Camino real peru’: un dipinto di emozioni

La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita o una vacanza, ma un sogno. E va crescendo poco a poco, costruendosi una delicata architettura. Un viaggio, quindi, ha sempre un inizio e una fine, che quasi mai coincidono con la sua durata effettiva. Il mio viaggio in Perù cominciò almeno due anni...
Scritto da: myo
camino real peru’: un dipinto di emozioni
Partenza il: 04/08/2006
Ritorno il: 26/08/2006
Viaggiatori: in gruppo
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La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita o una vacanza, ma un sogno. E va crescendo poco a poco, costruendosi una delicata architettura. Un viaggio, quindi, ha sempre un inizio e una fine, che quasi mai coincidono con la sua durata effettiva. Il mio viaggio in Perù cominciò almeno due anni fa, quando dopo la laurea avevo un’estate libera da occupare, e nessuno con cui farlo. Il Perù, perché gli Inca mi hanno sempre affascinato, fin dalle scuole medie. L’unico problema erano i pochi soldi a disposizione… stesso discorso o quasi nell’estate 2005. Nel 2006 qualcosa è cambiato. Finalmente potevo contare su un piccolo gruzzoletto, e ancora meglio ho trovato delle persone con cui fare il viaggio… E’ incredibile come il conoscere nuove persone e il consolidarsi di nuove amicizie ti possano cambiare la vita anche nel giro di pochi mesi… Con l’Ale e l’Anna eravamo decise a fare un viaggio con Avventure. Fra i viaggi possibili il Perù era una seconda scelta a causa della durata e del costo… poi però scopro che hanno affidato il viaggio in Perù a Nicola…. Il sogno da quando ero ragazzina stava per realizzarsi…. Con la prima mail di Nicola è cominciata la seconda parte del viaggio: sentivo in me l’eccitazione crescere giorno dopo giorno, mail dopo mail, libro dopo libro… Un momento particolare è stato sicuramente quando ho letto in una di queste mail del “coordinatore” i nomi dei miei compagni di viaggio: il gruppo si stava materializzando pian piano e la curiosità di conoscerli cresceva a ritmo esponenziale. L’adrenalina pre partenza era talmente alta che ad un certo punto avrei anche voluto non partire, percependo la partenza un po’ come già la fine del viaggio. La terza parte del viaggio, cioè il viaggio vero e proprio, comincia all’alba del 4 agosto… Sarà la prima di tante albe… Zaino in spalla a Malpensa incontriamo i primi nostri compagni di viaggio. Comincia il valzer dei nomi e finalmente si svelano i visi delle persone: Flavio e Marie di Bologna, Fabiana di Treviso, Michele di Genova, Francesco e Francesca. Ad Atlanta facciamo la conoscenza dell’altra metà del gruppo proveniente da Roma: Andrea, Fabio, Giuliana e Luigi di Roma, Andrea e Chiara di Firenze. Atlanta non offre molto di più del Museo della Coca Cola e lasciarla non è poi un dispiacere così grande! Del resto neanche Lima è niente di che. Se non fosse stato per due piccoli inconvenienti del passaggio a Lima nessuno avrebbe conservato un ricordo particolare… E invece temo che Fabiana e Giuliana se la ricorderanno molto bene: a Fabiana è stato rubato lo zaino e a Giuliana il cellulare… Meno male che ce ne andiamo via, relativamente, in fretta e concludiamo la serata scoprendo a Pisco il Pisco Sour, una delle bevande tipiche del Perù. Fatto con il Pisco, succo di Lime, zucchero di canna, bianco d’uovo montato e una spolverata di cannella va giù che è un piacere! Il terzo giorno è uno di quei giorni che difficilmente si dimenticheranno. Partenza da Pisco all’alba: se tutte le alzatacce, anticipassero giornate così, mi sveglierei alle 5 tutte le mattine… A Paracas salpiamo con la barca verso le isole Ballestas: il sole che ci sorge alle spalle rende l’atmosfera incantata. Ci fermiamo qualche minuto per osservare il Candelabro: nonostante in queste zone piova solo 30 minuti ogni 4 anni, pare inspiegabile che un disegno realizzato sulla sabbia secoli fa sia ancora intatto. Dopo circa un’altra oretta di barca arriviamo alle Isole Ballestas: isole famose per essere abitate da uccelli, leoni marini, cormorani, e addirittura pinguini, piccoli e tenerissimi. Altra particolarità di queste isole è il loro colore: al rosso delle rocce fa da contrasto il bianco che si vede sulle cime, dovuto al Guano, ossia agli escrementi degli uccelli. Marie e Anna ne possono descrivere la bontà! … E’ proprio la giornata di Marie… dopo essere stata colpita dalla cacca di un uccello, riceve lo sputo da un’Alpaca che successivamente ha anche cercato di montarla.. Tutto documentato! Non è neanche trascorsa mezza giornata e ne abbiamo già viste di ogni colore… non ci immaginavamo che il bello dovesse ancora venire! Lasciamo Ica e ci addentriamo nel deserto. A Huacacina noleggiamo due macchine per fare un giro sulle dune… ma a dire il vero pareva di essere più sulle montagne russe: discese verticali e curve a gomito… elettrizzante! …e poi che paesaggi: da lasciare senza fiato… Ma poteva finire qui?… certo che no.. Mancava la ciliegina sulla torta, che golosi abbiamo mangiato a Nazca, facendo il giro in aereo sopra i suoi famosissimi simboli: il ragno, l’astronauta, il colibrì, la scimmia, etc… visti da un’altezza di 150 m…. Pura ebrezza! Tutte queste emozioni devono avermi fatto addormentare con il sorriso sulle labbra…. Dopo una giornata come quella di ieri un po’ di riposo ci vuole, anche se forse definire riposo 10 ore di pullman non è proprio corretto. Abbiamo avuto così l’occasione per conoscerci meglio e per consolidare il gruppo. Di cose ne abbiamo comunque viste: la produzione della ceramica e dell’oro, il cimitero di Chauchilla, dove si possono ancora osservare le tombe e qualche mummia in posizione fetale. In questa giornata abbiamo anche avuto modo di vivere un reale momento peruviano, passeggiando tra le bancherelle di un mercato incontrato sulla strada per Arequipa: un insieme di visi, occhi, colori e prodotti molto diversi dai nostri. Da Nazca ad Arequipa non solo ci sono 10h di viaggio, ma anche circa 50 anni di vita. Siamo partiti da una città poverissima, che vista dall’alto pareva essere stata bombardata, e siamo arrivati in un’altra che non ha niente da invidiare ad una città occidentale. La visita ad Arequipa comincia dal Monastero di Santa Catalina: una città nella città, dove la “mezcla” dei colori rosso e azzurro usati per dipingere le mura, ti porta ad una estraniazione totale. Il pomeriggio siamo andati un po’ a zonzo, anzi forse sarebbe meglio dire a “bisquero”. Ci siamo poi attivati per regalare all’Ale un grande compleanno: Nico ha commissionato al ristorante la torta, gli altri ragazzi del gruppo si sono organizzati per fare un biglietto speciale, mentre io pensavo solo a come non farle scoprire niente! Tutto ha proceduto alla perfezione e quando al ristorante ha aperto il regalo e letto tutti i biglietti, qualche lacrimuccia stava per scendere… ma sono state subito asciugate dalla splendida e buonissima torta al cioccolato! Ne proveremo di altre lungo il viaggio… ma così buona non la ritroveremo, vero Francesca? Peccato solo che la serata sia finita così presto….. Con ancora il sapore della torta di cioccolato in gola, lasciamo Arequipa e il vulcano Misti in direzione di Chivay…. Man mano che salivamo si percepiva con maggiore intensità la difficoltà a respirare e camminare. Per aiutarci un po’ bevevamo il Mate de Coca, tisana dai mille effetti benefici. Arriviamo così al passo El Mirador de los Andes a 4.900 metri. Se un leggero cerchio alla testa si faceva sempre più persistente, al contrario i nostri movimenti si facevano sempre più lenti. Camminavamo al rallentatore, senza compiere sforzi, come cosmonauti che esplorano lo spazio. Il luogo avrebbe sicuramente meritato più tempo e attenzione ma le condizioni si stavano facendo sempre più disagevoli e così ci siamo presto rimessi in viaggio. A Chivay, mentre percorrevamo a piedi il tragitto verso le terme, mai mi sarei immaginata che sarei rimasta per più di un’ora immersa nell’acqua di una piscina all’aperto con circa 0°C fuori e +35°C dentro, ad ammirare lo spettacolo unico dei monti che maestosi si ergevano intorno a noi! Si sa che la piscina fa venire fame: al Casablanca servizio rapido e impeccabile, cibo squisito e Susanna è stata eletta la numero uno per bravura e cortesia. Come al solito la mattina seguente la sveglia, o meglio il cellulare, ha suonato molto molto presto.. Ma al contrario delle altre mattine, io non mi sentivo molto in forma, tant’è che a colazione non ho mangiato quasi nulla. Ancora una volta, però, la giornata prometteva altre emozioni, e la consapevolezza di ciò è bastata a rimettermi in piedi. La visita al Canyon del Colca cominciava da due paesini molto caratteristici: già alle 6.00 del mattino gli abitanti ci aspettavano per darci il benvenuto mostrandoci balli e costumi tipici. Il fatto che lo facessero solamente per noi turisti, lo rendeva sicuramente meno suggestivo, ma se ciò è un modo per avere un contatto con loro e una conoscenza dei loro usi, a me poi non dispiace. Salutato anche il secondo paese, andiamo alla Cruz del Condor, da dove la mattina presto si possono ammirare i Condor volteggiare sulla testa…. Osservare questi uccelli enormi che volavano leggeri in mezzo a questo paesaggio magnifico infondeva un grandissimo senso di libertà… Torniamo a Chivay per raccogliere i bagagli e ripartiamo. Sul tragitto per Puno io mi sentivo sempre peggio, tanto che ad un certo punto mi sono sentita mancare le forze, la fronte scottava e non riuscivo a tenere gli occhi aperti. A Puno, come ho visto il letto, mi sono sdraiata e non mi sono più alzata… non mi era mai capitata una cosa simile e avevo paura di non riprendermi per il giorno dopo, così prima di svenire definitivamente ho ingoiato Tachipirina e Aulin e buonanotte… … la mattina miracolosamente mi sentivo bene… e mi era pure svanito quel fastidioso mal di testa che mi portavo dietro da Chivay. Meno male, perché mi era già piuttosto chiaro come in una vacanza così non ti possa permettere di perdere nemmeno un giorno! Una colazione abbondante mi dà di nuovo la carica per affrontare il tragitto in barca sul lago Titicaca, il lago navigabile più alto al mondo. Vasto come un mare il Titicaca pare una lastra brunita di 8.000 km² situata a circa 4.000 metri d’altezza. Un lago con le onde e trenta isole. Le prime che incontriamo sono le Isole Uros – Las Islas Flotantes. Le Uros sono isole galleggianti fatte di totora, una specie di giunco che gli abitanti usano anche per costruire le capanne e le barche. Su ogni isola vivono 3-4 famiglie. Le donne producono oggetti artigianali da rivendere ai turisti che vengono in visita. Le Uros sono teatro anche di un’altra gag: Francesco che cade in acqua, pensando prima a salvare la macchina fotografica che se stesso.. Che ridere! Ripescato Francesco, facciamo rotta verso Amantani, sicuramente uno dei luoghi e dei momenti più significativi e intensi di tutto il viaggio… Amantani non è stato per me solo un’isola o i suoi abitanti, ma soprattutto un insieme di emozioni e sensazioni che difficilmente riuscirò a provare di nuovo. Si è cominciato con la suddivisione in famiglie: la nostra (mia, di Anna e Ale) è quella di Liz e Costantino. Costantino è il padre e Liz una delle figlie, in totale sono 5 i figli. Vivono tutti in questa casa su due piani molto carina: al piano terra si trova la cucina e una camera, mentre al primo piano le altre camere da letto, compresa la nostra. Tutte le porte sono in versione Lilliput: per passare dobbiamo chinarci anche io e l’Ale che non siamo sicuramente dei giganti. Prima di pranzare, abbiamo il tempo per un giretto nei dintorni della casa. La vista sul lago è magnifica, tanto che non riusciamo a trattenerci dal fare qualche foto. Torniamo che il pranzo è praticamente in tavola: pensavamo ad uno spuntino veloce, ci sbagliavamo… Alla zuppa di quinua (un cereale), molto buona, seguirà un misto di verdure bollite con uovo sodo. Provavo una bella sensazione nello stare seduta a tavola nella loro cucina, mangiando nelle loro ciotole, conversando con la signora che pelava patate davanti al focoloare… una sensazione di pace e serenità.. Come se in quel luogo gli orrori e tutto ciò che stava capitando nel mondo fossero distanti anni luce… Questo lungo inaspettato pranzo, ci ha fatto arrivare tardi all’appuntamento in Piazza, e così ci becchiamo la ramanzina dal coordinatore, che, detto tra noi, non vedeva l’ora che sbagliassimo qualcosa per poterci riprendere… però non potevamo certo rifiutare tanta cortesia! Neanche il tempo per replicare che si parte subito per la cima dell’isola a 4.200m. Durante la salita mi sentivo dentro un quadro di Van Gogh avvolta dalla luce magica del crepuscolo. Discendiamo al buio e un po’ infreddoliti. In piazza però ci aspetta un’altra calorosa accoglienza: gli abitanti che facevano festa ballando e correndo intorno a due enormi fuochi. Io, Francesca e l’Ale non ce lo siamo fatte dire due volte e ci buttiamo nella mischia: avevo gli occhi che mi piangevano dal fumo, ma è stato molto emozionante prendervi parte! La sera dopo cena ci lasciamo trascinare in qualche giro di danza, ma poi decidiamo che, nonostante il freddo, fosse meglio uscire ad ammirare lo spettacolo di un cielo stellato unico al mondo. Data l’altitudine si aveva come l’impressione di poter afferrare una stella e portarsela via. Ci ha pensato poi la luna quasi piena a rendere la serata ancora più unica, salendo alta nel cielo e illuminando tutto a giorno…. E io ero li a osservare tutto ciò con gli occhi di una bambina alle sue prime scoperte… guardai e guardai e continuai a guardare quell’incredibile quadro che andava dipingendosi davanti a me, timorosa di perdermi qualcosa, sapendo che difficilmente sarei ripassata di lì, e che nel caso l’avessi fatto, né il cielo né la notte né io saremmo stati gli stessi. La mattina seguente il dispiacere di lasciare quel posto incantato, era veramente tanto, ma in questo viaggio le cose più belle capitano quando meno te l’aspetti e un dopocena qualsiasi si trasforma, così, in una delle serate più significative e divertenti di tutto il viaggio. Incuriosita dalla musica che usciva da un palazzo, Anna entra a dare un’occhiata. Entusiasta esce e ci invita tutti a entrare. Ci ritroviamo così ad essere l’attrazione (più di una volta abbiamo sorpreso qualche peruviano mentre ci fotografava) della Festa della Vergine del Folklore a Puno. Ci accolgono, offrendoci Pisco Sour e una signora veramente gentile ci invita ad andare a ballare con loro… non smetteremo se non dopo un paio d’ore. Momento culmine è stato sicuramente la scenetta tra Anna e un peruviano che l’ha invitata a ballare, con tanto di accenno di Marinera…da morir dal ridere! Alla festa della Vergine del Folklore di Puno ho scoperto il calore della gente aperta, che festeggia per l’arrivo di un estraneo con l’abituale cerimonia dell’indagare, del concedersi e del condividere. Il sincero dispiacere della signora nel salutarci mi ha veramente commosso, e allo stesso riempito il cuore di gioia. Con ancora negli occhi le immagini e nel cuore le emozioni provate ad Amantani e a Puno, oltrepassiamo la frontiera e giungiamo a La Paz, in Bolivia, il paese più povero di tutto il Sud America. Il passaggio è sicuramente brusco. D’improvviso la serenità e la tranquillità provata sul Lago Titicaca lasciano lo spazio a sensazioni contrastanti: a volte di tristezza e commiserazione, altre volte di paura, più spesso di disagio per lo stato di povertà in cui vivevano la maggior parte delle persone. Ho anche provato grandissima rabbia non comprendendo come sia umanamente possibile che a neanche 5 minuti di distanza possano coabitare gente milionaria e persone che vivono e muoiono per strada. Per fortuna c’è stato anche spazio per fare conoscenza con persone piacevoli come Eva, nel cui negozio abbiamo passato più tempo che nella visita della città. Ma la Bolivia è anche e soprattutto la Cordigliera delle Ande, vette innevate che soltanto il condor può visitare ma che, a volte, dalle spianate desertiche dell’altopiano si potrebbero scambiare per montagne facili da scalare. A La Paz le Ande appaiono come piccole montagne: poco importa che le vette raggiungano i 5000 metri, quando ci si trova ad un’altitudine di 3500! Anche un viaggio stupendo come questo ha le sue piccole sfortune. Noi l’abbiamo avuta proprio nella giornata della salita al Chacaltaya. Una forte nevicata la notte precedente ci ha impedito di poter raggiungere la vetta a 5.500 metri. Ci siamo dovuti accontentare e fermarci a 5.000 metri. Ma la bellezza di quelle montagne e la sensazione di essere comunque là in alto non hanno paragoni. La Paz e in particolare il ristorante l’Angelo Coloniale sono stati anche una tappa fondamentale per l’amalgamarsi del gruppo: qui le discussioni sono state vere, intense, ma anche molto costruttive e hanno aiutato ad approfondire la nostra conoscenza. Più di metà vacanza se n’è già volata via. La sensazione di essere via da una vita, si alterna alla certezza che mi aspettano ancora tantissime e bellissime cose da fare e da vedere. Il sito archeologico di Tiwanaku è la prima di queste. La grandezza della storia Inca trova origine in questa cultura che dominava la regione dell’Altopiano centrale. Dalla cultura Tiwanaku gli Inca hanno “rubato” moltissimo: la venerazione degli dei, il culto e lo studio del sole e delle costellazioni. Di Tiwanaku non ricorderò solo gli scavi, la porta del sole, le mura, ma anche il suo meraviglioso cielo azzurro e il movimento leggero delle nuvole. Al termine della visita ci rimettiamo in viaggio verso il Perù: la Bolivia ci saluta lasciandoci negli occhi la bianca meraviglia della Cordigliera andina che si eleva sopra il blu del Lago Titicaca. Dopo un viaggio notturno in bus pubblico, con l’ansia di non ritrovare i nostri bagagli all’arrivo, giungiamo in piena notte a Cuzco. La mattina con molta tranquillità, e dopo aver pianificato le giornate successive, cominciamo il giro turistico della città: Plaza de Armas, San Blas, la Cattedrale e la Chiesa della Compagnia. Plaza de Armas è sicuramente una delle piazze più belle che io abbia mai visto, in particolare all’ora magica in cui cominciano ad accendersi i lampioni, anche se la luce naturale non è ancora scomparsa del tutto. C’è qualcosa di misterioso nella maniera in cui si può restare vincolati al luogo da cui si passa, e lo si fa diventare per un breve momento casa propria. Città bella, accogliente e viva, centro culturale di tutto il Perù, Cuzco, dopo il primo giorno, era già diventata per me una città familiare, dove mi trovavo molto a mio agio. Approfittando di una sveglia mattutina non così “temprana”, dopocena ci siamo avventurati alla scoperta anche della vita notturna di Cuzco, entrando in uno dei locali di San Blas. Tra un cocktail e una jarra di Pisco Sour abbiamo parlato delle nostre storie sentimentali: le coppie di quelle attuali e i single di quelle passate. Ne sono uscite cose molto interessanti! …. Cose interessanti dette, altre da dire, quante fatte, e tante ancora da fare! Cominciamo dalle 4 Ruinas nei dintorni di Cuzco: Puca Picara, Tambo Machay, Kenko e Sacsayhuaman. Per l’occasione ci muniamo di un mezzo di trasporto del tutto eccezionale: il cavallo! Erano secoli che non montavo a cavallo, e mi sentivo veramente eccitata. Dopo aver preso un po’ di confidenza, mi sentivo più tranquilla. Ho abbozzato un trotto e ho perso subito una staffa… quando me l’hanno riallacciata, il giro era ormai finito e non ho potuto neanche fare un galoppino… Delle rovine che abbiamo visto quella più interessante e meglio conservata è sicuramente Sacsayhuaman. Purtroppo però un imprevisto temporale ci ha costretto a vederla un po’ di corsa. Siamo comunque riusciti ad essere inconsapevolmente protagonisti di un evento molto particolare, scoperto solo qualche ora più tardi. Per circa 10 minuti ci siamo domandati perché un ragazzino con in mano una macchina fotografica “giocattolo” continuasse a fotografarci. Davanti alla chiesa di Santo Domingo il mistero fu svelato: aveva attaccato le nostre foto (altro che macchina giocattolo!) su delle cartoline e ce le voleva vendere! Dopo un giro a cavallo e una passeggiata non c’è niente di meglio che una sana sfida a “bandiera” prima e una partita di calcio poi per riposarsi…. La stanchezza per la giornata trascorsa e la sveglia mattutina, ci consigliano il ritiro in albergo subito dopo la tipica e squisita cena al Pachapapa. Pisac è il primo dei siti archeologici programmati per la giornata. Le sue rovine sono tra le meglio conservate e il paesaggio che le circonda con le ombre delle nuvole che solleticano le montagne è veramente suggestivo. E poi la passeggiata tra le mura, il passaggio sotto la grotta, le terrazze, la vista dall’alto sull’ultimo quartiere costruito sulla punta di un monte… tutto splendido! Molto bello anche il mercato nel centro di Pisac, famosissimo per i suoi colori. Dopo uno spuntino al volo partiamo per Ollantaytambo. La montagna terrazzata che ci appare davanti una volta entrati è veramente maestosa. Proprio mentre iniziava la nostra scalata della terrazza siamo di nuovo vittime della pioggia. Abbiamo proseguito, ma era davvero difficile potersi godere la bellezza del luogo. Prima di ritornare a Cuzco, visitiamo anche Chincero e il suo mercato. Il sole è tornato: il grigio della pioggia ha lasciato il posto ad una luce oro molto calda e intensa. La giornata seguente non prevede una levataccia e allora possiamo concederci una serata all’insegna del puro divertimento. Dopo aver cenato al PachaMama, andiamo al Kamikaze. Si sa, l’alcool scioglie le persone: questa è la volta di Fabiana, che ci racconta le sue vicende con il bel ciclista… tra una discussione e un drink, vince la musica e finiamo così tutti in pista a ballare, anche perché il dj è decisamente bravo e ci regala una serata all’insegna del migliore rock! La visita alle Saline di Maras e alle terrazze di Moray, precedono l’emozione mista a tensione provata alla Posta di Cuzco mentre tentavamo di spedirci a casa il Mate de Coca, sicuri che non avremmo mai ricevuto nulla! … ma che ore sono? Le 5.30…ma non avevamo messo la sveglia alle 5.15? per fortuna che il mio orologio biologico non è rotto! Dopo un’altra splendida colazione, necessaria in vista di una passeggiata di 6 ore, il gruppo trekking si ritrova pronto per la scampagnata! Quelli del rafting se la possono prendere più comoda… la loro partenza è alle 9.00! Pronti via e già dobbiamo affrontare una di quelle salite che tagliano il fiato e le gambe… di tutti tranne quelle della guida e della messicana che era con noi! Dopo un paio d’ore di salita, arriviamo al punto più alto, a 4.200 metri. C’è chi si riposa, chi beve, chi mangia… Giuliana si accende una sigaretta! Dopo la fatica iniziale, la parte centrale del giro è molto piacevole e il paesaggio circostante molto bello, soprattutto il canyon. Sicuramente meno rilassante il pezzo finale, tutto in discesa e per di più scivoloso… Dopo una pausa toilette e un mate rigenerante, ci ricongiungiamo con gli altri del rafting alla stazione di Ollantaytambo per prendere il treno che ci porterà ad Aguas Calientes. Questo paesino molto carino e accogliente, totalmente costruito di recente e ancora in fase di espansione, quale risultato dell’aumento del turismo in Perù, è il punto d’appoggio per le centinaia di persone che ogni giorno visitano Machu Picchu. La nostra salita alla città misteriosa comincia alle 5.00 di un mercoledì mattina, sotto una pioggia torrenziale… alba addio! Nonostante l’assenza completa di sole e la pioggia non ci renda dell’umore migliore, la scenografia data dalle nuvole che avvolgono Machu Picchu è degna di oscar del cinema! Terminata la visita con la guida subentra lo sconforto per il non saper bene che fare. Un gruppo di stoici (o di pazzi, dipende dai punti di vista!) formato da me, Nicola, Anna, Ale, Michele, Fabio e Francesco decide di salire sul Huayna Picchu, gli altri si dirigono al Mirador. Da lassù la vista sarebbe veramente fantastica, ma noi possiamo solo immaginarla, perché le nuvole non ci permettono di vedere quasi nulla. Io comunque li, a picco sul mondo, ci stavo molto bene, tanto che non sarei mai voluta scendere… ma era già mezzogiorno, erano due ore che aspettavamo e ancora non si era aperto… e come sempre accade, non appena cominciamo la ripida discesa, ecco che Machu Picchu ci appare in tutta la sua interezza e meraviglia! Scendiamo, quasi di corsa, per avere il tempo di salire anche noi al Mirador… Nient’altro? Tutto qui, Mery? Tutti aspettano di sapere come sia stare a Machu Picchu e tu non racconti niente? Sì, tutto qui. E’ veramente difficile rendere comunicabile il turbine di pensieri ed emozioni provate lassù. Machu Picchu è uno di quei luoghi unici al mondo che non si possono descrivere: nessuna parola, fotografia, libro, romanzo, film possono rendere reali le emozioni che si provano su questa montagna. E sarò egoista, ma per una volta provo l’esigenza di tenere tutto il provato, percepito, sentito per me, sia mai che facendolo uscire mi scappi via! Non so se ci sia un tragitto “migliore” per tornarsene a casa, so solo che passare nel giro di quasi 24 ore da Machu Picchu a Lima è stato per me decisamente shockante. Fino a quando non ci siamo seduti in riva al mare, mi sentivo completamente a disagio, fuori luogo. La serenità, la felicità cresciute in me durante tutto il viaggio, non coincidevano per nulla con il ritmo frenetico della capitale. Volevo fuggire! E allora in spiaggia ho provato a ritrovare un po’ di pace scrivendo il diario… ero rimasta molto indietro! Mentre si sposta da un luogo all’altro, il viaggiatore ignora il messaggio del futuro. Solo quando riordina i suoi ricordi – quando il futuro è passato – e scrive, nel tentativo di riflettere, comprende l’origine dei suoi sentimenti. I ricordi del vissuto, delle cose viste in quelle settimane, si affollavano nella mia testa, e avevo paura, nonostante, i miei appunti, di dimenticare qualcosa, che si mescolassero e finissero per formare un ammasso informe. Ma ogni paese, ogni paesaggio e ogni persona ha una sua legge interiore, e te la impone anche se non te ne rendi conto, anche quando la tua attenzione è rivolta da un’altra parte. L’ordine dei sensi alla fine ha rimesso al suo posto tutto ciò che avevo incontrato sul cammino, e così ogni particolare che non mi ero azzardata ad approfondire è corso da solo a cercarsi il suo posto. In questa sorta di diario di viaggio mi sono resa conto di aver parlato poco dei miei compagni di viaggio, nonostante con loro mi sia trovata veramente molto bene. Lo farò rubando le parole da una mail di Francesca, ingegnere dalla simpaticissima sbadataggine, splendida compagna di danze. Io di sicuro non avrei potuto descriverli in modo migliore… … Vi immaginate Giuliana che … Un po’ ciondolante, brontolando contro l’INPS chiede (senza ottenere) l’invio di una mail a 15 persone …immaginate Anna che ringrazia con eleganza tutti i partecipanti con il suo accento reggiano da Macchina da guerra! … Immaginate Alessia che accetta saltando l’invito in toscanaccio di Andrea A. E Chiara … Immaginate Andrea C. Che tra una cotoletta e una canzone di Bruce chiede all’amico Fabio … Ao … Ma che andiamo al raduno? …immaginate il frenetico lavoro fotografico … Notturno … Di Francesco che saltellando tra un “ma come si chiamava quel posto?” …e ” …un ci vuole la guida della Bolivia …” accetta l’invito inviando la mail solo al corretto destinatario! Nel silenzio sento la risata bolognese dei futuri sposi che accettano l’invito senza … Nulla scrivere … Vedo una ragazza dai pantaloni a righe sempre pronta a scattare e quindi prima a dire IO CI SONO !…nel silenzio … Sento una cantilena che si … Smorza … Alla vista di una bicicletta che corre … Sorrido e ringrazio la puntualita’ del capocordata che ha inviato la mail con indirizzi, che ha gia’ creato il sito per le foto e che con la mano in tasca e leggerissimamente piegato verso sinistra osserva dall’alto e aspetta fiducioso le prossime mosse degli organizzatori … Nel silenzio ringrazio le voci fuoricampo di Luigi e Michele che completano la fotografia che vedo nitida di fronte a me …. Perdonate l’eccessiva lunghezza, ma è veramente difficile sintetizzare un viaggio così importante, bello e soprattutto emozionante! Con affetto Mery Ps: il Mate è arrivato!


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