Thailandia zaino in spalla!
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Consigli pratici per chi, come noi, viaggia zaino in spalla:
Arrivo all’aeroporto & trasporti in città: per andare in albergo noi abbiamo optato per il taxi. Concordiamo un prezzo in anticipo che è in linea con la LP e di poco più costoso che prendere il bus-navetta in due. La città dista circa 40 minuti e spendiamo sui 12 euro. Bangkok è molto afosa e umida, quindi scegliamo un mezzo comodo come il taxi per cominciare. In generale, il taxi a Bangkok è il mezzo ideale perché costa pochissimo, al max 1-2 euro per attraversare la città da un capo all’altro. L’unico problema è che i tassinari non capiscono nulla di inglese, né leggono i nomi dei luoghi scritti con il nostro alfabeto latino, né comprendono i nostri goffi tentativi di pronunciare i nomi dei luoghi nella loro lingua (se sbagli l’intonazione della voce, per loro la parola risulta del tutto incomprensibile). Insomma, prima di andare in un posto, fatevi scrivere in reception il nome del posto nella loro lingua: risparmierete molto tempo. Inoltre, fate mettere sempre il tassametro: quando abbiamo preso il taxi per l’aeroporto al ritorno lo abbiamo fatto, e abbiamo pagato la metà.
I moto-taxi (tuk-tuk) sono più costosi, vi beccate un sacco di smog e non sembrano molto sicuri: poco più che carrette. Camminare o bici? Macché. La metropoli è caotica, piena di stradoni a 8 corsie, troppo caldo & smog & traffico. E poi non c’è un vero e proprio centro storico che invogli a gironzolare, a Bangkok si vedono una serie di bei monumenti relativamente vicini tra loro, ma non un centro storico come lo intendiamo noi europei.
Metro e skyline (sopraelevata) sono davvero ottime, ma restano fuori dalla zona dei monumenti, sono invece perfette se puntate alla zona a sud, quella ultra-commerciale, modaiola più i quartieri delle “signorine”.
I monumenti più belli si trovano tutti lungo il fiume, solcato da un servizio battelli ottimo: corse frequenti e molto economiche (mezzo euro a corsa).
Per gli spostamenti tra città: ottimi i treni, noi siamo andati da Bangkok fino a Trang (città nel Sud) con un vagone-letto molto pulito ed efficiente. Molto soddisfatti perché abbiamo viaggiato di notte evitando di perdere tempo in spostamenti da/per l’aeroporto, e abbiamo speso 15 euro a testa, quando l’aereo ne costa tra i 100 e 130. Al ritorno abbiamo viaggiato nella stessa tratta su un pullman “vip” con sedili reclinabili più o meno per la stessa cifra, anche in quel caso ottimo servizio con cena a bordo, tv, coperta, ecc., anche qui con servizio notturno ben organizzato.
Aeroporto di Bangkok: ultra-funzionale e moderno, oltre che del tutto anonimo come qualunque aeroporto di oggi, ma ben funzionante. Unica specificità aeroportuale tailandese: notiamo due signorine appostate in cerca di clienti all’uscita dell’aeroporto…vabbé.
Insomma, i trasporti funzionano bene: sono pensati per le esigenze dei turisti.
Alberghi: Il nostro consiglio è semplice: a Bangkok cercate un albergo vicino a una fermata qualunque di battello e vi muoverete senza difficoltà tra i monumenti. Non c’è bisogno di finire nel ghetto turistico di Kao San Road (un po’ triste), va bene una qualunque fermata. Il nostro hotel era il New Siam Riverside, vicinissimo alla fermata di Phra Atit. Abbiamo speso 30 euro per una doppia, era una struttura pulita, con colazione abbondante e buona, in riva al fiume, ottimi servizi, lo raccomandiamo. Fuori Bangkok potete spendere anche la metà per la stessa struttura, ma a Bangkok i prezzi sono quelli, e non stiamo parlando di alta stagione. Se cercate una doppia sui 15 euro a Bangkok la trovate ma…è davvero molto, molto essenziale. Ovunque siamo andati abbiamo trovato posto senza prenotare. L’offerta è ampia e copre tutte le fasce di prezzo.
Denaro: nessun problema con i cambi, bancomat, ecc.
Sicurezza: assolutamente nessun problema. E’ un posto molto aperto al turismo e ben organizzato, con buone infrastrutture e servizi di info per turisti. Trovate tutto quello che vi serve (es. Internet, servizi informazioni per turisti, polizia turistica) senza nessun problema. Ha anche ospedali e medici di ottimo livello (ci siamo documentati prima della partenza).
Unico neo: le persone non parlano inglese, o parlano un thai-English incomprensibile. Questo crea difficoltà pratiche, ma soprattutto impedisce qualunque scambio in profondità con le persone del posto. Il problema lingua vale anche per le guide: è difficile trovarne direttamente ai monumenti, e spesso ne sanno veramente poco: è un peccato perché è difficile capire quello che vedi senza conoscere un minimo della simbologia buddista. Inoltre, i tanto celebrati “sorriso & cordialità tailandesi”…mmmm…noi non li abbiamo proprio visti. Chiaro, non sono mancate le persone che ci hanno trattato cordialmente, ma per strada, o negli alberghi o negli spostamenti la gente spesso non è stata esattamente ospitale.
Quando andare: noi siamo contenti del periodo scelto: sono i postumi della stagione alta, questo ha aiutato a contenere prezzi, inoltre non ci piace prenotare in anticipo e in qst periodo questo non crea problemi. Il tempo in generale è stato coperto, con qualche spruzzatina. Questo non crea grossi problemi, ma naturalmente se fate mare i colori sono meno belli se è nuvolo e con la pioggia può saltarvi una giterella di snorkelling.
Bangkok
Che bello sentire il caldo e pensare al freddo di Trento…
Arrivati la mattina presto, abbiamo un unico obiettivo: tirare fino a sera per assorbire subito il fuso orario. E allora: tempo di posare le cose in albergo e si parte in taxi per il Palazzo Reale e il Wat Prae Kew. Sorpresina appena arriviamo: senza pantaloni lunghi non si entra, non bastano I pantaloncini al ginocchio, né puoi tenere le spalle scoperte. Il posto è la principale attrazione turistica della città ed è quindi affollatissimo. Però è di un fascino sorprendente: altissime statue mostruose e colorate fanno da guardiani delle mura del tempio, mostriciattoli in pietra dal corpo di leoni controllano ogni ingresso, si susseguono e moltiplicano gli stupa, tombe di forma piramidale coloratissime, geomtetriche, attraversate da successioni di statue dai volti grotteschi e dalle pose più improbabili, le porte dorate dei tempi recano preziosissime incisioni, un tempio assume la forma di un’enorme campana dorata che punta il cielo, intorno ai tempi è un susseguirsi di giardinetti bonsai ed elegantissimi fiori di loto e processioni di statue e piccoli buddha cicciottelli e sorridenti nascosti dietro l’ennesimo giardinetto, le mura esterne del palazzo reale sono dipinte e recano storie di guerra, mentre quelle delle decine di tempi all’interno sono un’eplosione di colori fantastica. Entriamo nei templi per incontrare le statue del Buddha, anzi dei Buddha perché l’immagine del maestro buddista non si presenta mai da sola, è sempre moltiplicata infinite volte, alcuni cortili recano centinaia di Buddha: ciascuno identico agli altri, eppure in qualcosa differente. Le costanti e le varianti iconografiche del Buddha seguono una simbologia precisa che rimanda alla narrazione della sua vita. Ogni statua emana serenità, compostezza, perfetto autocontrollo, gioia, quiete, e tutte queste sensazioni ti penetrano dentro, e suscitano rispetto e commozione.
La visita del palazzo reale ci prende 4-5 ore, è una vera e propria cittadella. Decidiamo di terminare la giornata facendo due passi a Chinatown, il classico quartiere caotico, pieno di mercatini, odori, cibi, voci, vicoletti: piacevole ma non memorabile. Ci imbattiamo quasi per caso in una piazzetta appartata, scopriamo che ospita una serie di templi e ci immergiamo nella loro quiete, siamo le uniche persone presenti, il contrasto rispetto al caos del quartiere ma anche del Palazzo reale non poteva essere maggiore, inoltre questi sono templi più vissuti e di sapore quotidiano, il silenzio ti avvolge e ti parla dentro.
E’ quasi sera. Andiamo in albergo, ci facciamo una doccia e chiudiamo in bellezza la giornata con un massaggio thailandese, lo paghiamo pochissimo (3 euro per mezz’ora) e ne restiamo molto soddisfatti. Decidiamo che ce ne concederemo uno al giorno. Sentire i nostri muscoli riscaldarsi e squagliarsi nelle mani di queste massaggiatrici è un’esperienza enormemente goduriosa: ne usciamo quasi storditi, e pronti per una cenetta in una bancherella a base di noodle e carne, semplice e buonissima. Come prima giornata, nulla da ridire!
Il giorno dopo…ci svegliamo a mezzogiorno, il fuso orario ci ha fregato! Salta il piano di vedere il mercato di Chatuchak, di cui tutti dicono meraviglie (aperto solo nel week-end). La mezza giornata rimanente è dedicata al Wat Po. Facciamo un’ottima colazione a base di frutta tropicale, ci schiacciamo un godurioso pankake con sciroppo d’acero, un bel caffé americano lungo e insipido come li bevi solo quando viaggi, e un bel frullato al mango che ci fa impazzire. Prendiamo il battello, ci godiamo la bella vista dal fiume, osserviamo i monaci che nel battello (come nelle stazioni e in ogni altro luogo pubblico) hanno un posto loro riservato che sottolinea il loro status separato. Il Wat Po ci colpisce perché è molto meno affollato, quindi l’atmosfera dei templi e dei giardinetti diventa uno splendido invito alla serenità. I colori e le geometrie dei palazzi sono eccezionali, le statue misteriose ed enigmatiche, i mandarini cinesi pietrificati dal sorriso oscuro che si carezzano i lunghi baffi, è tutto fantastico. Nel tempio maggiore troverete un’immensa statua del Buddha disteso, è così gigante in rapporto al tempio da sembrare quasi ingabbiata. Il suo viso pare concentratissimo, il suo corpo titanico si lascia esplorare lentamente. Guardiamo gli stupa da vicino, ammiriamo i dettagli di colore: le porcellane incastonate a forma di fiore che si susseguono una dopo l’altra, i tetti dei templi sono geometrici e colorati, le statue dorate assumono posizioni contorte, ogni Buddha è preceduto da guardiani che con le mani sembrano dirti: fermati. Gli elefanti e le scimmie d’oro adorano il Buddha e fanno volare la fantasia.
La sera decidiamo di curiosare nella zona Sud intorno a Siam square e Silom: una distesa di hotel di lusso, mega-centri commerciali, locali alla moda, gente vestita elegante. Il tempo di cenare e scappiamo. Ma la cena è ottima, la cucina thai è di una varietà e complessità impressionanti, non ti annoia mai e ti sorprende spesso: è molto speziata, usa abbinamenti insospettabili per la cucina occidentale. Che magnate! Ci avventuriamo in una zona popolare vicino ai quartieri di lusso, ricorda molto gli hutong di Pechino, ma senza la vitalità che li caratterizza. E’ cmq istruttivo vedere dove e come vive la gente semplice della città. Prendiamo lo skyline e raggiungiamo la zona puttaniera intorno a Nana Plaza, vediamo le signorine che si offrono nei locali, le bancherelle che vendono badilate di viagra, i branchi di maschi occidentali arrapati, quelli già soddisfatti che hanno trovato una bella ventenne attillata e disponibile, gli hotel di lusso in loco (della serie: esco/pipo/rientro/riesco/ripipo/…), la gente che pubblicizza gli spettacolini hard. Insomma, tutta la fenomenologia da quartiere a luci rosse, ma senza alcun fascino particolare. Ci facciamo fare un massaggio (che schiappe!) e ce ne torniamo in albergo dopo mezz’ora.
Ayuthaya e Lopburi:
Bangkok si vede tranquillamente in 2-3gg. Scegliamo di vedere Ayuthaya e Lopburi, vicine e comodamente collegate col treno in direzione nord, prima di puntare per le isole Trang. Chiang Mai e il nord del paese li faremo un’altra volta. Bangkokg è una città giovane: fu fondata a fine ‘700, quando Ayuthaya, la ricchissima capitale storica, venne rasa al suolo dall’esercito birmano. Ma proprio rasa al suolo: delle centinaia di templi rimangono oggi poche vestigia, ma una giornata ad Ayuthaya è molto ben spesa, soprattutto se sapete usare la fantasia, perché gli edifici del tutto intatti sono pochi e i ruderi molti. Non troverete l’esplosione di colori dei templi di Bangkok, ma le pietre dei templi respirano storia e passato e sono meno plasticate. Non siamo riusciti a fare il giro dei templi in battello di sera, ma deve essere molto bello. Arriviamo in treno in un’ora e mezza da Bangkok, senza alcun problema. Scegliamo di lasciare gli zaini in una guesthouse con un bel laghetto e camere in legno, gestita da un’intraprendente vecchietta sino-thai.
Ad Ayuthaya c’è solo una parola: bici. Fa caldo afoso e a differenza dei 2 gg di Bangkok non ci proteggono le nuvole e il sole picchia, i templi non sono vicinissimi tra loro. Ma la bici rende tutto più facile e divertente. La statua del Buddha al Wat Mahathat, immersa dentro il tronco di un albero, non è una trovata turistica. Esercita uno strano fascino: esprime perfettmante l’idea di introspezione interiore, materializza l’armonia tra spirito e natura. E’ bello soffermarsi sulle vecchie radici dell’albero. Giornata spesa a gironzolare tra i templi, con i loro enormi giardini disseminati di frammenti di pietre, le aule dei templi in pietra, le costruzioni audaci: verticali con scalinate ripide, ricoperte da decine di statue animalesche e subumane. Prendiamo un’audioguida abbastanza buona che ci racconta ogni tempio. Quelli imperdibili sono: Phra Si Sanphet, il meglio conservato e più suggestivo, il Mahathat per la testa del Buddha, e il Wattanaram, collocato fuori città, un’escursione di mezz’ora in bici, ma piacevole perché costeggiamo un lago attraverso una pista ciclabile, ed il tempio è ben conservato, e completamente immerso nella natura. Saliamo le sue ripide scalinate e godiamo di un bel panorama dall’alto con la città e le sue campagne, scorgiamo i contadini e le mucche magrissime intorno al tempio, poi ci addentriamo in un vicino convento buddista, affascinati dalla musica e dai canti febbrili che sentiamo…ma non osiamo entrare, scoraggiati dallo sguardo severo di un monaco.
La sera: a spasso tra le bancherelle, poi cenetta gustosa, massaggio e nanna.
Il giorno dopo arriviamo in un’ora e mezza di treno a Lopburi. Una città incredibile: dominata dalle scimmie. Noi temevamo che fossero solo giocattoli per turisti, macché: sono le autentiche padrone della città. Centinaia di esemplari che vagano liberamente per la città. Camminano sui pali della luce, salgono sulle auto parcheggiate, rubano cibo e oggetti ai locali, attraversano la strada in scioltezza tra le auto. Uno spettacolo surreale, tanto più che gli abitanti sono indifferenti e si sorprendono solo della nostra sorpresa. Non perdetevi assolutamente il Prang Sam Yot: a parte che è un bel tempio dalle forme rodonteggianti, troverete centinaia di scimmie che lo invadono, salgono sulle statue, rubano le offerte ai Buddha, vi montano addosso da dietro mentre state facendo una foto, come hanno fatto con Cucciola. Le madri coi cuccioli, le famiglie di scimmie, i rapporti sessuali promiscui, i dispetti e i litigi, le isterie di gruppo: è come entrare nella loro società. Camminiamo a zonzo per la città per tre orette, lasciandoci stupire dalle scimmie che spuntano qua e là. Per il resto Lopburi non ha nulla di speciale, è un’anonima cittadina di provincia, ma le sue scimmie sono un’esperienza unica.
Il pomeriggio prendiamo un trenino sgarrupato che ci riporta a Bangkok, facciamo una doccia in stazione, ci riforniamo di cibo thai per il viaggio e compriamo un biglietto per Trang, Sud della Thailandia. Partenza alle 18 e arrivo alle 8 di mattina, con vagone-letto molto confortevole al prezzo di soli 12 euro. Colazione abbondante e si parte per le isole Trang con minibus + traghetto, le agenzie di fronte alla stazione organizzano tutto per due lire, ma occhio a confrontare i prezzi, sennò vi tirano una fregatura. Partiamo da Ko (= isola) Muk: è la scelta più logica e facile se provenite da Trang città. Abbiamo scelto queste isole perché meno turistizzate delle destinazioni classiche tipo Pukhet, ma ci aspettavamo un bel mare e molta tranquillità. Sbarchiamo e restiamo delusi da Ko Muk: il lato del porto è soggetto alla bassa marea, un fenomeno particolarmente forte nelle isole thailandesi che riesce a trasformare una bella spiaggia in una palude desolata e grigia. Lo incontreremo spesso in questi giorni. Altro lato sgradevole: molta, molta sporcizia. In effetti, i turisti stanno tutti nella spiaggia dall’altro lato dell’isola, che è bella (ma io e Cucciola facciamo lo stesso pensiero: dopo che sei stato ai Caraibi, diventi esigente…). Ci spostiamo in tuk-tuk, scegliamo una delle tante guesthouse vicino alla spiaggia, troviamo un buon bungalow a 15 euro, da cui scapperemo la sera stessa perché ci sono troppi animaletti che entrano…fuga by night senza farci beccare dai proprietari approfittando che non avevamo ancora pagato…si, lo so, non si fa, ma potevano dircelo che avremmo diviso la camera con rane e ramarri! Il Charlie Beach Resort ci costa 22 euro, ma è più pulito e tranquillo…una notte di sonno val bene 7 euro in più! Seratina a base di pesce in un ristorante a lato della spiaggia, bello fumarsi una sigaretta mentre ascolti il mare.
Il giorno dopo negoziamo a destra e manca con i barcaioli del posto: la cosa da non perdere a Ko Muk è la grotta dello smeraldo: noi vogliamo farci portare lì e poi scappare a Ko Kadran, riusciamo a strappare un prezzo di 20 euro per una barca tutta per noi (chissà perché qui chiamano le barche “long tail boat” quando lunghe non sono, e chissà perché chiamano ogni spiaggia “long beach” quando lunga non è). Potete visitare la grotta anche andandoci in kayak da soli, oppure con una barca ma in questo caso dovrete fare l’ultimo tratto di 100 metri a nuoto nel buio. Nessun pericolo.
La grotta è l’idea di paradiso che diventa realtà: partite dalla spiaggia di Ko Muk, dopo 10 minuti arrivate a un’isoletta: da qui si apre una grotta marina, che attraversate a nuoto nell’oscurità, intravvedendo stallagtiti e pareti dai bei colori, infine in fondo alla grotta raggiungete una piccolissima spiaggetta di acqua turchese e cristallina, protetta da un alto muro di roccia. Riuscite a immaginarvi che paradiso è? Bene, ora che lo avete fatto, concepite un’idea sventurata e infelice: visitare la Grotta di mattina, quando questo delizioso angolino è infestato da centinaia di turisti e decine di barconi. Si formano enorme file di turisti in acqua che attraversano la grotta tra schiamazzi e urla per poi affollare la minuscola spiaggetta: una calca deprimente che demolisce ogni poesia. Poi in tarda mattina i barconi se ne vanno, il posto riprende la sua tranquillità e svela tutta la sua magia. Andateci di pomeriggio, ma andateci. Immagino con profonda invidia chi ha avuto il privilegio di scoprire per primo un posto come questo, oppire chi è venuto qui e ci ha fatto l’amore.
Raggiungiamo Ko Kadran in mattina e…capiamo subito che ci passeremo qualche giorno. E’ la nostra idea di vacanza-mare. Spiaggia bianchissima e acqua verde e turchese meravigliosamente trasparente, isola allo stato brado con solo 4-5 guesthouse/resort e nessun’altra struttura turistica, pochissimi turisti, isola immersa in una vegetazione tropicale, barriera corallina splendida. Alloggiamo nei bei bungalow del Paradise Lost Resort. Nota di redazione per la LP: Wally (proprietario del resort) non è “una simpatica americana”, bensì un vecchio settantenne che pesa circa un quintale e mezzo e fatica a reggersi in piedi, ha la voce rauca per il fumo, vive in un posto meraviglioso eppure trasuda infelicità da ogni poro, forse anche perché è riuscito a sposarsi il peggior partito della Thailandia: un tappo di donna che è sempre di cattivo umore, definita acutamente “angry dog” da un altro turista zaino in spalla che abbiamo conosciuto. E’ un inglese che viaggia da solo da anni nel Sud-Est asiatico: ha un appartamento nel centro di Londra, lo affitta e con quello può permettersi di stare in vacanza permanente: budget limitato ma non deve lavorare neanche un giorno l’anno. Dice che è in pensione, ma è giovane, sembra scappato da qualcuno o qualcosa. Ha piacere di perdere il tempo insieme a noi. Le sue giornate devono essere molto solitarie, è divertente passare un pomeriggio di pioggia davanti a una buona birra a sparlare della LP thailandese.
I bungalow di Wally sono molto belli, ma entra qualunque insetto e tante zanzare. C’è però una zanzariera molto efficace. Nella notte gli animali della giungla e le rane si fanno sentire, quindi portatevi i tappi e l’autan. La cucina è veramente qualcosa di memorabile: il Pad Thai e il Cashewnuts Chiken di Wally sono monumentali, un piacere del palato. Ma ogni pietanza è buona, inclusa l’ottima colazione. Quanta frutta in questo viaggio! Mango, anguria, ananas, guava e frullati a volontà. Altra segnalazione: se siete patiti di Yacult come noi, sappiate che qui lo vendono in ogni negozietto, in confezioni tipo “bottigliozzo” che costano due lire. Che goduria! Oltre alla spiaggia del molo, bellissima, ci sono Sunset Beach e una spiaggetta ideale per fare snorkelling tra mille pesci. Tutte vicinissime tra loro a piedi, anche perché a Ko Kadran non esistono mezzi a motore. Se cercate un posto tranquillo e paradisiaco, molto economico e dove si mangi bene, immerso nella natura ma con quello che vi serve ma senza turisti, insomma se cercate il posto perfetto, è Ko Kadran.
Su consiglio di Wally, decidiamo di non andare a Ko Ngai, che pare sia bella ma costosa e resortara. Optiamo per Ko Lanta. Angry dog ci dice che la barca partirà all’una, ma in realtà partirà alle 2.30 (NB: i biglietti per le barche li potete comprare direttamente alle guesthouse). Non è un’imbarcazione di linea vera e propria: c’è una comitiva di ragazze musulmane che stanno viaggiando tra Ko Lipe e Ko Lanta, quindi sono in programma alcune soste turistiche ma…ben presto arriva il temporale e si punta dritto su Ko Lanta. Bello stare fuori in barca e pensare in libertà circondati dalle onde. Arriviamo e seguiamo il consiglio di una gentilissima coppia canadese che ci aveva raccomandato una guesthouse proprio vicino al molo. Intorno al molo c’è un paesino che consiste di tre vie molto turistiche ma…dopo la vita selvaggia di Ko Kadran la civiltà dei consumi non ci dispiace per una serata. Tramonto spettacolare, scenografico, indimenticabile davanti a una spiaggia immensa in fondo al paese. Massaggio (proviamo a farlo di un’ora invece che mezz’ora ma è una fregatura perché dura solo 40 minuti), ottima cenetta a base di pesce freschissimo.
Il giorno dopo: si gira l’isola in motorino, che spasso! L’isola si estende per 30 km in lunghezza, quindi il motorino è il mezzo ideale. Gironzoliamo tra una spiaggia e l’altra, ci fermiamo a…Long Beach, dove camminiamo godendoci i bei colori dell’acqua e ci facciamo un bel bagno, ci regaliamo un ottimo massaggio mattutino, e ripartiamo. Raggiungiamo un’altra spiaggia, stavolta deserta, e ci regaliamo un altro bagno, l’acqua verdissima è tutta per noi. Ripartiamo e gironzoliamo senza meta, poi comincia a piovere e ci fermiamo al primo posto che capita…oddio, come rifugio non c’è male: si gode una vista panoramica dell’arcipelago dall’alto che ti toglie il fiato. Che fortuna, la pioggia, sennò mica ci saremmo fermati! E’ ora di pappa, e ci preparano un ottimo pranzetto. A questo punto, si riparte e si gironzola in libertà tra paesini, moli, viuzze, case (in una troviamo due deliziose bambine musulmane che si lasciano fotografare felicissime), troviamo anche un centro di allevamento di elefanti e naturalmente Cucciola non perde l’occasione di farsi fotografare (posa semiterrorizzata vicino all’elefante e al suo cucciolo) e una guesthouse surreale: fatta di capanne in legno, statue improbabili, stanze senza pareti immerse nella foresta, una scimmia incatenata, frasi pseudo-filosofiche new age fritecchettone in ogni angolo, tanze zanzare, e tanto silenzio. Ci fermiamo a un bar gestito da un thai-rasta, una capanna in legno che domina la costa dall’alto e ci regala un altro panorama strepitoso. Il rasta-thai e i suoi amici se ne stanno sdraiati a terra a non far nulla, ottima musica, foto a gogo, molto relax. Ko Lanta non ha spiagge indimenticabili o templi colorati, ma una giornata in motorino a gironzolare è davvero spensierata.
Gli ultimi tre giorni della vacanza decidiamo di passarli a Ko-phi-phi. Da Ko Lanta è un comodo spostamento in battello di un’oretta. Il sistema di battelli che collega le isole del Sud è ottimo: economico, ben organizzato, con corse frequenti, piazzate nei momenti strategici della giornata. Le due spiagge mitiche di Ko-phi-phi che vedete in ogni angolo della Thailandia (e che la LP loda smodatamente), sembrano un paradiso, in foto. Invece, quando arrivate, scoprite che sono una specie di Rimini del Mar delle Andamane: distese di ombrelloni, negozi, migliaia di turisti. Le due spiagge sono devastate dal turismo, ridotte ormai a linguette di sabbia di 3-4 metri sovrastate da bancherelle, resort, locali. Il paese stesso è un enorme villaggio turistico, preso d’assalto da orde di ragazzotti europei e americani venuti a fare baldoria nelle varie discoteche dell’isola (se volete fare una vita in stile disco-spiaggia, è il posto perfetto per voi). Oltretutto, la disponibilità di alloggi è scarsa e i costi più alti che nelle altre isole. Dopo un’ora che siamo arrivati, meditiamo di scappare. Ma per fortuna non lo facciamo. Puntiamo la spiaggia di Hat Yao in battello (10 minuti dalle due spiagge centrali, prezzo fisso) e…troviamo il paradiso. L’acqua trasparentissima è una distesa di chiazze verdi, nere, azzurre, turchesi. La spiaggia guarda l’isoletta disabitata di Ko Leh, che si staglia sul cielo col suo profilo irregolare e misterioso. E poi…la barriera corallina è un’esperienza commovente: siamo circondati da centinaia di pesci di ogni colore, alcuni piccolissimi, altri enormi, nuotiamo con loro in libertà, e ci lasciamo stupire. Sono emozionato. Ho scoperto un nuovo Piacere della vita: gli sconvolgenti colori dei pesci sotto il mare. A shark point (uno scoglio a qualche decina di metri da dove nuotiamo), ci sarebbero pure gli squaletti….giurano tutti che sono innocui e inoffensivi al 100%, e naturalmente Cucciola vorrebbe farci un giretto, ma io ho troppa fifa e poi…non vorrai mica che sbranino mio figlio prima ancora che ti esca dal pancione! Andate cmq a fare snorkelling sulla spiaggia davanti a Shark point (molto meglio quando c’è la bassa marea, così potete spingervi più a largo e vedere molti più pesci)…è sicurissimo e incantevole.
Pranzetto a base di hamburger e patatine, ci troviamo un angolino sulla spiaggia e leggiamo (Dawkins, “Il più grande spettacolo della Terra”: un’illustrazione appassionante della teoria di Darwin, imperdibile se vi piace il genere scientifico). In tardo pomeriggio arriva pure il temporale, l’ultima pennellata di fascino di un’altra giornata indimenticabile.
Il giorno dopo prenotiamo l’escursione di mezza giornata a Ko Leh, un classico offerto praticamente da tutte le agenzie dell’isola. Il rapporto qualità/prezzo è buono, ma se dovessimo tornare indietro forse ci prenderemmo una barchetta tutta per noi per 3 ore almeno (costerebbe circa 20/25 euro, mentre noi ne paghiamo 10 in due con l’escursione di gruppo) per fare le cose con comodo e secondo i nostri tempi. Siamo in circa 10 per barca e in dieci minuti arriviamo a Ko Leh. Facciamo una prima sosta in una baia che penetra tra gli alti scogli dell’isola, meravigliose acque turchesi e calde, peccato che la sosta sia breve! Seconda sosta: ottimo punto per fare snorkelling, vediamo un sacco di pesci, anche se…Shark point resta imbattibile! Poi arriviamo nella spiaggia dove faremo sosta per un’oretta. E’ piena di barche che fanno la stessa escursione, la spiaggia è piccola e affollatissima. Non un momento proprio poetico. Prendiamo il sentiero dietro la spiaggia, camminiamo dieci minuti e arriviamo a una spiaggetta silenziosa, una piccola baia protetta da un grande scoglio, tutta per noi. Acque trasparentissime…come si fa a non tuffarsi!?! Abbiamo trovato il nostro piccolo angolo di pace…anche se dopo mezz’oretta si deve ritornare e prendere la barca. Ultima sosta a una scogliera abitata da scimmie: anche questo un po’ turistica, le scimmie sono simpatiche. Tornati a Ko-Phi-Phi io mi sparo un bel massaggio pomeridiano, mentre Cucciola fa shopping. A Hat Yao i prezzi delle stanze sono abbastanza alti, ma noi alla fine troviamo una stanzetta decorosa a 20 euro e facciamo un’ottima cenetta. L’ultima mattinata a Ko-phi-phi la dedichiamo a fare il bis a Shark Point: ci godiamo per l’ultima volta quei pesci meravigliosi e poi cominciamo il viaggio di ritorno. Partiamo nel primo pomeriggio dal molo di Ko-phi-phi e raggiungiamo in un paio di ore Krabi; da lì troviamo un biglietto di pullman notturno per Bangkok. Ottima soluzione: partiamo alle 18 e alle 6.30 della mattina dopo arriviamo a destinazione, offrono cibo discreto a bordo, coperte e cuscinetti. Viaggio sicuro e tranquillo (peccato che la hostess sia odiosamente odiosa e non spiaccichi una parola di inglese). La TV Thai è sempre una cosa molto folk: la recitazione è catastrofica, i fondali finti delle scene sono diabolicamente inverosimili!
NB: se volete, i biglietti dei posti del pullman potete comprarli già dalle agenzie di Ko-phi-phi: costano un po’ più, ma evitate il rischio di restare a terra…come stava per capitare a noi. Di fronte alla stazione dei bus di Krabi, c’è un ristorantino a gestione familiare che prepara ottimo cibo: una ragazzina e la madre ci ricoprono di premure. Arriviamo alla stazione dei bus che collega Bangkok al Sud della Thailandia e da lì in taxi raggiungiamo il centro in una mezz’oretta.
Ultima giornata a Bangkok prima di partire: immancabile massaggino godurioso, visita al bellissimo Wat Arut, un tempio altissimo e coloratissimo che domina il fiume: vi consigliamo di visitarlo anche per la splendida vista della città dall’alto. Proprio a fianco del tempio, c’è un bel cimitero buddista, un posto silenzioso e quieto dove è bello passeggiare circondati da infiniti Budda che ci guardano. Poi gitarella al Lumphini Park, immaginata come un momento di relax in questa oasi verde immersa tra i grattacieli di Bangkok. In realtà, facciamo la conoscenza dei…varani: molto simili a coccodrilli, ma un po’ più piccoli e affusolati. Si aggirano in libertà per il parco, soprattutto ai bordi del lago, ma non solo. Per noi sono creature terrificanti e ce ne teniamo molto alla larga; invece gli abitanti della città sembrano innocui. Il parco è bello e la passeggiata è molto piacevole. Torniamo alla stazione centrale dei treni di Hualamphong per prendere i nostri bagagli (il deposito bagagli è carissimo!…in termini relativi), poi prendiamo il taxi e torniamo in aeroporto…si torna a casa.
Giudizio finale: la Thailandia è andata molto al di là delle mie aspettative. E’ un paese ricchissimo di cultura, ha spiagge e fondali incantevoli, è molto economica anche a confronto con altri paesi poco sviluppati, i massaggi sono una benedizione e ha una cucina favolosa, andateci!