Viaggio in Terra Santa

Il più classico degli itinerari natalizi, tra Israele e Palestina
Scritto da: goku
viaggio in terra santa
Partenza il: 09/09/2010
Ritorno il: 16/09/2010
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
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Gerusalemme, Betlemme, Nazareth, il Lago di Tiberiade, Jericho, il Mar Morto, Masada, Qumran, nomi mitici, luoghi mitici, un’infanzia passata ad immaginare questi luoghi e oggi da persona adulta un sogno che si avvera, dove il desiderio infantile di visitare i luoghi Santi si è trasformato in curiosità storica archeologica di poter vedere e toccare con mano i resti di antiche civiltà. Passeggiare per i vicoli in pietra di Gerusalemme (la città più santa, più desiderata e ancor oggi più contesa del Mondo) e “annusare” la storia passata, entrare nella Grotta della Natività di Betlemme dove è nato Gesù Cristo che volenti o nolenti ha influenzato la vita su questo pianeta per i successivi duemila anni, toccare le poche rovine di Jericho la città più antica del Mondo, sono solo alcuni dei motivi che mi hanno spinto ad effettuare questo viaggio… Le controindicazioni, legate alla situazione politica, con lo spauracchio terroristico, non mi hanno fermato e giovedì 9 settembre parto alla volta della Terra Santa. GIOVEDI’ 9 SETTEMBRE Partenza da Milano Malpensa alle ore nove e dopo tre ore e mezzo di volo atterro all’aeroporto Ben Gurion di tel Aviv. Dopo aver superato abbastanza agevolmente (cinque minuti di interrogatorio…) i controlli doganali ed aver ritirato il bagaglio (servizio rapidissimo), esco finalmente dall’aeroporto. Pur essendo giovedì, quindi in teoria giorno feriale, il servizio degli autobus per Gerusalemme non è attivo. Scopro infatti, che oggi in Israele, si festeggia il Rosh HaShanah (il Capodanno ebraico) e di conseguenza i servizi pubblici sono tutti fermi! Ripiego quindi su uno sherut, una sorta di pulmino collettivo, che per 55 shekel (circa 11€), in meno di 45 minuti mi porta sino all’ingresso dell’ostello che mi ospiterà per le prossime quattro notti (New Palm Hostel nella parte araba di Gerusalemme, a due passi dal Damascus Gate). Dopo una veloce rinfrescatina, mi lancio subito alla scoperta della città attraversando la pittoresca Porta di Damasco. Le stradine piene di persone e di odori, tipiche di un paese mediorientale (sono nella parte araba della città…), mi conducono,in circa dieci minuti, quasi senza volere, all’ingresso del Muro Occidentale (o del pianto). Superati i controlli di rito, mi ritrovo a tu per tu con uno dei simboli più rappresentativi della città e luogo santo per eccelenza della religione ebraica. Il Muro è diviso in due zone distinte per uomini e donne e per avvicinarvisi è necessario indossare la kippah (una sorta di papalina). La cosa che colpisce di più, per un occidentale arrivato come me da poche ore in città, è senza ombra di dubbio la “fauna umana” che s’incontra e soprattutto il loro “stile” d’abbigliamento: persone con cappelli neri a larghe falde, con lunghi cappotti neri (la temperatura è intorno ai 30°), ragazzi con barba e lunghi riccioli laterali (peyot), donne vestite in modo castigato, anziani con “gigantesche” Torah portate a due braccia e così via…mi avvicino al Muro con molta circospezione e rispetto, quando ad un certo punto uno di questi “personaggi” si rivolge a me in yiddish, porgendomi lo shofar, un corno rituale che viene suonato nelle occasioni di festa, invitandomi a suonarlo!. Declino gentilmente l’offerta, spiegandogli in inglese che non sono propriamente un fervente ebreo ma un semplice ,e per giunta tiepidissimo, cristiano. Lascio il “gentile amico ortodosso” e mi dirigo all’interno di un’apertura laterale del Muro dove passeggio in mezzo a decine di credenti che recitano salmi ondeggiando la testa e il corpo a tempo con la recita della preghiera difronte ad un’altra zona (questa volta al coperto) del Muro. Esco da questa specie di grotta e uscito all’esterno, mi dedico alla lettura di un manuale di archeologia, cercando di individuare le zone descritte. Dopo una buona mezz’oretta lascio definitivamente la zona del Muro e mi dirigo attraverso le bellissime stradine del quartiere ebraico ad uno degli ingressi della Spianata delle Moschee, controllato da militari israeliani, armati di tutto punto. Vengo fermato (e questo sarà solo il primo di tanti stop…), interrogato (sono mussulmano?) e alla mia risposta negativa, allontanato…. Chiedo quando mi sarà “concesso” entrare da “non mussulmano” e i soldati rimangono molto sul vago: forse domenica mattina dalle 7.30 alle 11 o forse lunedì mattina….non lo sanno bene nemmeno loro… “affogo” la mia delusione in un buonissimo hummus accompagnato da una spremuta di freschissimo melograno (Mitz Rimon) in un piccolo locale sulla Chain street (Friends Restaurant), quindi riprese le forze, mi dirigo verso il Santo Sepolcro. Sono le sei di sera, ma la gente in giro (quasi esclusivamente pellegrini) è veramente tantissima. La Basilica sorge in mezzo ad altri mille edifici, che la circondano, quindi non trasmette quell’immagine di sacralità e maestosità che ci si aspetterrebbe da un luogo così importante per la religione cristiana, ma è all’interno che, secondo me, si esprime la reale “forza” di quest’edificio. Appena entrati, si trovano nell’ordine: frontalmente la Pietra dell’Unzione, a destra la ripida e angusta scaletta in pietra che conduce al Calvario con il Golgota e a sinistra il vero e proprio Santo Sepolcro con una fila infinita di persone in attesa di entrare. Nonostante le critiche lette qua e là prima della partenza sulla bellezza di questo luogo, devo dire che a me non è affatto dispiaciuto. E’ senza ombra di dubbio un insieme un po’ confuso e di non facile lettura (per intenderci non è come entrare in una classica chiesa italiana), ma visitandolo con molta calma e magari più volte, come nel mio caso, si apprezzano sicuramente le peculiarità di questo misterioso e mistico luogo di culto cristiano. Sedersi nella penombra, inebriandosi del profumo dell’incenso e della cera delle centinaia di candele, pensando che a pochi passi da te ci sono nell’ordine: il luogo della crocifissione, della deposizione e della sepoltura di Gesù Cristo, il luogo per il quale sono state combattute le Crociate, il Sancta Sanctorum della religione che volente o nolente ha accompagnato e formato la nostra gioventù, è un’esperienza indescrivibile ed emotivamente molto intensa. Giro ancora per una decina di minuti all’interno della Basilica per visitare le parti “meno note” (la Cappella di Sant’Elena, la zona delle cosidette “colonne danneggiate”, la Cappella d’Adamo, il Carcere di Cristo, ecc), tralascio, almeno per oggi l’ingresso al Sepolcro (troppa fila) ed esco sul piazzale, dove mi siedo ammirando al tempo stesso la facciata (che poi è un lato…) della Basilica e le centinaia di fedeli che si apprestano ad entrare. Lascio la zona e mi dirigo all’incrocio fra Habad st. E St Mark’s Rd. Dove c’è una scaletta di metallo che conduce ai tetti della città. Passeggio in perfetta solitudine saltando da un tetto all’altro, con il Monte degli ulivi e la Spianata delle Moschee a destra e il Santo Sepolcro a sinistra, sbirciando ogni tanto dalle grate, la vita che scorre nei vicoletti sottostanti. Attendo il tramonto seduto, gustandomi ogni singolo istante, quindi ridiscendo nel caos del Quartiere mussulmano e trascinato da una fiumana di persone raggiungo la Porta di Damasco. Mi fermo un’attimo presso un ambulante per un altro succo di melograno, quindi faccio ritorno in ostello. Scopro intanto che stasera si festeggia la fine del Ramadan. L’atmosfera per le stradine che circondano l’ostello è frizzante, banchetti di dolciumi, luci che illuminano a giorno il quartiere, fumo che si alza dagli improvvisati banchetti che cucinano spiedini alla brace, bambini che si rincorrono urlando, adulti che euforici si lanciano in improbabili danze con altrettanto improbabili rapper arabi a far da colonna sonora….insomma un gran casino, che tocca l’apice intorno alla vicinissima Porta di Damasco, dove il solo camminare diventa un’impresa titanica!!!! Riesco con difficoltà ad uscire dal quartiere arabo e appena superato un confine immaginario, entrando nel quartiere cristiano piombo nel silenzio più totale, con le strade vuote e nessuno (ma proprio nessuno!!!) in giro. La mia prima necessità è cenare, allora provo con un locale straconsigliato da tutti, l’Armenian Tavern, nell’omonimo quartiere Armeno, ma purtoppo vengo “rimbalzato” in quanto:“…the kitchen is closed..” (alle 21.30!!!!), allora ripiego su una shisha (o narghilè) con tè alla menta in un locale vicino al Jaffa Gate. Passo un’ora a fumare, programmando al tempo stesso, guida alla mano il programma per i prossimi giorni. Intorno alle ventitrè, lascio il locale e dopo un breve passaggio sui tetti, mi ri-tuffo nella bolgia dantesca del “mio quartiere”, dove la festa , se possibile è ancora più scatenata di prima. Mi fermo in un banchetto dove per soli 10 ILS (2€) mi gusto due spiedini di carne, ammirando al tempo stesso la “fauna locale” divertirsi nei più svariati modi…oltre al fumo dei banchetti di cibo che invade le strade, ci sono anche ammaestratori di serpenti che offrono per pochi spiccioli foto con pitoni agli estasiati bambini e bellissimi pappagalli tropicali posti sulle spalle di ragazzi e ragazze eccitatissimi… Intorno a mezzanotte decido che è venuto il momento di terminare questa prima intensissima giornata a Gerusalemme e mi dirigo in ostello per la notte. VENERDI’ 10 SETTEMBRE “Accompagnato” per tutta la durata della notte dai clacson delle macchine, dalla musica delle bancarelle e dal vociare delle persone che ancora all’alba si aggirano per il quartiere, mi sveglio (si fa per dire ovviamente…) e dopo aver bevuto un veloce tè alla menta, mi dirigo, attraverso la Porta di Damasco prima e il suq arabo poi, in direzione del Quartiere Armeno per visitare la Cattedrale di San Giacomo. Giunto all’ingresso, mi viene comunicato, però, che la Cattedrale è visitabile solo durante la funzione pomeridiana delle tre…azz che iella…ancora una volta “rimbalzato” Mi rimetto in moto e attraversando i vicoli deserti del Quartiere cristiano, decido di fare tappa al Santo Sepolcro per provare ad entrare nel Sepolcro, ma, a sorpresa, la chiesa nonostante siano “appena” le 7.30 è già strapiena di centinaia di pellegrini che formano una fila ancora più lunga di quella di ieri!!! Esco con le “pive nel sacco”, sconfitto per l’ennesima volta dai “pellegrini” e dopo aver percorso a ritroso parte della Via Dolorosa, visitando le prime sei “stazioni”, mi dirigo verso il capolinea degli autobus arabi appena fuori dal Damascus Gate in Sultan Saleyman st., dove salto a bordo del n° 75 che in meno di 10 minuti mi conduce in vetta al Monte degli Ulivi. La mia visita incomincia con la, per me, “troppo moderna” e trascurabile Chiesa dell’Ascensione e prosegue con la cosidetta Chiesa del Pater Noster, che come indica il nome, sorge nel luogo ove si presume che Gesù abbia recitato la famosissima preghiera. Carino il chiostro, molto bella la grotta, un po kitsch, sempre per i miei gusti ovviamente, l’idea di riempire l’intera struttura della traduzione della preghiera in centinaia di lingue/dialetti (c’è pure il piemontese!!!!). Lascio la chiesa, continuo la discesa e svoltato l’angolo magicamente mi si apre davanti un panorama mozzafiato, una vista stupenda, la classica cartolina di Gerusalemme, con l’intera città che si staglia ai miei piedi, e la dorata Cupola della Roccia che spicca in mezzo al bianco delle mura e degli edifici della città vecchia. Mi fermo in contemplazione per dieci minuti a distanza di sicurezza dai pullman dei turisti che sono tutti fermi presso un view point ad alcune centinaia di metri di distanza. Gerusalemme vista dal Monte degli Ulivi è un qualcosa di indescrivibile, senza ombra di dubbio uno dei più bei panorami mai visti in vita mia… Scendo lentamente la stradina che si snoda sul fianco della collina, fermandomi per alcuni scatti all’interno del gigantesco cimitero ebraico dove centinaia di bianchissime tombe, ricoperte di pietre, sembrano ammirare la città… Una veloce visita alle Tombe dei Profeti, ma solo dall’esterno, mi conduce alla successiva tappa e cioè la Chiesa del Dominus Flevit, da dove si ha un’altra prospettiva di Gerusalemme, con una vista veramente deliziosa. Scendo ancora e arrivo alla Tomba della Vergine. Sembra di entrare agli “inferi”: dalla luce accecante dell’esterno, scendendo un’ampia scalinata illuminata fiocamente da decine di lampade in ottone, si arriva al sepolcro, dove si ritiene fosse stata sepolta la vergine. Devo ammettere che quest’atmosfera cupa e misteriosa mi colpisce e la stessa chiesa con la sua strana struttura “sotteranea”mi trasmette sensazioni positive, uno dei luoghi più affascinanti del mio viaggio…. “Risalito” in superficie, visito ancora la Basilica delle Nazioni (trascurabile) e l’Orto del Getsemani con degli ulivi giganteschi e molto vecchi… si dice addirittura che alcuni di questi alberi abbiano più di duemila anni e che di conseguenza siano stati presenti al momento del tradimento di Giuda e del successivo arresto di Gesù….si dice!!!!..ma non ci metterei la mano sul fuoco….comunque è bello crederci…. Lascio la zona del Monte degli ulivi e “rientro” in città attraverso la bellissima Porta dei Leoni, faccio un tentativo molto blando di entrare alla Spianata delle Moschee, ma vengo per la seconda volta “rimbalzato” dai militari israeliani che mi dicono che “forse” potrò entrare domenica mattina alle sette….vedremo…. Seguo, questa volta nel senso giusto, parte della Via Dolorosa, visitando la Cappella della Flaggellazione (interessante) e il Monastero dell’Ecce Homo, quindi mi dirigo verso la Porta di Damasco e mi fermo a mangiare un buonissimo shawarma d’agnello (kebab) in un locale che definire“spartano” è eufemistico. Dpo un veloce “stop & go”in ostello per farmi una veloce doccia, mi rituffo nei vicoli della città vecchia e raggiungo la cattedrale di San Giacomo, dove finalmente riesco ad entrare assistendo anche a parte della funzione di rito armeno. La cattedrale è molto carina e la funzione molto “particolare”, con preti incapucciati e una liturgia molto coinvolgente. Lascio la chiesa e inizio a girare per il complesso Armeno, una zona delimitata da porte in legno che vengono chiuse al tramonto, isolando la zona dal resto della città. Al contrario di quello arabo, questo è un quartiere veramente tranquillo e molto pulito, un’oasi di pace all’interno di una città “impegnativa” come Gerusalemme!!! Attraverso stupendi vicoletti, percorsi da strani personaggi (monaci armeni incappucciati, ebrei ortodossi con lunghi cappotti e giganteschi copricapo d’ermellino, ecc) sbuco nella zona del Cardo romano in pieno quartiere ebraico. Le vie lastricate di questo quartiere, completamente ricostruito negli anni cinquanta, sono pulitissime e molto pittoresche. Partendo da Hurva sq., una simpatica piazzetta ricca di verde, centro nevralgico del quartiere, nell’ordine visito: il Cardo Maximus (sono rimaste solo alcune colonne con qualche mosaico), la Rothschild house (carina) e la Casa bruciata (d’epoca romana rimasta sepolta per secoli…interessante). Lasciando la zona, ammiro dall’alto per l’ennesima volta il Muro Occidentale, scattando alcune foto della zona da una prospettiva molto particolare, quindi, attraverso il quartiere mussulmano e “vado incontro” alla “famosa” “Via Crucis” del venerdì, dove una decina di frati con alcune croci portate a spalla, ripercorrono le ultime tappe della vita di Gesù, seguiti da centinaia di pellegrini. Da credente “molto tiepido”, mi limito ad osservare il passaggio della processione per alcune stazioni e rimango colpito da alcune cose: per prima la presenza invasiva di decine di soldati israeliani con mitra e fucili a tracolla che “scortano” i frati e i pellegrini e in secondo luogo l’atteggiamento irriverente e straffottente dei giovani arabi che prendono in giro e ridono indicando le persone che pregano. Fatte queste considerazioni, abbandono la processione e raggiungo in solitudine l’ottava stazione della Via crucis e successivamente il Monastero etiopico, che ospita alcuni monaci (ovviamente etiopi) che vivono in mezzo alle rovine di un chiostro medievale sul tetto del Santo Sepolcro. La vista di un monaco etiope che legge seduto su uno sgabello in legno in un angolo appartato del tetto, è un’altra di quelle immagini di Gerusalemme che rimarranno per sempre impresse nel mio cuore, avendomi trasmesso una pace e una tranquillità fuori dal comune. Dal tetto, attraverso una piccola porticina del Monastero etiopico scendendo lungo alcune cappelle dedicate alla Regina di Saba, sbuco da una porticina a lato dell’ingresso principale della Basilica del Santo Sepolcro. Già che ci sono, decido di provare per la terza volta ad entrare nel Sepolcro, ma anche questa volta va buca, troppa fila….rinuncio e dopo un giretto all’interno della Basilica, torno sui “miei” tetti ad ammirare la città dall’alto. Mi rilasso per mezz’oretta, quindi faccio ritorno in ostello. Devo programmare l’escursione in Palestina e Mar Morto di domani. Con altri due ragazzi conosciuti in ostello decidiamo di cercarci un driver privato, in quanto l’escursione gestita dell’ostello è troppo cara (50€ a persona) e le altre trovate in giro per la città lo sono ancora di più (dai 75€ a salire). Alla fine con un altro ragazzo che si aggrega in extremis, dopo una contrattazione estenuante, ovviamente gestita dal sottoscritto….riusciamo a spuntare 25€ a testa per un “tour”che toccherà Jericho, Qumran, Masada e il Mar Morto, partenza alle 7 e ritorno alle 19 (dodici ore). Messa a posto la situazione escursione, vado a cenare nella zona del Jaffa Gate e intorno alle ventitrè sono già a letto, domani sarà una giornata impegnativa!!!! SABATO 11 SETTEMBRE Una premessa: la scelta del sabato come giorno per questa escursione, è stata una scelta ponderata, dettata dal fatto che il sabato in Israele è un giorno festivo, ma non come da noi la domenica, ma molto, molto peggio!!! Chiudono tutti i negozi, gli autobus non circolano e i musei sono “sbarrati”, quindi le alternative sono poche e mi è sembrata una buona idea by-passare il problema del giorno festivo andando con una macchina privata (di un arabo ovviamente…) a visitare alcuni dei luoghi più interessanti e conosciuti della zona. Alle 6.50 “rendez-vous” con gli altri ragazzi in sala colazione e dopo un orribile caffè solubile, scendiamo in strada, dove alle sette, incredibilmente in orario, contro tutte le mie previsioni di ritardo millantate anche ai miei compagni di viaggio, sbuca dal caotico traffico del Damascus Gate il nostro driver. “L’allegra combricola”comprende oltre al mitico driver palestinese Barakan, il sottoscritto, una ragazza colombiana, un ragazzo danese e uno di El Salvador. Usciamo dal traffico caotico della città e all’improvviso ci ritroviamo in una zona desertica dove avvistiamo anche alcune tribù di beduini accampate ai bordi della strada con i loro cammelli. Il driver ci fa anche notare, non nascondendo il suo rancore, gli insediamenti dei coloni israeliani di Ma’ale Adumin, vera e propria testa di ponte di Israele nei Territori Palestinesi e motivo scatenante di molte proteste a livello internazionale fra i due popoli. Comunque superata questa zona dal paesaggio lunare caraterizzato da tonalità verdi e bianche simili al gesso che cedono progressivamente il posto a montagnole sfumate di marrone, entriamo nei Territori Palestinesi (posto di blocco alla buona…) e ci fermiamo a Jericho. Per chi non lo sapesse Jericho è ritenuta la città più antica della Terra (5000 a.C). Anche se oggi rimane poco o niente dei “bei tempi andati”, Jericho si presenta come una piccola cittadina (20mila ab.), molto tranquilla e stranamente (per essere una città araba…) rilassante. Visitiamo, condotti dal “patriota” Barakan, che non fa altro che pubblicizzare le bellezze della Palestina, prima l’albero di Zaccheo, un sicomoro di 2000 anni che ricorda un episodio del Vangelo, quindi il Palazzo di Hisham (a voler essere precisi bisognerebbe dire le “rovine del Palazzo”, visto che dell’originale rimane ben poco). Il caldo è già impressionante e il clima desertico del sito unito al fatto che ci troviamo a ben 260 mt. Sotto il livello del mare (s.l.m), rende la visita un’agonia….del sito mi hanno lasciato un bel ricordo, il Mosaico con l’albero della Vita e il complesso delle terme per il resto niente di eccezionale… Risaliamo in macchina e dopo una pausa ai tavolini di un bar dove ci riforniamo con tè alla menta, acqua e spremute di melograno, saliamo in cabinovia e raggiungiamo il Monte della Tentazione che come dice il nome è il luogo nel quale si pensa che Gesù resistette alla tentazione del diavolo…noi oggi invece dobbiamo resistere “solo” al caldo infernale! La vista dall’alto è molto interessante, mentre il sito in se, non mi suscita particolari emozioni. Scendiamo nuovamente a “valle” e dopo una veloce visita alle poche rovine dell’antichissima Jericho (chiamata Tel es-Sultan), saltiamo a bordo della macchina e ci dirigiamo a Qumran. In meno di venti minuti raggiungiamo l’ingresso del sito dove nel 1947 furono ritrovati i famosi “Rotoli del Mar Morto” e dopo la visione di un filmato introduttivo di dieci minuti in una saletta con l’aria condizionata “a bomba”, iniziamo la visita del vero e proprio sito. Le grotte dove furono ritrovati i Rotoli, non sono visitabili e comunque anche se lo fossero state, per raggiungerle sarebbero state necessarie alcune ore di cammino (fra andata e ritorno), che con queste temperature sarebbero equivalse ad una lenta e dolorosissima agonia sotto il sole cocente….. Noi ci limitiamo a visitare con Barakan che ci fa da guida (sorprendentemente competente…) le rovine dell’insediamento della setta degli Esseni (i compilatori dei Rotoli), facendo frequenti pause per rinfrescarci alle varie fontanelle sparse per il sito. Terminata la visita decidiamo di fermarci a pranzare al self service del complesso (buon cibo e prezzi molto ragionevoli). Intorno all’una partiamo verso Masada. La bellissima strada che costeggia il Mar Morto, “esalta” le doti di guida di Barakan, che con una macchina che definire vetusta e scassata è farle un complimento, si lancia a folle velocità in sorpassi suicidi zigzagando a destra e a sinistra. Il tutto accompagnato da uno stereo che suona “a bomba” musica da discoteca anni 90 inframezzata da ballate arabe con donne urlanti e pifferi molesti…. Arriviamo miracolosamente sani e salvi ai piedi di Masada, salutiamo il nostro amico palestinese e dopo la visione di un breve filmato sulla storia del sito, saliamo in vetta con la funivia (il sentiero del Serpente chiude in salita alle 10 a causa del clima torrido!!!!). Masada simbolo e gloria d’Israele è un luogo veramente eccezionale. Arroccata su una montagna desertica che domina il Mar Morto, questa antica città rappresenta oggi per tutti gli israeliani il simbolo della resistenza dei loro antenati ai Romani. Non mi dilungo nel descrivere il sito, ma segnalo alcune cose imperdibili: in primo luogo la vista che si gode dall’alto: semplicemente stupenda, spaziando dalle montagne della Giordania, al Mar Morto fino al deserto di Giuda, quindi il bellissimo Palazzo settentrionale di Erode costruito su tre terrazze, i mosaici del Palazzo Occidentale, la cisterna dell’acqua e infine la “mitica” rampa romana. Per godere appieno della visita infine due consigli: oltre a documentarsi bene sulla storia di Masada ed avere una buona guida, portatevi un cappello e un buon paio di scarpe da ginnastica, la temperatura infatti è altissima (sui quaranta gradi) e il sito è tutto un sali e scendi su sentieri in terra battuta con pochissime zone d’ombra. Segnalo infine la presenza di molte fontanelle d’acqua in vetta e di ottimi cartelli illustrativi. Intorno alle 16.30 lasciamo esausti Masada e ci dirigiamo verso Ein Gedi sul Mar Morto per il tanto agognato bagno…cambio volante del costume (ma volendo ci sono anche degli spogliatoi) e siamo subito in acqua….la sensazione è a dir poco strana….si galleggia senza far nessun movimento ed è praticamente impossibile nuotare…l’acqua è calda e salatissima ed infatti bisogna fare attenzione a non bagnarsi gli occhi altrimenti son dolori….già che ci siamo ci cospargiamo anche dei famosi fanghi del Mar Morto che troviamo in una pozza a lato della spiaggia e ci divertiamo a fare le “scontatissime” foto ricoperti di fango o mentre galleggiamo leggendo il giornale… Ci godiamo la vista dei monti della Giordania con il sole al crepuscolo, galleggiando a pancia in su, quindi dopo quasi due orette di sollazzo, facciamo l’ennesima doccia ristoratrice saltiamo in macchina e con alla guida un Barakan “Schumacher” più “esaltato” del solito, percorrendo la strada che costeggia il Mar Morto a velocità folle (160Km/h), con il solito stereo che diffonde musica araba a tutto volume, in meno di un’ora siamo nuovamente a Gerusalemme!!! Sani e salvi ma ancora sotto shock per il rischio corso, salutiamo il driver, ringraziandolo per la piacevole e soprattutto “tranquilla”giornata passata assieme. Saluto anche i miei compagni d’avventura (partono stasera per Eliat….) e dopo un veloce cambio abiti, scendo a mangiare presso un ristorantino arabo posto vicino all’ostello. Una veloce navigata in internet e intorno alle ventidue mi sdraio….domani l’ultimo giorno a Gerusalemme… DOMENICA 12 SETTEMBRE Anche stamattina mi sveglio piuttosto presto. Mi gusto sdraiato sui divanetti dell’ostello un tè alla menta quindi mi dirigo attraverso i vicoli del Quartiere Mussulmano, verso l’ingresso della Spianata delle Moschee. Nei giorni precedenti mi era stato comunicato dai soldati posti ai varchi che questa mattina dalle 7.30 potevo entrare. Ovviamente arrivato al posto di controllo vengo per la quarta volta rimandato indietro, alle mie proteste con richiesta di spiegazioni, le risposte dei soldati si fanno ancora più maleducate e minacciose del solito, ma la prossima volta non tornerò indietro…promesso…. “Ripiego” sul Muro Occidentale dove infilo due preghierine negli anfratti posti fra le pietre, quindi torno nella zona araba di Gerusalemme dove alla stazione degli autobus prendo il n° 21 per Betlemme. In meno di un’ora sono a Beit Jala (un sobborgo di Betlemme) e da qua, nonostante le avances dei tassisti, raggiungo a piedi in circa dieci minuti la Piazza della Mangiatoia, centro nevralgico e storico della piccola cittadina palestinese. Nonostante sia domenica mattina, in città non c’è un’eccessiva confusione. La prima tappa è ovviamente la Basilica della Natività (la più antica chiesa ancora in funzione -326 d.C-), internamente spoglia, con una porta d’ingresso (Porta dell’Umiltà) piccolissima è una chiesa, nella sua semplicità, di una bellezza stupefacente. Approfitto della funzione in corso per scendere nella Cappella della Mangiatoia, dove una stella d’argento a quattordici punte, circondata da lampade d’ottone, candele e drappi dorati, indica il luogo preciso dove nacque Gesù. Sono in perfetta solitudine, anche perchè tutti i pellegrini sono a messa nella zona soprastante e mi godo per cinque minuti questo luogo magico e fatato senza il classico e fastidiosissimo vociare dei turisti… Risalgo in superficie e dopo un’occhiata al resto della Basilica, esco all’esterno e mi dirigo alla Cappella della Grotta del latte, dove secondo un’antica tradizione la roccia bianca nella quale è scavata questa cappella aiuterebbe le donne nell’allattamento e aumenterebbe la fertilità di chi ne ingerisca un frammento….non avendo bisogno di nessun “aiutino” divino di questo genere…do una veloce occhiata alla Grotta quindi mi “lancio” nell’esplorazione del suq intorno a Pope Paul IV street. Le scene sono quelle tipiche di un qualsiasi mercato arabo, con bancarelle, caos e sporcizia. Mi fermo nella zona della parte alimentare del mercato dove dall’alto di una terrazza mi godo il via via delle persone sorseggiando l’ennesimo tè alla menta. Dall’alto ho una prospettiva privilegiata del suq e mi rilasso sorseggiando il mio tè e leggendo. A malincuore intorno a mezzogiorno lascio quest’angolo di pace, mi rituffo nel suq e ritorno in Manger Sq. Dopo un’ultima occhiata dall’esterno della Basilica della Natività con relative foto, prendo un taxy e dopo una sosta al nuovo obrobrioso Muro divisorio, per alcune foto, arrivo al checkpoint per rientrare in Israele. Un lungo corridoio delimitato sia lateralmente che in alto da sbarre d’acciaio, conduce al vero e proprio blocco. Le persone si accalcano in fila e attendono che l’addetto al controllo sblocchi il tornello. Ci metto quasi un’ora per arrivare al primo tornello. Durante quest’ora di fila, parlo con alcuni palestinesi (uomini, donne ma anche tanti bambini…) che ovviamente si lamentano della situazione e mi parlano apertamente di “appartheid” nei loro confronti da parte del governo israeliano. A parte due suore cilene , che mi “sfruttano” come interprete, sono l’unico occidentale in fila e di conseguenza valvola di sfogo preferito delle lamentele delle persone che mi circondano. La situazione di stress e di attesa, suscita nei miei compagni di sventura, urla di rabbia e parecchio nervosismo…per fortuna però, come detto, dopo un’ora arriviamo al primo checkpoint. Superato il primo tornello, però scopro a malincuore che la “tortura” non è ancora finita…si entra nel vero e proprio edificio dei controlli, dove dopo un’altra fila di circa mezz’ora, si viene controllati sia fisicamente che materialmente come se stessimo per imbarcarci in aeroporto, quindi: metaldetector, ispezione corporale, ecc…Un ultimo controllo a mo d’interrogatorio: “…perchè è stato a Betlemme?….perchè ha una macchina fotografica?….possiede armi?” e finalemte dopo un’ora e quaranta minuti, sono libero… Alcune considerazioni: questa “simpatica” esperienza, che detto per inciso, non fa nessun “turista organizzato” potendo passare infatti per un checkpoint riservato ai bus turistici, è stata allo stesso tempo snervante, umiliante e negativa, ma anche molto “istruttiva”. Posso solo immaginare (ma io posso, al contrario del 99% delle persone che visitano Israele), quello che provano i Palestinesi a dover sopportare questa umiliazione tutti i giorni, magari solo per andare a lavorare o per andare a trovare dei parenti che paradossalmente abitano a soli cinquanta metri di distanza in linea d’aria!!! Lungi da me dare giudizi su di una questione che in sessant’anni non è ancora stata risolta, ma un Muro non è mai una soluzione e questo non mi sembra un eccezione. Uscito dalla zona di controllo saluto le persone conosciute in fila e salgo sul primo bus che passa e che in circa venti minuti mi riporta a Gerusalemme. Mi dirigo a pranzare da Abu Shukri, sulla Via Dolorosa (V stazione), dove “testo”il famosissimo piatto della casa, un ottimo hummus, accompagnandolo con una “limonana” (un delizioso succo di limone, zucchero, menta e ghjiaccio tritato)…quindi torno in ostello, abbandono la sacca con l’attrezzatura fotografica e le guide, vesto il più possibile alla “araba” e mi dirigo verso il varco d’ingresso della Spianata delle Moschee. Mi accodo ad altre persone che si avvicinano all’entrata della Bab Al-Arbat e riesco a passare il controllo senza nemmeno essere fermato per la solita trita e ritrita domanda: “…are you muslim?”….ovviamente utilizzando questo escamotage, ho dovuto rinunciare sia alla digitale che alle guide cartacee, quindi vago a memoria per la Spianata. Mi si apre davanti di una grande area pianeggiante lastricata e ricca di verde dove al centro svetta la dorata Cupola della Roccia, simbolo della città e talmente bella da spezzare il fiato….in fondo al di sopra del Muro del Pianto, si innalza invece la Moscha di Al-Aqsa. La zona è praticamente deserta e trasmette una pace incredibile, ma la mia presenza deve passare inosservata, di conseguenza non posso “abusare” della Spianata come vorrei, magari leggendomi un libro all’ombra della Cupola dorata, anzi dovrei anche simulare un certo fervore religioso…lascio perdere e dopo un’oretta di giri per il Monte del Tempio, per non dare troppo nell’occhio decido di lasciare la zona e com’ero entrato, esco, nella più totale indifferenza dei soldati posti ai varchi…. Prima missione compiuta, ora mi attende la seconda: entrare nel Santo Sepolcro! Raggiungo l’ingresso e mi metto in fila; un frate ortodosso “dirige il traffico”, facendo entrare quattro/cinque persone per volta. Dopo circa venti minuti arriva finalmente il mio turno. La permanenza all’interno del Sancta Sanctorum è brevissima (trenta secondi….), ma devo ammettere che è un’esperienza che “lascia il segno”, diciamo molto spirituale…compiuta anche la seconda improrogabile missione giornaliera, mi rilasso con una fumata di shisha all’interno di un bar nel quartiere mussulmano. La terza missione di giornata è visitare e possibilmente fare qualche foto senza essere “pestato a sangue” nel quartiere ultraortodosso ebraico di Mea She’arim. I primi cartelli che mi accolgono alle porte del Quartiere, sono piuttosto inquietanti, chiedendo in primo luogo di non entrare ed eventualmente se si decidesse comunque di entrare, richiedono almeno un abbigliamento adeguato…penso proprio che i miei short potrebbero crearmi dei problemi…mi balena in testa l’idea di andare a cambiarmi ma alla fine decido di correre il rischio ed entro…Le vie di questa zona caraterizzate da tozzi edifici con le facciate in pietra, balconi pieni di biancheria stesa ad asciugare e muri ricoperti di manifesti scritti in yiddish, sono sospese nel tempo e ricordano i ghetti europei del secolo passato con uomini barbuti, tutti vestiti in nero con cappelli di pelliccia o a falda larga e lunghi cappotti scuri e donne con in testa ingombranti parrucche che tengono a bada vivacissimi bambini che scorazzano in lungo e largo per le viuzze sporche e dimesse del quartiere. Non voglio abusare della pazienza degli ultra ortodossi (mi hanno fulminato un paio di volte con lo sguardo…) e lascio Mea She’arim e “scendo” nella zona moderna e laica della nuova Gerusalemme. Rivlin st., Jaffa Rd. E soprattutto Ben Yehuda st. Sono il fulcro della “movida”. La vie principali di questa zona potrebbero essere benissimo quelle di una qualsiasi città europea, con ristoranti, bar, negozi dei più svariati tipi e una moltitudine di giovani, fra i quali anche tanti stranieri, che hanno eletto Ben Yehuda st. A via principale dello “struscio”. Dopo alcuni acquisti, vista anche l’ora, decido di fermarmi a cenare in un ristorantino in Rivlin st., quindi percorrendo tutta Jaffa Rd, spunto sotto le mura della città vecchia, entro dal Jaffa gate. Essendo l’ultima sera a Gerusalemme, decido di finire in bellezza la mia permanenza in questa splendida città e torno sui miei amati tetti per godere un’ultima volta dello spettacolo di questa vista spettacolare unita alla straordinaria pace del luogo. Intorno alle 22 dopo un ultimo veloce saluto al Muro Occidentale (ma da lontano) e al Santo Sepolcro (da fuori), attraverso un’ultima volta le vie deserte del quartiere mussulmano, salgo per la Porta di Damasco e arrivo in ostello. Nella notte (a mia insaputa peraltro) cambierà anche l’ora….. LUNEDI’ 13 SETTEMBRE Mi sveglio intorno alle sette (che in realtà sono le sei…), faccio una veloce colazione in ostello e con lo zaino sulle spalle, mi dirigo alla fermata dell’autobus (il n°6). Dopo un’attesa di circa dieci minuti salgo sul bus e in meno di un quarto d’ora arrivo alla stazione degli autobus di Gerusalemme. Dopo i soliti accuratissimi e fastidiosissimi controlli di rito al bagaglio e personali, faccio il biglietto, accorgendomi finalmente guardando il tabellone delle partenze del cambio d’ora avvenuto stanotte, quindi mi dirigo al marciapiede per imbarcarmi sull’autobus per Tiberiade. In attesa con me ci sono solo dei militari armati di tutto punto con una netta predominanza di giovani ragazze con il loro fucile a tracolla. Il bus parte alle 7.30 e dopo due ore e quaranta minuti arrivo sulle sponde del Lago di Tiberiade. Raggiungo a piedi il vicino ostello (Gallile Hostel), faccio un veloce cambio abiti e torno alla stazione degli autobus. La Gallilea offre la straordinaria possibilità di ripercorrere le orme di Gesù, che secondo il Vangelo, visse, predicò e compì alcuni dei suoi miracoli più celebri nelle vallate e sulle colline di questa regione. Altro vantaggio della Gallilea è la sua rigogliosa natura, essendo caraterizzata da vette tondeggianti, fitte foreste e dallo scintillante Lago di Tiberiade. Nell’attesa del bus per Nazareth (n°431) faccio uno spuntino con un buonissimo tramezzino di sesamo ripieno di formaggio, quindi intorno alle 11.30 parto alla volta della famosa città di Gesù… Arrivo a destinazione in un’ora e dopo un veloce giro per il bel suq, visito la maestosa Basilica dell’Annunciazione. E’la più grande chiesa del Medio Oriente, costruita nel sito in cui si pensa che ci fosse la casa di Maria, luogo dell’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele, insomma uno dei più importanti luoghi di culto della cristianità.. In tutta sincerità a me la Basilica non è piaciuta, troppo “moderna” e “pomposa”, molto meglio la vicina Chiesa di San Gabriele (a circa dieci minuti di cammino), più raccolta ed intima e con una bellissima cripta che racchiude una sorgente. In una piazzetta vicina sorge anche il Pozzo di Maria o Fontana della Vergine, che si dice abbia poteri curativi essendo un altro dei luoghi dove si ritiene che l’Arcangelo Gabriele sia apparso a Maria. Nazareth è la città araba più grande d’Israele, con tutti pro e i contro del caso. Le vie del centro sono percorse da decine di macchine con gli stereo a tutto volume e con i clacson strombazzanti, la sporcizia è dietro ogni angolo e i marciapiedi sono occupati o dalle sempre presenti bancarelle o da macchine parcheggiate. Insomma, l’immagine bucolica che avevo di Nazareth, è andata “a farsi friggere”, rimane l’idea di una città caotica e sporca, che offre veramente poco. Prima di lasciare Nazareth, mi fermo a pranzare in un locale del centro, per provare la “famosa” cucina del posto e devo dire che questa volta non rimango deluso…ottime sia le melanzane ripiene di formaggio e pesto (niente di paragonabile però al “mio” pesto genovese…) sia il muhammar una sorta di pizza guarnita di cipolle e pezzettini di pollo. Con la pancia piena, dopo un’attesa di circa mezz’ora sulla fermata, dove peraltro mi diverto ad ammirare i giovani “tamarri”del posto che percorrono in macchina avanti e indietro la via principale della città, ammicando come dei latin lover di infima categoria, salgo sull’autobus che in circa un’ora mi riporta a Tiberiade. Passo un attimo in ostello a prendere costume e acsiugamano e in meno di cinque minuti raggiungo la spiaggia. L’acqua del Lago (chiamato indistintamente o di Tiberiade o di Gallilea) ha una temperatura perfetta e il sole che cala lentamente all’orizzonte rende l’atmosfera molto rilassante. Passo in acqua circa un’oretta, quindi mi godo dalla spiaggia il tramonto con le caratteristiche barchette di pescatori che solcano avanti e indietro il lago. Calata la notte, torno in ostello per cambiarmi ed esco per una frugale cenetta in riva al lago (e quà si che manca veramente mia moglie…). Concludo la serata in spiaggia con una birra, l’i-pod e la vista che spazia sino all’altra sponda del lago, domani mattina devo anticipare la sveglia per partire presto per il giro in bicicletta.

MARTEDI’ 14 SETTEMBRE Mi sveglio all’alba per evitare il caldo e in tenuta sporiva (si fa per dire…), parto con la bicicletta affittata all’ostello (50ILS cc.10€), per farmi un giro intorno al lago. Le strade sono ancora deserte e per la prima ora pedalo abbastanza agevolmente. La meta sarebbe Cafarnao, posta a circa venti chilometri da Tiberiade, ma ho anche un limite temporale, nel senso che ho detto al gestore dell’ostello che libererò la camera per le dieci, quindi non posso farmi una tranquilla passeggiata, ma devo continuamente calcolare il tempo che ci metterò a tornare indietro…. La strada che costeggia il lago è paesaggisticamente bellissima, ma è anche percorsa da decine di macchine, camion e bus che mi superano a velocità sostenuta, costringendomi a guardarmi attorno ogni due per tre….il percorso inoltre non è assolutamente pianeggiante, ma un continuo saliscendi che mette a dura prova i miei muscoli…. Dopo circa un’ora e diciotto chilometri di strada arrivo, non senza fatica, alla prima tappa di giornata, il Santuario della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci di Tabgha. La struttura ricorda il famosissimo miracolo narrato nel Vangelo e contiene al proprio interno dei bellissimi mosaici. Non lontano da questa chiesa c’è il bellissimo Santuario del Primato di San Pietro, un edificio che ricorda altri episodi della vita di Gesù, ma che ricordo con piacere per la pace e la tranquillità che trasmette con la sua fotogenica collocazione a bordo lago. La tappa successiva sarebbe dovuta essere Cafarnao, ma vista l’ora tarda, rinuncio e inizio a percorrere la strada a ritroso. Purtroppo il caldo inizia a farsi sentire e i venti chilometri che ho nelle gambe mi costringono a ripetute soste. In una di queste mi fermo presso il Kibbutz Ginosar, dove ammiro una tipica imbarcazione dell’epoca della predicazione di Gesù. Gli ultimi quindici chilometri sono una tortura: il caldo, le ripetute salite, la sete e il traffico che nel frattempo è aumentato, rendono la “passeggiata” una tappa alpina del tour de France…la soluzione sarebbe fermarsi a riposare, ma non ho tempo… Alle dieci in punto, in un bagno di sudore, con le gambe in acido lattico ed il sedere in fiamme, arrivo finalmente a Tiberiade. Faccio una doccia rigenerante, libero la camera e mi rilasso sul terrazzino dell’ostello bevendomi un tè. Intorno alle undici saluto il gentilissimo gestore dell’ostello e mi dirigo zaino in spalla alla stazione dei bus. Faccio un frugale e velocissimo pasto nell’attesa di un autobus per Tel Aviv, nel mentre, vengo avvicinato da un driver di sherut (pulmini collettivi) che mi propone lo stesso viaggio a 40 ILS (8€)….accetto al volo in quanto oltre a guadagnare tempo, spendo anche meno (l’autobus costerebbe 48ILS). Il pulmino è già pieno, quindi partiamo subito. Il viaggio scorre veloce ed in meno di due ore sono a Tel Aviv. Dalla stazione centrale degli autobus, dove per entrare vengo controllato in maniera accuratissima, prendo l’autobus (n°4) e in circa dieci minuti arrivo difronte all’ostello dove passerò le ultime due notti. Cambio d’abiti veloce e a piedi mi dirigo nel vicinissimo Mercato Carmel in pieno Quartiere Yemenita, dove passeggio fra decine di bancarelle di frutta, verdura, dolciumi, spezie, prodotti del Mar Morto, ecc…. Gli stessi venditori rendono questo mercato speciale, pubblicizzando i loro prodotti con cantilene e botta e risposta che rimbalzano da un banchetto all’altro. Mi fermo ad ammirare divertito queste scene sorseggiando una buonissima granita di limone e menta fresca, quindi torno all’incrocio con Allenby street, chimato anche Kikar Magen David, in quanto forma con altre strade l’immagine della Stella di David (che fantasia…). In questo punto è pieno di personaggi bizzarri, alcuni hippy cantano e ballano, altri chiedono firme per non meglio precisate petizioni, alcuni ebrei ultra ortodossi recitano salmi del Talmud addittando la gente che passa ed in partciolare gli hippy, altri ancora pregano, insomma un bello spaccato di vita israeliana….in una viuzza vicina si tiene anche un bel mercatino dell’usato dove ammiro bellissimi oggetti d’antiquariato. Intorno alle 17, lascio la zona, salto al volo su un autobus e mi dirigo a Jaffa. In circa dieci minuti arrivo in prossimità della famosa Torre dell’orologio, scendo dal bus e inizio a perlustrare le bellissime stradine di quest’antica città, oggi diventata un semplice sobborgo della “grande” Tel Aviv. Visito la zona del porto (uno dei più antichi del Mondo) con le sue viuzze tortuose che scendono al mare e le case che dominano la zona sottostante. Passeggio per il lungomare, dando un’occhiata anche alla “famosa” Roccia d’Andromeda, dove sarebbe stata incatenata e poi salvata da Perseo la “famosa”eroina greca, quindi torno verso il centro e dopo una fumata di shisha in un bar-fumeria arabo, vado a cenare da Dr Shakshuka, un bellissimo locale arredato con lampadari appesi, peperoncini secchi e chitarre che sembrano essere state lasciate li da qualcuno e che è specializzato “ovviamente” nella preparazione del shakshuka un piatto di origine libica preparato con uova cotte in padella, peperoni salsa di pomodoro e spezie. Mi gusto la cena a base di shakshuka accompagnandola con l’immancabile hummus dopodichè, anche per digerire il “leggerissimo” piatto appena gustato (per altro ottimo…) decido di tornare a Tel Aviv a piedi. La passeggiata sul lungomare è stupenda, con il mare buio a sinistra e le luci dei grattacieli che illuminano la città a destra, sembra di essere a Los Angeles, altro che Medio oriente….c’è pieno di gente che corre, va in bici o semplicemente passeggia. In meno di un’ora, prendendomela molto comoda e con ripetute pause per fotografare Jaffa illuminata, arrivo in zona ostello. Prima di salire in camera, mi gusto una granita sulla spiaggia sentendomi l’ipod, quindi intorno alle ventitrè vado a nanna. MERCOLEDI’ 15 SETTEMBRE Dopo aver fatto colazione in ostello, mi dirigo a piedi nella vicina Kikar Dizengoff il cuore gegrafico della città. Questa piazza sopraelevata rispetto alla strada è caraterizzata dalla Fontana del Fuoco e dell’Acqua, uno dei simboli di Tel Aviv, un monumento piuttosto bizzarro (di tanto in tanto senza alcuna regola oraria, lancia fiamme verso l’alto…), che personalmente mi lascia abbastanza indifferente. Lascio la piazza e raggiungo il centro commerciale Dizengoff, dove dopo essere stato per l’ennesima volta controllato dalla testa ai piedi (scoprirò una volta tornato in Italia che all’interno di quest’edificio alcuni anni fa un kamikaze palestinese si fece saltare in aria provocando decine di morti…), mi rilasso facendo un po’ di shopping in vista del vicino rientro in Italia. Terminata la “pausa consumistica”, percorro King George St., raggiungo il Mercato Carmel, dove mi fermo a prendere un tè, quindi mi dirigo in spiaggia dove passo alcune ore leggendo un libro e facendomi qualche nuotata. A pranzo mi “lancio” sulle famosissime falafel di Yosef, all’interno del Mercato Bezalel, vicino a Kikar Magen David quindi torno in spiaggia dove rimango sino alle 17. Le spiagge di Tel Aviv ricordano quelle romagnole o ancor meglio quelle californiane, quindi enormi distese di sabbia con un mare piuttosto mediocre (con un fondale basso e sabbioso non potrebbe essere altrimenti…), ma rispetto all’Italia, qua’ le spiagge sono tutte libere, con bagnini che controllano la balneazione, docce gratuite e grandi ombrelloni in legno disponibili per chi ne volesse usufruire, poi ovviamnete ci sono anche dei servizi a pagamento tipo sdraio, ombrellone privato e così via, ma sono un di più…insomma ennesima lezione di come all’estero alcuni diritti civili (poter usufruire di una spiaggia senza essere obbligati a sborsare decine di euro…) siano rispettati molto più che a casa nostra… Lasciata la spiaggia, faccio una breve pausa in ostello, quindi in autobus torno a Jaffa per passare la serata. Percorro i vicoli di quest’antica città e mi fermo per la mia ormai classica fumata di shisha nell bar-fumeria di ieri sera, quindi mi dirigo a mangiare. Per la mia ultima cena in terra straniera, mi concedo un ristorante all’aperto con vista mare. Hummus, falafel , gamberetti con burro all’aglio e una birra ghiacciata, mi riempono lo stomaco, mentre la mente viaggia libera ammirando le onde del mare infrangersi sulle scogliere sottostanti….insomma un’ultima cena con i controfiocchi… Lascio il ristorante e dopo un ultimo giro per le vie di Jaffa con pausa dolcetto dal famosissimo Said Abu Elafia (una panetteria leggendaria in Israele…), mi dirigo a piedi verso Tel Aviv. La passeggiata sul lungomare che collega le due città è sempre molto rilassante ed offre bellissimi scorci su Jaffa illuminata, ma anche su Tel Aviv e perché no anche sul mare che stasera si rivela particolarmente agitato… Arrivato in zona ostello, come la sera precedente, mi fermo in spiaggia per una buona mezz’oretta, quindi intono alle ventitre’ faccio definitivamente ritono in camera. GIOVEDI’ 16 SETTEMBRE Purtroppo sono arrivato all’ultimo giorno di viaggio. Dopo una frugale colazione in ostello, mi dirigo immediatamente al Mercato Carmel, dove fra le bancarelle ancora semichiuse, acqusisto della freschissima menta e del fragrante pane oltre a qualche dolcetto locale da portare a casa. Finite le spese, ritorno in ostello: doccia, chiusura zaino e alle nove m’incammino verso la fermata dell’autobus (n°10) che in meno di un quarto d’ora mi conduce alla stazione Tel Aviv Merkaz. Da qui, in circa venti minuti di treno raggiungo l’Aeroporto Ben Gurion. Purtoppo a questo punto iniziano una serie di controlli estenuanti e invasivi che mi faranno passare due brutte ore in compagnia della “sicurezza israeliana”… Ad un primo check si viene etichettati (nel vero senso della parola, nel senso che viene appiccicata un’etichetta identificativa sui bagagli), in base alla potenziale pericolosità. A mia insaputa (me ne accorgerò solo a posteriori) vengo giudicato “molto pericoloso”, quindi mentre la maggior parte delle persone va direttamente al banco check-in, io devo passare col bagaglio prima in uno scanner di dimensioni ciclopiche, dopodichè passo al controllo manuale e qui iniziano i veri guai! Mi fanno tirare fuori tutta la roba stipata nello zaino e ad uno ad uno controllano tutti gli oggetti, con una specie di rilevatore di esplosivi, nel frattempo vengo interrogato con le domande più stupide mai sentite in quindici anni di viaggi: “perché ha una guida della Palestina?”, “perché viaggia da solo?” “in quali hotel ha soggiornato e perché li ha scelti…” e via discorrendo, così per circa mezz’ora, durante la quale, detto per inciso, ho dovuto fare meditazione yoga per non mandarli a quel paese….quando sembrava tutto finito, è sorto il problema della videocamera….gli addetti al controllo (la maggior parte donne) non erano convinti che fosse una videocamera…dopo mille consulti e alcune minacce del tipo “la teniamo noi per ulteriori controlli” e mie conseguenti risposte “se la requisite chiamo l’ambasciata…”, alla fine riesco a convincerli e supero il secondo controllo (durata circa un’ora…) e passo al banco check-in. Rimangono da superare altri due controlli, ma su standard europeo…quindi tutto sommato accettabili e finalmente dopo questa tortura arrivo al gate per l’imbarco… Nonostante quest’ultima sconvolgente esperienza, lascio con molta nostalgia questa terra che in una settimana mi ha comunicato delle sensazioni e delle emozioni che difficilmente negli altri viaggi avevo avuto. Tornerò sicuramente in Terra Santa e la prossima volta in compagnia di mia moglie e mia figlia…. CONCLUSIONI ED OSSERVAZIONI La prima difficoltà di questo viaggio l’ho riscontrata quando ancora lo stavo programmando in Italia. Infatti, al contrario di molti altri Paesi medio-orientali (penso per esempio alla Giordania, all’Egitto, ma non solo…), su Israele e Palestina, non esistono praticamente resoconti di viaggio che non siano semplici diari compilati da pellegrini cristiani. Quindi la difficoltà maggiore per un viaggiatore e per giunta in solitaria come me è stata farsi un’idea piuttosto realistica di quello che mi aspettava arrivando in Terra Santa ma che prescindesse dalle esperienze dei pellegrini. In questo mi hanno aiutato, per fortuna, le esperienze di altri viaggiatori stranieri trovate sul web e alcune letture specialistiche trovate “in giro”. Per quanto riguarda il settore turistico, in Terra Santa è fatto principalmente (direi intorno al 95%) dal “turismo religioso organizzato” e fra questi la maggioranza sono ortodossi russi/ucraini (almeno il 70%), con la restante percentuale divisa fra italiani, spagnoli, francesi e latino-americani. Quindi viaggiando al di fuori dei gruppi che in questi luoghi sono la fortissima maggioranza, si hanno dei vantaggi non indifferenti. Il segreto è evitare i classici orari di visita da gruppo (9/12 15/18) anticipando o posticipando di conseguenza le varie pause pranzo. Ora veniamo ai luoghi comuni che riguardano Israele e la Palestina: –Sicurezza Partiamo dal presupposto che i più violenti attentati degli ultimi anni sono stati effettuati in luoghi che tutti ritenevano (e tuttora ritengono) fra i più sicuri al Mondo (Mumbai, New York, Londra, Sharm, Madrid, Londra, ecc), luoghi che ancora oggi catalizzano una grossa fetta del turismo mondiale. Per assurdo Israele da questo punto di vista è uno dei luoghi più sicuri della Terra, infatti i controlli di polizia sono frequenti e la microcriminalità di strada praticamente non esiste. Di conseguenza girare di notte nel suq di Gerusalemme è molto più sicuro che passeggiare per i vicoli di Genova in pieno giorno…ovviamente il vero pericolo (gli attentati) è sempre latente…Il, da me, tanto criticato Muro divisorio, associato ad una forte repressione da parte dell’esercito israeliano, ha praticamente azzerato gli attentati kamikaze che avevano insanguinato Israele negli anni passati, riportando una sicurezza pressochè assoluta. Ovviamente la situazione di base è instabile, quindi oggi è così, ma già da domani potrebbe cambiare, quindi prima di partire, è fondamentale informarsi per bene sulla situazione politica in corso (NB gli attentati dei kamikaze sono aumentati in corrispondenza delle due “Intifada”). Una cosa che sicuramente colpisce arrivando in Israele è la quantità sproporzionata di soldati con mitra al loro fianco presenti in giro per il Paese. Inizialmente è uno shock, ma con il passare dei giorni ci si abitua. Altra cosa che mi ha colpito (in negativo) è l’abuso di armi giocattolo fra i ragazzini arabi a Gerusalemme. Praticamente al posto del pallone questi ragazzi, giocano tutto il giorno “alla guerriglia”, sparandosi con armi ad aria compressa, rincorrendosi per i vicoli nel Quartiere mussulmano. Più di una volta mi è capitato di vedere questi ragazzini minacciare (alle spalle ovviamente…) con queste armi giocattolo gli ebrei che passavano nelle vicinanze, ma alcune volte anche dei pellegrini cristiani, insomma se il buongiorno si vede dal mattino, presumo che non sarà molto semplice anche nei prossimi anni giungere ad una pace fra i due popoli… La condizione dei Territori Palestinesi ovviamente è diversa, le zone di confine oltrechè dal Muro sono presidiate da decine e decine di soldati, che rendono l’atmosfera molto pesante e per niente sicura. All’interno delle città (Betlemme, Jericho,ecc), la sicurezza è garantita dalla polizia e dall’esercito palestinese, ma come in molti paesi arabi è tutto molto relativo, diciamo che a me non è successo niente, ma anche in questo caso “si sente” un pericolo latente… -Terra Santa = pellegrinaggio Un altro luogo comune, rappresenta un viaggio in Terra Santa come un viaggio prettamente religioso, una sorta di pellegrinaggio… Premesso che io sono tutto fuorchè un credente e quindi sono l’esempio che non bisogna essere fedeli per visitare questi luoghi, pur ammettendo che molti dei posti da me visitati sono legati alla vita di Gesù, di questo viaggio ho apprezzato soprattutto il lato storico (Qumran, Jericho, Masada e la stessa Gerusalemme sono delle chicche…), sociale (rapporto isrelo-palestinese) e perché no ludico (il bagno nel Mar Morto, la “movida” di Tel Aviv, ma anche il giro in bicicletta del Lago di Tiberiade). Insomma se si viaggia al difuori dei gruppi religiosi, un viaggio in queste terre è un viaggio molto interessante da molteplici punti di vista che trasmette fortissime emozioni e lascia un ricordo indelebile una volta tornati a casa… SPESE Per sette giorni di viaggio organizzato in completa autonomia fra Israele e i Territori Palestinesi ,calcolando il volo e le notti in ostello ,ho speso 372€ . Ai quali vanno aggiunti le spese per i pasti (circa 100€, cioè 7€ a pasto), gli spostamenti interni, gli ingressi ai siti d’interesse storico, le spese per i souvenir ed altre spese minori. Diciamo che il costo della vita in Israele è mediamente sul livello italiano, mentre in Palestina (ma anche solo a Gerusalemme est) scende notevolmente, per intenderci, un hummus a Tel Aviv costa sui 25/30ILS (cc. 5/6€) a Betlemme 10/15 (cc. 2/3€), stesso discorso vale per l’abbigliamento, i mezzi di trasporto, ecc. CUCINA Ottima, economica e saporita, insomma come piace a me…. Da “hummus-dipendente”, non posso che esaltarne la qualità e la bontà, ma oltre all’hummus, non posso dimenticare le falafel (crocchette a base di purea di ceci), il taboulè (una specie di cous cous), lo shawarma (la nostra pita), la sorprendente shakshuka (uova affogate in una salsa di pomodoro con aggiunta di salsiccia, verdure, ecc) e il mataball (purea di melenzane con aglio e tahina). Come bevande, oltre all’ottima birra Maccabee, indimenticabili sono il succo di melograno e la lemonana, una sorta di limonata/granita aromatizzata con della menta fresca, una vera libidine nelle calde giornate in Terra Santa…. I MUST DEL VIAGGIO -Le passeggiate al chiaror di luna sui tetti della città vecchia di Gerusalemme -i festeggiamenti per la fine del Ramadan al Damascus Gate -ascoltare il suono dello shofar al Muro Occidentale per il Rosh HaShanah -La vista di Gerusalemme dal Monte degli Ulivi -una passeggiata nel quartiere ebraico ultraortodosso di Mea She’arim -Un tè nel suq di Betlemme -un bagno nel Mar Morto -la vista che si gode da Masada -il giro in bicicletta del Lago di Tiberiade -La passeggiata sul lungomare fra Jaffa e Tel Aviv VOTI GERUSALEMME: 9.5 uno dei luoghi più affascinanti e coinvolgenti che abbia mai visitato. Non basterebbe un intero libro per descriverla, basti pensare che è la città sacra per le tre principali religioni monoteiste e per la quale si sono combattute decine di battaglie e di guerre…senza parole… BETLEMME: 7 Manger sq con la bella Basilica della Natività e un bel suq, tutto quà…carina e simpatica JERICHO: 6 la città più vecchia del Mondo, cuore pulsante dei Territori Palestinesi: interessante e storica QUMRAN: 7 da un lato il Mar Morto, dall’altro le grotte dei ritrovamenti, affascinante e caldissima MASADA: 8 arroccata su una montagna che domina il deserto e il mar Morto, icona del popolo israeliano: mitica e irrinunciabile IL MAR MORTO: 7 un esperienza unica, da provare NAZARETH: 5 cancellate l’idea della Nazareth di Gesù….disordinata e sporca TIBERIADE: 6.5 tipica cittadina di villeggiatura sulle sponde del Lago di Gallilea: turistica e rilassante TEL AVIV: 6.5 una Los Angeles trasposta in Medio Oriente: vitale e giovane JAFFA: 7 piccola e antica città portuale, diventata ormai un quartiere di Tel Aviv: tranquilla e fotogenica



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