Il contatto con una natura potente
La soluzione di viaggio più economica è il volo low-cost di Iceland Express, che opera tutti i sabati del periodo estivo da Bergamo a Keflavik, l’aeroporto internazionale di Reykjavík. La compagnia, pur essendo low-cost, non mette restrizioni al bagaglio e si può portare un consistente bagaglio a mano, essenziale perché in una meta così particolare occorre portarsi molte cose per ogni cambiamento di clima. Inutile ricordare che prenotando con anticipo siamo riusciti a risparmiare circa il 50% del prezzo del volo. L’arrivo a Keflavik è nella notte, con un ritardo di 4 ore, siamo arrivati alle 4 ora locale. Come avevamo concordato all’aeroporto troviamo la persona che avrebbe dovuto attenderci con l’auto a noleggio, una jeep Toyota 4 Runner ideale per qualsiasi terreno e anche per i guadi (per chi si sentisse così avventuroso da provarci). Il noleggio dell’auto è stata una delle cose più faticose, perché le proposte delle maggiori compagnie erano molto costose. Cercate sul sito di Icelandgo, ci hanno affittato la jeep al prezzo di una Yaris!
Domenica 8 agosto: Abbiamo prenotato un hotel nelle vicinanze dell’aeroporto, comodo soprattutto perché siamo arrivati tardissimo. Il Motel Alex è proprio vicino e offre camere e piccoli bungalow a prezzi accettabili. Inoltre la colazione è disponibile già dalle 4 del mattino, pertanto abbiamo preferito fare subito colazione e poi dormire un po’. Alle 10 eravamo svegli e riposati, pronti per goderci un percorso di mezz’ora circa per raggiungere la Laguna Blu. La violenza della natura islandese si offre da subito: la strada di asfalto scorre tra curiosi prati di lava coperta da muschi ed eriche basse. La laguna è di una bellezza sconvolgente: tra le rocce laviche nere serpeggia un’acqua lattiginosa azzurra, come colorata con la tempera. La struttura ricettiva della laguna è moderna ed efficiente: all’ingresso si è forniti di un asciugamani e di un bracciale elettronico, che serve per l’armadietto. Le docce sono obbligatorie prima di entrare e hanno a disposizione sapone e balsamo da usare all’uscita (l’acqua secca la pelle). Nella pozza principale un bar nell’acqua consente di dissetarsi, pagando con il bracciale magnetico. La laguna merita una sosta tranquilla, anche per riprendersi dopo un viaggio a cavallo della notte.
Dopo il bagno e il relax, il viaggio riprende in direzione di Reykjavík, lungo la costa. Sosta al Bonus, una catena di supermercati economici e presenti in buona parte dell’isola; il simbolo è un maialino salvadanaio. Da tenere presente anche l’altra catena di market a buon prezzo: Samkaup. In genere vicino ai supermercati ci sono delle Bakari, panetterie che hanno anche alcuni piatti pronti (zuppa del giorno) e caffè a volontà, oltre a pane e dolci. Una buona alternativa al ristorante a pranzo. Senza entrare nella città prendiamo la Hringvegur, la statale n°1 che percorre tutto il periplo dell’isola. La nostra meta è Smaratun, dove abbiamo prenotato nella Guesthouse omonima per tre notti. C’è anche un hotel per chi non bada a spese, ma le camere della guesthouse sono comode e c’è l’uso della cucina. Questo posto è un’ottima meta per le visite dei giorni seguenti, proprio nella pianura sul fondo della quale si sorge il famoso (ormai) vulcano Eyafjallajökull. La guesthouse offre anche una vasca di acqua calda per gli ospiti (hottub) che ovviamente sfruttiamo, sebbene la temperatura scenda rapidamente dopo le sette di sera senza che cambi visibilmente invece la luce. È possibile anche cenare nel ristorante dell’hotel a prezzi analoghi ai nostri in Italia.
Lunedì 9 agosto: sono le sette. Le tende alle finestre non filtrano bene la luce, quindi qui la giornata inizia prestissimo! La giornata di oggi è dedicata al Circuito d’Oro, un tour dei siti più visitati d’Islanda. Passando da Hella, troviamo delle informazioni turistiche nella stazione di servizio. La strada è libera e arriviamo a þingvellir, attraverso brughiere dove sorgono le case di vacanza degli islandesi di città. Lo spettacolo si apre su una valle immensa con un lago sullo sfondo. Ci dirigiamo verso la spaccatura che divide la zolla americana da quella euroasiatica. Qui c’è movimento…. La terra si allaga di 2 mm l’anno. È in mezzo al reef che si riunivano le tribù islandesi una volta all’anno per decidere le loro leggi e sempre qui fu proclamata l’indipendenza dalla Norvegia. La passeggiata nel “corridoio” tra i due reef porta dalla cascata di Oxanafoss fino al centro visita del sito, dove audiovisivi mostrano la nascita e la formazione della zona dal punto di vista geologico e storico. Segue la visita ai geyser e il circuito si chiude con Gullfoss, dove ci attende una cascata che, se c’è il sole, ricompensa con un bell’arcobaleno; a fare da sfondo il ghiacciaio Langjökull. Dopo la cena preparata con le poche cose che siamo riusciti a comprare consapevolmente (difficile capire cosa contengono le diverse scatole sugli scaffali), ci mettiamo a leggere nel salottino senza avere bisogno di accendere la luce: sono le 21.30….
Martedì 10 agosto: San Lorenzo, ma di stelle non se ne vedono perché il cielo è sempre chiaro! La giornata è dedicata alla visita della zona di Landmannalaugar. Per comodità, pur avendo un fuoristrada rispettabilissimo, scegliamo di andare in autobus (che sembra più un mezzo anfibio che un torpedone da gita) prendendolo dalla stazione di servizio di Hella. La strada è sterrata per tutto il tragitto e attraversa scenari diversi e suggestivi: all’inizio sembra di essere in Arizona, poi i colori passano dal grigio al nero, al verde dei muschi che ricoprono le pendici dei monti. A metà tragitto, dopo circa un ora l’autobus si ferma per osservare il vulcano Hekla. Si risale sull’autobus, questo è il pezzo più ripido e accidentato, sebbene non sembri inaccessibile; potevamo usare la nostra jeep, ma così è stato più rilassante. Dopo un paio di guadi e un’oretta di strada si giunge al campo base, dove ad attenderci c’è un folto gruppo di turisti con macchina fotografica per riprendere l’ultimo guado dell’autobus. La pausa è solo di un paio d’ore, perché l’autobus riparte alle 15.00 per fare ritorno a Hella. Contando sulle nostre capacità di camminatori decidiamo di fare un sentiero ad anello per allontanarci dal caotico campo base. Qui si gustano davvero le meraviglie del posto: si passa da terreni di roccia vetrificata e lucente a montagne sui toni del giallo, del rosso e del rosa; poi scendendo oltre le fumarole si scorge un fiume ferroso che tinge le rive di ruggine, scorrendo tra rocce grigie e verdi. Cena veloce perché stasera dobbiamo “impacchettare” tutto: domani la tratta da percorrere è di 350 km, con molte cose da vedere e si parte presto.
Mercoledì 11 agosto: sveglia alle 6. Oltre al fuso orario che ci è rimasto appiccicato (sarebbero le 8 da noi in Italia), la luce induce a svegliarsi presto. Non male tuttavia perché si può usare il bagno prima che sia affollato (nelle Guesthouse l’unica pecca è un solo bagno per troppe stanze). Dobbiamo arrivare a Höfn, la tappa più lunga se non la più impegnativa, almeno sulla carta. La prima fermata Seljalandsfoss, un’alta cascata che scorgevamo dalla Guesthouse di Smaratun. Un sentiero permette di fare il giro passando dietro il velo d’acqua. Attenzione, freddo e scivoloso. Poco distante, dietro ad un prato usato come campeggio, la cascata di Gljúfrafoss, che si getta in una specie di buco, e bisogna salire su una roccia affacciandosi oltre il bordo per vederla. Proseguiamo il nostro viaggio incontrando dopo pochi chilometri la cascata di Skogafoss, decisamente la più possente, sul fondo di una grande area attrezzata per campeggio. Ancora pochi chilometri ed arriviamo al villaggio di Vik. Come negli altri villaggi, l’impressione è di case sorte in modo del tutto casuale, senza un centro, senza troppa personalità: questi luoghi, d’altronde, sono famosi per la natura più che per l’architettura. Facciamo una passeggiata sulla spiaggia nera, affascinati da contrasto con il verde soprastante e il blu del mare da cui emergono, bellissimi, i faraglioni.
Da Vik comincia il viaggio vero e proprio: chilometri di strada, dove si potrebbe sviluppare in chi guida ogni genere di allucinazione mitica o mistica. Distese sconfinate di sabbia nera (i famosi Sandur) intervallate da distese di prati radi, abitati da pecore pelosissime, distese di colate laviche con rocce buttate ovunque; il tutto immerso nel silenzio dentro e fuori l’auto, rotto soltanto dal gracchiare dell’unica stazione radio quando e se si riceve. Compaiono i primi ghiacciai: il paesaggio è assolutamente maestoso e sconfinato. Le cascate che precipitano dalle alture sono così tante che dopo un po’ ci si stanca di osservarle. Tappa a Kirkjubaejarklaustur per un caffè veloce e il rifornimento dell’automobile. Ci dirigiamo verso il parco di Skaftafell, dove il ghiacciaio del Vatnajökull si avvicina alla strada. Qui è necessaria una sosta per una breve camminata fino alla cascata di Svartifoss, presente in tutte le brochure dell’Islanda, incorniciata da geometriche colonne di basalto nero. Si riparte e, dietro una curva, s’intravedono dei blocchi di ghiaccio in un lago: è la laguna ghiacciata di Breiðarlon, che merita una sosta perché più solitaria. Poco più avanti, descritta da molte guide, c’è la laguna Jökullsarlon, ma molto turistica e priva del silenzio che la prima vi lascia godere. Questa laguna, che si estende verso l’interno per circa 7 km, può essere visitata con un battello anfibio a un costo irragionevole, ma un contatto così diretto con gli iceberg è spettacolare. L’ultima tratta ci porta finalmente a Hofn, piccola “cittadina” (in confronto al resto) con un porto per pescatori. Alloggiamo qui nell’ostello della Hi Hostel, catena internazionale presente quasi ovunque in Islanda, che offre anche camere private con o senza bagno. È direttamente sul porto. Merita una visita per la cena un semplice bar all’ingresso del paese Kaffi Hornið, che offre a prezzi buoni la zuppa del giorno con un buffet d’insalate miste e chi vuole provare anche la famosa aragosta di Hofn. C’è anche il famoso Humaroffnin, molto elegante e con prezzi pretenziosi.
Giovedì 12 agosto: dopo 4 giorni di sole il tempo è cambiato… Siamo già stati fortunati. Oggi è tutto coperto da una fitta nebbia, che si dirada col passare del tempo, ma ci accorgiamo subito che senza il sole i colori sono davvero meno vividi e meno spettacolari. Superato il picco roccioso che sta alle spalle di Hofn si arriva nella laguna di Lòn, sotto la nebbiolina a pochi metri dalla superficie dell’acqua si scorgono centinaia di piccoli puntini bianchi, che guardando meglio si rivelano cigni che nuotano tranquilli. Rifornimento nel piccolo porto di Djupivogur, dove un mercatino consente anche di comprare qualcosa per il pranzo. Bisogna sempre approfittare quando s’incontra un paese per rifornimento e acquisti perché non è sempre certo di ritrovare qualcosa andando avanti. Alcune mappe stradali segnalano i supermercati e quasi tutte le pompe di benzina. Da questo paese la Hringvegur lascia la costa e diventa in buona parte sterrata, sebbene sia consentito a tutti i tipi di auto percorrerla. È la volta dell’altopiano che conduce a Egillstaðir, centro abbastanza grande alle spalle dei fiordi orientali. La nostra meta è Seyðisfjörður, uno dei fiordi più belli, che ospita un nucleo di case molto carine importate dalla Norvegia, memoria di un’occupazione norvegese a fini soprattutto commerciali (aringhe). Oggi nel porto attraccano i traghetti provenienti dalla Danimarca e dalle Isola Faer Oer, Il paese offre diverse soluzioni per alloggiare, ma l’ostello Hi Hostel è comunque molto comodo: uno nella zona del porto e un altro di fianco all’ospedale (era il vecchio ospedale, ora riconvertito). Il fiordo offre camminate e gite in canoa, ma possiamo segnalare un bar che apre solo la sera di fronte all’hotel Aldan, che abbiamo capito essere solo frequentato da persone del posto, interessante per capire le caratteristiche sociali di chi vive in posti così isolati. Chi apprezza l’artigianato si accorgerà presto che in Islanda c’è poco, soprattutto lana, ma qui nel fiordo una signora ha una piccola casetta nel suo giardino dove vende oggetti in vetro e ceramica a ottimi prezzi. Certamente da visitare: Gallerì Vigdìsar, attenzione agli orari di apertura.
Venerdì 13 agosto: gita fino a Skalanes alla punta del fiordo dove c’è un centro di accoglienza per chi visita la zona e va a osservare gli uccelli sulla scogliera. Nel tragitto di circa 9 km si vedono le balene che entrano a mangiare nel fiordo. Tornati a casa nel pomeriggio visto il tempo piovoso, abbiamo approfittato della piscina del paese, dotata di sauna, due whirlpool e vasca per nuotare piacevolmente tiepida. Vanno spese due parole sugli acquisti: pur parlando 4 lingue riuscire a capire alcune cose sulle confezioni è davvero complesso e non esiste un dizionario Italiano-Islandese venduto in Italia. Le cose in scatola s’intuiscono dai disegni, ma altre davvero non si sa come usarle: la carne sembra tutta preparata per la griglia, poco pratica quindi per le cucine a diposizione nelle guesthouse. Da alcuni giorni avevamo adocchiato una confezione di carne con un’immagine invitante di una “tagliata” di manzo. Vedendoci incerti una gentilissima signora che parlava inglese si è offerta di aiutarci, e le ho chiesto come potevo cucinare la suddetta “tagliata”. Mi ha risposto: “Cucinala come il manzo”. Senza troppe domande abbiamo mangiato questo filetto appena passato nel burro, tenerissimo e gustoso. La frase della signora ci è però risuonata in testa per alcuni giorni, perché non aveva detto “è manzo”. Facendoci quindi tradurre da un islandese abbiamo scoperto di aver cucinato e mangiato carne di balena.
Sabato 14 agosto: sveglia all’alba perché oggi ci aspettano molti chilometri, inframezzati da molte cose da vedere. Colazione in ostello, e via, si parte. Fatta benzina (dettaglio importante) si comincia a salire verso un altopiano desolato. La guida diceva che era noioso, in realtà è molto affascinante: anche se spesso in questa vacanza si fanno chilometri e chilometri in mezzo al nulla, non ci si abitua facilmente. All’orizzonte montagne colorate di grigio, nero, giallo, e rosso, poi, dopo una deviazione di 28 chilometri di sterrato dalla strada principale, si arriva alla grande cascata di Dettifoss. Non è alta, ma la portata d’acqua è impressionante. Qui ci attende una sorpresa: la cartina plastificata di cui andavamo tanto fieri (della Penguin) segnava un ponte che in realtà non esiste… Pertanto occorre tornare indietro per riprendere la Hringvegur. Proseguendo verso nord-ovest si arriva nella zona del vulcano Krafla, davvero impressionante: superata la centrale geotermica ci si dirige verso i crateri dove si può lasciare l’auto e fare una passeggiata. Un cratere emette vapore con un rumore assordante che accompagna tutta la visita. Un altro ha un lago bellissimo al suo interno (Stora-Viti). Scendendo verso il Leirhnjukur c’è una colata lavica nerissima che si estende per chilometri. Passeggiando tra la lava s’incontra la faglia da cui è uscita, come quasi tutti i vulcani islandesi; qui è ancora calda e fumante. È impressionante camminare nella bocca del vulcano tra sassi coloratissimi. Ripresa l’auto scendiamo verso il vicino sito di Hverir, ancora attivo, dove la guida avvisa che “si visita a proprio rischio”. Non avendo mai visto l’inferno, potrebbe essere proprio così: senza vegetazione, terra rossa, coni di vapore fumanti e rumorosi, pozze ribollenti di acqua o di fango, il tutto accompagnato da un odore intenso di zolfo. Lasciato il sito si valica raggiungendo la valle del lago Myvatn. Sembra il desktop di windows vista: un lago immobile con isolette e conetti vulcanici al suo interno, rivi e corsi d’acqua all’apparenza fermissimi. La discesa verso Akureyri è ripida e mostra la seconda città d’Islanda sul mare con alle spalle le montagne innevate. Birretta al Bla Kannen guardando la gente passare e cena al Bautinn, dove assaggiamo consapevolmente la balena (prenotate per tempo, è sempre pieno). Qui abbiamo scelto di pernottare nella Guest House Akurinn, un bel edifico storico con vista sul fiordo, unico solito problema, un bagno per tutto il piano.
Domenica 15 agosto: piove come da previsioni, e rimandiamo la visita del Myvatn al giorno dopo, confortati dalle previsioni che promettono tempo migliore. Dopo colazione partiamo alla volta di Usavik, porto turistico conosciuto per la pesca alle balena e il whale watching, che ospita un museo piccolo ma piacevole. La guida indica anche in questo villaggio il “Museo del pene”, che non visitiamo. Il tempo è inclemente e decidiamo di andare alla cascata di Godafoss, deviando lungo la via del ritorno. Costeggiamo un lago molto bello, con molte isolette, e arriviamo alla cascata. Si parcheggia direttamente a lato lungo il canyon e un sentiero conduce nel posto dove vennero gettati i simboli dell’antica religione pagana, da cui il nome. Riprendiamo la via verso Akureyri e facciamo una deviazione per un negozio di addobbi natalizi pubblicizzato lungo la strada. Sembra una casetta di marzapane e al suo interno decorazioni di ogni tipo e atmosfera natalizia che comprende anche il proprietario: un giovane babbo natale che per calarsi nella parta canticchiava canzoni natalizie tra se e se. Nel tardo pomeriggio rientriamo ad Akureyri e facciamo una passeggiata. Rispetto agli altri paesi visitati qui si trovano bar, ristoranti, cinema, negozi e un centro commerciale…. Degno di nota l’outlet della 66 North, dove si possono trovare i capi di abbigliamento della marca omonima, diffusi un po’ ovunque ma qui a prezzo accettabile. Per la cena abbiamo tentato l’unico ristorante cinese: da evitare accuratamente, poiché propone un infelice adattamento della cucina cinese ai gusti locali. Non ci resta che consolarci con una fetta di torta al Cafè deParis.
Lunedì 16 agosto: colazione alla bakari situata nella via principale, quindi si parte per il “lago delle mosche”, il Miyvatn. Le mosche, che poi sono moscerini, sono presenti a sciami, e si infilano dappertutto, è fastidioso persino il rumore che producono. Qualche turista più accorto ha un cappello con zanzariera. Anche qui si respira aria da film fantasy: l’acqua è quasi ferma e riflette le nuvole e i pilastri di lava, creando misteriosi giochi di forme dove non si capisce il verso. Proseguiamo verso una zona di formazioni di lava molto spettacolare: Dimmunborgir. Qui la lava ha costruito un giardino con sculture che sembrano fatte dall’uomo, una ha la forma di un portale di cattedrale gotica. L’altra tappa in questa zona sono le due grotte di Storagja e Griojotaja, a mezz’ora a piedi l’una dall’altra. La seconda è decisamente più interessante, anche se l’ingresso non è segnalato, occorre guardare dove vanno le impronte degli altri turisti. Griojotaja è un antro sul cui fondo l’acqua cristallina è a 48 gradi, attenzione a non caderci dentro.
Martedì 17 agosto: lasciamo Akureyri in direzione dei fiordi occidentali, con una tappa intermedia poiché il tragitto è troppo lungo. Superando il passo si apre la vista sul Unafiörður e sulla sua laguna interna. Scegliamo di raggiungere la penisola di Vatnsnes dove si vedono le foche. È un lungo sterrato ma si percorre bene, attenzione solo alla benzina, non ci sono distributori. Il sentiero che scende sulla spiaggia è proprio di fronte all’ostello di Osar. Sosta la villaggio di Hvammstangi, dove, per gli amanti, c’è la fabbrica di maglioni di lana Kidka, con prezzi migliori di quelli trovati in tutti gli altri luoghi. Sarà una gara da guinness riuscire a mettere tutto in valigia, ma Iceland Express è tollerante. Raggiungiamo l’ostello di Saeberg, una struttura sul fiordo in mezzo al nulla, portatevi da mangiare. A poche centinaia di metri si trova il museo della caccia allo squalo, dove troverete il famoso hakarl, bocconcini di squalo marcio così caro agli islandesi.
Mercoledì 18 agosto: si parte alla volta dei fiordi, una lunga traversata su è giù per i passi, quasi totalmente si sterrato e senza protezione. Qui troverete informazioni sul clima date da pannelli posti sulla strada che indicano temperatura e velocità del vento, dettaglio non irrilevante! Se avevamo attraversato zone disabitate, qui è ancora peggio: intere valli con il fiordo che entra e sul fondo una fattoria e una chiesetta, a chilometri da qualsiasi centro abitato. L’isolamento a cui gli islandesi sembrano abituati è così strano per noi. La nostra tappa è Bildudadlur, sulle guide conosciuta come la capitale del gamberetto, ma di gamberetti neanche l’ombra. Neanche l’ombra di altro… niente ristoranti, poche case e nessun negozio, l’unica attività commerciale è un piccolo bar che vende alcuni generi alimentari (qualche scatoletta, qualche confezione di prosciutto). L’ostello è una bella struttura sul porto, e in tre giorni incontreremo solo un paio di persone. Interessante un paio di fiordi prima del villaggio in direzione est, dopo l’aeroporto (una striscia di asfalto accanto al mare), si trova una piscina naturale con tanto di spogliatoio di legno, alla temperatura di 32 gradi, all’aperto, totalmente gratuita e con splendida vista.
Giovedì 19 agosto: come ormai tutte le mattine, sveglia alle 7. I fiordi con il sole sono tutta un’altra cosa, c’è un contrasto di colori che con il brutto tempo risalta meno. Viaggiando verso occidente svoltiamo per lo sterrato che porta verso Rauðisanður, una spiaggia di sabbia rossa. Il tragitto è molto accidentato: salite e discese ripidissime su una strada costruita in una pietraia, ma la vista merita. Tornando indietro verso Patreksfiörður, raggiungiamo una lingua di sabbia gialla bellissima, sembra una spiaggia caraibica, ma con vongole grosse come una mano. La nostra meta è adesso la scogliera di Latrabjarg, che dicono essere l’angolo più ad ovest dell’Europa, ma noi sappiamo che invece questo è rappresentato dalle Isole Azzorre. Da qui la Groenlandia è a soli 300 km. Saliamo lungo la scogliera, che odora di guano di gabbiani, nella speranza di vedere i puffin, ma gli esperti dicono che è già tardi. Al ritorno troviamo aperto a Patreksfiörður un Vinbud, uno dei negozi autorizzati alla vendita di alcoolici che in Islanda è vietata se non nei bar. Compriamo una bottiglia di vino californiano e un piatto del posto per la cena (polpette di pesce). Stasera dopo cena si fa la valigia e domani si parte.
Venerdì 20 agosto: abbiamo prenotato da casa il passaggio in traghetto del Breidafiörður, che consente di raggiungere Reykjavík tagliando un bel pezzo di strada. Non vi preoccupate se, arrivati al Brianslaekur trovate soltanto il molo e una casetta di legno chiusa: al momento opportuno arriverà qualcuno ad accogliervi e ad aprire la biglietteria. Il traghetto fa una breve solta nella piatta Isola di Flatey (uno scoglio con quattro case a memoria di quanto gli Islandesi apprezzano l’isolamento). Dopo tre ore di traversata (se soffrite il mare portatevi qualcosa) si arriva a Stikkisholmur e da qui si prosegue verso la capitale. Il paesaggio è maestoso come di consueto: pianure sconfinate, montagne imponenti, laghi e lagune. Il traffico però s’infittisce, ma per chi passa molte domeniche d’estate in coda, questo non è assolutamente nulla. Ad Akranes si prende il tunnel sottomarino a pedaggio lungo 8 km che porta direttamente alla periferia della città. C’è traffico, e fa un certo effetto tutta questa vivacità dopo giorni di pace. Per la notte abbiamo scelto l’ostello di Reykjavík Downtown, sembra quasi un hotel di lusso con tanto di schede magnetiche per entrare in camera. Reykjavík è una grande città, moderna e confortevole perché a misura d’uomo. In centro ci sono molti locali, ristoranti, bar per tutti i gusti. L’unico difetto al nostro arrivo? 2 gradi con un vento terribile. Con tutto addosso era impossibile resistere all’aperto. Abbiamo provato a cenare in un locale sul porto molto popolare e per la stessa ragione pienissimo: il Saegreifinn. Così abbiamo deciso di trattarci bene per l’ultima serata islandese, cenando al Sjavarkjallarin, che si trova in centro all’interno dell’edificio che ospita anche il Tax Refund. È un elegantissimo e modernissimo ristorante che offre piatti fusion, decisamente interessanti e presentati con grande stile. Caro!
Sabato 21 agosto: oggi al giornata è completamente diversa, sereno e tiepido. Si esce con la maglia. I due gradi della sera prima sembrano un lontano ricordo. Una breve visita della città, che offre alcune interessanti novità architettoniche (es. La cattedrale) e i negozi di giovani artisti che producono oggetti di design a prezzi accessibili. Poi si va alla stazione dei pullman per arrivare in aeroporto: ci vuole un’oretta di viaggio fino a Keflavik. Il volo sarà poi ritardato e l’arrivo in Italia sarà drammatico: alle 2 di mattino, mentre dovevamo arrivare intorno alle 23. L’unica pecca di quello che si fregia di essere l’aeroporto più vivibile d’Europa è che alla partenza dell’ultimo volo del pomeriggio, tutti i bar e i negozi chiudono e si resta senza cena!