Filippine – Isole Visayas

Scritto da: hotrodangel
filippine - isole visayas
Partenza il: 11/12/2010
Ritorno il: 29/12/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Volo impegnativo come al solito, all’insegna del risparmio. Abbiamo infatti trovato un’offerta molto vantaggiosa di Emirates su Hong Kong (con scalo obbligatorio a Dubai). A Hong Kong ritiriamo i bagagli e seguiamo tutte le procedure di immigrazione, per fare poi il check in con la compagnia filippina Cebu Pacific. Arriviamo a Cebu e cambiamo all’aeroporto 500 euro in pesos filippini, perché i contanti sono fondamentali Ci attende un taxista inviato dal St. Bernard Beach Resort di Bantayan, la prima tappa della nostra vacanza filippina, che ci porta in 2 ore e 30 nella notte filippina (dove l’abitudine è guidare a fari spenti) al porto di Hagnaya. Da qui prendiamo un traghetto piuttosto sgarrupato, ma una cosa lussuosa rispetto al porto di Hagnaya, per Bantayan. Arriviamo stremati al St. Bernard Beach Resort. Abbiamo prenotato il cottage beachfront per 1700 pesos a note con colazione. E’ il cottage più caro, ve ne sono altri carini a 900 php. Non c’è l’aria condizionata, ma sarebbe inutile. Spira infatti una brezza continua, a volte addirittura fastidiosa, essendo il resort situato nella parte più ventosa dell’isola. La spiaggia è abbastanza brutta. Noleggiamo uno scooter tramite le ragazze del resort, che ci viene consegnato in loco. Le spiagge dell’isola non sono eccezionali. L’unica veramente degna di nota è Paradise beach, con acqua limpida, bassa e caldissima, i colori sono quelli magici dei paradisi tropicali immortalati nei dipinti e nelle fotografie scattate e tenute gelosamente nel proprio album di ricordi. Facciamo un giro dei villaggi dell’isola in motorino. La gente che incontriamo è povera ma allegra. Tutti, soprattutto i bambini, ci salutano. Un luogo che merita una visita è pure l’Og tong cave beach resort perché pagando un ticket di ingresso. Dopo 4 giorni (forse troppi per l’isola, ne basterebbero 3, ma un giorno è passato dormendo per recuperare la stanchezza del viaggio) torniamo al porto di Hagnaya con il traghetto, da lì ci aspetta un taxi per Maya prenotato tramite il Tepanee Resort, la nostra sistemazione in Malapascua, dove prenderemo la bangka per quest’isola. A Malapascua scegliamo di pernottare al Tepanee Resort, gestito da una coppia di italiani, in un cottage con ventilatore (vi è anche l’aria condizionata, ma in questo periodo è sufficiente una pala sul soffitto) per due persone al prezzo di 40 euro a notte (godiamo di uno sconto del 10% perché siamo ancora in bassa stagione). L’isola è piuttosto piccola, ma molto affascinante, vi è un’atmosfera assai rilassata che non viene turbata affatto dalla presenza di viaggiatori piuttosto discreti, che vengono qui soprattutto per le immersioni. Il giro a piedi impegna una mezza giornata, ma tutto dipende dal tempo che ci si ferma a giocare con i bambini che si incontrano, insegnando loro nuovi stili di tuffo o fantasiose mosse di arti marziali inventate sul momento e a chiacchierare con le persone, che sono alquanto socievoli. Non vi sono praticamente mezzi di trasporto a motore che circolano sulle strade di terra e sabbia, ad eccezione di qualche motorino, per il resto è tutto a spinta umana o animale, e qualche volta tutte e due insieme. Ceniamo sempre da Angelina’s presso il Tepanee resort. E’ gestito da un’italiana che sa cucinare e si sente. Si mangia molto bene, anche se i prezzi sono più alti della media filippina, ma lo è anche la qualità con pasta e pane fatti in casa. A pranzo invece ci affezioniamo a Gin Gin dove i prezzi e la qualità sono decisamente più bassi. Dopo 4 giorni di assoluto relax a Malapascua torniamo sull’isola di Cebu con una bangka. All’arrivo al porto di Maya ci attende un taxista che ci porta a Cebu City, dove ci fermeremo una notte al Marriott, che ci possiamo permettere per via della tariffa filippina (70 euro per la camera doppia). Decidiamo che la città non merita una visita e passiamo il pomeriggio all’adiacente megacentro commerciale Ayala. Veniamo controllati con il metal detector ogni volta che rientriamo in albergo e ci sono controlli anche all’ingresso del centro commerciale. La mattina seguente andiamo in taxi al porto di Cebu e ci imbarchiamo su un ferry veloce per Tagbilaran, sull’isola di Bohol. Acquistiamo i biglietti sul posto.. Sono preoccupata per la traversata, che dura 1 ora e 45, ma la barca è ben bilanciata e anche se il mare è un po’ mosso dormo tutto il tempo. A Bohol andiamo al Panglao Regents Park Resort, nuovissimo. La nostra stanza (deluxe) è pulita e ben arredata, con una doccia gigante. La maggior parte delle stanze si affacciano sulla piscina che è fantastica. Le cameriere sono gentili e il cibo è buono, ma un po’ caro e con poca scelta. Scopriamo con piacere che Panglao è più economica di quanto indicato dalla Lonely Planet. Giriamo l’isola in lungo e in largo in motorino, assistiamo anche ad un allenamento di galli da combattimento in mezzo alla strada. La spiaggia principale di Panglao, Alona beach, sarebbe bella se non fosse quasi completamente occupata da bar,ristoranti e negozi. La zona all’estrema sinistra è ancora libera, ma ci sono comunque troppe barche pronte per le escursioni. Preferiamo quindi passare i pomeriggi alla spiaggia del Bohol Beach Club. C’è poca gente, quasi esclusivamente turisti coreani. Anche su questa spiaggia bianchissima, conservata con attenzione, ornata di palme dal lungo fusto, su cui spesso è annodata l’estremità di un’amaca, ci si rilassa alla grande osservando un mare che sussurra in ogni ricciolo placido d’onda la sua dolcezza avvolgente. Prenotiamo una gita con autista al baracchino della cooperativa degli autisti di Panglao. Si trova sulla strada che scende ad Alona beach sulla destra ed ha prezzi onesti (1600 php in due). La gita è un classico: Chocolate Hills, fiume, tarsiers, farfalle, chiese, monumento a Magellano, artigianato. Una piccola parentesi di interesse si deve aprire sulle Chocolate Hills che sono delle formazioni assolutamente uniche e meravigliose e sui tarsiers, i più piccoli primati al mondo, che vivono nascosti tra le foglie degli alberi e quando vengono scovati guardano sto spione curiosone con i loro giganteschi occhi umidi in un’espressione di sorpresa ed allo stesso tempo di richiesta di tranquillità, si arpionano con sicurezza al rametto con le ventosine e vien subito da scattare una foto veloce per non disturbare ulteriormente. Con la stessa cooperativa prenotiamo il trasporto per la tappa successiva: Anda Beach. Si trova a circa 2 ore di strada da Alona beach, in un posto sperduto. L’Anda White Beach Resort è un po’ caro per gli standard filippini, 70 euro la camera doppia, ma li vale tutti, in particolare per la piscina vista mare (cioè non si capisce dove finisce la piscina e dove inizia l’acqua salata). Non c’è niente da fare, se non passeggiare sulla spiaggia bianca e poltrire in piscina. Si mangia benissimo. Lo stesso tizio che ci ha portato qui ci viene a prendere dopo due giorni e ci conduce al porto dove partono le bangka per Cabilao, un’isoletta a 10 minuti (in un canale con mare estremamente mosso) da qui. Gli unici mezzi di trasporto sono le moto taxi, delle normali moto che possono trasportare anche 4 o 5 passeggeri. La Lonely Planet trae in inganno in quanto dice che quest’isola è il luogo ideale per chi ama la spiaggia tranquilla. Niente di più falso. Non c’è spiaggia decente e ci sono esclusivamente divers, perché l’unico motivo per venire qui sono le immersioni. Ci pentiamo anche della scelta della sistemazione per passare la notte, l’Estrella beach resort. Sempre la LP lo descrive come un’oasi di pace in cui viene tolta l’elettricità alle 11.30 p.m. Falso anche questo. Hanno un generatore autonomo che funziona fino alle 5 di mattina, che consente ai divers tedeschi ubriachi di ascoltare musica techno fino alle due di notte. Disdiciamo immediatamente la prenotazione e dopo una sola notte decidiamo di tornare a Panglao per passare gli ultimi due giorni alla piscina del Panglao Regents Park Resort. Rientriamo con volo Cebu Pacific su Manila da cui prendiamo il volo Emirates per Hong Kong. Oltre alle perle, è possibile acquistare qualche prodotto di artigianato in legno o paglia intrecciata; non può mancare nella bisaccia al ritorno anche qualche bottiglia di Rum (meno pregiato di quello caraibico, ma assai gradevole da ingerire insieme al chinotto) ed i prodotti della Beefarm di Panglao.

Per approfondire: http://viaggiofaidate.blogspot.com/



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