo in Sudafrica attraverso il border control di Lebombo. Dopo qualche km ci fermiamo presso un autogrill dove delle signorone, molto riconoscibili, ci avvicinano per proporci di cambiare i soldi. Si trovano proprio di fronte l’ufficio cambio, lo applicano un po’ più conveniente di quello ufficiale e, ovviamente, meno conveniente di quello al quale avevamo comprato. Non abbiamo scelta.

Lunghissime sono le distese di piantagioni di banane che ci accompagnano lungo il viaggio, i cui frutti sono coperti da buste per tre motivi: il sole, le scimmie e i mamba (dei velenosissimi serpenti veloci anche 10km/h).

Il Kruger National Park, nella regione del Mpumalanga, la Svizzera sudafricana per i suoi lussureggianti paesaggi, ma letteralmente “luogo dove sorge il sole” è il nostro prossimo obiettivo dove diversi saranno i safari che faremo per avvistare più animali possibili (l’area ospita 147 specie di mammiferi, rettili, anfibi e 500 specie di uccelli) e all’interno del quale pernottiamo nel campsite Pretorius. Dobbiamo provvedere noi a preparare i pasti nelle aree comuni attrezzate per cui ci fermiamo a fare la spesa per i tre giorni a venire, dalla cena di stasera alla colazione di dopodomani. Presso un supermercato incontriamo una cantante famosa mozambicana (ovviamente la riconosce e ce la segnala la nostra amica Maria) Lisa James assieme ad un’altrettanto nota lookmaker, Sandra Pedru che si prestano ad un’intervista di italiani curiosi e ad una foto insieme. Attraverso il Malelane Gate emozionantissimi entriamo nel parco ed iniziamo a tenere gli occhi aperti. Ci vogliono un paio d’ore per raggiungere i bungalow (l’area pare sia estesa quanto il Veneto e la Lombardia insieme!) e tra l’erba, gli alberi, i cespugli, il bush tutto, ma anche in bella vista o mentre attraversano davanti la nostra auto, oltre ai tanti animali già visti in precedenti riserve, immortaliamo un rinoceronte nero. Pare sia molto difficile adocchiarlo, ne esistono pochi esemplari, sempre molto solitari, più piccoli di quelli bianchi e anche aggressivi. Un’altra particolarità che li contraddistingue è come conducono i loro piccoli: quello bianco li segue, quello nero li precede. Tra i tanti coloratissimi uccelli ne riconosciamo uno: il protagonista del Re Leone, Zazù, ossia un Yellow Horn Bill dal becco giallo. Altri uccelli che avremmo potuto distinguere, erano le nettarine, i fenicotteri e gli uccelli tessitori le cui nutrite colonie vivono in ‘città’ composte da innumerevoli nidi di fili d’erba intrecciati, ma oggi fa così caldo… speriamo nella giornata di domani. Con la nostra auto non possiamo circolare all’interno del parco dalle 18 alle 6 (possono farlo solo i ranger locali), orario in cui escono soprattutto i felini per cui prenotiamo per domani un’escursione facoltativa (€ 17 a persona): la night drive (dalle ore 19 alle 21). Volendo si possono acquistare la morning walk (tre ore di passeggiata in cui vengono mostrate e spiegate la flora – si contano 300 specie di alberi e piante – ed eventuali impronte) e la sunset drive (tre ore dalle 17 alle 20). La nostra sistemazione può essere paragonata ad un Trullo di Alberobello: costruzione circolare all’interno della quale due lettini, un lavandino, un tavolinetto con due sedie da posizionare nel giardino centrale comune a tutti. Ogni strutturina ha un proprio barbecue dove ne approfittiamo per cuocere della carne e delle salsicce. Ci sono anche le cucine comuni, pulite, con fornelli elettrici, lavandini ed acqua calda a volontà. L’unico neo, ma è bello anche quello, è la poca illuminazione: essenziale è stata la torcia (un’organizzazione più che perfetta!).

27 aprile 2011. KRUGER NATIONAL PARK (Regione MPUMALANGA – SUDAFRICA). Intera giornata scandita dal ritmo dei safari. Di prima mattina, alle 6 (e fino alle 8) partiamo per assaporare il fascino del risveglio della natura africana, ma non siamo un granché fortunati o, perlomeno, avvistiamo elefanti in branco (alcuni giocano a pochissimi cm dalla nostra auto), un ippopotamo rilassato in un laghetto e tantissime varietà di antilopi che, tra l’altro, circolano indisturbate intorno al nostro giardino così come scimmiette e intere famiglie di fagiani. Oltre al binocolo (noi avevamo una telecamera con uno zoom da paura, ma per altri è stato fondamentale) e alla macchina fotografica, è stata utile una felpa. Rientriamo affamati, un ragazzo del gruppo tira fuori la moca e… Un buon espresso ci vuole! E’ divertente vedere tutto (o quasi!) il gruppo all’opera, dove ognuno collabora, lo rende affiatato, partecipa a qualsiasi tipo di operazione (non solo a caricare e scaricare i veicoli, ma anche a preparare i pasti, a fare pulizia dopo gli stessi). Sembra una gara di solidarietà dove ci si sente responsabili del benessere dell’altro (e magari in casa non si sposta una sedia!). Neanche finiamo di far colazione che alle 9 scatta la crema solare: il caldo è fortissimo e solo sotto le piante si sta bene. Proprio lì i boys iniziano un torneo di scala quaranta, il tour leader va a riposare, io passeggio o mi rilasso leggendo/scrivendo e cerco di caricare tutte le batterie possibili nelle prese presso i bagni o le cucine.

Piccola parentesi sulla corrente elettrica, di 220 Volt. Insieme ai voucher il Tour Operator ci aveva spedito un adattatore in quanto le spine sono di tipo tripolare (tre lamelle a triangolo) e si trovano unicamente in Sudafrica. Se si portano rasoi o apparecchi elettrici dovranno essere a voltaggio universale e meglio se funzionanti a batteria. In una guesthouse non c’era neppure la corrente elettrica.

Volendo ci si può tuffare in piscina (perfettamente incastonata nel contesto a tal punto da mimetizzarsi e sembrare naturale essendo per metà occupata da una roccia che piano piano lascia spazio alla classica vasca che arriva a mt 2,20 di profondità), andare al bar, all’ufficio postale, nei vari negozietti… Alle 16 con la nostra auto ripartiamo per un safari e agli animali già immortalati in questa riserva di 22.000 ettari (anche se è sempre un’emozione vederli) aggiungiamo una decina di licaoni (wild dog) che incontriamo un paio di volte in punti differenti, due tartarughe leopardo, sempre in due aree distanti l’una dall’altra, rimaniamo incantati ad ammirare, testa in su, un’aquila marziale (martial eagle), diverse “quaglie” e due uccelli a macchie bianche e nere, i blacksmith plover. Rientriamo più soddisfatti anche per aver colto il caldo colore del tramonto. Giusto il tempo di una merendina e usciamo con i ranger (due sudamericane parlanti lingua inglese) su un fuoristrada elettrico, più alto del nostro e aperto. Siamo in nove e ci consegnano due lampade speciali da tenere sempre puntate sulle zone laterali. Nonostante siano le 19 è buio pesto e compagna di avventura sarà una famiglia di Johannesburg. Imbocchiamo una pista battuta e sopra una roccia, nell’oscurità, alla luce della grande torcia, spiccano due fanalini: sono gli occhi di una leonessa! Oh che emozione! Se ne intravede un’altra, non dobbiamo farci sentire ed il grido di gioia rimane strozzato ed intenso. Le esperti ranger arrivano nel punto più vicino e spengono l’auto. Iniziamo a fare riprese a più non posso, ma nessuna fotografia: è troppo buio, non possiamo fissare insistentemente la luce sui loro musi. Minuti preziosi spesi a contemplarle mentre sbadigliano, si adagiano completamente. Io non riesco neppure a trattenere le lacrime! Avevo visto questi felini da bimba allo zoo, crescendo al parco biologico, qualche anno fa purtroppo al circo, ma giuro che non è affatto la stessa cosa! La sensazione di trovarli nel loro habitat naturale cambia completamente la prospettiva e l’approccio. Non andremmo più via da quel punto se non fosse per il desiderio di vedere ancora ancora ancora. Altre due paia di occhi grandi e verdi si nascondono tra la fitta vegetazione, forse sono bufali, ma non si distinguono bene, gli alberi sono enormi e loro sono ben nascosti. Continuiamo la lista con tre enormi civette, due piccoli camaleonti, una scrub hare (una lepre), un red rock rabbit (un coniglio rossiccio) e due genet (genette, “gatti maculati”). Sostiamo qualche minuto per ammirare il cielo stellato, individuando la Via Lattea, lo Scorpione, la Croce del Sud ed Orione. Sembra di stare all’interno di un bacio perugina. Rientriamo puntuali e troviamo ad ascoltare i nostri racconti ed intenti a preparare una spaghettata il capogruppo e la sua bella. Con il sorriso fino alle orecchie ci addormentiamo – e non è un sogno – tra i rumori della savana e i versi degli animali selvatici del campsite.

28 aprile 2011. GRASKOP (Regione MPUMALANGA – SUDAFRICA). Alle 6 ultimo tentativo per vedere gli amici animali e completare la visione dei big five, i grandi mammiferi, così chiamati da antichi cacciatori in quanto tra i più difficili da cacciare, ma ora solo tra i più difficili da fotografare (ci mancano bufali e leopardi!). Usciamo con la nostra auto e mostriamo al capo la roccia sulla quale stazionavano ieri sera le due leonesse ed… Ecco spuntare nella sua elegante maestosità il Re Leone! Wow che imponenza, che criniera, deve essere il maschio predominante che, però, nonostante la leggenda, è meno vanitoso del previsto e se ne va in un attimo lasciandoci con i nostri commenti, con la vana speranza di fissarlo più a lungo. L’entusiasmo cresce e perseveranza, pazienza, costanza sono premiate da foto scattate a famiglie di iene, ai più grandi uccelli del mondo ossia a grossi struzzi, oltre che a zebre, giraffe e rinoceronti. Dopo quasi tre ore torniamo a far colazione e a caricare i bagagli; usciamo da questo santuario naturalistico dal gate Numbi a ovest posizionando su un cartello magnetico una calamita sugli avvistamenti dei due giorni e ripromettendoci di tornare a vedere gli ultimi due dei grossi cinque, i felini più veloci come i ghepardi, quelli più piccoli come i toporagni pigmei o i più grandi uccelli al mondo in grado di volare come le otarde kori.

Spesso nel corso delle nostre uscite abbiamo citato la leggenda del leone e della gazzella: “Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, non importa che tu sia leone o gazzella, l’importante è che cominci a correre“.

La nostra prossima meta, neanche a km 100 di distanza, è Graskop, sempre nella regione del Sol Levante. La strada è panoramicissima, un saliscendi per il Klein Drakensberg (piccolo Drakensberg) dove la temperatura cambia all’improvviso: siamo in mezzo alle nuvole, un’intensa foschia ci fa avanzare a passo d’uomo, occasione in più per godere delle distese di verdeggianti “coltivazioni” di abeti che una volta cresciuti vengono tagliati e al terreno viene dato fuoco.

Prendiamo possesso delle ampie e pulite camere del Mogodi lodge, un complesso ben curato con miniappartamenti accessoriati, giardini, piscina e dove è possibile praticare il Big Swing, una sorta di salto e dondolio a mt 75 di altezza con un panorama eccezionale sotto i piedi. Buttarsi costa circa € 35 a persona, ma noi siamo troppo fifoni e preferiamo guardare i video e l’espressione adrenalinica di chi lo ha fatto ieri. Per pranzo gusteremo uno dei famosi pancake del paesino che ci vengono serviti arrotolati elegantemente in giganti piatti con contorno di patatine, insalatina e pezzetti di papaia condita. Comprese le bibite paghiamo € 6 a testa. Fantastico! Nel primo pomeriggio andiamo a visitare Pilgrim’s Rest, un’antica città mineraria di fine ‘800 dove ignoti minatori lavorarono quarzo aurifero. Troviamo testimonianze dei loro scavi in un museo (Pilgrim’s Rest Museum, entrata gratuita) e leggiamo che la prima corsa all’oro in Sudafrica avvenne nel 1873 con la scoperta di un ricco giacimento nella vallata, ma questo paesino in particolare, dove c’era un ricco deposito d’oro alluvionale presso il Ruscello Pilgrim, rimase nascosto per un bel po’ di tempo finché, scoperto, fece scattare la prima vera e propria Febbre dell’oro. L’ultima miniera chiuse nel 1972 ed il villaggio è oggi un Monumento Nazionale e un Museo Vivente a cielo aperto. In un’oretta giriamo tra la Casa museo, un attraente esempio architettonico in legno e lamiera ondulata, tipico del posto, arredata in stile vittoriano, l’Officina Centrale che, nel 1926 era un’agenzia della Chevrolet Motors ed oggi ospita una collezione di veicoli di fine ‘800. Non manchiamo di prenderci una birra Castle lager nel Church bar, praticamente un pub all’interno di una chiesa in legno e ferro sconsacrata, così come ci invita un grosso cartello. Molte persone indossano giacchetti catarifrangenti con su scritto car washer o nuts seller. La macchina non ce la facciamo lavare (€ 5) ma di macadamie (o noci australiane) ne acquistiamo e pure tante! Si tratta di palle di frutta secca, dal lontano sapore di cocco, semplicemente squisite (molto grasse, ma anche ricche di minerali), con un guscio durissimo. Per comodità compro già sbucciate sia al naturale che tostate (€ 2 a sacchetto) quelle che diventano per me una vera e propria droga!

Percorriamo la Panorama Route, la strada più alta del Sudafrica che raggiunge mt 2200 di altitudine, dove le gradazioni di colori si scatenano vivacemente. Per la sera ci informiamo presso alcuni ristoranti se possiamo gustare una tipica cena in stile boero o cimentarci in carni di kudu o coccodrillo, ma nessun locale ci accontenta per cui preferiamo uno dei sicuri barbecue che sa preparare Elia e, dopo aver fatto la spesa in uno dei supermercati Spar (patatine da friggere, insalata e kg 6 di bistecconi)… Ognuno ai posti di combattimento per l’ultimo braai sudafricano.

29 aprile 2011. PANORAMA ROUTE (Regione MPUMALANGA – SUDAFRICA). Dopo la prima colazione in uno dei lodge più spaziosi, partiamo per il Blyde River Canyon, il terzo canyon più grande del mondo per estensione e l’unico verde. Un bellissimo itinerario attraverso i punti di principale interesse, ma la giornata da limpida improvvisamente diventa nebbiosa e la visibilità di tante bellezze fa fatica a venir fuori. Ci spostiamo per ammirare ciò che Madre Natura crea dal God’s Window (dalla finestra di Dio, situata a quasi mt 2000 di altezza da dove godere il panorama sul lowveld sottostante), facciamo una piccola scarpinata in mezzo ad una foresta pluviale, una lunga passeggiata per le varie cascate (tra cui quelle Mac Mac di mt 70) e gironzoliamo per l’imponente zona collinare. Pranziamo in un giardino attrezzato, passiamo dalla cittadina di Sabia per cambiare qualche euro in banca e nel primo pomeriggio arriviamo a Nelspruit. La città, capitale della provincia, è grande, dalle sembianze di una metropoli europea con case in stile coloniale dove spicca il famoso Mbombela Stadium uno dei dieci stadi che ospitarono i Mondiali di calcio 2010, con una capienza di 46.000 spettatori e dove l’Italia fu, ahinoi, sconfitta! Prendiamo possesso delle nostre sistemazioni presso il Bushveld lodge immerso nel verde dove siamo i padroni di un monolocale con tanto di verandina e angolo cottura. Ci prepariamo un tea caldo, qualcuno fa una partita a carte, qualcun altro prepara già la valigia e poi via per l’ultima cena di gruppo in una catena di steak house sudafricana: la Spur. I piatti sono combinati, variegati e soprattutto le carni di una bontà unica. Curiosa la combinazione bistecca di manzo, calamari fritti, patatine fritte e cipolle fritte. Una botta al fegato ma… Che bontà! Comprese le bibite e qualcuno il dolce non arriviamo a pagare più di € 13 a testa uscendo più che satolli. Durante la serata facciamo uno scherzo al mio boy. Alla cassa andiamo a raccontare la bugia che è il suo compleanno e, prima di chiedere il conto, tutti i camerieri, cantando e battendo le mani, si avvicinano al tavolo con un bicchiere di gelato ed una candelina per il (finto) festeggiato il quale, pensando ad uno scambio di persona, rimane dubbioso ma divertito. Dopo cena qualcuno va a fare una puntatina al casinò, altri si scambiano le foto, gli indirizzi e già un po’ di malinconia si comincia a sentire. E’ l’ultima notte che dormiremo a tanti km da casa in una delle sempre azzeccate sistemazioni previste dal tour (lodge, hotel, guesthouse, bungalow): semplici, essenziali, pulite. A volte le stanze avevano il bagno privato, altre i servizi in comune e, dal momento in cui eravamo una coppia, sempre la stanza doppia (i viaggiatori singoli o dello stesso sesso spesso sono accorpati in stanze multiple e ovviamente divisi uomini e donne).

30 aprile 2011. NELSPRUIT (Regione MPUMALANGA), JOHANNESBURG-ROMA. Dopo l’ultima sudafricana (ma in realtà preparata da noi e quindi occidentale prima colazione) andiamo per acquisti al centro commerciale Nelspruit shopping Riverside Mall. La maggior parte del tempo lo trascorriamo presso il megasupermercato Pick ‘n Pay dove facciamo la scorta del famoso tea Rooibos (Red Bush o tea rosso africano), che ha riscaldato molti pomeriggi e dato energia alle mattinate (nonostante le sue foglie sono prive di caffeina). Altro tempo al banco di carne secca di tutti i tipi (salsicce o pezzetti di manzo o kudu…) che facciamo mettere sottovuoto (circa € 20 al kg) ed è così buona e sfiziosa (oltre che largamente consumata vista la sempre tantissima fila) che ci pranziamo pure! Un po’ di cartoline (€ 0,50 l’una) le spediamo dove troviamo i francobolli (€ 0,80 l’uno) e alle 13 partiamo per Johannesburg che dista circa 300 km. Riconsegniamo il nostro stanco veicolo che, nonostante il problema verificatosi a metà viaggio, si è rivelato confortevole, affidabile e adatto a tutti i tipi di terreno percorsi. La guida in tutti gli Stati è stata all’inglese, quindi a sinistra. C’eravamo abituati in fretta e, comunque, a parte qualche ora in cui alla guida si è abilmente cimentato un ragazzo del gruppo, il tour leader è sempre stato il nostro autista all’altezza di ogni situazione.

Siamo arrivati che pioveva e ce ne andiamo che un po’ di pioggerellina ci accompagna. D’altronde le condizioni meteorologiche in Africa variano molto da stagione a stagione: in estate le temperature possono toccare i 40°C, in inverno (giugno, luglio e agosto) le notti sono molto fredde e le temperature possono calare fino a 0°C anche se durante il giorno sono gradevoli, intorno ai 20°C e noi stiamo… A metà e, come si dice? Non esistono più le mezze stagioni! Tutto il mondo è Paese!

Ricordo un proverbio africano: Colui che avrà bevuto una volta da un fiume d’Africa inevitabilmente vi farà ritorno“. Io non l’ho fatto, ma sono certa farò ritorno in Sudafrica, nella Rainbow Nation (la nazione arcobaleno, perché abitata da persone di diversi colori) e in tutti gli altri Stati per godere delle bellezze che il continente tutto ha da offrire!

Effettuiamo il check-in per il volo JohannesburgIl Cairo delle 21,45 ed imbarchiamo le valige – che gratuitamente la compagnia ci sigilla – direttamente per la destinazione finale.

La cena a bordo è simile a quella dell’andata. Cerchiamo di dormire un po’ e l’atterraggio, previsto alle 6,40, è più che puntuale.

01 maggio 2011. Rimaniamo a Il Cairo quasi tre ore e alle 10,30 spicchiamo nuovamente il volo. Ci serviranno una bibita dopo un’oretta e il pranzo a mezzogiorno. Atterriamo a Roma-Fiumicino alle 13,10, il tempo per la consegna dei bagagli, per gli ultimi saluti e alle 14,30 in una Roma immersa nel caos per la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, il “mio” adorato Karol Wojtyla, ci ricaliamo nella realtà quotidiana riabbracciando i nostri cari.



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