CAUCASO 2010 05/08/2010 Giovedì, il contachilometri della moto BMW GS1150 nera segna 42.058 km e piove a dirotto ed in modo cattivo quando esco dal garage di casa e continua fino a dopo aver percorso la tangenziale di Bologna fino all’imbocco dell’Adriatica, finalmente verso il mare. Sono state quasi 3 ore e oltre 200 km in cui siamo riusciti a bagnarci bene nonostante l’abbigliamento antiacqua ed i camion che sollevavano una bella montagna d’acqua. Poi il sole ed il lento diminuire del traffico autostradale fino all’arrivo al porto di Bari dopo quasi 950 km alle 19,30. Il check-in del traghetto per l’Albania è abbastanza veloce e la partenza della nave Rigel per Durazzo è prevista per le 23,00: dopo una cena squallida nel self-service della nave andiamo a dormire ben prima della partenza. Della notte ci ricordiamo solo qualche pianto di bambino e le voce concitate degli albanesi che si fanno più squillanti man mano che si raggiunge la meta finale. Sono tutti con belle automobili targate in Italia e raggiungono le famiglie per le ferie estive.
06/08/2010 Lo sbarco avviene in ritardo ed una coda all’albanese ci attende per uscire con le moto dal porto e ci conduce ai controlli doganali dei poliziotti albanesi, confusionari e con vistose uniformi piene di alamari e insegne, e con un po’ di ritardo ci apprestiamo a fare un po’ di benzina, evitare di pagare l’assicurazione della moto e dirigerci verso est con l’arrivo a Istanbul previsto tra 2 giorni. L’uscita di Durazzo è lenta e la strada è trafficata e non asfaltata, poi via verso Elbasan e la frontiera con la Macedonia attraverso lo stesso percorso dell’anno scorso, con la frontiera in mezzo ed dove un pigro doganiere albanese tenta di estorcere denaro per la mancata assicurazione ma viene rimbalzato da tutti e 4 i motociclisti. Sulla strada percorsa in Albania abbiamo notato numerosi hotel moderni appena costruiti insieme a distributori di benzina e venditori di frutta insieme ad un gruppo di zingari attivi a mendicare nel porto di Durazzo: i poveri tra i poveri ! Attraversamento veloce della Macedonia con passaggio vicino al lago Ohrid e la cittadina di Struga e poi ancora frontiera in mezzo al nulla e l’ingresso in Grecia per la prima sosta notturna nella città di Edessa a 100 km da Salonicco dove festeggiamo con souvlaki e vino locale retzina aromatizzato di resina e freddo. La notte viene passata all’hotel Alfa per 45€/notte nel centro di questa cittadina nell’estremo nord della Grecia che si è dimostrata bruttina ma accogliente.
07/08/2010 Oggi dobbiamo percorrere quasi 700 km ed arrivare fino a Istanbul dove troveremo anche Lucy che arriva in aereo da Milano Linate via Vienna ed alloggeremo all’hotel Best Western Citadel nella zona di Sultanamet. Del lungo tragitto mi ricordo solo il caldo ed il raro traffico fino alla frontiera con la Turchia. Le due nazioni sono separate anche da un fiume ed il ponte che si percorre è occupato alle due estremità da 2 soldati delle rispettive nazioni con elmetti e armati che si fronteggiano in cagnesco. Le procedure turche durano una mezz’oretta e alle 15,00 siamo dentro con le nostre moto registrate sul passaporto. Man mano che ci si avvicina ad Istanbul il traffico aumenta ed il modo di guidare di auto, pulmini, autobus, camion e grossi tir peggiora vistosamente. Su quella che indicano come un’autostrada ci sono tranquillamente fermate improvvise, inversioni a U, attraversamenti pedonali e di animali. L’ingresso ad Istanbul lo facciamo prendendo riferimento l’aeroporto ed il lungomare del Bosforo fino ad arrivare alle 19,30 all’hotel già prenotato e ricompattare i ranghi. Serata sulla terrazza di un ristorante tipico vicino al nuovo hotel Four Season ricavato dalla vecchia prigione medievale, dietro il nostro hotel e poi a letto presto stanchi, soddisfatti e curiosi per le nostre prossime mosse.
08/08/2010 Giornata senza moto, dedicata alla visita senza stress di Istanbul. Iniziamo con la moschea di S. Sofia con i 4 minareti e poi con la moschea Blu con 6 minareti, poi attraverso le viuzze storiche del bazar oggi chiuso perché domenica arriviamo ad uno dei due ponti sul Corno d’Oro dove ci sono ancora le barche che cuociono il pesce sulla piastra e lo servono nel panino agli avventori sulla terraferma e ne approfittiamo dell’immediata partenza alle 14,00 di un battello per una gita di un’ora e mezza sul Bosforo fino al ponte che collega l’Europa con l’Asia e rientriamo in tempo per andare a fare un autentico bagno turco per 40 Lt, il cambio è 1 lt = 0,5€ nella zona delle moschee. Il bagno turco è in un vecchio edificio in muratura e marmo dove energumeni tirano ciotole di acqua fresca addosso ai rari clienti immersi in vapori, e separati per sesso. C’è poi il massaggio muscolare e lo scrub, effettuato con un guanto di crine per togliere i residui di pelle. All’uscita ci si sente sicuramente più rilassati e puliti però è anche stancante. Cena “fregatura” su una delle terrazze sul Bosforo con cibo dozzinale e caro, servito male e poco digeribile nella zona della Torre di Galata dopo essere andati a vedere il Pera Hotel chiuso per restauri, nonostante un articolo sulla stampa italiana lo desse già restaurato e riaperto. Aperitivo prima sotto il ponte del pesce fritto dove hanno aperto numerosi bar e ristoranti frequentati dalla gioventù turca.
09/08/2010 Partenza alle 7,30 del mattino per evitare anche il traffico caotico delle città con i suoi taxisti pazzi che sfrecciano da tutte le parti. Attraversiamo il ponte sul Bosforo a pagamento verso Ankara ma il cartello “Welcome in Asia” non si vede, poi è solo caldo opprimente e strada noiosa fino dopo Samsun dove decidiamo di fermarci per la notte al paese di Terme in un fetido hotel stile socialista per 100Lt/notte questa volta con prima colazione, e vedere il tramonto del sole affacciati sul Mar Nero. Iniziamo a comprendere che la Turchia è veramente lunga ed estesa ed i guidatori che si incontrano completamente incoscienti. Il prezzo della benzina è di 3,46 Lire turche/litro come in Italia. La cena semplice preparata dal cuoco dell’hotel Diafana di Terme ci permette un sonno tranquillo. Le donne hanno in genere il chador in testa mentre gli uomini, senza occhiali da sole, hanno il telefonino perennemente in mano e si grattano i piedi appena possono.
10/08/2010 Si percorrono gli ultimi chilometri che ci separano dalla frontiera con la Georgia costeggiando con una strada sinuosa il Mar Nero, fermandosi a Trebisonda sotto il sole forse perché c’è qualcosa da vedere, oltre al caos della stazione dei pulmini ed altri autobus, ma ci sono solo gli sguardi curiosi dei tassisti e degli autisti in attesa dei passeggeri, poi via fino al confine di Hopa superando una lunghissima fila di tir in attesa e piazzandoci davanti al cancello che si apre a scatti fino al definitivo ingresso in Georgia. Visto gratuito e registrazione della moto sul passaporto e foto di entrambi da parte della burocrazia doganale mentre una massiccia fila di pedoni, gente che lavora all’estero, con acquisti e pacchi voluminosi rientra anche loro a casa per le ferie. La serata e la notte viene passata all’hotel Intourist di Batumi, una cittadina balneare sul Mar Nero dove povertà e strade dissestate si mescolano con la ricchezza dei macchinoni e del lusso dei nuovi hotel in stile americano. È un ex repubblica sovietica e si nota anche nel modo di fare sia degli impiegati e addetti dell’hotel e dei locali, che dall’architettura di regime. L’hotel si paga in dollari americani, la cena la prendiamo in un localone su più piani di fronte al porto, pieno di gente affannata che divora carne alla brace ed il Kaciapuri la famosa pizza al formaggio georgiana. Per un errore nelle comande ne arrivano due in più che vengono pagate ma anche regalate agli avventori dei tavoli vicini che ne apprezzano il gesto. Il rientro verso l’hotel avviene a torso nudo per il caldo opprimente e umido, tra giovinastri che bevono rumorosamente e e si godono la serata tra le fontane che spruzzano acqua a tempo di musica.
11/08/2010 Partenza intorno alle 10,00 da Batumi con l’intenzione di arrivare a Tibilisi via Gori entro sera. La strada che decidiamo di percorrere però a 50 km peggiora e rimane sterrata per quasi 150 km con passaggi impegnativi e pietre grosse, difficili da fare con le moto cariche e le passeggere dietro. Nonostante i georgiani siano piuttosto scontrosi e antipatici nei rapporti diretti, ci sono ancora i bambini lungo la strada che salutano con il sorriso quando si passa attraverso i villaggi rurali lontani dalla civiltà normale. Il mezzo di trasporto più diffuso è il pulmino collettivo e resterà tale anche in tutte le altre nazioni e regioni che avremo modo di visitare; è di solito un Ford Transit o un Fiat Ducato sempre pieno nei posti a sedere che velocemente percorre le poche strade asfaltate che collegano i vari paesi. I georgiani non parlano una parola di inglese: ci si riesce comunque ad intendere a gesti oppure con le quattro parole in russo, ricordo di viaggi passati. Il costo della benzina è meno della metà di quanto abbiamo finora pagato in Turchia. Nella giornata riusciamo quindi a fare ben 227 km fino al paese di Borjomi famoso per l’acqua minerale, venduta in tutto il Caucaso e per gli stabilimenti termali presenti nelle città. Questo è quanto detto dalla rigida guida Lonely Planet. Riusciamo a trovare posto per la notte in un hotel/ospedale per 100 US$/notte inclusa la prima colazione; è un’ottima sistemazione perché c’è la piscina termale all’esterno e la possibilità di giocare a calcio balilla(?!) mentre la cena viene servita a buffet all’ultimo piano, in una bella sala in legno con vista sulle montagne circostanti. Il personale pur non parlando una parola d’inglese si dimostra almeno sorridente. Dopo lo stremante sterrato la località termale è un vero toccasana !
12/08/2010 Attraversiamo orizzontalmente la Georgia per arrivare alla città di Gori, famosa per essere la città natale di Stalin e basta ! Situata a meno di 50 km da Tibilisi prima c’era almeno una statua nella piazza principale ma è stata tolta qualche mese fa per essere presumibilmente riposizionata nel giardino del museo dedicato al dittatore sovietico. L’ingresso è a pagamento e le sale sono tristi e male illuminate, contengono numerose foto in b/n e qualche oggetto personale oppure omaggio di qualche delegazione straniera in visita; meritevole è una statua con falce e martello in acciaio cromato, molto art decò, e la sua pelliccia invernale. In una sala finale c’è pure la sua maschera mortuaria mentre non ricordo dove sia sepolto il corpo, se ancora a Mosca o da qualche altra parte. Completa la raccolta nel giardino la casa natale in una baracca in legno e mattoni con un “tempio greco” costruito intorno per sua protezione e la carrozza ferroviaria con cui l’assassino è andato fino alla conferenza di Yalta per smembrare l’Europa e portare la sua idea di comunismo fuori dai confini della Russia, facendo ulteriori morti ai milioni già provocati dall’idea che fallirà miseramente. In un piccolo negozio all’interno del museo stesso vendono qualche souvenir con l’immagine dell’assassino ma sono molto felice e contento di non dover spendere soldi inutilmente. Riprendiamo la moto e attraversando la via principale chiamata con il nome del despota e andiamo alla volta della capitale Tibilisi. Alloggio presso l’hotel Kapela dall’altra parte del fiume Mtkvari con vista sul nuovo ponte in vetrocemento e sulla città vecchia. C’è ancora tempo per visitare questa parte della capitale georgiana, tra pochi e scarsi negozi, qualche mendicante ed il traffico sempre caotico e poco rispettoso dei pedoni e intanto cerchiamo un posto bello per la cena e lo troviamo sulla terrazza dell’hotel Kapela, dove si gode della vista sulla statua gigante della “Madre Georgia” e sulla torre della televisione, illuminata con giochi di luce, sulle mura della vecchia fortezza e su parte della città vecchia che è in parte in ricostruzione. Il menù è tipicamente georgiano anche se il vino scelto dagli amici si rivelerà secondo loro non all’altezza della sua fama, come d’altra parte per tutte le altre volte che avranno scelto il vino al posto della più sicura birra. Il cibo è piuttosto diverso da quello turco: si sentono pesantemente le origini della Russia in particolare per la presenza dello storione e del modo di prepararlo. L’iconografia ufficiale è già stata rimossa dappertutto, soprattutto nei grossi edifici pubblici lungo il viale Rustaveli in onore del più famoso poeta e bardo georgiano, che finisce proprio sotto la sua statua, vicino ad uno scomodo e inutile fast food Mc Donalds’ ed alla cabina di partenza della funivia che portava alla torre della tv ora occupata abusivamente da una famiglia con bambini, cani e bucato steso sulla cancellata. Rientro in hotel lungo il fiume e passaggio sul nuovo ponte moderno.
13/08/2010 Oggi la giornata è dedicata alle montagne della Georgia, ed Il programma iniziale è quello di percorrere l’antica strada militare georgiana che da Tibilisi porta nell’attuale Ossezia, ex repubblica sovietica all’angolo con la Cecenia ed il Daghestan, praticamente penetrando fino nel cuore della regione caucasica. Sono quasi 200 km di strada discreta tranne per 20 km di sterrato per il passaggio di un passo alpino sopra i 2000 metri di quota, fino alla cittadina di Kazbegi, famosa anche per essere una base di trekking sulle altre montagne del Caucaso. Si attraversano paesini vigliacchi e si arriva in quota dove uno strano anfiteatro in cemento con scene di storia georgiana a mosaico accoglie i rari viaggiatori ed i camionisti provenienti dall’Ossezia. Sulla strada vengono venduti barattoli di miele prodotto in modo artigianale ed affittati colbacchi in pelo lungo bianco e nero per le foto ricordo. Il confine è alla fine di una valle molto stretta, con un fiume impetuoso in mezzo che scorre sul suo letto di sassi. Non è possibile fare foto alle 4 auto che stanno attendendo che il doganiere alzi la sbarra e li faccia passare negli uffici per i controlli tra le altissime montagne brulle e con le pareti a picco incombenti su di noi. Stessa strada per il rientro con la sosta vicino a Tibilisi alla fabbrica di birra “Kinitkali” quella più diffusa, ma non ci fanno entrare. Aperitivo nel budello della città vecchia, con un sacco di locali nuovi e molto fighetti, ma desolatamente vuoti di clienti e cena in un piccolo ristorante quasi fast-food con ottime costine di manzo alla brace e birra e con un costo nettamente minore ed accettabile di quella della sera precedente. La città di Tibilisi è stata nel suo complesso abbastanza deludente per quello che ne abbiamo potuto vedere, mentre i panorami della Georgia sono spettacolari. Tramite il portiere dell’hotel di Tibilisi riusciamo a farci prenotare l’hotel Erebuni di Yerevan in Armenia e poter arrivare più tranquillamente.
14/08/2010 Attraversiamo velocemente i 60 km che ci separano da una frontiera in mezzo al nulla, nella campagna e dopo aver pagato 10us$ per il visto dell’Armenia ed aver incontrato un ciclista solitario sud-tirolese che viaggia in bici con solo un piccolo zainetto sulle spalle e con un mezzo meccanico ridotto all’essenziale, percorriamo una strada tortuosa, piena di curve e di rare auto e camion, in mezzo ad alte montagne brulle fino al Lago Sevan e la sua famosa penisola con i 2 monasteri: è lo spot immagine più famosa e diffusa di questa nazione che conta più cittadini che risiedono all’estero, in America in particolare, che in patria e che ha come simbolo il monte Ararat che però si trova in Turchia e dove le frontiere tra i due paesi sono ancora chiuse. La sosta che facciamo al lago Sevan è breve e essenziale, nel monastero si sta svolgendo una cerimonia di battesimo mentre fuori stanno faticosamente salendo le ripide scalinate una coppia di novelli sposi con tutto il corteo nuziale, elegante e con i tacchi alti, tutti felici e molto sorridenti. Sulla penisola c’è anche la villa del Presidente dell’Armenia ma non è controllata in modo ufficiale o militare; solo un paio di giardinieri curiosi delle nostre moto e del percorso che abbiamo finora seguito. Ci becchiamo pure un forte e violento il temporale estivo sulla strada di avvicinamento a Yerevan riparati solo nella sua fase finale sotto uno dei rari ponti incontrati, fino ad arrivare finalmente nella grande capitale armena. Sosta di 2 giorni all’hotel Ezeburi dietro la grande piazza della Repubblica dominata dalla galleria d’arte con le bandiere russe e armene affiancate, dall’hotel di lusso Marriot e da giardini con bar e tavolini. Nelle vie adiacenti c’è una vera e propria infinità di negozi privati, alimentari e di abbigliamento con molta gente intorno. L’abbondanza dell’offerta e gli scaffali pieni sono la prima differenza rispetto alla Georgia mentre la voglia di lavorare dei locali e di collaborare con il turista è rimasta la stessa: quasi nulla ! Supermercati alimentari ben forniti in particolare di prodotti d’importazione russi: alcolici a profusione con vodka e brandy in testa. Cena con musica locale a tutto volume in un localone della famosa barbecue street di Yerevan, sempre secondo la fetida guida turistica Lonely Planet e poi in taxi a tutta manetta verso l’hotel del centro.
15/08/2010 Ferragosto a Yerevan, la giornata di domenica estiva, con sole già dalla mattina, è dedicata alla visita della città. Iniziamo con il mercatino delle porcherie e cianfrusaglie varie detto “Vernissage” dietro l’hotel dove per 5000 amd, 400 amd = 1 €uro, acquistiamo un ascia/batticarne del periodo sovietico. È un oggetto veramente utile che dovremo portare in giro in moto per il resto del viaggio fino in Italia dove verrà sicuramente utilizzato molto nella preparazione di numerosi piatti ed altri utilizzi in cucina ! Dopo, in taxi, nonostante i taxisti qui siano quasi tutti abbastanza incapaci nell’orientamento, riusciamo ad arrivare al museo/memoriale del genocidio armeno. È una costruzione rotonda in cemento armato in parte sotterranea, ad ingresso libero con una esposizione di fotografie e libri che illustrano il genocidio perpetrato dai turchi negli anni 1910-20, con tanto di statistiche numeriche dei morti e dei deportati. C’è anche un monumento ad ago che sovrasta il complesso sulla città con sfondo il monte Ararat alto più di 5000 metri e con la cima ricoperta di neve e con la corona di nubi intorno. Nonostante la cappa di smog e caldo che sale dagli edifici e dal cemento della città, è ben visibile in direzione sud-ovest. Visitiamo un mercato di abbigliamento sotto il memoriale, vicino allo stadio del calcio e poi via verso la statua della Madre Armenia che ha sostituito negli anni ’60 una statua enorme di Stalin, con uno scarno museo all’interno, custodito da vecchie petulanti e poi a piedi fino alla “Cascata”, una grossa scalinata in marmo ancora incompleta per temporanea mancanza di fondi, con aiuole fiorite e scale mobili all’interno ed alla base la statua “Cat” e “Warrior” del colombiano Botero. C’è pure una fabbrica di cognac nel centro di Yerevan, ma nella giornata di domenica è naturalmente chiusa e non visitabile. Domani inizieremo il viaggio di rientro in Turchia, via Georgia, perché l’ipotesi di arrivare in Nagorno-Karabakh non è perseguibile per mancanza di giorni. Dovremo infatti saltare il mare e le spiagge alla fine se volessimo visitare la zona al confine con l’Azerbaijan e contesa tra i due stati. Cena finale in un piccolo ristorante dietro piazza Repubblica a base di pierogi e pelmeni ripieni in puro stile sovietico, soprattutto spendendo esattamente la metà degli altri ristoranti turistici: perché ? Finiamo la serata nella solita piazza principale dove grosse fontane spruzzano l’acqua a tempo di famosi brani musicali per l’intrattenimento gratuito di giovani e famiglie armene in questa sera di ferragosto.
16/08/2010 Sveglia presto e obiettivo di rientrare in Turchia attraverso la Georgia: 2 frontiere in un solo giorno. Lasciamo Yeveran e velocemente attraverso le colline non alte arriviamo al confine di Bavra dove in poco tempo rientriamo in Georgia e con una bella strada che costeggia un fiume tranquillo arriviamo al confine sperduto di Vale–Posaf, dove incontriamo 3 motociclisti italiani che hanno preso il traghetto Venezia-Tarsus (Siria), e attraverso la Turchia vogliono arrivare anche loro in Armenia. Dopo i rituali timbri e la registrazione della moto sul passaporto siamo di nuovo in Turchia, per arrivare intorno alle 17,00 alla brutta cittadina di Kars e aver percorso 50 km di strada con brecciolino e bitume liquido che sporca la moto in modo fastidioso fino ad futuro un lavaggio con gasolio fatto manualmente. La cittadina è particolarmente squallida, le strade sono sconnesse e polverose, ci sono negozi di telefonini insieme a quelli che vendono formaggio e miele prodotti in questa zona. Prendiamo un te in una tipica casa del te sopra il fiume inquinato da sacchetti di plastica con vista sul forte sull’unica collina che sovrasta la città e poi a cena in un ristorante famoso per le focacce prodotte da loro con la sala a forma di grotta. Da bere niente birra, non l’ha nessuno, solo acqua pura oppure te’ nei soliti bicchierini panciuti serviti sul piattino.
17/08/2010 Partenza presto dall’hotel Karavanseray, 46 Lt/notte, pulito ma spartano ed essenziale verso sud, passando vicino alle rovine di Ani, l’antica capitale armena, ma abbiamo poco tempo per visitarla quindi via verso le pendici del monte Ararat di cui si inizia a vederne il profilo e soprattutto la cima innevata. Percorriamo una bellissima strada che gira intorno a quasi metà della base del monte e che attraversa una pianura con rari pastori e ancora più rari insediamenti umani fino alla città kurda di Duguyabiz, famosa solo per il palazzo di Isha Pasha, una costruzione a 7 km dal centro, su un fianco della montagna ma con una collina di fronte che nasconde completamente lam cima innevata dell’Ararat. Siamo entrati nella regione del Kurdistan e si iniziano a notare le caserme della polizia e soprattutto della Jandarma, come fortini nelle posizioni strategiche, protette da mezzi blindati all’ingresso e da sentinelle armate. Si passa anche in mezzo ad un’area tipicamente vulcanica con i resti delle antiche colate laviche nere che risaltano sul terreno chiaro e sabbioso. La meta di oggi è il lago Van che è il più grosso della Turchia con la città omonima dove c’è anche qualche hotel per la notte. Vediamo le prime propaggini di acqua azzurra e costeggiandole arriviamo fino a Van, senza che sul lago ci siano barche o bagnanti. Traffico caotico e brulichio di persone nel centro di Van, negozi di frutta e verdura aperti fino al tramonto prima della pausa serale di preghiera imposta dal Ramadan che quest’anno cade dal 9 al 29 agosto. Cena in una sala vicino del hotel Tamara abbastanza mediocre ma almeno servono birra fresca. In giro ci sono solo uomini e ragazzi, mentre le donne sono nascoste nelle case nel puro stile mussulmano anche se siamo in una grande città, senza alcuna bandiera turca in giro. Anche la questione kurda viene affrontata con molta discrezione ed il silenzio è la migliore risposta ai nostri quesiti ai rari negozianti con cui riusciamo ad avere un dialogo. Dopo il tramonto riaprono tutt i negozi e le persone escono per la passeggiata serale curiosi di vedere le nostre compagne aggirarsi per i vicoli allegri di questa città, piena di fontane e di un piccolo museo con pezzi archeologici ritrovati nelle tombe delle vicinanze ed un’assenza della sezione dedicata ai massacri compiuti dagli armeni ai danni dei turchi ed evidenziata invece dalla sempre più inutile guida Lonely Planet.
18/08/2010 Partenza da Van e sosta per una riparazione di fortuna alla borsa posteriore della moto dei compagni effettuata da un fabbro che non ha voluto una lira turca prima di procedere sempre più a sud, verso Hakkari, la città turca più a est ed al confine strategico tra Iran e Iraq. Riusciamo infatti ad arrivare fino a 7 km dal confine iracheno prima di essere fermati e rimandati indietro dall’ennesimo posto di blocco della Jandarma che non riesce a capire la presenza di 4 turisti in motocicletta in queste zone, dove la guerriglia kurda costringe l’esercito e la polizia ad istituire dei posti di blocco fissi sull’unica strada asfaltata che attraversa montagne a strapiombo su un rapido fiume in cui fanno il bagno rari pastorelli che ci salutano quando passiamo. Il controllo e la registrazione dei passaporti e dei documenti della moto ci costringe a soste non previste durante la preparazione del viaggio effettuato a Milano, e molto gentilmente i militari quasi si scusano, comunicandoci nel frattempo i luoghi da dove loro provengono, tutti lontani da qui ed in posti che la guerriglia non l’hanno mai vista. Riusciamo ad arrivare accaldati e stanchi intorno alle 17,30 al paese di Sirnak che è anche l’unico luogo nel raggio di un centinaio di chilometri che ha un hotel e prendiamo possesso di due camere al quarto ed ultimo piano dell’unico hotel vicino alla piazza centrale, sporche e polverose ma con acqua corrente ed una curiosa e gradevole vista sui tetti e le terrazze del paese e sulle alte montagne circostanti. Aperitivo e cena nel bel locale della piazza principale con breve interruzione da parte della polizia per una perquisizione generale per tutti gli avventori, per la maggior parte gli anziani del luogo che stavano tranquillamente bevendo il loro tè serale e solo poi ne capiamo il motivo. Inizia una musica tradizionale dall’impianto sonoro nella piazza e fa il suo ingresso un autobus colorato con la bandiera del Kurdistan, verde, gialla e rossa, con un famoso politico locale ed il suo seguito per un comizio serale ascoltato da tutta la popolazione del paese che si è data appuntamento nella piazza. Dopo avergli stretto anche noi la mano ed aver rifiutato un suo cortese invito a pranzo/cena, fatto a gesti da una persona del suo seguito attendiamo l’inizio del comizio in mezzo alla piazza insieme alle donne nel costume tradizionale kurdo, balli che ricordano il sirtaki greco e qualche foto di Ocalan. Non riusciamo comunque a seguire tutto il comizio fiume dell’esponente del BMP e a malincuore andiamo a letto stravolti. Durante il breve tratto verso l’hotel riesco ad acquistare 2 keffie kurde per 5 Lt ed il proprietario ci regala 4 bottiglie d’acqua per amicizia momentanea e per lo stupore di avere 4 turisti italiani nel suo negozio. Notte rumorosa nella stanza dell’hotel con canti e urla da parte di coloro che rientravano dal comizio, corteo con tamburi elicotteri dell’esercito, cani, gatti e asini che urlavano i loro versi, saracinesche metalliche che si chiudevano e riaprivano prima dell’alba ed il muezzin che intonava le sue preghiere. 19/08/2010 Partiamo presto per costeggiare la lunga frontiera con la Siria e ci fermiamo pure nell’unico punto aperto per cercare qualche inquadratura diversa, ma il paesaggio di campi coltivati a meloni, case quadrate e polverose non cambia di molto; rimane uguale anche il caldo opprimente soprattutto nelle ore centrali della giornata. Il confine è delimitato da 2 reti metalliche e da torrette d’osservazione vuote, per decine di chilometri mentre il traffico di camion inizia ad ingrossarsi. All’ingresso di Diyabarkir una grossa base militare aeronautica ci permette di vedere sfrecciare gli aerei da caccia turchi sopra le case, mentre sostiamo vicino alle famosa mura della città in basalto nero. La frizione della mia BMW GS1150 va in panne ed organizziamo un trasporto con un carro attrezzi nell’unica officina BMW della città a 3 km dal centro e contattiamo l’assicurazione Europe Assistance stipulata in Italia. Preventivo effettuato dall’officina che non ha mai visto una motocicletta: euro 3.500, con il valore della moto usata euro 3.800 e bisogna attendere 20 giorni come tempo di riparazione. Richiedo un preventivo per il rimpatrio a mie spese della moto fino in Italia e lo avrò quando sarò già ritornato in Italia ! Gli amici proseguiranno quindi il viaggio come previsto mentre noi dovremo arrangiarci al meglio, perché ho anche la moto segnata sul passaporto e non posso rientrare in Italia senza, ed i turchi in questo ci badano molto, e non è una questione di denaro ma di loro burocrazia statale interna. Alloggio per la notte all’hotel Turistik un vero e proprio vecchio albergo in stile socialista, e durante la serata calda esaminiamo tutte le possibilità di uscire da questo impasse, a 2000 km dalla prima frontiera con l’Europa. Abbiamo anche telefonato all’ambasciata italiana a Istanbul ma incredibilmente non sapevano come aiutarmi a distanza ! 20/08/2010 Decidiamo di trovare un furgone a noleggio o un camion che ci trasporti noi e la moto insieme fino a Cesme dove c’è il traghetto già prenotato per Ancona e Lucy ha l’aereo per Milano il prossimo giovedì 26 agosto ! Con l’aiuto di un kurdo che fortunatamente parla l’inglese incontrato per caso in strada e che si fa letteralmente in 4 per aiutarci troviamo un camion che per 1.700 LT ci dovrebbe trasportare immediatamente insieme alla moto fino a Cesme, quasi 1.600 km, e previste più di 24 ore di viaggio ininterrotto. Salutiamo tutti i nostri interlocutori ed i meccanici dell’officina che ci augurano in lingua kurda buona fortuna e alle 13,00 dopo un check-up del mezzo a cui smontano, rettificano e rimontano in mezz’ora il freno ed il disco anteriore, partiamo ! Il paesaggio brullo e di noia mortale fino a Salinurfa, sempre a 80 all’ora sia in autostrada che attraversando i paesini polverosi e superando i camion che vanno più piano, la città di Adana, enorme ed estesa verso le 20,30 con una breve sosta per te ed acqua. Il nostro autista.Sulyman non spiaccica una parola in nessuna lingua, riesco a malapena ad imparare i numeri da 1 a 5 in turco: “bir, iki, urch dort e arbesh”, e li aggiungo alla altre poche frasi che conosco. Dormiamo per meno di 4 ore in un freddo pungente nel cassone del camion fatti su in una lurida coperta e nell’abbigliamento pesante da moto e poi via, sempre nel maledetto furgone a 80 km all’ora ! Dopo più di 26 ore di guida e stravolti arriviamo in vista del mare e della città di Cesme. L’arrivo all’hotel Radisson Blu, nella nuova zona di Ilica, direttamente sul mare azzurro e ventoso avrebbe meritato di essere filmato: il furgone rumoroso e colorato fermo davanti all’ingresso faraonico, i bagagli polverosi e la moto da scaricare l’autista che pretendeva subito il pagamento della restante metà della somma pattuita, l’agitazione degli addetti della sicurezza dell’hotel, ma tutto è andato per il meglio. Ci siamo dovuti fidare di un consiglio ed un aiuto di un kurdo sconosciuto, diceva di essere dell’etnia zaza, l’elite dei kurdi, e della sua contrattazione con occhio esperto con un autista kurdo di camion per un tragitto che ha attraversato più della metà della Turchia, guidando quasi ininterrottamente per più di 24 ore, fermandoci solo per bere qualche te e acqua nei distributori gestiti da kurdi, con cui socializzava. Non siamo mai stati fermati dalla polizia ma sempre guardati con curiosità ed amicizia da tutti ricevendo frutta e acqua in regalo. È facile adesso ripercorrere questa vicenda sul lettino della spiaggia dell’hotel di lusso in attesa del traghetto che riporterà a casa in Italia, ma come sembrava lontana l’Italia da Diyarbakir e come ci si sente impotenti non parlando la lingua locale ! 26/08/2010 Giovedì, dopo 4 giorni interi di mare e relax Lucy prende un taxi dall’hotel fino all’aeroporto di Izmir dove avrà l’aereo di rientro in Italia, mentre io ritrovo i compagni e con la frizione riparata in loco prendiamo un comodo traghetto che in 2 notti di viaggio dovrebbe riportarci ad Ancona. L’arrivo è previsto per sabato alle 18,00 ed abbiamo la cabina già prenotata dall’Italia. La partenza è quasi in orario la nave non è al completo e ci sono numerosi turisti italiani e francesi che rendono il viaggio meno noioso tra le famiglie turche con i numerosissimi bambini urlanti e scatenati per le scale della “Scotia Prince” una nave abbastanza piccola rispetto al percorso che deve fare: il traghetto dell’andata per l’Albania era più grande. Il tempo rimane bello per tutta la durata del viaggio e quindi riusciamo a non annoiarci particolarmente, nonostante si debbano fare delle piccole code per accedere al ristorante per la colazione con piatto misto salato compreso nel prezzo e la cena al self-service, sempre dignitoso. Conteggio finale di 48.800 km sul contachilometri a Milano à 6.742 km di viaggio in moto Spot migliori incontrati: – Istanbul: in barca sul Bosforo + il bagno turco – Strada sterrata di 150km fino a Borjomi – Serata sulla terrazza dell’hotel Kopala con cena con vista sulla città vecchia di Tibilisi – Strada militare fino al confine Ossezia/Cecenia – La “Cascata” a Yerevan con le statue di Botero – Strada panoramica intorno al monte Ararat – Il Kurdistan attraverso l’unica strada asfaltata fino ai confini con Iraq e Iran Claudio Chiumello, Milano, 29/10/2010