Alberta e BC – 20 giorni Into the Wild!
Clima: Ci sono stati dei picchi di 30 gradi a Calgary, Vancouver e ad Hyder (in Alaska!) che ci hanno fatto ringraziare di aver portato canotte e pantaloni corti, ma allo stesso tempo sul ghiacciaio Athabasca e in certe serate con pioggia, giacca a vento e scarponi sono stati provvidenziali. Normalmente, una polo a manica lunga, un golf leggero e le scarpe da ginnastica sono stati più che sufficienti in tutti i contesti. Spesa complessiva (1 euro = 0.8 CAD circa): – pacchetto fly&drive: volo da Torino su Calgary con scalo a Francoforte e ritorno, auto per 19 giorni e hotel all’arrivo a Calgary: 1800 € a testa; – contanti cambiati in valuta canadese in loco e spesi fino al’ultima goccia: 500 € a testa; – spese carta di credito per motel/campeggi/pranzi/cene/traghetti/benzina/ingresso ai parchi/varie&eventuali (tra cui le dannatissime mance!): circa 1300 € a testa. Un patrimonio, diciamo. Però primo ne valeva assolutamente la pena e secondo molte spese possono essere tranquillamente tagliate ad esempio mangiando in campeggio o nelle cucinotte delle stanze dei motel (nella maggior parte dei casi ne sono provvisti, bisogna però spesso avere a disposizione le proprie stoviglie) e non tutte le sere fuori (ma la stanchezza e la pigrizia nel nostro caso hanno avuto la meglio sul portafoglio, quindi inutile recriminare), evitando accuratamente il pacco notevole della crociera di avvistamento balene (105 CAD a testa!), prenotando per tempo in posti come Jasper o Tofino – molto frequentati – cercando di trovare non gli ultimi posti disponibili (e quindi costosi) ma i più convenienti. Avendo poi organizzato il viaggio in fretta e furia, ci siamo messi troppo tardi a guardare l’itinerario ipotizzato con una cartina stradale sotto il naso, rendendoci conto che il solo tragitto Vancouver-Calgary in macchina si sarebbe potuto fare senza corse eccessive in 2-3 giorni, troppi per i tempi a noi disponibili. Siamo riusciti al pelo a modificare la consegna della macchina facendo in modo di lasciarla a Vancouver, ma in più abbiamo necessariamente avuto la spesa del volo interno e l’albergo a Calgary in attesa di quello di ritorno verso l’Italia il giorno successivo…e quindi altri 350-400 € di spesa avrebbero potuto essere in qualche modo evitati con una pianificazione più attenta. Ma procediamo con ordine. 1˚ giorno, 8 agosto: Calgary Dopo un volo di 9 ore ma straordinariamente comodo della Lufthansa, serviti e riveriti e con una vastissima scelta di film in prima visione a disposizione, arriviamo a Calgary nel primo pomeriggio e dopo aver ritirato la macchina – una Dodge fantastica, rosso fuoco, che proprio non ci aspettavamo – ed esserci presentati in hotel (il Causeway Bay Hotel, comodissimo per partire verso i parchi nazionali ma un pò meno per il centro in quanto spostato leggermente fuori Calgary), decidiamo di resistere al sonno per adeguarci al fuso orario, -7 ore rispetto all’Italia, e andiamo a farci un giro nei parchi indicati dalla Lonely, il Fish Creek Provincial Park e Prince’s Island Park, davvero rilassanti e con molti animali tipo daini e scoiattoli in assoluta libertá che gironzolavano tranquilli. Mangiamo un ottimo hamburger accompagnato dalla mia prima Canadian Molson (la birra che mi seguirá per il resto della vacanza, è troppo buona!) nel locale che la Lonely chiama Metropolitan Grill, ma che son quasi sicura sia stato rinominato “Milestone” nel frattempo perchè l’indirizzo corrisponde, e qui chiedo sfacciatamente alla simpatica cameriera come funziona la faccenda “mance” in Canada. Facile. Si dá. Sempre. Passi la carta di credito ed esce la scritta “Tips”, al che si digita in percentuale, 10%, 15% o più, oppure si scrive a manina direttamente sullo scontrino la cifra che si vuole lasciare. Quando si dice la comodità…per inciso, tutti i prezzi che indicherò di seguito sono sempre da intendersi mance escluse (abbiamo sempre lasciato il 10% circa). 2˚ giorno, 9 agosto: Calgary – Banff – Johnston Canyon Dopo una discreta colazione in cui assaporiamo il caffè lungo americano che tanto ci piace, partiamo decisi per i parchi nazionali di Banff e Jasper. Il paesaggio fuori Calgary è strepitoso, ondulato e dai colori vividi e presto le colline diventano montagne che cominciano ad alzarsi imponenti, uno spettacolo per gli occhi. Prima di arrivare a Banff, che dista 120 Km e che raggiungiamo in un paio d’ore, se non sbaglio c’è il “casello” in cui si compra il biglietto d’ingresso ai parchi che costa 9,60 CAD a testa al giorno, vale fino alle 16 del giorno successivo ed è rinnovabile un pò ovunque (Info Tourist, campeggi, ecc). Noi lo compriamo per 3 giorni. Non ricordo ci fossero sconti particolari; l’unica offerta conveniente avrebbe potuto essere il biglietto annuno, valido per tutti i parchi canadesi, a 50 CAD che però non ci suggeriscono subito, e quando ne scopriamo l’esistenza abbiamo ormai giá comprato i giornalieri. Purtroppo il tempo peggiora e facciamo appena in tempo a dare un’occhiata al lago Minnewanka, davvero un posto delizioso che avrebbe meritato un pò di tempo in più, e alle cascate formate dal Bow River a Banff che scoppia il diluvio; ci rifugiamo nel simpatico Tommy’s Neighbourhood Pub dove mangiamo un panino al roast beef (e una Canadian!) io e dei gamberi Guido (con una Rickards, una birra rossa niente male consigliata dal cameriere, troppo simpatico, che ci dice “Fidatevi, sono un ubriacone!”). Nel frattempo ha smesso di piovere e ci facciamo un giretto per Banff, allegra ma decisamente turistica, e quindi ci dirigiamo verso la Banff Gondola, la teleferica che porta sulla Sulphur Mountain (biglietto sui 25/30 CAD a testa se non ricordo male). Panorama mozzafiato e anche qui scoiattoli ovunque e capre di montagna; c’è moltissima gente ma non ci si dá fastidio, visti gli spazi a disposizione. Mentre scendiamo si scatena di nuovo il finimondo e quindi il mio progetto di dormire nel campeggio di Johnston Canyon consigliato dalla Lonely va a farsi friggere, peccato, ma il contiguo Johnston Canyon Resort, 109 CAD il carinissimo bungalow con bagno e deliziosa e quanto mai provvidenziale stufetta-finto caminetto) si rivela una soluzione eccellente: si trova proprio all’imbocco del canyon che vogliamo visitare il giorno dopo (ma una scappata fino alla prima, meravigliosa, cascata la facciamo anche appena arrivati nonostante la pioggia!) e ha un ottimo ristorante-caffetteria annesso che ci servirá sia per la cena sia per la mitica bacon, uova, french toast alla cannella e caffè del giorno dopo a colazione. 5 km dopo Banff dirigendosi verso il Canyon, fra l’altro, comincia la Bowvalley Parkway, assolutamente consigliabile alternativa alla trafficata Hwy 16; il limite di velocitá è di 60 km/h a causa degli animali selvatici che possono attraversare la strada all’improvviso e infatti appena imboccatatala 3 cervi dalle stupende corna ramificate ci si parano davanti, una meraviglia. 3˚ giorno,10 agosto: Johnston Canyon – Lake Louise – Moraine Lake – Peyto Lake – Saskatchewan Crossing Johnston Canyon è un posto pazzesco, assolutamente da non perdere. Una passerella costruita su pali di ferro infissi nella roccia scorre serpeggiando a picco sul fiume e sale verso le spettacolari cascate Lower e Upper Falls, Stella e Twin. Il tragitto di un paio d’ore, assolutamente adatto anche a camminatori non esperti, culmina con la Upper Fall e poi prosegue indicando un percorso più difficile fino alle Ink Potts che però saltiamo per tornare giù e proseguire per Lake Louise. Molto gettonato e quindi invaso dalla folla, il lago presenta comunque un panorama strepitoso dei monti circostanti che si specchiano nelle acque turchesi nonostante le nuvole incombenti. Per sfuggire alla ressa basta comunque prendere il sentiero sulla destra che circonda il lago e che porta alla base del ghiacciaio che lo forma; la densitá di popolazione diminuisce considerevolmente e il panorama, se possibile, migliora ancora. Noi ci siamo fermati nel punto in cui il fiume che scende dal ghiacciaio confluisce nel lago (una mezz’ora circa di camminata), ma da lí partono numerosi altri sentieri, segnalati come più impegnativi, che salgono verso il ghiacciaio e c’è anche un rifugio in cui si può mangiare a un paio d’ore di cammino. Ci dirigiamo quindi verso il Lake Moraine che, a posteriori, vince per me il primo premio fra i laghi visti per colore dell’acqua, paesaggio circostante, foresta che lo circonda, seguito a brevissima distanza dal Malign Lake vicino a Jasper. Mangiamo un boccone alla caffetteria vicino al lago e poi facciamo due passi nei dintorni; strepitosi i cartelli che invitano ad addentrarsi nella foresta solo se in gruppi di almeno 4 persone a causa degli orsi! Per proseguire passiamo sulla spettacolare Icefield Parkway che dal paese di Lake Louise porta a Jasper: è decisamente uno dei punti di forza dell’intero viaggio! Ghiacciai a perdita d’occhio, laghi dai colori incredibili, montagne maestose e questa strada scura che si snoda su e giù facendo scoprire un nuovo spettacolo dietro a ogni curva…una meraviglia! Facciamo ancora una sosta per ammirare dall’alto il famoso Peyto Lake (di un turchese incredibile e dalla stravagante forma a trifoglio) e ci fermiamo a dormire al Saskatchewan Crossing (anche perchè nei dintorni non c’è molto altro, occhio a calcolare bene le distanze sia per la benzina – che qui si può finalmente fare – sia per il pernottamento e la cena!). Secondo la Lonely il posto è tranquillo e la doppia costa sugli 80 CAD, ma invece ci ladrano 195 CAD tasse incluse per una stanza con strisciate di ruggine sul gabinetto e sulla vasca e dalla quale per tutta la notte si sente il rumore – credo – della vicina stazione di rifornimento. Ai nostri sguardi allibiti il tipo alla reception risponde vantandosi che loro possiedono anche una spa; andiamo a vederla e il posto è di una desolazione incredibile, con la vasca idromassaggio senz’acqua, la sauna spenta e due strumenti da palestra in croce mezzi rotti. Comunque credetemi, prezzo e squallore a parte, il posto è sicuramente pulito e ha un certo fascino tipo stazione di servizio in pieno deserto…il cielo notturno è limpido e buio pesto, si sente odore di neve, si intravedono le Rockies a due passi illuminate dalla luna…non ne conserviamo un ricordo pessimo, anzi. A cena andiamo nel pub annesso dove devi grigliarti da solo l’hambuger (!) e a colazione nella caffetteria accanto al drugstore che vende, fra l’altro, ricordini davvero trash. In entrambi i casi, tutto ottimo e divertente! 4˚ giorno, 11 agosto: Athabasca Glacier – Athabasca Falls – Sunwapta Falls – Jasper Lo so: è dannatamente turistico. Ma l’abbiamo fatto lo stesso. Il giro in snow-coach della Brewster (biglietti a 51 CAD) sull’Athabasca Glacier, l’ennesima meraviglia mozzafiato che si spalanca sull’Icefield Parkway poco dopo The Crossing, è un modo divertente e rapido per poter camminare sul ghiacciaio azzurro e bere l’acqua freddissima che sgorga dai rivoli fra i crepacci stesi a pancia in giù sulla neve. E come rinunciarci? Le alternative sono fermarsi più in basso con l’auto – ma sarebbe davvero un peccato – oppure andare con una visita guidata che dura dalle 3 alle 5 ore a piedi – ma primo non ne avevamo il tempo e secondo Guido ODIA camminare! Ci lasciamo quindi il ghiacciaio alle spalle per dedicarci alla visita delle più famose cascate lungo la Icefield Parkway, le Athabasca Falls (sovraffollate ma spettacolari, vale la pena una sosta sulla spiaggetta dove la cascata diventa un fiume tranquillo ai piedi del canyon che forma cadendo) e, soprattutto, le Sunwapta Falls, circondate da una pineta splendida attraverso la quale, volendo, si scende in una mezz’ora alle Lower Falls, se possibile ancora più d’effetto per gli innumerevoli salti che fanno. Consigliatissima, questa passeggiata! E finalmente arriviamo a Jasper dove decidiamo di stare in campeggio e scegliamo il Wapiti, 27.50 CAD la piazzola senza elettricitá) a un paio di km dal paese; come tutti i campeggi che incontreremo, è magicamente immerso nella foresta e le piazzole sono enormi…non ci sono recinzioni di sorta, quindi gli animali (anche gli orsi!) circolano liberi in mezzo alle tende e infatti la sera dopo vediamo un daino che pascola tranquillo. Una volta montata la tenda, andiamo a Jasper a dare un’occhiata e la troviamo molto più carina di Banff anche perchè non sembra cosí turistica. Ha due strade principali, Connaught Rd. E Patricia St. E su queste si affaccia la maggior parte dei negozi e dei locali. Proprio su Connaught Rd. Ci facciamo ispirare dalla birreria Jasper Brewing dove mangiamo una gustosissima quanto terrificante specie di pasta al forno con gamberi annegati nel cheddar…so che per un italiano dovrebbe suonare ributtante tutto ciò, ma questo piatto era una delilzia per il palato, tanto quanto il mio pollo croccante impanato nei corn flakes (77 CAD in totale con 2 birre)! A parte tutto…di piatti “normali” ce n’erano e la birra era ottima, quindi il locale vale sicuramente una sosta! 5˚ giorno, 12 agosto: Jasper La pioggia che ha battuto imperterrita tutta la notte ci accompagna anche al mattino e la tipa alla guardiola del campeggio da cui andiamo per confermare la nostra presenza anche per la notte successiva (bisogna confermare o fare il check-out entro le 11 di mattina), ci sconsiglia di andare al Malign Canyon come avevamo in programma perchè il sentiero è stretto e scivoloso. Un pò sconsolati andiamo allora ad assaporare le meraviglie consigliate dalla Lonely al Coco’s Cafè di Patricia St. e in effetti ci ritempriamo lo spirito. Oltre tutto incontriamo due simpatiche signore di Edmonton che INTUISCONO dal nostro fantastico inglese che siamo italiani e, mentre ci magnificano Firenze e le Cinque Terre, ci suggeriscono, in una giornata cosí, di fare un salto alle Miette Hot Springs e di goderci l’acqua a 40 gradi. Detto fatto…nonostante il sovraffollamento, il posto è molto rilassante (non ricordo purtroppo quanto costi l’ingresso ma si poteva fare a ore o giornaliero…sul posto si possono noleggiare accappatoi, asciugamani, costumi orrendi che sembrano quelli degli Anni’30, mentre le ciabatte si comprano a 3 CAD il paio; all’interno, inoltre, c’è una caffetteria a cui si accede comodamente dalle vasche) e anche se non siamo tipi da terme sguazziamo qualche ora fra i fumi e le gocce di pioggia di cui ormai siamo incuranti. Nel primo pomeriggio smette di piovere, quindi ci asciughiamo e facciamo un giro ai laghi Pyramid e Patricia oltre Jasper, carucci ma nulla di speciale. La sera mangiamo alla Karouzos Steak House, 74 CAD in due) dove Guido prende una costata magnifica e io vado di pollo. Qui hanno anche dei dolci mica male! Doccia veloce al camping (sono tante e pulite, con le prese di corrente per il phon) e via nel sacco a pelo…e ovviamente ricomincia a piovere. 6˚ giorno, 13 agosto: Jasper Ecco, diciamo che se il buongiorno si vede dal mattino, oggi avremmo dovuto starcene chiusi nel suddetto sacco a pelo senza uscirne. Confermando ancora per una notte la nostra presenza al Wapiti, ci dicono che però dobbiamo cambiare di piazzola andando in una molto lontana da quella attuale. Per pudore non starò a raccontare la dinamica dell’evento, fatto sta che come due deficienti, per pura pigrizia, non ripieghiamo per bene la tenda e riusciamo a strapparla malamente rompendo anche uno dei paletti interni. Contiamo fino a 4500 al contrario per calmarci e ci passiamo la mattinata in giro per Jasper a cercare una patch per lo strappo. Per fortuna a) ha smesso di piovere e b) la gentilezza dei negozianti resta sempre proverbiale e in un negozio di attrezzature sportive che si chiama Totem in Connaught Rd. Troviamo quanto ci serve per aggiustare alla bell’e meglio il nostro casino (ma questo taccone reggerá la pioggia torrenziale che ci beccheremo a Telegraph Cove!). Un pò più tranquilli andiamo a prenderci un caffè al Bear’s Paw, a comprarci qualcosa da sgranocchiare al supermercato di Patricia St. E poi andiamo come previsto al Malign Canyon che è un posto splendido nonostante le nubi. La camminata fino all’ultimo dei 5 ponti è piuttosto faticosetta soprattutto al ritorno, in quanto ci sono parecchie scalinate ripide da salire e dura un paio d’ore. A parer mio val la pena arrivare fino al quarto e poi tornare indietro, visto che il quinto, che è un divertente ponte sospeso, è raggiungibile in macchina prendendo lo svincolo sulla sinistra prima di quello che indica il Canyon. Al ritorno ci prendiamo un tè rinfrancante alla caffetteria vicina al posteggio dopo aver visto un coyote solitario a passeggio e poi proseguiamo verso il Medicine Lake (stupendi i riflessi nell’acqua calmissima!) e il Malign Lake, che raggiungiamo – senza farlo apposta – il pomeriggio sul tardi come consiglia la Lonely. Nessuno in giro, silenzio assoluto, una foresta fittissima di un verde abbagliante, un meraviglioso arcobaleno che si riflette nel lago color smeraldo, una bella passeggiata sul lungo lago in mezzo ai pini…e dimentichiamo al volo lo strappo della tenda! Oltre tutto, tornando, vediamo il nostro primo orso bruno, un enorme peluche, che ci attraversa la strada e passa vicinissimo alla macchina (avessimo allungato la mano avremmo potuto accarezzarlo!) snobbandoci con assoluta indifferenza e dandoci il tempo di fotografarlo in tutta calma. Che forte! A cena andiamo nel pub De’d Dog annesso all’hotel Astoria sempre su Connaught Rd. E spendiamo sui 40 CAD per – inutile dirlo – hamburger e Canadian. Voreri però spezzare una lancia a favore della cucina canadese; anche se non si direbbe dal mio resoconto, c’è moltissima varietá: carne, pesce, pollo, verdure, cucinati in mille modi…sono io che sono maniaca e amo alla follia gli hamburger! 7˚ giorno, 14 agosto: Jasper – Prince George – Fraser Lake Mestissimi per dover abbandonare Jasper e tutto il suo meraviglioso contorno, torniamo al Bear’s Paw per colazione e poi ci lasciamo l’Alberta e mille splendidi flash alle spalle. Il paesaggio cambia radicalmente appena dopo il Mount Robson Park, che purtroppo non visitiamo per mancanza di tempo, trasformandosi in un piattume monotono che fa a pugni con le scritte che campeggiano ovunque inneggiando a un “Beautiful British Columbia” che per ora ci lascia invece del tutto indifferenti. Il top dello squallore si raggiunge a Prince George, 370 km e 5 ore circa da Jasper, da cui scappiamo inorriditi dopo aver fatto benzina e aver visto le mura del drugstore tappezzate di avvisi di ricerca per sedicenni scomparsi; non un’anima per strada, case a cuboni grigi di cemento, sonnacchiosi fast food, una solitaria ferrovia dall’aspetto rugginoso che la sfiora e un ragazzo vestito da Elvis con tanto di parrucca che canta sotto un sole impietoso i successi del Re al semaforo… C’è da domandarsi come abbiano fatto alcuni a resistere per lo meno 16 anni in un buco di posto simile. L’idea iniziale di fermarsi a dormire da queste parti viene abbandonata all’istante – anche perchè comunque è ancora presto – e decidiamo invece di fermarci a Fraser Lake, 160 km più a ovest, che sembra un paesino tranquillo in riva al lago omonimo. Scegliamo a caso il Cataline Motor Inn (79 CAD la doppia), ma commettiamo l’imperdonabile errore di non specificare “non-smoking” per la stanza (anche perchè qui in Canada sono paranoici per il fumo, molti locali hanno la scritta “non si può fumare a meno di 3 metri dall’ingresso” e la maggior parte degli hotel è interamente non fumatori), per cui ci passiamo la notte con l’orrendo puzzo che impregna muri e moquette. Pazienza…il paesino è caruccio, un salto sul lungo-lago e sul molo al tramonto vale la pena farlo e la cena al ristorante annesso al motel niente male. 8˚ giorno, 15 agosto: Fraser Lake – Smithers – Stewart Altro giorno di spostamento. Lungo la strada, a un certo punto, noto con la coda dell’occhio un cartello che avverte che la Hw37 (quella che dobbiamo imboccare noi per Stewart) è chiusa per incendi! In effetti, a mano a mano che ci si avvicina a Smithers (200 km e 2 ore e mezza circa da Fraser Lake), molto prossima allo svincolo per la Stewart-Cassiar, il cielo si fa grigio e quando scendiamo dalla macchina per chiedere informazioni sull’effettiva percorribilitá della strada, l’odore di fumo è acre e intenso. Mai avrei associato “pericolo incendi” a “Canada”, eppure sembra che quest’estate 2010 sia stata particolarmente disastrosa per le foreste, tanto da proibire di accendere fuochi da campeggio in tutto il British Columbia (addio grigliata!). La Hw37 risulta comunque interrotta molto più a nord rispetto a Stewart, ci spiega il ragazzo dell’Info Tourist, e quindi la imbocchiamo rassicurati, arrivando in paese dopo un paio d’ore circa dal bivio. Ora: chi come me è innamorato di “La Febbre dell’Oro” di Chaplin, in un posto come Stewart avrebbe raggiunto in Nirvana. Il drugstore, una panetteria/dolceria, un paio di caffè, l’imperdibile museo del tostapane (!), il Ripley Creek Inn in legno scricchiolante, il liquor store e un’unica strada centrale su cui tutto questo si affaccia. E per lo meno questa è asfaltata. Il paese gemello in Alaska, Hyder, ha ancora lo sterrato. Fantastico. Stewart e Hyder sono state per noi l’apoteosi del viaggio, due posti indimenticabili per la suggestione del luogo e per gli spettacoli magnifici a cui abbiamo assistito. Al Ripley Creek ci danno una doppia per 67 CAD il primo giorno e una più piccola il secondo, a 55 CAD. Ci sono anche altri tipi di sistemazioni, a Stewart, inlcuso un bel campeggio immerso come sempre nella foresta, ma il Ripley ha un fascino indiscusso, soprattutto la “dependance” in cui andiamo noi, al secondo piano dell’edificio in legno che include anche il carinissimo Bitter Creek Cafè. Siccome la domenica è chiuso, a cena andiamo al vicino Silverado, dove campeggiano le foto della proprietaria abbracciata a Robin Williams che qui ha girato “Insomnia” nel 2002 (primo film che abbiamo visto tornati a casa!). Mangiamo due buonissimi hamburger innaffiati – indovinate – da Canadian e spendiamo 42 CAD. 9˚ giorno, 16 agosto: Stewart/Hyder Dopo un meraviglioso cinnamon bun caldo e succulento nella Deli Bakery di fianco al Silverado, ci dirigiamo gasatissimi verso Hyder (“the friendliest ghost town in Alaska” non ha frontiera americana ma solo quella canadese al ritorno, quindi Guido che ha ancora il passaporto vecchio stampo non valido per gli USA non ha comunque problemi a passare), sperando di aver fortuna con i grizzly. E la Fortuna ci bacia davvero. Il punto di osservazione (5 CAD l’ingresso) gestito da simpaticissimi volontari anzianotti sul Fish Creek in cui i salmoni sguazzano in due dita d’acqua, è un sistema di passerelle di legno dalle quali, dopo un pò di attesa, ci godiamo lo spettacolo di mamma grizzly con tanto di cucciolo che si avvicinano per pescare. Fantastico, imperdibile. Senza rendercene conto stiamo ore a rimirarli estatici e alla fine, quando si allontanano nella foresta, proseguiamo ai 20 km/h (la polverosissima strada sterrata non ha protezioni verso il precipizio, meglio rispettare i limiti e non andarci proprio in caso di pioggia!) verso lo spettacolare Salmon Glacier, un’immensa colata di ghiaccio azzurro che da sola vale il viaggio fin lassù, orsi o meno. Tornati ad Hyder mangiamo all’Alaska Premier Seafood, il bus di cui parla la Lonely, la cui proprietaria, Diane, è un tipo molto naif e ci cucina salmone grigliato e un panino ai gamberi molto buoni per 26.50 CAD. Passeggiata veloce al “porto” di Hyder sul Portland Canal e poi torniamo a Stewart a riprenderci dalle emozioni della giornata. A cena proviamo finalmente il Bitter Creek Cafè che è un posticino caratteristico anche solo da visitare o in cui comprare del tè, del cioccolato o del patè di salmone. Noi mangiamo delle tortine ai gamberi e dei tacos alla messicana (inutile menzionare le solite Canadian!) per 57 CAD. 10˚ giorno, 17 agosto: Stewart – Terrace Tentiamo una sortita alle 6 del mattino per vedere se gli orsi sono mattinieri…ma scopriamo che son più mattinieri i turisti: la passerella è piena di gente, molto peggio del giorno prima! Arriviamo però in tempo per vedere un grizzly enorme che se ne va a spasso in tutta tranquillitá lungo il fiume per poi scomparire nella foresta…e poi, da veri Indiana Jones, decidiamo che fa troppo freddo, per cui torniamo a Stewart per fare di nuovo colazione a cinnamon bun (sigh!), le valigie, il check out e poi ancora una volta torniamo ad Hyder perchè andar via da qui è davvero un’impresa ardua…ci sono posti in cui il cuore resta appeso, niente da fare. Una mamma orsa con il suo cucciolo (chissá se sono gli stessi del giorno prima?) si mette di nuovo a cacciare salmoni di fronte a noi e poi si allontana nel bosco…e purtroppo è arrivato il momento di andare davvero via. Giuriamo alla guardia canadese alla frontiera che è l’ultima volta che ci vede e ripercorriamo tutta la strada fatta all’andata fino al bivio per Terrace, che dista 300 km per 5 ore circa di viaggio da Stewart. La Lonely non ne parla bene, ma noi siamo ancora sconvolti da Prince George e quindi ne apprezziamo la vivacitá e le simpatiche ragazze dell’Info Tourist che ci consigliano il Copper River Motel leggermente fuori dal paese. I gestori sono 2 coniugi coreani (lei ha una risata spettacolare!) che ci danno una roulotte (!) con scoiattoli annessi nel parco retrostante il motel per 70 CAD e ci consigliano di cenare al ristorante del vicino Northern Motor Inn, 57 CAD), in effetti una buona soluzione. 11˚ giorno, 18 agosto: Terrace – Prince Rupert Dopo aver cambiato un pò di euro in banca e aver fatto colazione in una delle vie di quello che immaginiamo essere il centro di Terrace, partiamo per l’ultima tappa del nostro spostamento verso nord-ovest. Da Terrace a Prince Rupert ci sono circa 150 km che facciamo in un paio d’ore, arrivando in netto anticipo rispetto al previsto incontro delle 18 con i proprietari del B&B Harvey Guest House presso cui abbiamo prenotato dall’Italia (75 CAD una doppia con bagno in comune); ne approfittiamo per fare un salto all’Info Tourist (il negozietto annesso ha un sacco di artigianato “nativo” caruccio), pranzare alla Cowpuccino Coffee House a Cow Bay (l’unica zona interessante di Prince Rupert che per il resto è un paesone portuale anonimo e un pò grigio), consigliato dalla Lonely e spassosissimo per atmosfera e ambiente “muccato”, e fare un giro di bucato in una lavanderia automatica come avevamo giá fatto un pomeriggio a Jasper. Il B&B, che si trova proprio sopra Cow Bay, ha una vista meravigliosa sulla baia sottostante ed emana un calore unico, cosí arredato a “ricordi”, tappeti e soffici divani che invitano a sedersi leggendo un libro davanti al caminetto…magari mentre nella baia passano le balene! Davvero un angolo di paradiso che avrebbe meritato qualche ora in più. Invece, tempo di una doccia e andiamo a cena nel ristorante dell’hotel Crest che i proprietari del B&B, David e Lucy, ci hanno consigliato (purtroppo il Cow Bay Café suggerito dalla Lonely è pieno). Guido tenta la pasta ed è un successo! La cameriera conosce perfettamente il termine “al dente” e le linguine con gamberi che gli porta sono ottime (spendiamo 82 CAD in due). Tornando verso il B&B nel silenzio assoluto, vediamo un daino che mangia tranquillamente l’erba nel prato di una casa…e ci fiondiamo nel comodissimo lettone in cui purtroppo staremo pochissimo… 12˚ giorno, 19 agosto: Prince Rupert – Port Hardy Levataccia assurda alle 5 meno un quarto per essere al porto due ore prima della partenza, prevista per le 7.30; pioviggina e fa freddo, ma salendo a bordo scopriamo che i famosi posti a sedere prenotati dall’Italia e STRAPAGATI (2 persone, l’auto e i 2 posti riservati ci sono costati l’equivalente di 250 € a testa, un latrocino assurdo, ma era il modo più rapido per raggiungere Vancouver Island senza dover macinare una quantitá infinita di km per scendere verso sud in auto) sono in una lounge riservata a prua e noi abbiamo anche la fortuna di averli in prima fila, di fronte a una delle finestrone laterali a picco sull’acqua, bellissimi. Le 15 ore di viaggio passano tranquillamente fra letture, pianificazione dei giorni successivi, pasti a bordo (alle 12 organizzano una grigliata su uno dei ponti e ci fiondiamo a comprare un paio di hot-dog a 5 CAD l’uno) e avvistamento di alcune megattere che danno spettacolo…e arriviamo puntuali alle 22.30 a Port Hardy. Dall’Italia avevamo prenotato il Pioneer Inn che si trova un pò fuori dal paese (105 CAD la doppia), che era una delle sistemazioni più economiche trovate on-line; la stanza è bella grande e ha il microonde e la caffettiera di rito. Facciamo un salto in paese a comprarci un paio di panini (ovviamente a quell’ora è tutto chiuso ma non il drugstore annesso alla pompa di benzina, sempre una grande salvezza!), li scaldiamo, li mangiamo e finalmente ci fiondiamo a dormire. 13˚ giorno, 20 agosto: Port Hardy – Cape Scott Provincial Park – Telegraph Cove Consiglio: se avete in programma di andare al Pacific Rim e/o non vi interessa campeggiare direttamente sulla spiaggia e/o farvi il trekking di più giorni fino alla punta estrema del parco, evitate accuratamente i dannatissimi 60 km di strada sterrata – e che la Lonely non segnala come tale – che vi portano al Cape Scott Provincial Park perchè sono davvero pesantucci. E’vero, una volta arrivati al posteggio (ci vuole circa 1 ora e mezza da Port Hardy), c’è un bellssimo percorso di 2,5 km nella foresta pluviale che porta alla spiaggia – altrettanto scenografica – però questi ambienti sono assolutamente paragonabili a quelli di Long Beach e quindi inutile, a parer nostro, è arrivare fin qui su una strada polverosa, monotona e piena di sassi da far rimpiangere quella verso il Salmon Glacier. Un posto caruccio in cui andare a far colazione prima di partire verso sud, invece, è il Guido’s Coffee a Port Hardy dove servono ottime brioches con caffè e il locale è anche una libreria/mostra fotografica molto particolare. Noi facciamo anche un salto all’Info Tourist a prenotare la famosa crociera di avvistamento balene a Telegraph Cove per il pomeriggio seguente (la prenotazione è obbligatoria), che raggiungiamo verso sera dopo esserci annoiati a sufficienza a fare i 50 km/h andata e ritorno sullo sterrato di cui sopra. Qui sono pieni all’inverosimile sia il Telegraph Cove Resort che il Docks 29 (gli unici hotel del posto, che è davvero minuscolo) e quindi optiamo per il campeggio, al solito splendidamente immerso nella foresta (30 CAD la piazzola con elettricitá). La direttrice del campeggio è davvero simpatica e gentile e ride come una matta quando io, italiana, le dico che adoro il cibo canadese, cosa che confermo andando a mangiare la sera nel pub Old Saltery (il menù è lo stesso del ristorante annesso, infatti sono due locali comunicanti); il caminetto circolare al centro dell’unico stanzone crea una bella atmosfera da “lupi di mare” come dice la Lonely e i gamberi che mangiamo non sono niente male, mentre la “Killer Whale Pale Ale” locale è ben lungi dalla mia adorata Canadian! Tutta Telegraph Cove – popolazione invernale: 6 persone!- gira praticamente attorno a questi locali e al Whale Interpretative Center (6 CAD l’ingresso, un’interessante piccolo museo sui cetacei a cui si può dare un’occhiata in una mezz’ora) che si raggiungono su una bellissima passerella di legno a palafitte sulla sinistra della baia e al resort-centro informazioni e al drugstore-caffetteria sulla destra. Un posto minuscolo ma molto caratteristico in cui passare anche solo per un salto al museo, una passeggiata sulla passerella e un panino veloce al pub. Mi spiace invece essermi persa la vicina Alert Bay, raggiungibile in traghetto da Port Mc Neill, ma purtroppo non c’è n’è stato il tempo. 14˚ giorno, 21 agosto: Telegraph Cove La crociera è prevista per l’1, quindi ci alziamo con tutta calma e facciamo colazione nella deliziosa caffetteria subito dopo l’Old Saltery Pub e di fronte al Whale Interpretative Center. Paghiamo il suddetto sproposito di 210 CAD per 3 ore e mezza di uscita in mare e ci corazziamo contro vento e pioggia che stanno dando il meglio di sè; il mare comunque è calmissimo nonostante il diluvio e quindi si parte nei tempi previsti. Secondo noi ci sono state 2 principali fregature in questa uscita: innanzitutto dopo aver esordito con “chissá se saremo fortunati e vedremo qualche cosa”, scopriamo – ce lo spiega la biologa che ci accompagna – che ci sono interi gruppi di orche marine stanziali e quindi il capitano della barca si dirige appositamente a colpo sicuro verso questo numerosissimo gruppo, che però vediamo da molto lontano (i 100 metri promessi non si raggiungono assolutamente, saranno stati almeno 300) e obiettivamente stiamo troppo tempo lí a vedere questi…puntini, alla fin fine, che si alzano e si abbassano in bianco e nero fra le onde. Un paio di ore dopo – quando ormai quasi più nessuno scattava foto perchè l’argomento era decisamente sviscerato – anzichè cercare di avvistare qualcos’altro, megattere, delfini, leoni di mare o che so io, i nostri lupi di mare strapagati decidono che noi siamo soddisfatissimi cosí e si fermano in una caletta dove la biologa ci tiene un sermone sulle orche marine che, onestamente, avessi voluto ascoltare mi sarei affittata il dvd di Superquark in tema cetacei. Non saprei dire se siamo stati noi a essere sfortunati oppure se il giro previsto è più o meno sempre questo; l’impressione generale è stata che loro si dirigano verso alcune “certezze” per poi sperare in ulteriori avvistamenti casuali e del tutto fortuiti ma che non si sbattano troppo ad andare lontano dalla costa a cercare gli animali. La sera stessa incontriamo al pub un gruppo di 4 signori di Vancouver Island sulla sessantina che, dopo quattro chiacchiere, saputo il prezzo pagato strabuzzano gli occhi e ci dicono “E’come quando noi a Venezia abbiamo pagato 100 € un giro in gondola…”, a ulteriore conferma che molto probabilmente ‘ste crociere ultra-pubblicizzate, alla fin fine sono piattamente un’attrazione turistica con poco costrutto. Aggiungono inoltre che ci fossimo incontrati il giorno prima avremmo potuto organizzare di andare in giro con la barca del figlio di uno di loro e allora sí che i 100 metri di sicurezza previsti si sarebbero potuti raggiungere…peccato! 15˚ giorno, 22 agosto: Telegraph Cove – Campbell River – Port Alberni Dopo un’ulteriore colazione nella caffetteria, partiamo per il Pacific Rim che però dista 470 km circa da Telegraph Cove e quindi preferiamo fare una pausa a pranzo a Campbell River (carina la zona residenziale ma il paese in sè non ha nulla di particolare) e la sera a Port Alberni (idem) dopo aver visitato lungo la Hwy 4, il “mausoleo” degli alberi chiamato Cathedral Grove, di grande effetto. Anche se abbiamo visto questa parte di costa di Vancouver Island, la cosiddetta Oceanside, solo passandoci attraverso in macchina senza fermaci, l’impressione generale è che sia un posto per canadesi dell’entroterra, magari con famiglia, che vogliono semplicemente godersi un pò del “loro” mare (per noi ghiacciato), quindi tanti hotel, locali, spiagge, pubblicitá di crociere, kayak, surf, pesca ma che da un punto di vista paesaggistico non offrano nulla di particolare per cui valga la pena fermarsi. A Port Alberni, il B&B Alpine Spring Farm che segnala lo Lonely non esiste più o meglio, dopo essere riusciti a scovarlo grazie a una mappa del paese presa all’Info Tourist, non troviamo nessuna indicazione del fatto che la casa un pò famiglia Addams in cui approdiamo venga ancora adibita a B&B, per cui inquietati dall’atmosfera lugubre del luogo, ci adattiamo alla doppia di un motel scelto guidando a casaccio, il Blue Bird. Proprietario trash a parte, che con le mani un pò disgustosamente sporche di sugo ci macchia la ricevuta, la stanza è pulita e spaziosa e ha la cucinetta a disposizione…ma ovviamente noi non abbiamo voglia di cucinare alcunchè e andiamo, sempre girando a caso, in un pub non male di cui però abbiamo perso lo scontrino e quindi non ricordiamo il nome (ricordo solo che si trovava a due passi dal Boston Pizza sulla via principale). 16˚ giorno, 23 agosto: Port Alberni – Pacific Rim – Tofino Per colazione cerchiamo il Blue Door Cafè consigliato dalla Lonely, che non è molto lontano dal motel e peccato non avere avuto fame, qulla mattina, perchè ha davvero un menù ricchissimo. Partiamo quindi per il Pacific Rim che raggiungiamo in un paio d’ore scarse; il biglietto del parco, che si compra all’Info Tourist all’ingresso oppure in apposite macchinette automatiche nei singoli punti di interesse, costa circa 15 CAD in due e dura come i precedenti fino alle 16 del giorno dopo, quindi ben venga non aver comprato l’abbonamento annuo. Le varie attrazioni dislocate nell’area di Long Beach sono ben segnalate; conviene comunque prendere la mappa illustrativa al centro informazioni in modo da poterne leggere le descrizioni e selezionare quali visitare e quali no, specie se si ha poco tempo da dedicare a questa zona. La rain forest, ad esempio, secondo noi vale una sosta anche se il paesaggio ricorda molto il Cathedral Grove. Notando il cartello “no vacancy” addirittura al campeggio Green Point (che la Lonely dice essere senza docce e dotato di sola acqua fredda), preferiamo fiondarci al secondo centro informazioni del posto per prenotare qualcosa ben prima che diventi sera; la soluzione più economica (!) risulta essere il B&B Hummingbird, in una zona di Tofino chiamata McKenzie Beach, a 168 CAD per la doppia. La casa è bellissima, di legno, con un giardino enorme, la stanza ha bagno, ingresso e una verandina privati e i proprietari sono uno spasso, per cui crepi l’avarizia! Una volta invaso il prato con tenda e teloni vari stesi perchè ancora umidi dopo il diluvio preso a Telegraph Cove, facciamo un salto alla Coop di Tofino per comprarci il necessario per prepararci dei panini da mangiare in spiaggia (il supermercato per una volta è enorme e hanno anche gli ingredienti freschi per comporre delle insalatone, cosa di cui approfittiamo)…e finalmente siamo a Long Beach nel punto denominato Comber Beach! L’ennesima meraviglia da lacrime agli occhi. La spiaggia si estende a perdita d’occhio in entrambe le direzioni, stormi immensi di gabbiani volano ovunque e onde considerevoli attirano fiotti di surfisti che noi guardiamo basiti da dentro al sacco a pelo nel quale ci siamo imbozzolati dato il vento fortissimo. Un tramonto mozzafiato completa il panorama perfetto con la bassa marea che crea fantastici disegni di sabbia e acqua. Quando ormai è buio torniamo a Tofino ma la maggior parte dei locali è giá chiusa, per cui optiamo per un trancio di pizza non male anche se un pò insipido in un take-away, compriamo un paio di Canadian al liquor store e ce le andiamo a gustare nella nostra verandina guardando le stelle. 17˚ giorno, 24 agosto: Tofino – Nanaimo Dopo che la gentilissima proprietaria dell’Hummingbird ci ha portato la colazione in camera, facciamo i bagagli, torniamo alla Coop a prenderci una seconda insalata per pranzo e decidiamo di visitare in sequenza i due estremi opposti di Long Beach, Schooner Cove e South Beach (saltate invece tranquillamente Radar Hill, deludentissimo punto panoramico), a cui si accede dopo brevi e facili percorsi attraverso la foresta. Nel primo caso si sbuca di fronte a un’isoletta che con la bassa marea riusciamo a raggiungere immergendoci fino ai polpacci (e congelandoceli di conseguenza nonostante il sole oggi splenda), mentre nel secondo accediamo evidentemente al dormitorio di una milionata di gabbiani che sbiancano di ali la spiaggia e il cielo quando si alzano contemporaneamente in volo; ma che spettacolo! Mogissimi, ci forziamo a lasciarci alle spalle anche questo incanto e ci dirigiamo verso Nanaimo che raggiungiamo in due ore e mezza. Il Bucaneer Inn che suggerisce la Lonely è al completo, per cui, procedendo a caso, troviamo il Travel Lodge nella stessa via, molto comodo per il traghetto da Departure Bay il giorno successivo, e paghiamo una doppia con balconcino 139 CAD. Avendo scorto con la coda dell’occhio mentre passavamo davanti al Bucaneer un pub nella zona del porto, pensiamo di tornarci per cena e lí (anche se si chiama Muddy Waters, decisamente poco invitante!) mangio il più fantastico hamburger dell’intera vacanza, di halibut al cajun…fantastico, un gusto unico! 18˚ giorno, 25 agosto: Nanaimo – Vancouver Ci svegliamo con tutta calma decisi a prendere il traghetto delle 12.15; in questo caso basta presentarsi al porto circa un’ora prima della partenza e si fa il biglietto direttamente in loco. Per Horseshoe Bay è una bella mazzata, 73 CAD per 2 persone e la macchina, ma il viaggio dura solo 1 ora e mezza e quindi abbiamo tutto il tempo di trovare l’hotel (il Kingston B&B, consigliato dalla Lonely e prenotato su booking.com da qui; economico, per essere in centro cittá, e comodissimo come posizione ma la doppia con bagno condiviso è davvero microbica) e farci un giro a piedi nella zona del porto fino allo Stanley Park. Abbiamo trovato Vancouver pulita e ordinata anche se molto trafficata (ma forse lo è anche Calgary, solo che noi ci siamo capitati di domenica); la zona di Canada Place interessante, anche se purtroppo l’IMAX Theatre non c’è più, e la pedonale che costeggia il porto e volendo permette il giro completo del centro, è rilassantissima. Per tornare indietro passando stavolta per Georgia St. (la Hw99) svoltando poi in Granville St. Che è in buona parte una strada pedonale piena di locali e negozi. Decidiamo di cenare comunque nel pub attaccato all’hotel, che si chiama anch’esso Kingston e si rivela una buona scelta: pollo per me e pasta (ottima e al dente anche in questo caso) per Guido, birra di rigore, a 64 CAD in 2 e il locale è davvero carino. La zona pedonale di Granville St. Vista di notte, invece, si rivela un pò deludente: ubriachi, mendicanti e gioventù “decadente” che bighellona con lo sguardo perso…diciamo che da quella che viene definita la “cittá più vivibile del mondo” mi aspettavo un altro tipo di atmosfera; è anche vero che sulla Lonely stessa viene specificato come il problema dei mendicati sia molto sentito dalla popolazione locale. Nota: davanti all’hotel il posteggio ha validitá al massimo 2 ore, quindi il tipo alla reception ci consiglia un posteggio al coperto lí vicino; molto probabilmente non abbiamo capito quale intendesse lui, comunque la lasciamo in uno che evidentemente non contempla il parcheggio notturno ma solo dalle 6 del mattino alle 6 sera…ergo, paghiamo una specia di “multa” la mattina dopo, 25 CAD anzichè – a quanto pare – la normale ventina…e pazienza. 19˚ giorno, 26 agosto: Vancouver – Calgary Partiamo da Vancouver con il volo delle 11 di mattina dopo aver salutato il nostro mitico Dodge fiammante, e io, non sapendo che nei voli canadesi interni si possono portare fino a 2 bagagli a mano, sovraccarico la valigia (il massimo consentito è 23 kg), cosí come una perfetta idiota pago 75 CAD per il peso in eccesso, quando mi sarebbe bastato aprire la valigia 5 minuti di numero e toglierne la tenda, portandomela poi a mò di borsetta…che nervi, a volte mi comporto in maniera davvero irrazionale. Il volo dura 1 ora e mezza; arriviamo all’hotel Delta Calgary, un 4 stelle con piscina (prenotato approfittando di un’offertona beccata su booking.com che faceva pagare la stanza ¼ del prezzo normale), attaccato all’aeroporto e ci stravacchiamo per il resto del pomeriggio; oltre tutto fuori tira un vento pazzesco e non credo che ci saremmo potuti godere al massimo una seconda passeggiata in cittá. La sera ci facciamo ladrare 95 CAD al ristorante dell’hotel per una cena buona ma non certo a livello di molte delle precedenti…e anche qui colpa mia che ho scelto la costosissima steak-house alla cieca anzichè il ristorante più a buon prezzo. A volte, quando sono cosí impulsiva, mi detesto neanche troppo cordialmente. Comunque ormai è fatta e per lo meno stanotte si può dormire in un letto enorme e comodissimo. 20˚ giorno, 27 agosto: Calgary – Francoforte Partiamo da Calgary con il volo dell’1 di pomeriggio e purtroppo patisco l’aereo come non mi succedeva da anni…peccato perchè mi perdo una seconda carrellata di prime visioni… 21˚ giorno, 28 agosto: Francoforte – Torino …sigh…arrivati. Che dire…bellissimo viaggio!!!! Considerazioni a posteriori: Vancouver Island, Pacific Rim a parte, si sarebbe potuta forse saltare, provando magari, dopo Stewart e Hyder, a proseguire verso nord sulla Stewart-Cassiar raggiungendo lo Yukon e magari l’Alaska per poi scendere a sud tornando verso Prince George e prendendo la Hw5 per arrivare a Whistler, al Garibaldi Provincial Park e sulla Sunshine Coast, anche se temo che quest’ultima ricordi molto, come ambiente, la zona di Oceanside su Vancouver Island. Chiaro che questo percorso implicherebbe macinare migliaia di km in auto, quindi temo ci vorrebbero molto più di 20 giorni a disposizione. Un giro al Mount Robson Park lo farei…e cosí pure, avendo tempo, mi spingerei da Jasper fino a Edmonton a dare un’occhiata…e perche’ no? Anche allo Yoho Park, includendo qualche giorno nella Kanakis Country…insomma, diciamocelo, tornerei di sicuro e rifarei un sacco di cose! Note: Nella zona dei parchi nazionali dell’Alberta al di fuori dei centri abitati, nei tratti verso Prince George/Stewart/Prince Rupert e da Port Hardy a Tofino attenzione, come giá dicevo, alla benzina e al pernottamento perchè ci sono diverse zone completamente disabitate o comunque prive di rifornimenti e lodge. Tenete inoltre presente che – tranne a Calgary e a Vancouver – tutti i pub/ristoranti chiudono al massimo alle 22 ma più spesso entro le 21. Tutti gli alcolici, anche una banale birra, al di fuori di un locale vengono venduti ai maggiorenni solo negli appositi “liquor stores” dotati di licenza; nei supermercati hanno solo analcolici (spesso iperzuccherati e sciropposi). Conviene cambiare gli euro in dollari direttamente in qualche banca. I traghetti da/per Vancouver Island da Nanaimo/Victoria o da Vancouver si possono prendere semplicemente presentandosi al porto e comprando il biglietto direttamente lí, mentre da/per Prince Rupert bisogna arrivare all’attracco con la prenotazione in mano (lo stesso credo che valga da/per le Queen Charlotte Islands). Ricordate di portare un adattatore per le prese di corrente! Per le ragazze: portatevi il phon (non fate come la sottoscritta che l’ha dimenticato!) perchè pochissimi lodge ne sono dotati. Scusate l’uso frequente dei superlativi utilizzati nel raccontare il viaggio, ma io giá sono un’entusiasta di natura, figuriamoci di fronte a paesaggi simili (ho raccolto un paio di idee in proposito sul mio blog: http://kifreewheel.blogspot.com/2010/09/alberta-columbia-no-rush.html se vi interessassero).
In 20 giorni, inoltre, abbiamo incontrato SOLO persone incredibilmente cordiali, che SORRIDONO, salutano, chiacchierano volentieri e si fanno in 4 per aiutarti. Rilassatevi e godetevi con calma questi paesaggi magnifici sorridendo a vostra volta al mondo intero; questo è il posto giusto per capire quanto la vita ci abbia donato. E se siamo qui in vacanza è davvero cosí.