Alaska niente igloo al circolo polare artico

Un memorabile viaggio fra ghiacciai e natura selvaggia
Scritto da: Lucy05
alaska niente igloo al circolo polare artico
Partenza il: 08/08/2010
Ritorno il: 21/08/2010
Viaggiatori: 7
Spesa: 3000 €
Ascolta i podcast
 
Eccoci di nuovo insieme per un nuovo viaggio. Questa volta, fortunata Paola, si parte dall’aeroporto di Verona. Il viaggio durerà una decina di ore ma sarà quasi diretto. Quasi perché da Verona arriveremo a Francoforte e poi Francoforte Anchorage tutto d’un fiato. Il volo ha un ritardo di circa un’ora, ma niente paura la macchina da noi prenotata e lì che ci aspetta. L’aeroporto non è molto lontano dalla città e in dieci minuti ci troviamo già in centro in cerca di un hotel. La scelta cade su uno piccolino e di poche pretese che ci appare lì proprio di fronte a noi. Il gestore, o proprietario, è cinese e dice che non c’è posto ma ci da l’indirizzo di un altro che si trova poco lontano ed è pomposamente chiamato “Royal Suite Lodge”. Di reale non ha proprio niente, però le stanze sono pulite e i letti comodi. Sono le prime ore del pomeriggio e vorremmo vedere qualcosa della città e l’urgenza adesso è quella di liberare la macchina dai bagagli per poter girare leggeri. Sì perché bisogna dire che quando ho prenotato la macchina avevo chiesto, come extra, un porta pacchi da mettere sul tetto, ma la mia richiesta è stata disattesa e quando Silvia ha domandato, a chi di dovere, il motivo le è stato risposto che da loro non si usa. Dopo il primo attimo di panico, abbiamo incominciato a studiare la situazione e dato che la necessità aguzza l’ingegno, in breve Vanni, dopo aver riempito bene il porta bagagli, ha trovato il posto per gli altri borsoni all’interno dell’abitacolo fra un sedile e l’altro. Ecco perché non vedevamo l’ora di scaricare i bagagli, perché Maria Cristina e Paola stessero più comode all’interno del van.Certo che noi quando siamo in giro per il mondo siamo proprio come zingari. Anchorage non è una città grande e il centro è presto girato. E’ domenica e i negozi sono chiusi. Ci dirigiamo verso il ruscello in periferia dove la guida della Lonely dice che ci sono i salmoni che risalgono la corrente. Purtroppo non è così, nel senso che, è vero che ci sono dentro i famosi pesci ma non stanno risalendo la corrente semplicemente sono molto indaffarati a sfuggire agli ami dei tanti pescatori. Il posto ci ha un po’ delusi ma siamo all’inizio del viaggio e sicuramente ci rifaremo nei prossimi giorni. Dopo aver gironzolato un po’ per il centro abbiamo scelto il ristorante per la cena. Anche in Alaska, come nel resto degli Stati Uniti ,si mangia a tutte le ore del giorno e della notte perciò i camerieri non si meravigliano se ordiniamo la cena alle sei del pomeriggio. Il pasto serale sarà a base di pesce nella fattispecie di salmone e halibut. Abbiamo avuto una giornata di ventiquattro ore siamo stanchi e andremo a dormire subito dopo il lauto pasto.

Lunedì 9 agosto Alle 8,30 lasciamo l’hotel per andare verso Whittier. Nei Lodge non è prevista la colazione e il nostro è talmente basico che nelle stanze non c’è nemmeno il caffè, perciò ci fermeremo strada facendo in un bar. Poco a sud di Anchorage ci sarebbe la possibilità di vedere la marea, i frangi flutti, il mare che spinge con forte violenza l’onda fino a farla esplodere sulle rocce. Ci piacerebbe assistere a questa forza della natura, ma purtroppo avviene in orari precisi e la nostra tabella di marcia osserva tempi diversi quindi,a malincuore, dobbiamo rinunciare allo spettacolo. Girwood è il posto giusto per la prima colazione, c’è una bella pasticceria e servono anche il cappuccio come nei nostri bar. A pensarci mi viene ancora l’acquolina in bocca ricordando la bella e buona pasta che mi sono scelta, ma ancora non ci rendiamo conto delle proporzioni fra le porzioni italiane e quelle americane, Mirella e io sappiamo soltanto che per noi è troppo grande e ne avanziamo la metà. Fuori scende una pioggerellina leggera e c’è anche la nebbia. Poco lontano c’è l’osservatorio di un ghiacciaio, ma rinunciamo ad andarci perché, a causa della scarsa visibilità, non riusciremmo a distinguere niente. Ma la miniera d’oro no quella va vista, quando mai ci capiterà un’altra volta di vederne una? Imbocchiamo una stradina asfaltata che parte proprio a fianco della nostra pasticceria e finisce all’ingresso di Crow Creek mine Paghiamo il biglietto d’entrata solo per la visita, non vogliamo gli strumenti per cercare l’oro, guarderemo gli altri turisti che si improvvisano cercatori d’oro e quelli che veramente lo sono. Seguendo il percorso per arrivare al ruscello vediamo e visitiamo le casette in legno così come le hanno lasciate all’epoca i pionieri. Il paesaggio è molto suggestivo, sembra quasi di Walt Disney, tanto verde e i prati ben curati e queste casette che spuntano da sotto gli alberi e fiori spontanei e non, sì è proprio un bel vedere. Al ruscello ci sono turisti armati di scodella che raccolgono terra e sabbia dal fiumiciattolo sperando di trovarci dentro qualche pagliuzza d’oro. Ci sono anche tre ragazzi che però fanno sul serio e hanno un’attrezzatura diversa, più moderna e più veloce, chissà forse la vena non si è ancora esaurita. La pioggerellina è cessata per il momento ma lo stesso è piuttosto freddino ci fermiamo ancora un attimo ad ammirare lo spettacolo della natura e poi via verso Whittier. Per andare a Whittier bisogna passare per una galleria piuttosto lunga e a senso unico alternato. Quando arriviamo noi il semaforo è rosso e prima che diventi verde ci vorranno 30 minuti. Il villaggio è costituito da poche case e un palazzone a ridosso della montagna, al quanto fuori posto in un panorama così pieno di vegetazione. Anche qui pioviggina e c’è una nebbiolina e fa sembrare un fantasma quel palazzo obbrobrioso. All’entrata del paese ci sono due casette in legno una di fronte all’altra con cartelli che pubblicizzano le crociere nei fiordi, ci fermiamo subito a prenotare la nostra per il giorno dopo.Ci costa 155dollari a testa, non poco, ci facciamo almeno promettere che il giorno dopo ci sarà il sole, ma il proprietario dell’imbarcazione non si sbilancia e ci risponde che non pioverà. Ci diranno poi che negli ultimi tre mesi hanno visto il sole soltanto un paio di giorni.Trovato l’alloggio per la notte ci rimane il tempo per visitare il villaggio, ci viene detto che al quindicesimo piano di quella gigantesca costruzione si gode di un bel panorama della cittadina e dintorni ed è aperto a tutti. Bene a qualcosa serve anche quel palazzo perciò ci andiamo e lo spettacolo è assicurato. Scopriremo poi che all’interno c’è una piccola città dove al piano terra ci sono tutti i servizi dall’ambulatorio al supermercato alle scuole e così via, anche perché è in questo alveare che vive il 99% della popolazione locale. Per spostarsi da una parte all’altra del paese, in inverno, quando nevica così tanto, invece di spalare la neve e pulire le strade hanno preferito fare dei passaggi sotterranei da percorrere a piedi. Si cena in un tipico locale e a letto presto.

Martedì 10 Questa mattina ci si alza presto, ci aspettano alle sette i nostri marinai per la crociera. Puntuali ci troviamo davanti al loro ufficio, il pilota è già a bordo mentre il suo aiutante sta caricando le ultime cose. La barca è tutta per noi non dobbiamo dividerla con altri turisti. Partiamo sotto un cielo plumbeo ma senza pioggia, speranziosi di vedere tanti animali e il nostro primo ghiaciaio alascano. Siamo in viaggio da poco tempo quando il pilota punta il natante verso un’isola, mirtilli ci dicono, questa è l’isola dei mirtilli. Scendiamo e guardiamo in terra in cerca delle piantine, ma noi non le vediamo,allora i nostri marinai ci guidano verso delle piante a foglia larga e alte più di un metro, sollevano le foglie “et voila “ sotto ci sono i frutti e sono tali e quali a quelli delle piantine piccole sia per il colore che per il sapore. Qui ci voleva la Mary a raccoglierli….ma ce ne siamo fatte una scorpacciata anche noi. Riprendiamo la nostra crociera stando sempre allerta per scorgere qualche animale. Non si fanno aspettare tanto, infatti poco dopo vediamo dei leoni marini che pigramente e goffamente si muovono su uno scoglio, e fra loro una foca che si sta buttando in acqua. La prossima fermata è per farci assaggiare le more rosse e quelle gialle di cui non sapevo nemmeno l’esistenza.. Naturalmente ne abbiamo lasciate poche ai turisti che verranno dopo di noi.Riprendiamo il mare e, guardando verso la terra ferma, il nostro pilota avvista due grizzly, ferma subito il motore della barca e punta verso la riva dove tranquillamente stanno passeggiando i due plantigradi. I colori della natura sono splendidi,vanno dal verde brillante dei pini che si specchiano nell’acqua al grigio della sabbia al giallo senape di una specie di lichene e poi il verdino squillante dell’erbetta. Il tempo materiale di fare queste considerazioni e gli orsi sono già rientrati nel fitto della vegetazione.Riprendiamo la nostra crociera stando sempre attenti e guardandoci attorno per vedere qualche altro animale. Stavolta è la volta delle aquile dalla testa bianca. Tre magnifici esemplari di rapaci che volteggiano appena sopra di noi.Questa crociera si sta rivelando sempre più interessante e soddisfacente. La nostra prossima meta è quella del ghiacciaio Harvard e mentre ci avviciniamo scorgiamo tanti gruppi di foche che si rilassano facendo il morto a galla. Davvero uno spettacolo! Arrivati davanti al ghiacciaio ci vien fatta la solita domanda che si fa in questi casi:” Indovinate un po’ a quale distanza siamo dal ghiacciaio?” Silvia risponderà:” Un km. Siamo stati in Patagonia e abbiamo visto il Perito Moreno e anche lì, nonstante sembrasse a due passi in realtà eravamo alla distanza di sicurezza ed esattamente a un Km” I ghiacciai sono così danno l’impressione di essere lì e di poterli quasi toccare ma invece no è solo un effetto ottico. Comunque è bellissimo le sfumature dal bianco all’azzurro e dall’azzurro al celeste intenso gli conferiscono un aspetto magnifico. Ci attarderemo um po’ per ascoltare il suo rumore e vedere staccarsi pezzi di ghiaccio e cadere nel mare.Ecco la nostra crociera è giunta al termine adesso faremo il viaggio a ritroso. I nostri marinai ci hanno preparato una bella sorpresa. Evviva si mangia, l’aiutante del pilota entra nell’abitacolo con un vassoio con del formaggio piccante a cubetti, un filetto di salmone affumicato e qualche biscottino salato. Il pesce era stato affumicato dal padre del pilota, davvero una squisitezza. Alle ore 12.30 siamo già di ritorno, facciamo una capatina al bar del nostro albergo Ankor Inn (con le camere comunicanti) per una cioccolata calda e poi via che si parte per Seward. I kilometri che dividono Whittier da Seward non sono tanti e nel primo pomeriggio siamo già all’ufficio informazioni della cittadina per sapere se il momento è giusto per avvistare le balene. L’impiegata dell’ufficio ci dice che sono state viste la settimana scorsa e che adesso non se ne vedono più forse un orca ma niente altro. Allora niente uscita in mare domani. Abbiamo cercato un B&B e lo abbiamo trovato per 5 persone noi siamo in 7 però c’è un salotto grande pieno di pelli di orsacchiotti sia a terra che a parete e due divani con dei morbidi cuscini. Cri ed io mettiamo per terra i cuscini a mo di materassi e dormiremo lì.

Mercoledì 11 Alle 7 ci alziamo, la cittadina è carina ma l’unica cosa che ci può interessare è l’acquario anche se poi si è rivelato un po’ deludente, comunque una volta visitato il suddetto partiamo per Talkeetna. Alla guida c’è sempre Vanni a nulla sono valse le nostre continue richieste di cambio, a lui va bene così. La nostra intenzione è di fermarci a Girwood per il pranzo e così sarà. Paola ordina un panino perché non ha tanta fame noi invece che abbiamo una fame media prendiamo una pizza a testa con gusti diversi. In USA esistono sempre due taglie per tutte le cibarie, solitamente la medium e la large, noi chiediamo com’è la grandezza dell’una e dell’altra e dalla descrizione fatta decidiamo per la medium. Mari ed io prendiamo la pizza Margherita e ce la servono poco dopo già tagliata a spicchi, otto per la precisione, è una sola e viene messa fra me e lei, rimaniamo a bocca aperta perché non riusciamo a capire; se è per tutti è poca e poi come la mettiamo con gli altri gusti richiesti? D’altra parte se è per uno solo è un’enormità, una piazza d’armi di roba, non ci resta che aspettare e vedere cosa succede. Poco dopo arriva un’altra pizza e questa volta è ai funghi e la cameriera la posa sul tavolo fra Silvia e Cristina e poi un’altra ancora per Vanni e Mirella. A questo punto ci rendiamo conto che è inteso proprio una a testa e subito cerchiamo di rimediare al fatto chiedendo di fermare l’ordinazione, ma niente da fare ormai la catena di montaggio è partita e non si può più fermare. Peccato sprecare tanto ben di Dio e allora che fare? Chiediamo di impacchettarci le rimanenti e non ci resta che sperare che nel prossimo B&B ci sia il micro onde. Siamo fortunati, al Susitna River Lodging il forno c’è e mettiamola così non dovremo preoccuparci di scegliere il ristorante per la cena.A proposito e il panino di Paola? Naturalmente era un filone americano taglia large tanto che la metà l’ha lasciato sul piatto. E’ una bella casetta in legno immersa nel verde con tanto di balcone, l’interno è un piano con il soppalco, i posti letto sono sei ma la signora ne aggiunge uno di sopra in modo di rimanere tutti insieme. Staremo alzati fino alle undici a chiaccherare e poi tutti a nanna. Giovedì 12 Il cielo è bigio e c’è anche un po’ di nebbiolina, non è una giornata per volare. Vanni, Silvia, Mari, Paola e Cristina vogliono andare sul ghiacciaio e vanno alla reception per prenotare il volo, ma tornano indietro tutti mogi mogi, ciò vuol dire niente passeggiata sul ghiaccio, troppo poca visibilità, pazienza, Mirella ed io avevamo già detto di no in partenza perciò la delusione ci viene evitata. Talkeetna è un villaggio famoso per gli alpinisti scalatori sia locali che forestieri, di riflesso molto famoso è anche il cimitero dove, su una parete sotto una tettoia, sono elencati tutti i nomi di uomini che hanno voluto sfidare la montagna e che hanno perso la scommessa.Certo leggendo l’età dei temerari vien spontaneo dire:” Ne valeva la pena?” evidentemente sì dato che ancora ci sono persone che lo fanno. Lasciamo il cimitero e andiamo in un supermercato a prendere qualcosa per accompagnare le ultime fette di pizza rimaste. Finalmente riusciamo a finire le famose pizze di Girwood, non si può dire che non sia buona ma fare tre pasti di seguito con lo stesso alimento insomma non è il massimo. Con la padrona di casa siamo d’accordo che consumeremo il pranzo e poi lasceremo la casetta. La prossima meta sarà Carlo creek . Questo è l’unico alloggio che avevo prenotato via internet perché vicino al parco Denali ed essendo agosto c’era pericolo di non trovare posto. E’ un ostello e ci ha riservato una casetta tutta per noi aggiungendo un letto. Silvia ed io entriamo alla reception per le procedure del caso, l’impiegata cerca e ricerca sul computer ma non trova il mio nome, io ho in mano la copia e gliela porgo. Mi son sentita sprofondare quando ci ha risposto che la prenotazione parte da domani per due notti. Dove ho sbagliato? I conti son presto fatti, a Seward avremmo dovuto stare due notti invece di una , ma visto che le balene se ne sono andate non aveva più senso fermarci e quindi siamo partiti subito e abbiamo così recuperato un giorno. Nell’ostello non c’è posto per questa notte allora l’impiegata ci suggerisce Carlo Creek Lodge proprio qui a fianco e fortunatamente lì il posto c’è. I miei compagni di viaggio mi hanno perdonato la distrazione e tornato l’entusiasmo andiamo all’entrata del parco Denali e prenotiamo la visita per l’indomani. Siamo costretti a prendere l’autobus perché le macchine non possono entrare, ma sicuramente è meglio in quanto, in questi casi, chi ha la peggio è l’autista. Che meraviglia questa sera si può andare al ristorante e scegliere quello che si vuole, finalmente la pizza è finita. Alle nove tutti a letto. Venerdì 13 Oggi è venerdì 13 ma noi non siamo superstiziosi, la giornata promette bene è la prima volta che in cielo vediamo un po’ di azzurro e far capolino il sole. L’autobus che abbiamo prenotato parte alle 7,30 proprio all’entrata del parco e noi arriviamo in largo anticipo, meglio così. Fra andata e ritorno sono più di Km100 e il capo linea sarà Eielson. Ci viene spiegato che l’autobus andrà lentamente e chiunque avvisti degli animali lo deve dire a voce alta in modo che l’autista si possa fermare. La vegetazione è composta per lo più da pini molto diversi da come siamo abituati a vedere noi. Questi sono poveri di rami, hanno il fusto di una circonferenza scarsa da dove partono i radi e corti rametti, non sono fatti per fare ombra, niente a che vedere con i nostri maestosi abeti, ma qui il clima è molto diverso. Ci sono anche molti spazi aperti, prati verdi dove è possibile vedere, quando ci sono, gli animali. Il primo che ci fa l’onore di farsi osservare è ancora l’aquila dalla testa bianca, ma poi caribù, alci che attraversano la strada, lupi che si rincorrono, orsi così agili nonostante la pesante corporatura e poi la capra bianca di montagna….che meraviglia!!! A Eielson ci fermiamo per un’ora a consumare il frugale pranzo. C’è l’area apposta per il pic nic, il tempo si mantiene bello però l’aria è freschina, in fondo siamo in Alaska non ci si può lamentare. Oggi è il compleanno di Vanni e come solito Paola ha portato la torta per festeggiarlo, le candeline un’altra volta, comunque alla sera avrà anche un regalino da parte nostra e direi pittosto simpatico. Scaduto il tempo della pausa pranzo, risaliamo sull’autobus e facciamo il percorso a ritroso e ancora incontreremo animali anche se la più parte della gente incomincia a sonnecchiare. Alle quattro del pomeriggio finisce il tour e soddisfatti andiamo verso il nostro ostello. Mio Dio che delusione….Da come lo aveva descritto la guida della Lonely ci dava l’impressione di uno shalet tipo quello di Talkeetna ma senza bagno, invece qui in pochissimi metri quadri sono incastrati 7 posti letto, impossibile girarsi, bisogna fare a turno, e pensare che dobbiamo passare due notti…. Pazienza noi abbiamo spirito di adattamento però un po’ di malinconia ci viene, almeno a me sicuramente. Meno male che usciamo a cena almeno entreremo nella nostra casettina assolutamente solo per dormire. Proprio di fronte a noi c’è un locale dove si può mangiare, non è il massimo ma noi non abbiamo la puzza sotto il naso e ordiniamo macho nachos e,tanto perché siamo masochisti, una pizza large da dividere. E’ stata una giornata piena e soddisfacente, siamo stanchi e allora tutti a nanna.

Sabato 14 Si rientra nel parco Denali è una bella giornata limpida e si riesce a vedere bene il monte Denali che in realtà si chiama Mc Kinley. Questa volta si va a piedi e scegliamo un sentiero poco impegnativo, infatti costeggia la strada asfaltata perciò non è molto in salita, ma lo stesso Paola ad un certo punto dice basta e si ferma mentre noi proseguiamo, anche perché ormai il traguardo è poco lontano. Ci sono i cani da slitta nei vari recinti uno più bello dell’altro e alla fine, in una cuccia, c’è mamma husky con i suoi cuccioli. Ecco questi sono gli unici animali che abbiamo visto oggi, speravamo in un alce o caribù invece niente, ma è subito spiegato, in pratica non ci siamo riusciti a stare zitti nemmeno un attimo. Paola invece, essendo tornata alla base da sola, è riuscita a stabilire un contatto, se non proprio un dialogo, con uno scoiattolo. Lo abbiamo appurato guardando le foto che ha scattato. Ormai si è fatta l’ora del pranzo e nella struttura all’entrata del parco c’è un ristorante e ordiniamo lì. Halibut si chiama il pesce che ordino e mi piace tantissimo, l’unico neo è il fatto che lo cucinano sempre allo stesso modo cioè impanato e fritto. Lì nei dintorni c’è anche un museo ed è l’opportunità per avere un’idea precisa delle dimensioni degli animali perché sono veri ma imbalsamati. E’ troppo presto per tornare al nostro tugurio e allora decidiamo di fare un giro in macchina fino alla casetta dei rangers dove c’è la sbarra che indica che da lì in avanti è vietato l’accesso alle macchine. Questa volta siamo più fortunati, due alci ci attraversano la strada come se fosse la cosa più naturale del mondo, sembrano due cavalli un po’ cicciottelli ma con delle corna magnifiche. Ci attardiamo un po’ nell’alveo del fiume quasi in secca, è una bellissima giornata ed è bello starsene fuori a godersi il sole. Stasera vogliamo trattarci bene e andremo nel ristorante di un albergo-villaggio. E’ bello ogni tanto far un tuffo nel comfort…. E la mia cena sarà zuppa di pesce. Adesso possiamo tornare anche al nostro tugurio perché ormai per noi è ora di andare a dormire. Come precedentemente detto tutti in stanza non ci si riesce a stare e allora Vanni e io siamo sul terrazzino dove si trova una brandina piegata e una sedia proprio vicina alla staccionata. Abbiamo tutti e due lo stesso pensiero, sederci sulla sedia, Vanni è più veloce di me, per fortuna dico adesso. Infatti un attimo dopo comincia a urlare, agitarsi e dibattersi come un forsennato, e noi lo guardiamo senza capire, poi vediamo uscire da un foro del legno delle vespe.Mi spiace tanto per Vanni che sicuramente ha sofferto ma se fossi stata io al posto suo forse non sarei qui a scrivere questo diario. Incomincio a credere che il destino esiste perché la mia allergia agli imenotteri sicuramente non mi avrebbe fatto nessuno sconto. Anche se è ancora chiaro per noi è ora di dormire…e buona notte a tutti.

Domenica 15 Oggi partenza per Fairbanks, i chilometri non sono tanti, infatti arriveremo all’ora di pranzo. Qui la temperatura è decisamente cambiata in meglio e non ci sembra neanche vero che possiamo stare a mezze maniche. Decidiamo di andare subito al ristorante e dopo alla ricerca di una sistemazione per la notte. Entriamo in un Pub perché è l’unico locale di ristoro che vediamo nei dintorni e prendiamo posto ad un tavolo abbastanza grande da starci tutti. Si avvicina il barman tutto sorridente e gioioso e ci chiede cosa vogliamo ordinare ,e quando noi gli diciamo che vogliamo mangiare, corruga la fronte e ci risponde che l’unica cosa commestibile che ha sono degli amburger surgelati. No problem noi ci adattiamo a tutto!!! Non siamo lontano dal centro, di fronte al Pub c’è una graziosa chiesetta con vicino un bel parcheggio dove abbiamo lasciato la macchina e a piedi andiamo in centro. Facciamo un giro e già individuiamo il posto dove andremo a visitare le sculture di ghiaccio, ma adesso bisogna trovare l’alloggio. Cerchiamo un B&B che per noi è la soluzione migliore, sono più accoglienti e con trattamento familiare ma dopo due che hanno detto di no decidiamo di andare da quello consigliato dalla Lonely e cioè al Rose Mary. Come diceva la guida il proprietario in effetti è molto gentile e premuroso, e noi diciamo fin troppo perché non avevamo ancora deciso per il sì che lui,sapendo che l’indomani saremmo andati al Circolo Polare Artico, aveva già preso in mano il telefono per chiamare in aeroporto e prenotarci il volo. La casa è bella e l’atmosfera molto familiare con promessa di colazione super ma la sistemazione non è delle migliore nonsotante ci abbia ceduto la sua stanza. Alla fine decidiamo per il si perché ci è passata la voglia di andare alla ricerca di un altro e poi alla fine è riuscito a sistemare le stanze in un modo migliore. Finalmente usciamo dalla casa per andare a visitare i musei ma oggi è domenica e sono chiusi è aperto invece il locale dove si possono ammirare le sculture di ghiaccio. Prima di visitare le opere d’arte ci viene spiegato qualcosa che solo Silvia ha capito in quanto era in un inglese molto stretto e poi un filmato dove si vede come tagliano i parallelepipedi di ghiaccio e come vengono trasportati e poi lavorati e via di seguito. Finalmente possiamo vedere le sculture. Sono un po’ delusa in quanto mi aspettavo un lavoro fatto da poco mentre si vede benissimo che è da un po’ che girano queste figure perché hanno assunto una forma molto arrotondata e trasparente. Mi è piaciuto di più la dimostrazione pratica dell’artista quando ha scolpito un uccellino sul ramo, il tutto in pochissimi minuti. Adesso andiamo a visitare il Parco all’entrata della città poi a cena per poi tornare qui a vedere il filmato dell’aurora boreale. Naturalmente, come potevamo immaginare, anche il parco è chiuso nel senso dei locali perché il cancello è sempre aperto infatti entriamo e facciamo un giro all’interno e ci rendiamo conto che siamo soli. Il filmato dell’aurora boreale è magnifico, con dei colori e fotografie a dir poco stupendi. Dicono che da adesso in avanti è possibile vederla dal vivo e noi, o meglio le mie compagne di viaggio che si alzano di notte per fare plin plin, hanno promesso che caso mai la vedessero ci avrebbero chiamati, ma non è mai successo….pazienza.

Lunedì 16 Stamattina il pensiero è tutto rivolto all’abbigliamento da indossare perché oggi andiamo al Circolo Polare Artico ma prima abbiamo il museo dell’Università da visitare. Ci incontriamo tutti dopo la ricca colazione e sembriamo dei palombari. Tutti chiusi dentro le nostre giacche, felpe, pile e sopra pantaloni anti vento, Mari addirittura per essere più sicura ha riempito, quasi da farlo esplodere, il suo zaino di altri indumenti. Siamo tutti d’accordo sul fatto che, essendo vestiti a cipolla, è meglio toglierci qualche strato di abbigliamento e portarcelo via perché adesso fuori ci saranno quasi 30°. Il museo dell’Università è abbastanza interessante e fuori è una giornata stupenda. Arriviamo in anticipo all’aeroporto ma va bene così, infatti dobbiamo comprare il biglietto ed essendo in sette ci vuole un momentino. C’è chi paga per due chi per uno, l’impiegata è andata in tilt tanto che alla fine son rimasta fuori io, qualcuno a sua insaputa ha pagato anche per me, ma i conti son presto fatti e Cristina sarà rimborsata. E’ arrivata l’ora e finalmente si parte, saliamo sull’aereo e siamo solo noi. Il pilota ci chiama uno per uno e ci fa sedere in base al peso. La sera prima il nostro ospite dettava per telefono all’impiegata della compagnia aerea il nostro nome e relativo peso, molto probabilmente il nonnino è abituato a una cosa del genere perché la bilancia ce l’ha lì a portata di mano e ci ha spiegato che chi supera un certo peso paga il biglietto doppio, noi non siamo fra quelli. Ci sarà uno scalo tecnico a Coldfoot per fare rifornimento e sarà a circa metà percorso, dall’alto cercavo la neve sulla cima delle montagne più alte e più lontane ma non ne ho vista. Sicuramente anche a Silvia sarebbe piaciuto godersi il panorama dall’alto ma purtroppo il suo stomaco non glielo ha permesso e meno male che a bordo ci sono sempre i sacchetti. Adesso scendiamo tutti perché deve fare benzina e con grande sorpresa scopriamo che la temperatura non è quella che ci aspettavamo di trovare, qui non fa ancora freddo e rimaniamo a maniche corte. Riprendiamo il viaggio e guardando giù si vede lo spettacolo della natura: fiumiciattoli che solcano il terreno di mille sfumature di verde, specchi d’acqua di tutte le forme e misure, montagne vestite del colore estivo e l’anti estetico serpentone dell’oleodotto ma niente neve. Dopo circa un’ora atterriamo ad Anaktukva, il villaggio degli Eskimesi. Niente neve, ghiaccio e nemmeno igloo, c’è un signore che ci aspetta per farci da cicerone e noi scendiamo dall’aereo vestite con una felpina leggera. Sono proprio una manciata di case in legno ma nel loro piccolo hanno tutto persino un museo dove fanno vendita delle maschere fatte da loro, sono piccole ma costose e dato che sono anche bruttine nessuno di noi è interessato all’acquisto. Una cosa che balza subito all’occhio sono le loro strane macchine, hanno otto ruote e non hanno lo sterzo ma pare che siano l’ideale sulla neve, perché almeno in pieno inverno la neve arriva e con la neve anche l’orso bianco è per questo motivo che tengono tutti il cane, perché avvisino il padrone del pericolo. Come già detto è una bella giornata e una bella temperatura, davvero sembra strano di essere al Circolo Polare Artico, ma è così e a testimoniarlo è il timbro che al museo ci hanno fatto sul passaporto ma non solo, certo non è come siamo abituati a immaginare gli Eskimesi ma questa è la realtà, dicono che qualcuno di loro in montagna ha ancora l’igloo, anche loro come gli indiani pellerossa si sono aggiornati e l’unica cosa che rimane ancora sono i loro tratti somatici. La visita è finita e non ci resta che salire sul nostro aereo e ripartire. Come per l’andata anche al ritorno ci fermiamo a Coldfoot per il rifornimento ma stavolta ci va male si è rotta la pompa della benzina, prova e riprova ma non c’è niente da fare, il nostro pilota chiama soccorsi ma lo stesso non riescono a farla funzionare, cercano di tranquillizzarci dicendo che non c’è assolutamente da preoccuparci ma il tempo passa e non riescono a risolvere il problema. Qualcuno ci porta da bere e dei pasticcini poi, prevedendo che non si risolverà così subito, ci fanno salire su un minivan e ci portano al villaggio lì vicino dove c’è anche la toilet. Sono ormai le sette quando torniamo all’aereo tutti speranziosi, per fortuna tutto a posto hanno usato la pompa di un’altra compagnia. La cosa che ancora adesso mi fa sorridere è il fatto che il nostro nonnino ha chiamato in aeroporto per sapere cosa fosse successo dato che ancora non eravamo tornati a casa. Abbiamo mangiato in un ristorante lì vicino e siamo andati subito a letto.

Martedì 17 Oggi ce la prendiamo comoda, andiamo verso Valdez ma ci fermeremo a circa metà strada per la notte perché i chilometri sono tanti. Poco fuori Fairbanks c’è la casa di Babbo Natale e una sosta va fatta non foss’altro che per vedere le renne e poi i lampioni fatti come i bastoncini di zucchero, ma naturalmente c’è anche un grande negozio e chi più chi meno tutti ne approfittiamo per comprare qualcosa. Ripartiamo e a mezzogiorno ci fermiamo a Delta per il pranzo. Arriviamo nel pomeriggio inoltrato a Paxon, un villaggio di quaranta anime che però vanta un B&B e un lodge piuttosto grande. Chiediamo prima al B&B che ha tanti bangalows disseminati nel verde, ma niente da fare dovevamo prenotare, pazienza andremo al lodge anche se non ci ispira tanto. La facciata esterna non è certo invitante, un tempo sicuramente il legno era di un bianco omogeneo, adesso è scrostato in diversi punti. Il cortile dell’ingresso lascia molto a desiderare in quanto mal tenuto con erbacce e oggetti in giro da tutte le parti. A me viene già il magone, ma saliamo la gradinata che porta all’entrata e vediamo il resto. Per un attimo ho pensato di aver sbagliato e di essere entrati nel magazzino del lodge perché sulla soglia in terra c’è un foglio di cellofan trasparente e in un angolo un secchio di plastica bianco della pittura, là dove finisce il cellofan c’è un pezzo di linoleum incollato a terra con del nastro isolante poco più avanti sulla destra un paio di metri quadri di moquette marrone bruciato sporco e il resto un altro tipo di linoleum. Sono lì lì per scoppiare in lacrime quando mi accorgo che non è finita, infatti quando ci avviciniamo al banco, ad accoglierci c’è un uomo con una maglietta strappata che in origine doveva essere di colore azzurro ma adesso fra una patacca e l’altra si nota solo lo sporco e là dove tira sul pancione le macchie sono più evidenti. Silvia chiede se ha le stanze e il buon uomo sorride lasciando vedere una grande finestra proprio davanti, gli incisivi li ha persi e forse a causa di ciò non si riesce a capire che lingua parli, ma ci viene anche in mente che forse è anche un po’ duro di orecchi perché a Silvia fa sempre ripetere due volte. Le stanze comunque ci sono per tutti e già mi viene l’angoscia al pensiero di come le troveremo. Qui mi sbagliavo perché sono in ordine e pulite, almeno dormiremo tranquilli. Il tempo materiale di sistemare i bagagli e senza darci appuntamento ci troviamo tutti alla reception. Vanni ha le chiavi della macchina in mano e dice:”Andiamo”e noi;”Dove? Lui di rimando:”Non vorrete rimanere qui a cena!!!” Allora anche i miei amici la pensano come me….Stiamo per uscire quando un “cameriere???”dalla pelle scura con un solo occhio ci saluta e noi rispondiamo proprio nel momento in cui il barman ci passa davanti e notiamo la faccia storta causata da paresi e la cecità di un occhio!!!! Dio mio non se ne salva uno! Via via che andiamo. Io sono quasi sicura che non ci sia niete altro prima di Valdez in quanto avevo consultato la guida quando ho preparato l’itinerario ma mi faceva comodo sperare che ci fosse, ma non è così infatti dopo aver fatto un po’ di chilometri dobbiamo proprio arrenderci e tornare indietro. Dio che malinconia!!! E’ presto e nessuno ha voglia di andare subito al lodge dell’orrore e allora prendiamo per una stradina sterrata per vedere dove porta. Dopo qualche chilometro vediamo una grande estensione di mirtilli sulle piantine a cui siamo abituati noi e tutti indistintamente ne facciamo una scorpacciata. Mirella ed io ci attardiamo un momento mentre gli altri sono già in macchina e nel momento in cui decidiamo per il basta Mirella vede fra gli alberi due alci mamma e figlio. E’ proprio un bello spettacolo. La cena la consumeremo al lodge, non c’è alternativa ma nonostante tutto il cibo è buono a maggior ragione trattandosi di spaghetti.

Mercoledì 18 Molto volentieri ci allontaniamo dal Paxon lodge anche se, per dirla tutta, in fondo abbiamo mangiato e dormito bene. Oggi non abbiamo fretta possiamo prendercela con comodo e goderci lo spettacolo della natura. Di traffico non ce n’è, tanto che un gruppo di uomini sono in mezzo alla strada a chiaccherare senza problemi. Da lontano si vede il ghiacciaio del Worthington e già cominciamo a fotografarlo e continuiamo a farlo fino quando gli siamo proprio davanti. Niente a che vedere con l’Harvard però anche lui nel suo piccolo ha il suo fascino. Riprendiamo la strada per Valdez ammirando sempre il miracolo della natura finchè ad un certo punto ci rendiamo conto di essere in un canion. Sembra che le alte montagne si siano spaccate in due per fare in modo che noi potessimo passare in mezzo, strano non mi fa paura la cosa anzi mi sento quasi protetta. Appena fuori la montagna ci regala una bellissima cascata che finisce a delta. Siamo quasi vicini alla meta quando leggiamo un catello dove parla della risalita del fiume dei salmoni, naturalmente ci fermiamo e ci avviciniamo al torrentello ma al momento non capisco perché mi sembra che l’acqua sia in ebollizione, poi guardando meglio vedo i salmoni tutti indaffarati intenti alla risalita ma malgrado lo sforzo non ci riescono, uno addirittura è stato pizzicato da qualcuno perché gli si vede la carne rosa, certamente sarà stata l’aquila che è lì a poca distanza appollaiata su un ramo. Sono le tre del pomeriggio che arriviamo a Valdez e ancora non abbiamo pranzato, appena trovato l’alloggio andiamo verso il mare e parcheggiamo la macchina, ci guardiamo in giro un po’ e vediamo un ristorante poco lontano. Qui sono sempre aperti per cui entriamo e ordiniamo. Vicino al ristorante c’è l’ufficio dove si possono prenotare le crociere e noi non perdiamo tempo per cui finito il pranzo ci appropinquiamo e scegliamo la nostra crociera per l’indomani. Con grande soddisfazione, visto che siamo in sette e quindi siamo un gruppo,ci fa lo sconto del 10% e non è male se calcoliamo che il biglietto costa euro 150 a testa. Siamo a metà pomeriggio e abbiamo giusto il tempo per visitare il museo, poi un giretto in città e la giornata la finiamo con la cena e poi a letto.

Giovedì 19 Ci si alza presto perché dobbiamo essere al molo un’ora prima di partire. Stavolta non è possibile andare con una barchetta, oggi si va con il battello, questo significa che non potrà avvicinarsi più di tanto agli animali, del resto non c’è la scelta. La giornata è bellissima il cielo è azzurro che più azzurro non si può però l’aria è freschina e a maggior ragione quando il battello sarà in movimento e poi comunque il caldo l’abbiamo lasciato al nord. Sull’imbarcazione oggi non ci siamo solo noi naturalmente e oltre a qualche cane sciolto c’è un grosso gruppo di vecchietti arzilli che arrivano dalla California. Io penso che quando si è immersi nella natura si deve stare il più possibile in silenzio per entrare in simbiosi con quello che ci circonda. Allora perché la signora pilota continua a strillare al megafono? Ad un certo punto la chiacchierona urla ancora di più e allora ci guardiamo intorno perché sicuramente deve aver avvistato qualcosa, infatti vediamo su uno scoglio un orsetto nero che, seduto comodamente, ci sta osservando. Non deve averci ritenuti abbastanza interessanti perché dopo qualche minuto, un po’ annoiato, si ritira nel fitto del bosco. Più tardi sarà la volta di un’aquila dalla testa bianca e poco dopo quella di due leoni marini che si sono impossessati di una boa. Sì è proprio generoso di animali il Prince William Sound. Quello che maggiormrnte mi diverte è osservare le foche che, in totale relax sdraiate sulla schiena, galleggiano nell’acqua lasciandosi cullare dalle onde. Hanno la testolina fuori dall’acqua, le pinne caudali leggermente staccate l’una dall’altra e con le estremità puntate verso il cielo tanto da sembrare due piedi, sono davvero divertenti. Di foche e leoni marini ne abbiamo visti davvero tantissimi, ma l’orca è proprio la prima volta che la vedo ed è proprio bella, nera con le grosse macchie bianche e si muove nell’acqua con una grazia tale da sembrare una ballerina sul palcoscenico. Quello che mi dispiace è il fatto che della balena abbiamo visto solo lo sbuffo, abbiamo aspettato un po’ per vederla riemergere ma non ci ha dato questa soddisfazione, pazienza…. La motonave sta rallentando e tutta la gente si sposta sulla destra perciò deve esserci qualcosa di interessante. In quel tratto di mare ci sono una miriade di iceberg di un po’ tutte le forme ma di piccole dimensioni che però si estendono per chilometri e alla fine c’è Sua Maestà il Columbia Glacier. Purtroppo a causa di questa estensione di blocchi di ghiaccio non possiamo avvicinarci al famoso ghiacciaio, perciò ci accontenteremo di osservarlo da lontano, mentre invece qualche chilometro dopo possiamo ammirare il Meares Glacier che non è male neanche questo. Qui Mari e Vanni fanno a gara, come si fa con le nuvole, a cercare figure nelle forme del ghiaccio. Oggi si pranza a bordo, nel biglietto era compreso anche questo e al ritorno un po’ prima di arrivare al porto ci servono per cena una zuppa da scegliere fra quella al pesce e quella di verdura. Paola, Mirella ed io eravamo già a posto ma pensate che Silvia e il resto della compagnia fossero davvero sazi? Noooo e allora tutti al ristorante e ci sono riusciti a far cadere il mio proposito di stare un po’ leggera. Anche questa giornata è stata una grande giornata e soddisfatti ce ne andiamo a dormire.

Venerdì 20 agosto Oggi è l’ultimo giorno di vacanza ma in realtà per noi è già finita perché questa giornata ci serve per avvicinarci all’aeroporto. Da Valdez ad Anchorage ci sono circa Km.250 non sono tantissimi però è meglio partire alle 8,30. Durante il viaggio ci fermeremo un paio di volte una per, come dice Vanni, una sosta idraulica e bere una cioccolata, l’altra per il pranzo e in questa occasione ho potuto assaggiare la mitica torta di nonna Papera il famoso “pie” una specie di crostata con marmellata di mirtilli. Era talmente buona che intanto che scrivo ho l’acquolina in bocca. Ad Anchorage arriviamo nel primo pomeriggio e ci mettiamo subito alla ricerca di un alloggio. Giriamo un po’ ma ci sembrano tutti fuori di testa, prezzi alle stelle per delle stanze che sono niente di speciale. Dopo aver passato un po’ di hotel ci arrendiamo e torniamo al nostro Royal Suit Lodge che ci accolgono molto bene. All’arrivo essendo domenica i negozi erano chiusi, ma oggi è venerdì per cui non ci sono scuse che tengano quindi via agli acquisti….. Come sempre chiudiamo la giornata con la cena e poi a nanna. Sabato 21 Oggi giornata triste, bisogna ritornare a casa, ce la prendiamo con comodo perché l’aereo parte alle 14,30 e la macchina va restituita alle 11,30 e l’aeroporto è a 10 minuti dalla città. Ci fermiamo a far colazione in un bar che vanta un ottimo caffè espresso e un altrettanto spettacolare cappuccino. In effetti sono molto buoni a maggior ragione sapendo che siamo in Alaska e non a Napoli. In aeroporto come solito a Maria Angela viene il magone e nesuno è sufficientemente entusiasta del ritorno a casa da aiutarla a tirar su il morale. L’unica è cominciare a parlare del prossimo viaggio.

Curiosità

Ore di volo 10 Fuso orario -10 ore Moneta dollaro 1Euro 1,27 dollari Compagnia Condor Costo volo Euro 1210 Km percorsi 2600 Costo totale Euro 2600



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche