Patagonia in bicicletta
Io sono seduta nei sedili centrali, Manlio (il mio compagno) siede vicino ad un prete e una suora Spagnoli. L’Aereo è affollato di persone che parlano Spagnolo. Dal lato finestrino ci sono tre posti completamente liberi ed io ne approfitto per mettermi comoda. Si salta un po’ qui in coda, mentre scrivo il mio Diario di bordo la penna mi scappa di mano. Dopo un’oretta di volo ci servono un pasto a base di prosciutto crudo, insalata di tonno, formaggino, burro e fetta di torta al cioccolato.
Dal finestrino riesco a vedere sotto di noi un’isola tutta illuminata, la notte è buia ma serena e così mi mostra uno spettacolo incredibile di luci. Con il contorno nero del mare sembra di vedere un’astronave in sospeso sulla terra: siamo sulle Baleari. Anche più avanti, sulla costa Spagnola, non c’è una nuvola tutte le luci fanno da cornice al mare e la luna in quel momento si specchia su quel mare nero creando un bagliore chiaro, stupendo. Ora ci spostiamo all’interno. Atterriamo a Madrid dopo meno di due ore, rimaniamo a terra per altre due e una volta saliti sull’Aereo siamo costretti ad aspettare ancora un’altra ora perché dei passeggeri di un altro Volo hanno avuto dei guasti e vengono caricati sul nostro mezzo. Siamo nuovamente nelle file centrali, ancora comodi, abbiamo 4 posti in due. Dopo un’oretta ci danno ancora da mangiare.
23/11
Sono ancora in volo… Ho sonno ma non riesco a dormire molto. Alle 7 del mattino (ora nostra) mi rinfresco un po’ e ascolto un po’ di musica. Verso le 9 ci portano la colazione. Dopo più di un’ora atterriamo a Buenos Aires. Con il mio orologio sono passate 24 ore da quando siamo partiti da Linate. Ora prenderemo un pulmino che ci porterà in un altro Aeroporto dove partirà il volo per Rio Gallegos (Patagonia-Terra del Fuoco). Siamo sul 737, partiamo per Rio Gallegos dopo una falsa partenza. Nelle 5 ore di attesa mangio qualchecosa, leggo un po’ e ascolto musica. Sono in volo, il sole è accecante, sotto, una cappa di nuvole bianche e morbide. Sono sempre vicina al finestrino, stendo un poco le gambe e ascolto musica con le cuffie. Atterriamo dopo più di 36 ore di viaggio. Finalmente arriviamo alla meta. La stanchezza comincia a farsi sentire ma il posto è bellissimo, il vento è forte (100 km/h.), l’aria è tersa, il paesaggio lunare, il fischio del vento è per me “ un suono stupendo”. L’auto che abbiamo noleggiato è già all’aeroporto. Carichiamo tutto sul cassone del Pick-Up e con Manlio dietro che tiene ferme le bici e Pierangelo alla guida andiamo a cercare una pensione in paese per la notte. A Rio Gallegos sono le 9 di sera ma riusciamo ugualmente a trovare da dormire.
La stanza è piccola ma decorosa, considerando che siamo “in fondo” al mondo. Cerchiamo di fare una doccia per riprenderci un po anche se l’acqua è scarsa e non troppo calda. Ceniamo in un ristorante molto accogliente, la carne è abbondante e ottima. Finalmente dopo quasi due giorni andiamo a dormire in “un letto vero”.
24/11
Mi sveglio alle 4,30 ora locale faccio un giretto nel paesino e sveglio gli altri alle 5,30. Carichiamo i bagagli e partiamo per El Calafate. Il paesaggio è lunare. Pochi mezzi ci incrociano e normalmente ci si saluta. La gente è cordiale. La pampa è sconfinata: s’incontrano gruppi di cavalli, pecore, oche e guanachi. Piccole colline interrompono il piatto infinito che ci circonda. La terra ora marrone ora verde smeraldo è a 360° intorno a noi. Le montagne spuntano all’improvviso coperte di neve, le nuvole sembrano appese al cielo tenute da un filo invisibile, sembra quasi che possano cadere da un momento all’altro. Il cielo è azzurro intenso in fondo, azzurro chiaro verso di noi. Le nubi corrono verso l’orizzonte, ci sono sopra e sembra quasi che ci vogliano schiacciare, tra cielo e terra solo lo spazio di un uomo. La terra del colore dell’ambra è interrotta dall’ombra nera delle nuvole che si proiettano su questa distesa infinita. L’asfalto è una striscia nera che corre lungo innanzi a noi e a dividerci da questa distesa di terra solo infiniti paletti con del filo spinato. Due rapaci attenti, restano appollaiati su questi in attesa di qualche piccola preda. Ci fermiamo per fare colazione e carburante nell’unico punto di ristoro che abbiamo trovato tra Rio Gallegos ed El Calafate, dopo 142 km. Percorsi. La “ Esperanza “ questo il suo nome. Mangiamo a base di uova strapazzate pancetta e tè per scaldarci un po’. L’aria è pungente ma dentro la macchina il sole ci riscalda.Verso mezzogiorno abbiamo fermato la macchina davanti al cartello che indicava il nostro punto di partenza per la “ Terra del Fuoco” direzione El Chalten. Abbiamo tolto le biciclette dal loro involucro e montato i pezzi che erano smontati. Ci vestiamo per la partenza con la bicicletta mentre sulla strada passava una corsa di Auto d’ Epoca. Molti si girano verso di noi e alcuni si fermano per chiedere che cosa abbiamo intenzione di fare. Lo scopo di tutto questo viaggio, oltre a godere di questa terra meravigliosa, è fare il giro della Terra del Fuoco in bicicletta. Le bici sono tre :1 di Manlio, 1 di Pierangelo, che saranno i veri protagonisti dell’impresa, mentre io Carlo e Marina useremo la terza bici solo quando ne avremo voglia o come bicicletta di scorta. Io ci provo subito ma mi và malissimo. Dopo aver montato tutto, la formazione di partenza del primo giorno di bicicletta era: Pierangelo, Manlio ed io. La strada si presenta subito in condizioni pessime tutto il percorso è su strada sterrata piena di buche e con il vento che và e viene. La ghiaia a tratti mi fa sbandare e al massimo della fatica mi aggrappo al cassone del Peck-Up. Dopo una piccola pausa riprendo a pedalare ma ad un certo punto, dopo essermi staccata dalla macchina, la ghiaia mi fa sbandare e cado. Risultato un ginocchio spelato e un bel mal di gambe per soli 10 km percorsi. Così dopo questa breve esperienza negativa rimetto la bicicletta nel cassone e rimango seduta in auto con Marina e Carlo a seguire i veri ciclisti della spedizione. Manlio è distrutto ma felice di non aver mollato nonostante la fatica. Lo spettacolo della natura è straordinario, il cielo è azzurro e le nuvole a banchi sono così basse che potresti allungarti e toccarle…
Finalmente verso le sette di sera troviamo una fattoria. “ Parador Luz Divina” è una specie di stazione di sosta dove ci si può ristorare. Chiediamo se possiamo campeggiare e al loro sì, montiamo le nostre tende. Mangiamo all’aperto su un tavolo di legno vicino ad un torrente con diversi animali che ci girano intorno, un gallo, un cane, due pecorelle, due agnellini di cui uno con una zampa malata. Poi finita la cena entriamo per farci una bella camomilla calda e una fetta di dolce. Sto crollando dal sonno sono seduta al caldo della fattoria e sorseggio la mia bevanda calda. L’unica cosa strana è che la notte non arriva mai e quando arriva dura pochissimo.
25/11
Alle 4,30 esco dalla tenda, la notte è passata abbastanza bene anche se ogni tanto mi sveglio. Non è che io sia così mattiniera è che da noi sarebbero le 8,30 del mattino e si vede che il mio fisico non si è ancora abituato al cambio di orario e così faccio una passeggiata lungo il torrente. Nessun rumore, poco vento, l’alba riflette nell’acqua i colori rosa del cielo, di fronte la luna quasi piena che lentamente diminuisce il suo biancore con l’avvicinarsi del giorno. Scatto qualche fotografia, sistemo i bagagli. Verso le sei sveglio gli altri. Colazione alla fattoria e via. I nostri “ eroi” proseguono sotto il sole e il vento verso la nostra prima meta “ El Chalten”. Noi stiamo al caldo dell’auto a goderci il paesaggio. Facciamo uno spuntino veloce in un vecchio camper passeggeri a lato della strada. Sono vecchi mezzi scassati che utilizzano gli operai che lavorano nei cantieri stradali. Chiediamo a questi operai se per mangiare possiamo ripararci all’interno dei mezzi perché il vento è forte e il sole scotta, loro con la solita cortesia ci lasciano salire. Contraccambiamo lasciando un pacchetto di sigarette di Manlio. Proseguiamo. La strada è pessima e con le bici è un disastro, il panorama però resta sempre stupendo. Le cime delle montagne sono innevate e il cielo è limpido. Percorrendo la strada, ogni volta che incontri qualcuno in auto, bici o altro mezzo, ti saluta lampeggiando e alzando la mano è questa una cosa talmente inusuale da noi che mi sorprende ogni volta che succede. Tutti sono disponibili e cordiali, forse la terra così aspra li rende tutti più solidali. Vivere qui probabilmente è stupendo ma anche molto difficile. Non c’è nulla solo qualche pascolo isolato e un po di turismo. A metà pomeriggio ci dobbiamo fermare, il vento è fortissimo; cerchiamo un posto per montare le tende. Le condizioni per pedalare sono veramente pessime. Manlio si è già fermato da un’oretta adesso si ferma anche Pierangelo. Il vento fuori è gelido ma crea nell’aria una limpidezza assoluta , noi in macchina ci scaldiamo dietro i vetri. L’aria è secca, le labbra sono screpolate ma il panorama è stupendo. In vista di una grossa Estancia chiediamo al fattore se possiamo accamparci per la notte e come al solito ci dice di sì e ci offre anche un po’ di riparo per mangiare. Estancia Santa Margherita, questo è il suo nome ed è un posto “incantevole”. Per la loro sopravvivenza anche questa grossa fattoria è piena di animali qui però ci sono cavalli bellissimi lasciati liberi di correre in un prato immenso. Ci sono cani, oche, pecore e maiali. Il gaucho ha finito di lavorare e passa davanti a noi a cavallo con dietro i cani fedeli e avanti a loro le pecore che sta accompagnando al recinto per la notte. Mentre monto la tenda alzo gli occhi e vedo passare due fenicotteri rosa che nella loro incredibile eleganza sorvolano la strada e se ne vanno chissà dove. Mi sembra di essere nel paradiso terrestre. Il vento si è fermato, il sole tramonta, le lunghe ombre della collina coprono il verde brillante della terra, l’erba cambia colore, anche il mantello di quel bellissimo cavallo marrone cambia sfumature di marrone. I lavoranti si sono riuniti in una stanzetta e bivaccano con la carne che il cuoco ha preparato per la loro cena. Noi mangiamo tortellini in brodo e salume che ci siamo portati da casa.
26/11
Il dopo cena di ieri è stato bellissimo ma in balìa dei cambiamenti di una terra così “primordiale” la notte l’abbiamo passata sotto una pioggia battente. Anche questa mattina mi sono svegliata molto presto ma questa volta rimango al caldo del mio sacco pelo. Il gaucho cuoco, visto le condizioni del tempo ci offre per fare colazione di entrare nella sua “casa” dove lui dorme e cucina per gli uomini. Accettiamo molto volentieri sia per riscaldarci un po’ le ossa sia per farci qualche cosa di caldo, lui per pudore esce a spaccar legna. Approfittando del suo bagno vediamo anche com’è la sua stanza da letto: una branda, un comodino, poche cose personali e foto di donne tutte “vestite” staccate dai giornali e appese sul muro e sulla porta del bagno, un bagno anni ’50 tutto molto dignitoso e pulito. Nella cucina dove mangiamo c’è una vecchia credenza e una stufa enorme usata anche per cucinare, un piccolo tavolo, la legnaia e sul muro un vecchio calendario ormai tutto nero per il fumo. Il tutto finisce con un’altra stanza un po’ più grande con solo un grosso tavolo e diverse sedie; tutto è essenziale e invecchiato dal tempo. Anche questa volta per ringraziare lasciamo un pacchetto di sigarette di Manlio (che è l’unico che fuma) un po’ di frutta e succo d’arancia che da loro scarseggia ed è quindi gradita. Proseguiamo il viaggio per El Chalten.
Arriviamo alla nostra prima meta verso le tre del pomeriggio. Sole stupendo, vento buono e freddo secco. Il paese è piccolo ma con tutti i servizi, c’è persino una cabina telefonica tutta in legno. La prima tappa è al rifugio “ Confiteria La Senyera” anche questo tutto in legno. Mangiamo una bella pastasciutta, facciamo una bella doccia calda a pagamento e poi montiamo le tende nel campeggio del Paese a poca distanza dal rifugio. Cena sull’erba poi a piedi al rifugio per berci una camomilla e passare la serata al caldo e in compagnia. Pierangelo strimpella una chitarra mentre Carlo, Marina ed io l’accompagniamo cantando. Manlio si guarda una partita di pallone alla TV. Il rifugio è il primo che è stato costruito per gli alpinisti che scalavano le cime vicine, venivano a ristorarsi qua e lo testimoniano le pareti che sono piene di foto, oggetti del passato e il libro dei viandanti dove anche noi abbiamo lasciato il segno del nostro passaggio.
Oggi questo posto è molto più turistico di allora ma ancora molto vero. Il caldo del locale le luci soffuse la gente un po’ hippy e il freddo fuori fa tornare alla mente tempi passati . Una specie di tranquillità e serenità che noi occidentali stressati e sempre alla ricerca di nuovi desideri abbiamo ormai dimenticato. Il momento più bello è tornare al nostro campeggio. Non ho mai visto le stelle così vicine e così luminose, l’aria è tersa e la notte limpidissima, ho come la sensazione di poterle toccare .
27/11
Mi sveglio alle 4,30 ho metto la testa fuori dalla tenda poi rientro al caldo dentro il mio sacco pelo. Alle 6,30 do la sveglia al gruppo e dopo aver fatto colazione ci dirigiamo per un’escursione a piedi al ghiacciaio della “ Laguna Torre” sotto il monte Cerro Torre. Per arrivarci attraversiamo un bellissimo bosco di faggi, il vento è calmo e il sole caldo. All’improvviso superato il faggeto ci troviamo in un Eden di prati in fiore con gruppi di cavalli liberi, specchi d’acqua paludosi e un torrente che ci accompagna fin sopra al ghiacciaio. Ci sono anche delle coppie di Pappagalli verdi che hanno fatto un chiasso incredibile e trovo fiori che da noi non ho mai visto. Ci sono volute circa tre ore ad arrivare al ghiacciaio, considerando le varie soste per far foto e ammirare il paesaggio. Rimaniamo un po’ seduti sul bordo del ghiacciaio aspettando che le nuvole liberino la punta del Cerro Torre. Qui il paesaggio è cambiato completamente. Se penso ad un colore per definire tutto l’insieme direi “ grigio/verde” l’atmosfera è un po’ nuvolosa, il ghiaccio è del colore del cielo, assume sfumature verdastre, le cime e le pendici del monte sono a tratti grigie come la roccia e verdi come la vegetazione, nell’insieme un effetto completamente diverso da quello appena attraversato ma l’incredibile è che se torni indietro ritrovi ancora tutti i colori di prima. Torniamo al campeggio percorrendo la stessa strada, la giornata è stupenda, sole caldo e niente vento. Ci ripuliamo un po’ e ci dirigiamo al rifugio per una cena calda e sostanziosa. Rimaniamo fino a mezzanotte mangiando ottima carne e ascoltando musica, chiacchieriamo tra noi parlando delle esperienze passate per poter così prolungare il godere del caldo e dell’atmosfera. Sappiamo bene in cuor nostro che difficilmente potrà ricapitarci una così meravigliosa occasione.
28/11
Un’altra magnifica alba. Sono le 5,30 e difronte al nostro campeggio svetta maestoso e sgombro di nuvole il monte “ Fitz-Roy” (3.441 m. Che ha preso il nome del capitano della nave Beagles arrivato in Patagonia nel 1832 ). La cima del monte, coperta dalla neve, viene illuminata dal sole dell’alba colorandola con tutti i colori del rosa e dell’arancio, impossibile non fotografare un tale spettacolo. Goduto dello spettacolo, il freddo pungente mi fa tornare al caldo della tenda. Questa mattina smontato il campo facciamo colazione e ci dirigiamo salendo tutti in auto verso El Calafate. Per arrivarci deviamo su di una strada sterrata per vedere El Chalten da dietro. E’ bello trovarsi di fronte un bel lago il “ Lago Deserto” con colori tra il blu e il verde smeraldo. Proseguendo, sempre in auto, arriviamo al paese di El Calafate. Grosso paesotto turistico (sembra impossibile che coesistano due realtà così diverse in così poco spazio). Troviamo da dormire al campeggio pubblico, siamo in mezzo ad un sacco di tende e la piazzola per la tenda è vicino al bordo di una strada dove passano continuamente macchine che corrono veloci e suonano il clacson. L’aspetto positivo però c’è, la doccia calda e abbondante. Dal mio punto di vista il problema più grosso è la polvere. Siamo continuamente coperti di polvere. I bagagli nonostante siano stati messi in sacchi neri di plastica sono sempre coperti di polvere, io ho sempre il viso coperto di polvere, gli occhi bruciano e le labbra e la gola sono sempre secche. Quasi sempre tira vento e il clima è freddo. Ogni tanto una bella doccia e del cibo caldo danno soddisfazione. Rimaniamo al campeggio.
29/11
Tappa di oggi: ghiacciaio “ Perito Moreno”. In bicicletta Manlio e Pier fanno 80 km. In 5 ore. Strada tutta curve, alti e bassi e a parte il primo pezzo asfaltato vicino al Paese, tutto il resto del percorso è strada bianca. Scenario come al solito spettacolare. Di colore verde smeraldo all’inizio, poi poco più avanti una distesa immensa dove sul fondo si stagliano imponenti le Ande Patagoniche, con la terra coperta da piccole piantine rosse che formano una tavolozza di colori che va dal giallo tenue al rosso vivo. Ancora più avanti salendo la cima cespugli con fiori rosso intenso che si confondono con il blu del Canal de Los Tempanos, dove il ghiacciaio riversa le sue acque. Fatta una curva il ghiacciaio si mostra in tutta la sua imponenza e ti mozza il fiato per la sua bellezza. Tutto questo con un sole meraviglioso che ci accompagna in una giostra di colori e di meraviglie. Giornata veramente fantastica. Giunti al Perito Moreno ti trovi in un piazzale che ti mostra a perdita d’occhio questa massa gigante di ghiaccio che preme e si avvicina. Dopo il piazzale c’è una distesa di verde e subito sotto, il canale d’acqua che porta al “ Lago Argentino”. Lo spettacolo è davvero impressionante e bellissimo, i blocchi di ghiaccio alti fino a 60 metri quando si staccano fanno un rumore assordante, sembrano spari di fucile, si intravede tra loro una luce azzurra come di cristallo e quando cadono in acqua sollevano una schiuma che spruzza tutt’intorno. Senza renderci conto delle ore che passavano, intenti come siamo a sperare che il pezzo di ghiaccio di turno si tuffi in acqua sono arrivate già le otto di sera e si deve tornare al campeggio. Per godere al massimo di quello spettacolo incredibile e meraviglioso prendo la terza bici e da sola percorro per 8 km. Un tratto di strada, il silenzio è assoluto, all’inizio faccio un po’ di fatica poi arriva la discesa. Su e giù come sopra ad un otto volante, essere in bicicletta è tutt’altra cosa che stare sulla macchina, sei solo tu e tutto ciò che ti circonda, in modo pieno e assoluto. Sono felicissima di essere lì. Quando gli altri mi raggiungono carichiamo tutte le bici in auto e ripartiamo per El Calafate. La giornata però non ha ancora finito di sorprenderci. Sulla strada del ritorno rimango “folgorata” dai colori del tramonto. La terra comincia a tingersi di colori stupendi, tutte le sfumature del rosa del verde, del marrone, del rosso fuoco. Lo specchio d’acqua del lago Argentino a sua volta riflette il tramonto infuocato e la valle così infinita e lunare prende gli stessi colori intensi; le nuvole, striate prima di arancio, poi di oro poi di rosso fuoco, sullo sfondo le Ande innevate. Uno spettacolo indescrivibile quasi irreale, difficile da poter dimenticare. Ed ora che sono in tenda e pronta per dormire penso “speriamo che domani sia una giornata meravigliosa come quella passata oggi” .
30/11
Mattinata di relax. Sveglia alle 9, colazione e doccia calda. Giretto in paese e pranzo a base di pollo ben caldo. Nel primo pomeriggio i nostri due ciclisti partono per la meta di oggi le “Torri del Paine”. Nel frattempo, visto che la macchina non serve perché la strada nel primo tratto è asfaltata, Marina, Carlo ed io smontiamo il campo, facciamo un po’ di spesa e mangiamo un ottimo gelato. Raggiungiamo i ciclisti mentre sono alle prese con una salita “infinita”. Dopo un po’ la strada torna ad essere sterrata ma per fortuna non troppo polverosa. Verso le nove di sera dopo più di 100 km. Dobbiamo fermarci e così in macchina andiamo in perlustrazione davanti ai ciclisti per trovare un riparo per la notte. Ed è proprio in quel momento che vedo un cavallo meraviglioso sul ciglio della strada: sembra selvaggio, il suo mantello colore cappuccino, massiccio e imponente, scendo e faccio una foto. Troviamo poi lungo la strada una casa in pietra dove c’è l’insegna della Polizia. La casa però è vuota e sembra abbandonata. Torniamo indietro per avvisare gli altri e ci accampiamo. Per sollevare il morale dei ciclisti e di noi che li seguiamo Marina prepara un pranzetto caldo, veloce e buono. Lei è molto brava a cucinare, considerando i pochi mezzi che abbiamo. Adesso andiamo tutti in tenda a dormire.Nonostante chilometri quadrati di steppa isolata e con quell’unico rifugio, io vado a dormire in tensione pensando che la mattina dopo può arrivare la Polizia e fare delle storie per il nostro accampamento di fortuna… (ma si può?)
01/12
Mi sveglio alle prime luci del giorno verso le quattro, sento il baccano che fanno le oche e gli altri uccelli che sono vicino alle tende poi mi riaddormento. Alle sette passate mi alzo e vado a dare un’occhiata in giro. Vicino alla casa c’è un piccolo corso d’acqua, forse per quello è pieno di volatili, alcuni non li ho mai visti. Dentro all’acqua c’è anche una carogna di cavallo, alcune pecore girano lì vicino. Aspetto che tutti si alzino poi facciamo colazione e partiamo per raggiungere il confine che divide l’Argentina dal Cile. Il vento comincia a soffiare forte e manteniamo una velocità di 10 km all’ora. La macchina ha il compito di fare da scudo ai ciclisti. In 7 ore compresa una sosta per un panino all’Hotel “Fuentes del Coyle” percorriamo 65 km. Da quando siamo partiti è l’unico punto di ristoro che troviamo. Intorno a noi è tutta steppa, ogni tanto vediamo dei condor, degli struzzi, guanachi, cavalli, mucche e molte pecore. Da lontano vediamo anche dei fenicotteri rosa, dei rapaci, oche selvatiche, una volpe , armadilli …insomma un po’ di tutto. La strada è tutta sterrata e il vento è fortissimo, per aprire la portiera della macchina devo metterci tutta la mia forza però c’è il sole che scalda e la giornata è limpidissima, il vento fa correre le nuvole cambiando continuamente il disegno del cielo. Mancano ancora 20 km. Alla dogana. Le biciclette si piegano sotto la forza del vento, lo sforzo dei ciclisti è altissimo, si vede la fatica sui loro visi. Se non ci fosse la macchina ad aiutarli penso andrebbero in senso opposto. Ci sono dei tempi da rispettare e quindi si prosegue nonostante il vento forte. Prima delle otto di sera arriviamo alla Dogana. I ciclisti sono così stremati che il sergente Mendosa, a guardia della Gendarmeria della Dogana, dopo averli visti e dopo che loro hanno chiesto di poter piantare le tende lì vicino, ci offre come riparo per la notte la “baracca cucina”, una costruzione in lamiera che per noi in quel momento è meglio di un hotel a 3 stelle. Sarebbe la loro zona cucina/ pranzo, distaccata dall’edificio della Gendarmeria. Ci offre anche dei vecchi materassi per metterci sopra i sacchi a pelo e anche dei pezzi di legno da mettere nella stufa per scaldarci (offerta questa molto grande perché tutto quello che loro hanno è razionato). Ai ciclisti, neri di polvere da non riuscire a distinguere i lineamenti, offre anche una bella doccia calda nei suoi alloggi. Intanto Marina nella baracca prepara qualche cosa di caldo ed io sistemo per la notte. Ceniamo scambiando due chiacchiere con il Sergente. Ci spiega la durezza del vivere sul confine e di come ci sia rivalità tra l’Argentina ed il Cile. Al solito il nostro ringraziamento è stato un pacchetto di sigarette di Manlio. Mi addormento con il suono del vento in sottofondo.
02/12
Partiamo dalla dogana Argentina dopo aver fatto i visti e le foto di rito. Mendosa ci chiede di spedirgli le foto e una bandiera Italiana. Ci dirigiamo verso il confine Cileno. Appena varcato il Confine di Stato entriamo in un altro mondo, come passare da un Albergo 2 stelle ad uno di 5. Tutto molto più curato e la vita meno costosa. Andiamo verso le Torri del Paine. Manlio e Pier hanno fatto 80 km. In bicicletta. Noi sempre in auto mangiando polvere e scattando foto ai guanachi ai rapaci all’arcobaleno… c’è sempre qualche cosa di sorprendente da fotografare. Ad una ventina di km. dal campeggio delle Torri del Paine ci fermiamo a fare qualche coccola ad una cagnetta che incrociamo sulla nostra strada. Di aspetto mingherlino e un po’ spelacchiato del colore della terra è in realtà molto forte e vivace. La chiamiamo “Patagonia”. Ci segue per tutti i 20 km tutti di corsa dietro alle biciclette senza mai stancarsi, tenendoci in riga come fossimo un “gregge”: se uno di noi rimane indietro lei si ferma e ci fa riprendere la marcia. Incrociando gruppi di Guanachi si diverte a lanciarsi in mezzo a loro per farli scappare. E’ rimasta con noi fino all’ora di cena, divertendoci e facendoci compagnia. Se potessi la porterei a casa. Arrivati al campeggio delle Torri inizia a piovere ma l’ambiente è bellissimo. Il campeggio è un immenso prato verde smeraldo con piante, tavoli e panche di legno, cavalli al pascolo liberi sulle sponde del torrente che è sotto di noi e davanti a noi imponenti e bellissime le cime innevate delle Torri del Paine. Montiamo le tende in posizione strategica poi ci facciamo una bella doccia calda e ben puliti andiamo a cena. In questa oasi di pace, oltre al campeggio, c’è anche un rifugio di lusso con annesso bar e ristorante. La cena è ottima, c’è un buffet di cose buonissime e con tanti dolci che assaggio e gradisco più di tutto. Spendiamo 30 dollari a testa ma ne vale la pena. Uno dei cuochi è un italiano, si sa che noi siamo sempre in tutto il mondo e che la cucina è la nostra specialità. Mentre mi dirigo alla mia umile e fredda tenda penso a com’è strano essere lì… “alla fine del mondo” e cenare con tutti gli Chef in parata in un ristorante di lusso. In tenda coperta fin sul naso dal sacco-pelo, al calduccio, qualcosa mi tocca i piedi… è un gattino nero forse cerca riparo dalla pioggia. Un’altra caratteristica che noto in questa meravigliosa e aspra Terra è come gli animali si fidano dell’uomo, non ne sono spaventati come da noi. Chiudo gli occhi sazia e felice.
03/12
Mi sveglio alle 6 , le Torri del Paine brillano alla luce del primo sole assumendo colori dorati. Lungo l’argine del torrente i cavalli pascolano tranquilli. C’è molto freddo ma lo spettacolo è fantastico. Torno in tenda a sonnecchiare ancora un po’. Più tardi ci alziamo tutti, facciamo colazione, smontiamo le tende e riprendiamo il viaggio. Patagonia, la cagnetta, ci segue ancora. Dopo un breve tratto decidiamo di lasciarla alle guide del Parco, altrimenti ci avrebbe seguiti fino alla fine del nostro viaggio. Ci dirigiamo verso l’interno. A metà pomeriggio siamo già in alto, c’è freddo e il vento è forte,inizia anche una leggera pioggia sottile ma gelida. Sotto nostra insistenza Manlio e Pierangelo decidono di fare un pezzo di strada in auto, ma solo fino alla Dogana di Cerro Castiglio, dove facciamo una breve sosta mangiando un panino e bevendo un caffè caldo. In quel punto infatti c’è l’incrocio da dove eravamo arrivati per dirigerci alle Torri del Paine. Si rimettono quindi in sella e ci dirigiamo tutti verso Puerto Natales che dista 60 km. Il tempo è ancora nuvoloso e ventoso e arriviamo alla meta verso le 10 di sera. Ad accoglierci un tramonto meraviglioso che dipinge il mare di rosa. Cerchiamo subito un posto per dormire e troviamo una pensioncina modesta ma accogliente. Il proprietario ci dice dove andare per la cena. Ci dirigiamo dove indicato. A quell’ora il paese è silenzioso e deserto. Entriamo nel ristorante mentre la cuoca è in procinto di uscire, quando ci vede entrare si toglie il cappotto e torna in cucina. Il posto è molto particolare, povero ma molto dignitoso. Sulle pareti ci sono quadri vecchi, oggetti da rigattiere e manifesti di Opere famose e anche il sottofondo musicale è un’ Opera. A quell’ora siamo gli unici clienti. Nonostante l’aria povera e un po retrò del locale, il cibo è ottimo e abbondante e il conto molto basso. Finiamo di mangiare verso l’una di notte e visto l’orario lasciamo una mancia molto alta. Torniamo alla pensione sazi e felici.
04/12 La camera della pensione ha la finestra sulla strada. Verso le 5 un gruppo di ragazzi ubriachi, mi sveglia. Decido di fare la doccia, mi vesto ed esco a passeggiare. Il gruppo di ragazzi è ancora per strada, ci sono anche delle ragazzine minorenni, una macchina della Polizia va su e giù per la via. Rientro alla pensione, il proprietario sta preparando la colazione, mi offre un Nestcafè. E’ una persona molto disponibile e chiacchierona, mi spiega che c’è stata una festa e per questo i ragazzi hanno fatto un po’ di confusione. Lui non capisce molto l’Italiano io non capisco lo Spagnolo ma continua ugualmente a raccontarmi della sua famiglia, del Cile, del suo lavoro…Sono nella sua cucina dove una grande stufa mi riscalda intanto che si scalda l’acqua del mio caffè, lui tosta le fette per la nostra colazione. La sua pensione consiste in quattro camere, una saletta colazione, la cucina e la sua camera da letto. L’ambiente è un po’ tipo il ristorante della sera precedente. Noi come sempre dormiamo nei nostri sacchi a pelo sopra i letti fatti. Bevo il mio caffè caldo e poi esco per fare un altro giretto. Il paese è molto piccolo ma delizioso. Piccole casette quasi tutte in lamiera e qualche albergo lussuoso, c’è anche un Casinò, costruito probabilmente in questi anni di boom turistico. Rientro in camera e aspetto gli altri. Dopo aver fatto colazione, caricato i bagagli e fatto carburante partiamo per Punta Arenas che dista 240 km. Sarà quindi d’obbligo fare una tappa intermedia. Il primo ristorante che troviamo sulla strada è a 66 km. Un posto molto bello di stile Coloniale con una grande stufa di maiolica davanti ad un salottino, una grande sala da pranzo con camino in pietra e salotto in pelle, finestre e porte all’Inglese, bianche e molto grandi. Pranziamo con ottimo pollo, patate fritte e verdure. Dopo pranzo, nel bagno del locale, mi metto l’abbigliamento da bicicletta e mi smetto in strada. Pedalo per 45km. Sulla strada troviamo una Estancia e decidiamo di fare tappa per la notte. Chiediamo ad un ragazzo se possiamo accamparci e lui ci spiega che la proprietaria non c’è ma se vogliamo ci possiamo accampare e ci fa segno di seguirlo. Ci porta in alto, sopra uno spiazzo vicino ad un laghetto dove pascolano dei tori. Il punto è ventoso e freddo, c’è venuto il dubbio che ci prendesse in giro. Comunque accettiamo e per sicurezza mettiamo tutte le tende vicine e la macchina a scudo. Piantiamo dei paletti e con le corde del carico facciamo una specie di recinto (noi dentro e i tori fuori !?). Il vento è gelido e per scaldarci ceniamo sul prato, riparati dall’auto, con una bella zuppa di verdura calda. Anche questa sera ammiriamo un bellissimo tramonto. Coricati nella tenda si sentono arrivare le folate di vento, adesso cerco di dormire sperando di non sentire troppo freddo e che i tori restino al loro posto.
05/12
Smontiamo il campo. Facciamo colazione in compagnia di un vento polare. Per la paura e il rumore dei tori, oltre al freddo pungente e le raffiche di vento, questa notte l’ho passata quasi insonne. Siamo tutti convinti che quel ragazzo si è divertito alle nostre spalle…. Di solito la mattina ci svegliamo tutti gonfi, sembriamo dei rospi, siamo sporchi e con la polvere ovunque. Speriamo che il sole scaldi presto l’aria. E’ sera, sono finalmente in un bellissimo letto caldo e comodo, tutto per me, in una grande camera con Manlio e Carlo. Siamo all’Hotel Plaza di Punta Arenas. Siamo arrivati verso le 17,30 dopo circa 120 km. Percorsi. Dopo essere partiti dal campo dei tori ci fermiamo appena trovato un bar per berci qualche cosa di caldo, accompagnato da una bella fetta di torta. Poco prima d’arrivare pedalo per una ventina di chilometri. Dopo una doccia calda (incredibile esperienza piacevole dopo tutto quel freddo e quella polvere…) e una sistemata ai bagagli, andiamo a cena. La luce qui è talmente prolungata nella giornata che ceniamo spesso tardi. Il ristorante è ottimo e la carne sempre buonissima e a buon mercato. Visto il futuro incerto…. ora mi metto a dormire e mi godo il mio bel letto !!
06/12
Giornata dedicata agli acquisti. Andiamo nella Zona Franca dove pranziamo al Self-Service, giretto in città e poi a cena. Dopo tanti giorni di movimento i “ciclisti” sono terribilmente annoiati, noi un po’ meno (ovvio!). Dover stare dietro di loro o fargli da scudo non è facile. Ci sono spesso tempi morti dove ci si annoia parecchio anche se il paesaggio è sempre meraviglioso. Chi va in bicicletta vive più intensamente tutto il territorio. Fare da scudo al vento è faticoso perché devi concentrarti per mantenere sempre una velocità costante, curare la strada, non causare danni ai ciclisti e quando il vento tira ai 100 all’ora e va in tutte le direzioni….non è facile. Mettiamo la sveglia alle 5,30, domani mattina bisogna preparare i bagagli e prendere il traghetto per Porvenir. Ma adesso, un’altra buona notte nel mio caldo e comodo letto 😉
07/12
Il traghetto parte alle 9,00 a salutarci dal molo un bellissimo arcobaleno. Sul traghetto conosciamo Costanza, lei vive ad Ushuaia ed ha un’agenzia turistica. Ci consiglia una pensione dove alloggiare quando arriveremo ad Ushuaia. Mentre entriamo nel piccolo porticciolo di Porvenir due delfini danzano nell’acqua. Arriviamo alle 12,00 superiamo il piccolo paese e ci manteniamo sulla costa per arrivare a Onaisin che dista 99 km. Dal molo. La strada è sterrata ma non brutta. Il vento è a favore. Si passa da sali-scendi collinari a distese di pianura immense. Il vento gioca sul mare creando piccole onde bianche sul blu intenso dell’acqua. Oggi con il vento a favore anche noi ci rilassiamo e ci godiamo il panorama. Facciamo qualche chilometro poi ci fermiamo, chiediamo ai ciclisti se hanno bisogno e poi proseguiamo un po’. Visto che il vento è a favore giunti a Onaisin si decide di proseguire. Siamo diretti verso il confine con l’Argentina, a San Sebastian. Abbiamo percorso 153 km. da Porvenir. La strada buona, il vento a favore e la bella giornata hanno contribuito ad allungare la tappa e guadagnare un giorno. Lungo la strada si fora anche una gomma, ma il morale è alto e proseguiamo per il confine. Prolungando la tappa godiamo del paesaggio nell’ora del tramonto, che è il momento più suggestivo percorrendo la strada troviamo un gregge di pecore nel recinto,una pelle scuoiata sulla staccionata mordicchiata da un gabbiano, i cani legati, il cavallo che pascola e il gaucho nel capanno che si cuoce la carne su un falò improvvisato. Scene di vita quotidiana di questa terra meravigliosa e dura. Verso sera arriviamo al confine. La solita, provvidenziale, gendarmeria. La solita richiesta. Ci lasciano accampare dietro la caserma. Il vento è forte, gentilmente ci offrono un casotto di lamiera e legno per farci da mangiare. E’ di forma circolare e probabilmente è dove loro cuociono l’asado (carne sulla brace). All’interno panche e stretti tavoli in legno disposti in modo circolare con al centro un enorme braciere. Sulle pareti scure vessilli dell’Arma. A terra c’è una grossa catasta di legna che il militare ci offre per cucinarci qualche cosa di caldo e per scaldarci. Sono sempre molto generosi e noi, infreddoliti e affamati, approfittiamo della generosità. Dopo cena ci scaldiamo attorno al fuoco e prepariamo una bevanda calda. Il fuoco serve anche per illuminare l’ambiente perché non ci sono luci, solo un enorme buco sul soffitto che funziona da camino per il braciere. La luce del fuoco allunga le nostre ombre sulle pareti nere del capanno, tutto assume un aspetto sinistro e affascinante. Io amo molto il fuoco acceso per i colori che proietta sui visi delle persone, per i giochi di luce ed ombra che crea nell’ambiente e per il calore che ci offre. Siamo sporchi e stanchi, gli altri vanno a dormire io resto davanti al fuoco finché non si esaurisce. Entro in tenda a mezzanotte, nel cielo s’intravedono ancora strisce di colore rosso fuoco del tramonto che si esaurisce in lontananza.
08/12
Il vento è forte non ho il coraggio di uscire dalla tenda, per fortuna non c’è molto freddo. Facciamo colazione poi ci dirigiamo verso il confine. Arrivati a Rio Grande pranziamo in un ristorante molto bello, tutto in legno, la Candelaria, vicino ad una missione Salesiana fondata, ci dicono, da un prete italiano. Oggi è il giorno dell’Immacolata, mentre visitiamo la Missione assistiamo alla processione della Madonnina Nera. Il tempo è nuvoloso e il paesaggio più monotono. Ci fermiamo a Rio Grande anche per la notte. Troviamo un alloggio modesto e impersonale però ha il vantaggio di avere un cucinotto dove farci da mangiare al coperto. Cena, doccia per pulirci e scaldarci e poi a nanna nei sacchi a pelo messi sopra il letto.
09/12
Partiamo da Rio Grande, la nostra meta è Ushuaia. Il vento è contrario per qualche chilometro poi però spostandoci di traiettoria il vento passa a favore. Decido quindi di andare in bici per un po’. Pedalo per 45 km. In condizioni perfette. Strada asfaltata, vento a favore, sono tutta sola non passa neppure una macchina, ballo in mezzo alla strada ascoltando musica dalle cuffie. Non ho ne caldo ne freddo, il panorama è da mozzafiato. La strada è tutta un saliscendi e in discesa arrivo ai 40 km/h. Sto veramente benissimo. Potrei continuare così per tutto il giorno ma… in Patagonia non c’è da sorprendersi, il tempo cambia repentinamente ed inizia a piovere. Mi riparo in un provvidenziale capanno che trovo sul ciglio della strada, appoggio la bici ad una pianta ed entro. C’è un giovane lavorante e un cane anche loro al riparo. In questo capanno senza porte c’è un tavolo di legno grezzo, qualche tronco che funge da panca e alcune scatole di cibo. Appena fuori, un fuoco acceso riparato dal vento con una lamiera. Dopo qualche minuto arrivano anche tutti gli altri. Chiediamo se possiamo rimanere per farci uno spuntino. Dopo 120 km. Dalla partenza troviamo un bel campeggio di fronte al lago Tolhuin (o Fagnano). Decidiamo di fermarci. Possiamo scegliere se dormire in tenda o nelle loro casette di legno. Optiamo per la casetta. All’interno c’è una grossa stufa e una gran quantità di legna a terra, un tavolo e delle panche in legno. Non c’è il pavimento, solo della ghiaia, in compenso c’è una grande finestra che guarda verso il lago. Sullo sfondo del lago la Cordigliera ha le cime innevate, l’acqua del lago è mossa così forte dal vento che sembra di essere in riva al mare, una distesa di sassolini e poi il verde del prato. Ci godiamo il tramonto dalla finestra al caldo della stufa. Mangiamo e chiacchieriamo nel nostro accogliente rifugio.
10/12
Durante la notte sbuco dal sacco pelo per vedere la luna ma vedo solo una stella molto luminosa nell’ unico momento di vero buio. Si passa dal tramonto all’alba in un tempo molto breve. La luce della notte si confonde con la luce del giorno. La sveglia questa mattina ce l’abbiamo da un topolino e un uccellino che sono finiti nella casetta con noi. A fatica esco dal calduccio del sacco pelo, la stufa ha finito di bruciar legna e l’aria è gelida. Ci ristoriamo con paste appena fatte comprate nel paesino vicino. Mentre sistemo i bagagli sull’auto mi si avvicina un cane lupo attratto dal profumo del cibo, i cani qui sono molto socievoli e affettuosi, sempre in cerca di coccole e cibo. Sono forti e intelligenti e molto autonomi. Noto che gli animali qui non hanno timore degli uomini. Si lasciano avvicinare e si avvicinano tranquilli. Dopo 43 km. Facciamo sosta alla Laguna Escondida. Ci facciamo un panino. E’ una bella giornata di sole, niente vento. La strada è sterrata e le colline intorno a noi sono coperte di alberi bruciati. Al contrario delle strade precedenti questa è trafficatissima, forse per la vicinanza di Ushuaia. I mezzi sfrecciano a tutta velocità e sollevano nuvoloni di polvere che coprono i ciclisti. Inizia un tratto di salita ripido fino al passo Garibaldi (chiamato così non per l’eroe dei due mondi ma dal nome di un operaio italiano morto su quel passo), dopo il passo inizia la strada asfaltata. Arriviamo a Ushuaia e il cielo è nuvoloso. Ora andiamo alla ricerca della pensione che ci ha consigliato Costanza sul traghetto.
11/12
Ho appena finito di far colazione, siamo alloggiati in una pensione veramente“ linda”. Casa Linarej. E’ tutta in legno. Dopo il piccolo corridoio e la scala che porta alle camere si entra in una sala enorme con salotto di pelle e tavolo da pranzo. Nel salone ci sono delle vetrate per tutta la lunghezza della stanza che guardano sul Canale di Beagle. La casa è in posizione panoramica rispetto al porto e al centro. Le camere sono calde con letti puliti e hanno il piumone, questa volta come a Punta Arenas dormiremo sotto le coperte e non nei sacchi a pelo. Il proprietario, Julio,è un tipo molto pignolo e quando ci vede arrivare con le biciclette e i bagagli tutti sporchi di polvere ha un attimo d’esitazione, temo ci dica che non c’è posto. Ci fa portare le biciclette sulla terrazza, e dopo che anche noi ci siamo ripuliti mi sembra più tranquillo. Per la cena ci consiglia la Pizzeria del Turco. Mangio il più buono e tenero filetto che miricordo. Dopo cena passeggiata con gelato al Lece (latte) ottimo e poi al calduccio nei nostri letti caldi e morbidi.
12/12
Tempo variabile, la mattina sole a sprazzi al pomeriggio nuvole e pioggia. Dedichiamo la mattina agli acquisti sulla via principale“ San Martin” e alla visita del Parco Nazionale della Terra del Fuoco. Dopo aver pranzato a panini nel pomeriggio ci dirigiamo in auto al Torrente Olivia. Facciamo una passeggiata di un’ oretta e mezzo lungo la costa. Il luogo è suggestivo: entriamo nel sottobosco e alla fine di questo ci troviamo di fronte una collina a prato color verde smeraldo, sembra una moquette, sotto a strapiombo il mare, bellissimo. A quel punto il cielo rannuvola e ci troviamo sotto una pioggia battente. Torniamo alla macchina fradici.Grondo acqua ma sono felice di aver visto quel posto stupendo. Doccia bollente, cena dal Turco, gelatino, passeggiata e poi a letto. Le nostre giornate non sono più così avventurose e così ci consoliamo raccontandoci tutte le peripezie passate nei giorni precedenti.
13/12
Mattina soleggiata, alle 9,00 partiamo con la Motonave per raggiungere il Faro di Ushuaia, il punto più a sud del mondo (a parte il Polo). Sul traghetto c’è un’atmosfera un po “retrò” vecchi sedili in pelle verde bottiglia con piccole lampade stile Liberty. Beviamo un caffè, firmiamo il libro di bordo, scattiamo fotografie ai leoni marini, ai cormorani alle foche e al faro.Verso le 12,00 siamo già di ritorno così vediamo il porto e la mostra sulla spedizione avventurosa di Shackleton in Antartide. Per il pranzo prendiamo la solita “fregatura del turista” poi aspettiamo che l’autista dell’agenzia di noleggio venga a ritirare il Peck-up. Cena dal Turco e passeggiatina digestiva con gelato prima della buona notte.
14/12
Prepariamo i bagagli, oggi si parte. Aspettiamo il taxi che ci porterà all’aeroporto. Come saluto d’addio Ushuaia ci scaraventa addosso una bufera di vento e nevischio, proprio mentre carichiamo i bagagli e ci dirigiamo all’aeroporto. Il tassista corre come un matto, le valigie sono nel cassone del furgone-taxi e quando arriviamo a destinazione sono fradice. Il nostro volo è puntuale 20,40. La bufera è terminata e le cime delle montagne di fronte a noi sono ricoperte di neve come non le avevamo ancora viste. Chissà forse le rivedrò….magari per arrivare fino a Cape Horn. Il nostro viaggio è ormai alla fine e ripenso alle fantastiche giornate trascorse, penso alle cose che rimarranno nella mia mente: i cieli meravigliosi, i tramonti indimenticabili, la steppa infinita, le cime imponenti, le lunghe distese di strada asfaltata percorsa quelle poche volte in bicicletta che mi sembravano lisce come l’olio, il calore del fuoco acceso a scaldarci le membra indolenzite, il vento incessante, la polvere su tutto il corpo. Poche macchine sulla nostra via poche persone ma cordiali e generose, la natura, tantissima, bellissima, gli animali disponibili e curiosi. Credo che quando chiuderò gli occhi tutte queste cose mi torneranno in mente e sarò felice di averle vissute così intensamente.
15/12
6,30 Buenos Aires, il pullman ci sta portando dall’aeroporto locale a quello internazionale. Arriviamo verso l’una di notte abbiamo dormicchiamo sui sedili in sala d’aspetto fino all’arrivo dell’autobus. Sobbalziamo, io non riesco a tenere gli occhi aperti dalla stanchezza. La città è immensa, ieri notte all’atterraggio si vedevano migliaia di luci, non riuscivo a distinguerne la fine. Attraversando il centro vedo grattaceli e vecchie costruzioni vittoriane, mentre in periferia palazzoni popolari e baracche fatiscenti.
16/12
Siamo in volo da sette ore sull’Airbus 340. Arrivati all’uscita del nostro volo abbiamo una sorpresa, il nostro volo delle 15,30 è il primo volo inaugurale della tratta diretta Buenos Aires – Roma (senza scali). Ci danno spille ricordo a forma di aereo e un rinfresco con cibo, bevande, musiche e danze tradizionali italiane. L’aereo è quasi vuoto e ci possiamo sedere o sdraiare dove vogliamo. Arriveremo a Roma alle 8,30 del mattino, ora locale. Da Roma prendiamo l’aereo per Linate dove i genitori di Pierangelo e Marina ci aspettano con le nostre auto. Arrivati carichiamo i bagagli nell’auto e la bici sul portapacchi, salutiamo i nostri compagni d’avventura e arriviamo verso le 13,00 in casa nostra. Siamo passati dai 33° di Buenos Aires agli 11° di Roma ai 3° di Milano. La casa è gelata ma oramai siamo abituati….
Adesso si riprenderà la vita di tutti i giorni ripensando con nostalgia a quello che abbiamo lasciato ma coscienti di essere più ricchi interiormente. Rimarranno impressi nella nostra mente i colori meravigliosi della Terra del Fuoco e nel cuore le intense e bellissime giornate trascorse insieme.