A casa di madre natura
Volo Ryanair: Pisa – Londra – Pisa
Volo Iceland Express: Londra – Reykjavik - Londra
Guida di riferimento: Lonely Placet
18/05 IL GIORNO DELLA PARTENZA
E’ dura concentrarsi sul lavoro quando sai che alle 17 devi scappare per iniziare questo viaggio così desiderato. E’ stata la giornata più lunga della mia breve carriera...
Ascolta i podcast
Volo Ryanair: Pisa – Londra – Pisa Volo Iceland Express: Londra – Reykjavik – Londra Guida di riferimento: Lonely Placet 18/05 IL GIORNO DELLA PARTENZA E’ dura concentrarsi sul lavoro quando sai che alle 17 devi scappare per iniziare questo viaggio così desiderato. E’ stata la giornata più lunga della mia breve carriera lavorativa, ma finalmente, scoccate le 17, fuggo con lo zaino in spalla per prendere il pullman che ci porterà all’aeroporto di Pisa. Ci attende un viaggio lunghissimo, dobbiamo aspettare 12 ore a Londra il volo per l’Islanda. C’erano altri voli Ryanair per raggiungere Londra nella mattinata del 19 ma la tentazione del volo a 0.01 euro ha colpito anche noi e abbiamo preferito dormire all’aeroporto. Alla fine il volo per Londra andata e ritorno ci è costato 20 euro. Abbiamo fatto bene a fare un po’ i taccagni, il viaggio è risultato abbastanza costoso. 19/05 Inutile descrivere il volo e la nottata insonne all’aeroporto. Nel pomeriggio arriviamo a Reykjavik sotto un cielo azzurrissimo e con un vento impetuoso. Prendiamo l’auto a noleggio (una utilitaria) e raggiungiamo la capitale per trovare un alloggio (Adam gesthouse vicino alla chiesa ). Visitiamo la chiesa più famosa di Reyk. Costruita in pietra come un gigantesco organo. E’ bella e luminosa, ispira serenità e riposo. L’organo, abbastanza nuovo, vale un po’ di attenzione: di recente costruzione ha una serie di canne poste in orizzontale. La sera andiamo a cena in un ristorante dove fanno il buffet di pesce. Stiano lontani da questo locale chi pensa ad aragoste, crostacei, mitili ecc. Si tratta di gamberetti, aringhe e cozze il tutto condito da salsine improbabili. In questa occasione abbiamo modo di provare la dispendiosità dell’Islanda, che non smetterà mai di stupirci per tutto il viaggio. 20/05 Ci svegliamo sotto la pioggia e decidiamo di seguire l’itinerario consigliato dalla guida invece che a piedi in macchina. In realtà non c’è molto da vedere. Un angolo molto carino è costituito dal laghetto abitato da papere di vario tipo che si fanno avvicinare soprattutto se abbiamo in mano un po’ di pane. Per difenderci dal freddo entriamo nel mercatino delle pulci (come suggerito dalla guida). Ci sembra di essere tornati indietro di qualche decennio aggirandoci tra bancarelle che vendono vestiti usati appartenuti a qualche zia schizofrenica, roba militare e tante altre cianfrusaglie. Finiamo il pomeriggio in un più attuale centro commerciale dove ci ristoriamo e compriamo dei guanti di lana senza dita (tengono caldo ma ci permettono di usare la macchina fotografica). Reyk. È una città che sembra sempre in procinto di divertirsi un sacco ma che alla fine non lo fa come vorrebbe, come un polmone che respira, ma non tira mai il fiato. Lasciamo la città, pronti per affrontare il giro dell’isola in senso antiorario. In poco tempo arriviamo all’ostello di Laugarvatn da cui è facile raggiungere Geysir e le cascate di Gullfoss. Una volta sistemati i bagagli non resistiamo alla tentazione e, approfittando della luce estiva, andiamo a vedere Geyser. Stendiamo un velo pietoso sulla struttura ricettiva in prossimità del sito… a parte questo ci troviamo catapultati in una landa fumante spazzata dal vento (leit motiv della vacanza). Camminiamo lungo un sentiero piastrellato e finalmente arriviamo alla principale attrazione. In questo posto la natura si mostra generosa con la misera razza umana: non solo vedere un geyser è un’esperienza indescrivibile, ma il fenomeno si presenta ad intervalli regolari permettendoti di preparare macchina fotografica e cavalletto per immortalare l’evento. Siediti comodo e aspetta paziente, conta 8 minuti circa e lo spettacolo è assicurato. La vista dello Strokkur (questo è il nome del geyser) causa assuefazione e ti ritrovi ad osservare ogni cambiamento della pozza turchese che preannuncia l’esplosione di vapore. 21/05 La mattina facciamo colazione in ostello e ritorniamo a Geyser per perfezionare le foto. Poi andiamo a Gullfoss dove vi sono delle maestose cascate. Lo spettacolo è sconcertante, un fiume impetuoso si rovescia in un canyon con un frastuono assordante. Il cielo si oscura velocemente e sembra davvero di dover assistere alla fine del mondo. Inizia a nevicare e lasciamo immediatamente il posto per non rimanere bloccati dal mal tempo. Ci dirigiamo verso il parco naturale di Dingvellir attraverso una strada sterrata e arriviamo nell’unico posto dove la zolla europea e quella nord americana emergono sulla terra ferma. Inizia a grandinare e non riusciamo ad uscire di macchina. La variabilità del tempo è però una garanzia… dopo mezz’ora circa le nuvole si diradano e noi riusciamo a percorrere il sentiero che separa le due zolle e ad ammirare il luogo dove anticamente il parlamento islandese si riuniva. Riprendiamo la strada in direzione Vik e attraversiamo ancora un paesaggio meraviglioso, una pianura verde racchiusa tra l’oceano e le montagne. Arriviamo all’ostello (un po’ sporco e affollato, un’eccezione a dire il vero). Mangiamo e andiamo a letto. 22/05 Ci dirigiamo lungo la strada percorsa il giorno precedente per osservare da vicino la cascata Skògafoss. Grazie al vento favorevole riusciamo ad avvicinarci al salto e ad osservare la cascata col naso in su finché il vento non decide di cambiare e noi facciamo la doccia. Le cascate hanno sempre un grande fascino, ma questa è stupefacente perché da lontano sembra cosa di poco conto e invece è alta e tonanate e si getta in un fiumicello inspiegabilmente tranquillo che ha poca vita perché subito dopo c’è il mare. Ci arrampichiamo fino in cima per osservare l’oceano e poi ce ne andiamo diretti a Vagnastadir. Percorriamo il famosissimo sandur, una pianura lavica di terra nera decorata da fiumi che scorrono in modo disordinato verso il mare. Ci fermiamo ad ammirare la spiaggia nera di Reynisfjara da cui si possono osservare le colonne basaltiche e l’altopiano di Dyrholaey con il suo arco roccioso. Lungo la strada cominciamo a vedere le lingue di ghiaccio del Vatnajokull e dietro un ponte, in modo inaspettato si trova la spettacolare laguna Jokulsarlon. Se esiste una sindrome di Stendhal per la natura, ecco, io l’ho provata: un misto di terrore, attrazione, soffocamento nel constatare ancora una volta la nostra nullità di fronte a ciò che esiste da tempo immemorabile. La laguna è costituita da un lago costellato di iceberg che si staccano dal ghiacciaio. Questo luogo è veramente indescrivibile e ci sentiamo un po’ come Dante, quando accingendosi a scrivere il Paradiso, sente che le parole sono strumenti insufficienti per descrivere quello che ha visto. Questo posto da solo vale il viaggio, il freddo, le strade scomode e la spesa. Arriviamo all’ostello di Vagnastadir con la promessa di tornare alla laguna anche il giorno dopo. L’ostello è delizioso, pulito, accogliente e silenzioso. Ceniamo nella veranda che si affaccia sui prati e sul mare e poi, inevitabilmente, crolliamo a letto. 23/05 In tutta la vacanza abbiamo avuto l’abitudine a fare una colazione lenta ed abbondante in ostello. In questo caso però abbiamo provocato un piccolo guaio… un toast bruciato ha fatto scattare l’allarme anti-incendio e, ormai rimasti soli, siamo stati costretti a chiamare la proprietaria (che era persa dietro le sue pecore) per fermarlo! Ritorniamo alla laguna con gli iceberg perché il giorno prima avevamo avvistato una foca e vogliamo approfondire la conoscenza. Ci appostiamo lungo il canale che porta al mare e finalmente la nostra pazienza viene premiata. La testina della foca spunta fuori con un lauto pasto in bocca. La fotografiamo e godiamo a lungo dei suoi giochi in acqua. Lasciamo questo posto incantato per raggiungere l’ostello a Berunes. Un’altra sorpresa ci aspetta. L’ostello è in realtà una casa, per metà abitata dal padrone e metà dedicata agli ospiti. La cucina e la sala sono nell’ingresso con una veranda che si affaccia sul fiordo e le camere sono leggermente rialzate. L’edificio si trova in mezzo a un prato verdissimo e quando arriviamo decidiamo di fermarci e goderci la pace del posto. Abbiamo passato la serata sul divano davanti alla veranda a chiacchierare con una ospite francese e a guardare il sole che non tramontava mai. 24/05 Dopo un’abbondante colazione ci rimettiamo in viaggio in direzione di Seydisfjordur. Il paesino non è un granché, probabilmente si anima solo quando arrivano le navi dal resto dell’Europa. C’è anche un ostello ma, a un primo sguardo, non ci invoglia a fermarci per la notte e decidiamo di proseguire per Myvatn. La strada è terribile, attraversiamo un altopiano innevato, sotto un mal tempo costante (pioggia e neve) su percorsi spesso sterrati. Poco prima di arrivare a destinazione passiamo da un lago termale e il fumo e il mal tempo ci fanno credere di essere arrivati all’inferno. Alloggiamo in una guest house molto bella ma piuttosto trafficata e, dopo cena, quando finalmente ha smesso di nevicare, facciamo il giro del lago. Purtroppo il mal tempo non ci ha fatto godere a pieno di questo paesaggio costellato dai cosiddetti pseudocrateri e da lingue di lava che arrivano fino quasi alla strada. 25/05 Partiamo per Husavik, famosissimo per il whale watching. Ancora una volta la strada è innevata e procediamo molto lentamente. Nonostante il paese non sia molto lontano impieghiamo molto tempo per arrivare e una volta a destinazione scopriamo che la barca non parte a causa del mal tempo. Ce ne torniamo a casa, passando per un’altra strada. Non ha smesso un attimo di nevicare, ma dopo cena, il mal tempo ci dà una tregua e decidiamo di andare a vedere la cascata di Dettifoss. Mai scelta fu più scellerata. La strada che porta alla cascata è uno sterrato mal concio lungo una trentina di chilometri attraverso un campo geotermico. Poco dopo imboccato la strada inizia a nevicare e la situazione diventa pericolosa, la macchina (non attrezzata per la neve) non sta diritta e a pochi chilometri dalla meta dobbiamo desistere e tornare indietro a passo d’uomo perché il percorso è tutto imbiancato e ghiacciato. 26/05 La mattina ritorniamo ad Husavik ma ancora una volta la partenza è incerta perché il mare è molto mosso. Facciamo una capatina al museo fallologico, una raccolta di peni di animali al limite del patologico…assolutamente evitabile. Giunta l’ora ci presentiamo alla biglietteria per l’imbarco del whale watching, ma la signora dei biglietti non sembra molto convinta. Ci chiede più volte se siamo sicuri di partire, ci dice di coprirci (abbiamo la giacca a vento!!!) e ci consiglia vivamente di prendere la pasticca per il mal di mare. Le premesse non sono delle migliori, ma noi impavidi facciamo il biglietto, prendiamo la pasticca e ci mettiamo addosso tutto quello che abbiamo in valigia. Fortunatamente nella barca sono a disposizione delle tute imbottite e delle mantelle impermeabili. Mentre usciamo dal porto la guida ci avverte di tenerci stretti perché se finiamo in acqua non abbiamo speranze… iniziamo bene! Una volta in mare aperto le onde sono altissime e noi pochi turisti siamo terrorizzati, nessuno si muove e nessuno parla. Il comandante ci avverte che se il vento si alza ancora un po’ dobbiamo ritornare in porto. Ci teniamo tutti stretti dove possiamo e le onde ci investono in continuazione. Penso che non saremmo dovuti venire, che come al solito abbiamo fatto una sciocchezza e che le balene le posso vedere benissimo in foto, voglio andare dal comandante ed implorarlo di riportarci indietro ma… proprio davanti alla barca, davanti ai miei occhi, il muso di una balena esce fuori dall’acqua… è gigantesco e bellissimo ed emozionante e sono strafelice di essere su questa nave. Mi alzo in piedi con Lorenzo che mi grida di stare attenta e di tenermi forte… non capisco più niente. Mi aggrappo ad un palo del ponte, mi piazzo per bene con le gambe ed ecco in lontananza uno spruzzo… inizia la giostra. La barca si ferma e poi riparte a tutta velocità per rincorrere qualche megattera, mi dimentico di essere fradicia, non mi accorgo che la nave si piega di lato quasi a toccare l’acqua, di qualche turista che si sente male e godo di questi stupendi animali che ci permettono di ammirarli nel loro ambiente naturale. Dopo un paio di ore ritorniamo verso il porto perché il mare sta diventando troppo pericoloso anche per chi lo solca da una vita. E’ come andare sulle montagne russe… la prima volta siamo terrorizzati ma poi non si vorrebbe mai smettere. Vorrei andare dal comandante e supplicarlo di ripartire e invece prendiamo la strada per Akureyri. 27/05 Akureyri ci fa sentire di nuovo un po’ nella civiltà, le case grandi e ordinate, ognuna con il loro giardino e i giochi per i bambini, le strade trafficate e i negozi turistici. La notte inoltre assistiamo al particolare “runtur” dove i ragazzi si spostano in macchina a passo d’uomo lungo le 4 strade che circondano la zona dei locali. E pensare che in Italia facciamo le gare di velocità! E’ interessante vedere come in ogni paese i giovani si creano i loro riti sociali condizionati dal contesto in cui vivono. Là dove la natura e le stagioni hanno il sopravvento su qualunque tentativo dell’uomo di domarle allora è l’uomo che finalmente si abbandona con rassegnazione ad un ritmo lento e sereno. E così anche i ragazzi si accontentano di girare quelle 4 strade con estrema lentezza per far durare la notte assolata il più a lungo possibile. La vita (se così si può chiamare) di Reykjavik è così lontana… Abbandoniamo il villaggio per continuare il nostro itinerario. Ci fermiamo a Godafoss, la cascata degli dei, dove si narra che un uomo della legge abbia gettato gli idoli pagani dopo aver deciso che la nazione sarebbe stata cristiana. Il nome in ogni caso sarebbe appropriato anche per le sue caratteristiche estetiche. La cascata infatti è bellissima e possente. Continuiamo per Oros, dove abbiamo prenotato un ostello. Finalmente il viaggio diventa piacevole, attraverso una vallata verde e assolata. Sembra che la natura, per questa volta, ci abbia voluto bene e ci abbia concesso un po’ di tregua dalla fatica di guidare con la neve e la pioggia. Procediamo con lentezza (ormai abbiamo imparato) ci godiamo il paesaggio, facciamo le foto e finalmente arriviamo a destinazione. L’ostello si trova in cima ad un fiordo, dove il braccio di mare si allarga. Dalla parte opposta si trova una spiaggia con una numerosa colonia di foche. Il tempo di appoggiare le nostre borse in camera e scendiamo sulla spiaggia attraverso un prato scosceso. La spiaggia è zona di cova per diverse specie di uccelli e quindi c’è solo una zona limitata dove possiamo stare. Ci avviciniamo al mare e a un certo punto vediamo spuntare dall’acqua tre, quattro testine baffute. Le foche sono curiose e dalla spiaggia di fronte si sono tuffate per vedere cosa stava succedendo. Non si avvicinano mai troppo, ma sufficientemente per ammirarle giocare in acqua. Rimaniamo per molto tempo, incantati dalla loro vivacità e curiosità. La sera passa allegra insieme ad altri tre ospiti tedeschi dell’ostello, chiacchieriamo in cucina dei nostri paesi, delle nostre abitudini e ci consigliamo a vicenda su quali altri posti visitare. E’ soprattutto negli ostelli che nascono i viaggi migliori. La notte in camera ogni tanto ci affacciamo per vedere se le foche sono ancora nel loro braccio di mare. Ci accorgiamo che non ci sono più e siamo tentati di alzarci per vedere se fossero approdate dalla nostra parte. Il freddo e la stanchezza ci fanno desistere e rimandiamo al giorno dopo la discesa alla spiaggia. 28/05 La mattina ritorniamo sulla spiaggia ad osservare ancora le foche. Poi ci decidiamo a lasciare il posto e ci dirigiamo verso la penisola di Làtrabjarg per vedere le pulcinelle di mare. Lungo la strada ci rendiamo conto che la penisola è troppo lontana e ci fermiamo in un ostello a Reykholar. Troviamo tutto chiuso e il paese è desolato. Chiediamo al benzinaio (che è anche bar, giornalaio, mercatino) e ci mette in contatto con il padrone della casa. L’ostello è nuovissimo e noi siamo soli, in realtà l’ostello vero è proprio è nel semi interrato e sembra più un lager. Al piano di sopra invece ci sono delle stanze bellissime con un salotto e una cucina molto grandi… ci togliamo lo sfizio e ci godiamo la casa tutta per noi. 29/05 Ripartiamo con destinazione pulcinelle di mare. La strada è di nuovo bruttissima, si inerpica stretta e sterrata sulla montagna senza neanche un guardrail. Dopo cinque ore di viaggio siamo ancora lontani e desistiamo. Lungo la strada però il paesaggio è bellissimo, in particolare la spiaggia “caraibica” di Raudisandur merita tutta la fatica del viaggio. Da Baldur prendiamo il traghetto che attraversa il fiordo risparmiandoci parecchie ore di macchina e ci troviamo così a due ore da Reykjavik. Ritorniamo nella capitale e pernottiamo all’ostello. 30/05 Nonostante che l’ostello di Reykjavik sia molto bello, è anche molto affollato e un pò caro, pertanto decidiamo di spostarci a Keflavik dove si trova l’areoporto. Il paese è un pò desolato, comunque decidiamo di trascorre qui gli ultimi giorni di vacanza, tra un bagno rilassante nella ‘’blu lagoon’’, una cena nella capitale e un altro vano tentativo di vedere le pulcinelle di mare. Quel giorno infatti tirava talmente tanto vento che Annamaria non riusciva nemmeno a stare in piedi. 02/06 A malincuore, come alla fine di ogni vacanza, lasciamo questa terra che sembra appartenere ad un’altra epoca storica. Con la sua natura ancora incontaminata ci ha permesso di vivere in balia degli elementi come purtroppo in pochi paesi del mondo, ci ha concesso di vedere animali meravigliosi nel loro ambiente naturale, di vivere, seppure per poco tempo, una esistenza rilassata e di meravigliarci davanti allo spettacolo sempre uguale e sempre stupefacente della potenza di Madre Natura. Resta da chiederci quanto durerà.