Primavera in Emilia Romagna
Verso l’ora di pranzo ci troviamo già in Emilia, dalle parti di Fiorenzuola, e decidiamo di uscire dall’autostrada per visitare l’abbazia di Chiaravalle della Colomba. Strade, superstrade, circonvallazioni: ci vuole un po’ per trovarla, ma infine siamo al cospetto dell’abbazia. Forme severe, mattoni rossi e campanile svettante nel puro stile cistercense. Data l’ora la chiesa è chiusa, perciò rimandiamo ad un’altra occasione la visita del chiostro. Riprendiamo la strada per Francolino, sull’argine del Po, dove ci aspetta Alessandra, la titolare del bed and breakfast “Villa Ortensia”. Preso possesso in pochi minuti della spaziosissima stanza scopriamo che si è fatta ora di cena. Stanchi di stare in auto raggiungiamo a piedi la vicina trattoria “Da Mario”. Cappellacci di zucca, bocconcini di pollo, verdure impanate: la cena ci ristora delle fatiche del viaggio e ben presto siamo a letto.
Domenica di Pasqua
Ferrara. Lasciamo l’auto al parcheggio “Diamanti” e dopo pochi minuti siamo davanti al Palazzo dei Diamanti. Le pareti esterne sono interamente ricoperte da piramidi bianche in muratura che sotto ai raggi del sole rimandano la luce verso la strada, abbagliando i passanti. Dal palazzo il corso Ercole d’Este attraversa tutta la Ferrara rinascimentale e ci conduce di fronte alla mole del Castello degli Estensi, in pieno centro cittadino. Qui i caratteri severi della fortezza sono ingentiliti dalla armonia di forme rinascimentali, producendo un’opera che è al tempo stesso potente e soave. Attraversato il castello si sbuca su un altro corso, e di qui nella piazza dove si affaccia l’ennesimo capolavoro di Ferrara: il Duomo. La facciata romanica e gotica è un tripudio di marmi e statue. Sorprendente è il fianco destro della chiesa, una lunghissima ala coperta che ospita ancora botteghe e negozi. Oltre il duomo ci inoltriamo nella Ferrara medievale, diretti a Palazzo Schifanoia, che scopriremo sarà chiuso per festività. Giriamo i tacchi e scopriamo la porticata Via delle Volte, ovvero i fondachi medievali in prossimità del porto fluviale. Ritornati all’auto, decidiamo di andare a pranzare fuori città, all’Abbazia di Pomposa. Circa quaranta chilometri di provinciale deserta, ombreggiata da platani secolari, che serpeggia in mezzo a sonnolenti paesoni, canali di bonifica e rami del Po che scivolano lenti verso il mare. Il campanile dell’abbazia svetta solitario tra i campi e gli stagni. Mattoni rossi e marmi bianchi, anche qui domina l’essenziale architettura bicromatica dei cistercensi. Siamo a pochi passi dal mare: ci chiediamo perché non possiamo andare a vederlo. Detto e fatto, in pochi minuti siamo a Porto Garibaldi. La passeggiata lungo il canale è invasa dalle bancarelle dei giorni di festa, mentre la spiaggia sabbiosa si presta ad una bella passeggiata in cerca di conchiglie, prima del ritorno a Francolino. Per cena a Ferrara ci sediamo a “Il gatto Bianco”, nella zona medievale, simpatico ristorante pizzeria. Pasto sostanzioso a prezzo ragionevole e siamo di nuovo a letto. Domani ci aspetta Bologna.
Lunedì di Pasquetta
Bologna si preannuncia intricata, seppur priva di traffico. L’intenzione è di lasciare l’auto al parcheggio di Piazza VIII agosto, vicino alla stazione. Invece ci troviamo proiettati all’adiacente parcheggio dello Sferisterio, dove saremo dissanguati da una tariffa esosa e dall’astuzia del parcometro che ci nega anche il resto in monete… Se non altro, siamo in centro. Percorriamo la porticata Via Indipendenza e arriviamo diritti in Piazza Maggiore, in un tripudio di celebrazioni per il XXV Aprile. Palazzo di Re Enzo, Palazzo del Podestà, Palazzo Comunale, Palazzo dei Notai, Basilica di san Petronio, Torre dell’Arengario: in mezzo a questo trionfo di merli, torri, finestre gotiche, marmi e mattoni, la statua di Nettuno del Giambologna sembra l’unica forma umana in dimensioni tali da competere con la vetustà e nobiltà degli edifici. San Petronio ci sbalordisce per le dimensioni: è la quinta chiesa al mondo per dimensioni e l’interno, di un semplice bicromatismo bianco e rosso, la rende ancora più imponente. Dopo aver ammirato i palazzi della piazza, giriamo dietro alla basilica e, attraversando piazza Cavour, (splendidi i portici affrescati) arriviamo alla chiesa di San Domenico. La semplicità delle forme esterne si accompagna alla essenzialità del chiostro. Incredibile per armonia di stile diversi è l’arca di San Domenico, accostamento leggerissimo di stili romanico, gotico e rinascimentale. Da San Domenico a Santo Stefano: quattro chiese una dentro l’altra, ambienti raccolti illuminati da fioche luci, dove le volte si perdono nel buio e le piante circolari rimandano a templi pagani (Iside? Mitra?).E’ ora di pranzo e abbiamo solo il tempo di gettare una fugace occhiata al chiostro interno, prima di uscire nel sole. Due passi e siamo sotto alle Torri della Garisenda e degli Asinelli, indiscusso simbolo di Bologna. Vista da sotto la Torre degli Asinelli sembra volersi staccare dal traffico cittadino e puntare un dito verso il cielo. Novantasei metri sono comunque una bella altezza, soprattutto se si pensa che nel Medio Evo di torri come questa ne esistevano un centinaio. Chiudiamo il periplo bolognese ritornando a Piazza Maggiore e di qui al parcheggio. Spuntino al parco della Montagnola e decidiamo di allontanarci dalla grande città. Non proprio sulla strada per Ferrara – ma comunque a portata d’auto – c’è Comacchio.
Un’oretta di viaggio e siamo sulla piazzetta di Comacchio, allietata da un bazar di bancarelle. E’ da notare l’enorme basamento del campanile della chiesa parrocchiale: una cintura in pietre bianche che non sfigurerebbe alla base di un faro oceanico. Comacchio è un intreccio di canali e ponti, di cui il più famoso è il Trepponti, sorta di stazione di smistamento delle acque provenienti dalle Valli di pesca. Paesino tranquillo e rilassato, si muove al moto lento delle barche che portano in giro i turisti.
Per il rientro a Ferrara evitiamo il raccordo autostradale di Porto Garibaldi, intasato di camper, e riprendiamo la nostra tranquilla strada provinciale. Cena al Gatto Bianco e nanna
Martedì
Ravenna e mosaici. Il binomio è inscindibile e noi ci conformiamo. Lasciamo l’auto in un comodissimo parcheggio a pochi metri da San Vitale e facciamo il biglietto multiplo che consente di visitare quanto di meglio Ravenna puo’ offrire, in tema appunto di mosaici. San Vitale. Dapprima si rimane sorpresi dalle forme architettoniche della Basilica: due cerchi di colonne altissime che formano un otto perfetto. Passato lo stupore per le forme, l’attenzione passa ai mosaici dell’abside. Da millecinquecento anni gli imperatori Giustiniano e Teodora, circondati da dignitari e santi apostoli, scrutano gli attoniti visitatori. Passano i minuti e si scoprono sempre nuovi particolari. Usciti da San Vitale, pochi passi separano dal mausoleo di Galla Placidia. Modesto e dimesso all’esterno, all’interno è un tripudio di mosaici che raffigurano cieli stellati e simbologie paleocristiane. Per andare a Sant’Apollinare Nuovo si attraversa il vivace centro di Ravenna, con i palazzi veneziani mescolati a negozi e boutiques. Sant’Apollinare si annuncia con un campanile cilindrico e la facciata di linee nitide e semplici. All’insegna della semplicità è anche l’interno. Due fasce a mosaico raffigurano dignitari e dame di corte, mentre due altre fasce comprendono padri della chiesa e santi. Non c’è ostentazione di ricchezza, ma sicurezza di potenza. Molto bello è anche il chiostro. Consigliamo inoltre una capatina al laboratorio dei mosaici, per farsi un’idea della complessità di un procedimento apparentemente così banale. Di ritorno verso San Vitale due appuntamenti: la tomba di Dante (chiusa per pranzo) ed il Battistero degli Ortodossi, uno dei monumenti più antichi della città. Le figure in mosaico sono estremamente espressive, lontane dalla ieraticità della successiva epoca bizantina. I visi rappresentati potrebbero essere quelli di amici e parenti. Chiudiamo la tematica dei mosaici spostandoci a Classe, appena a sud di Ravenna, per vedere la chiesa di Sant’Apollinare (in Classe, appunto). Il catino dell’abside è un paradiso di erbe e piante, dove pecore bianche convergono verso un pastore, sovrastato a sua volta da una nuvola e da due profeti. Le simbologie trionfano, anche se la sfilata degli austeri ritratti dei vescovi di Ravenna, affrescati nel milleseicento, stona un po’ con la semplicità naif del mosaico bizantino. E’ l’ultimo pomeriggio di vacanza: per rilassarci un po’ prima del rientro optiamo per due passi sulla spiaggia. Al lido di Dante, vicino a Classe, tira un vento dannato e il sole è dietro alle nebbie. Dirigiamo a nord, dove il tempo sembra migliore. Lungo la Via Romea ritorniamo in provincia di Ferrara e siamo a Porto Garobaldi, deserta nel giorno lavorativo fuori stagione. Due passi sulla spiaggia e poi rieccoci a Ferrara per cena. Martedì sera, trattorie e osterie consuete chiuse per riposo settimanale. Vaghiamo nella zona medievale fino a trovare il ristorante “La Colombina”, dove ci concediamo l’ultima razione di cappellacci alla zucca.
Mercoledì
Bagagli, saluti ad Alessandra ed alla simpatica famigliola e siamo sulla strada del rientro. Arrivederci Emilia Romagna!