SU E GIU UN MESE IN PERU parte seconda

Eccovi la seconda parte del nostro resoconto……….. 31/07/2006-01/08/2006 : GLI UROS E AMANTANI: ALCALTRAZ L’ISOLA DEL TERRORE! Partenza all’alba anche stamattina per altri due giorni di escursioni organizzate sempre dall’efficientissimo Hotel Totorani. Arriviamo al porto di Puno su uno dei famosi pulmini della speranza e ci...
Scritto da: franciacorta
su e giu un mese in peru parte seconda
Partenza il: 21/07/2006
Ritorno il: 20/08/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Eccovi la seconda parte del nostro resoconto……….. 31/07/2006-01/08/2006 : GLI UROS E AMANTANI: ALCALTRAZ L’ISOLA DEL TERRORE! Partenza all’alba anche stamattina per altri due giorni di escursioni organizzate sempre dall’efficientissimo Hotel Totorani. Arriviamo al porto di Puno su uno dei famosi pulmini della speranza e ci imbarchiamo sulla lancia che ci porterà prima dagli Uros e poi a Taquile dove trascorreremo la notte in non so quale diavolo di soluzione presso i locali! La lancia è una barchetta, abbastanza sicura in fondo, dove si può scegliere di mettersi in coperta ( consigliato cosi dormite) oppure sopra all’aperto a fare i fighi tipo Jacqueline Onassis ma a morire dal freddo almeno la mattina presto. Sta bagnarola viaggia ad una velocità tale che i pesci ci facevano ciao ciao con la manina…… insomma non si muove , è lentissima e ci mettiamo almeno un paio d’ore per percorrere una decina di kilometri fino alle Isole Galleggianti, cosi’ tutti ne approfittano per dormire o per leggere svaccati sulle scomodissime panche di legno. Il lago è tranquillissimo per fortuna. Avevamo letto leggende metropolitane di turisti scomparsi nei flutti del Titicaca dopo aver combattuto contro le onde giganti di questo specchio d’acqua. Le solite leggende, al massimo magnateve du pasticche de xamamina prima di partire se soffrite la barca. Avvistiamo da lontano ……………..no, non una balena ignoranti! Bensi’ le Isole Galleggianti e approdiamo su questo tappeto di canne molto perplessi. Na’ baracconata!!!! Ecco quello che sono le Iole Galleggianti. Prima cosa l’ultima donna Uros è morta nel 59’, quindi questi sono degli impostori. Secondo , questi hanno capito quanto frutta il turismo e se so’ accampati qua ……… L’effetto delle Isole è si affascinante perché comunque si cammina su questo materasso di canne e ci si accorge davvero di essere sospesi sull’acqua perché si ha la sensazione di camminare su un materasso molle. Le casette sono di paglia piccolissime e fuori ognuna di queste c’e’ una piccola cucina fatta di da una sorta di caminetti in terracotta molto belli, poi però si scorgono i pannelli solari e decine di casse di bibite gassate………che non mi vengano a dire che devono l’acqua del lago. Insomma visitare le Isole Galleggianti è un po’ come andare in un parco dei dinosauri: sai benissimo che non esistono più, ma ti rendi conto almeno di come erano fatti. Davanti ad ogni capannina c’è il classico banchettino di cianfrusaglie e di stoffe in vendita, le donne vestono abiti coloratissimi e non soffrono certo la fame: c’erano certe culone che sembravano delle americane obese trasportate in Perù! Uomini non ce ne sono , perché come ci ha spiegato la guida vivono per lo più a Puno dove lavorano nei ristoranti o dove fanno i taxisti e tornano una volta ogni tanto, magari anche una volta l’anno, anche perché pur essendo vicinissimi , per andare a Puno dalle isole ci vuole una infinità di tempo come vi dicevo. Dalla prima Isola ci portano alla seconda e la baracconata continua: qui addirittura c’e’ una cabina del telefono e logicamente uno spiazzale pieno di banchetti e di persone intenti a lavori manuali solo a uso dei turisti. Sembra uno di quei presepi viventi che si vedono qui da noi, per cui ecco la donna tutta vestita in abiti tradizionali che finge di macinare il grano sul mortaio, la donna che fila la lana etc…. Insomma una carnevalata fatta ad uso e consumo di noi turisti. Tutto ciò non significa che non dobbiate venirci, anzi sono davvero belle e affascinanti, solamente sappiate che non sono vere e che si vede subito quanto siano turistiche e posticce. Resta comunque il fascino di vedere questo mondo scomparso reinventato dall’ingegno di questi indigeni amary ( cosi’ dovrebbero chiamarsi) . Insomma complessivamente lo rifarei , in fondo queste persone la sera ci dormono davvero su ste zattere di canne galleggianti e solo questo fatto rende la visita agli Uros davvero incredibile. Si riparte con la stessa bagnarola di prima e ci si dirige verso Taquile . Qui ci fermeremo la notte a dormire in una famiglia locale. Ci è venuta sta idea , ma non siamo molto convinti: esistono leggende metropolitane di turisti occidentali dispersi tra i crepacci di Taquile, morti assiderati dal freddo, cannibalizzati dagli indigeni locali!!! Arriviamo a Taquile con una lentezza estenuante, a remi avremmo fatto prima probabilmente e da lontano ci compare questo porticciolo o meglio il molo dove attraccare e gia si scorgono in lontananza queste strane figure sedute a semicerchio completamente nere. Ci si avvicina e sbarchiamo: il clima è surreale, sembra un film anni 30’ di Rossellini, tipo Stromboli con Ingrid Bergman o Vulcano con Anna Magnani……una piccola caletta sormontata dalla montagna con un enorme semicerchio in cemento dove veniamo fatti accomodare: noi turisti da un lato, le donne del paese tutte agghindante in nero dall’altra. Nessuno parla. Nessun rumore. Sembra la consegna dei prigionieri alla prigione di Alcatraz. Le donne sono tutte vestite di nero, hanno un mantello in testa stile maria Maddalena pure nero ma ornato di ricami coloratissimi, gonna corta appena sotto il ginocchio tutta a balze e tutta nera, una camicetta bianca e una fascia in vita: sembrano un po’ le donne sarde vestite dei costumi tradizionali. L’atmosfera è tesa, non sappiamo perché, forse perché nessuno di noi si aspettava una cosa del genere, una atmosfera cosi davvero surreale. Poi arriva il capo tribù e comincia ad elencare i nomi dei noi turisti: io e Giacomo siamo i primi e insieme a due sventurati ragazzi canadesi veniamo assegnati alla sciura Hilda. Prendiamo il nostro zaino e sempre in silenzio , senza che nessuno parli ci dirigiamo a casa dei Hilda senza che lei ci dica una parola. Siamo anche fortunati, in fatti la “ casa” è proprio vicino al porticciolo, in cima a un piccolo promontorio con una vista mozzafiato sul lago e una panoramica incredibile sull’isola. Gli altri più sfortunati hanno raggiunto la loro casa dopo una camminata inerpicandosi su una salita togliafiato. Ora veniamo alla casa della sciura Hilda: trattasi di una costruzione in mattoni di adobe ( non so bene cosa sia ma presumo fango e acqua) di dimensioni 3×6 metri. Al piano sotto c’è una sorta di bazar dove hilda vende qualche scatola di tonno ,le solite bibite, biscotti e cianfrusaglie varie. Sopra è stato innalzato un secondo piano a cui si accede mediante una scaletta fatto con assi di legno traballanti e pericolanti. La porta di ingresso avrà una altezza di un metro e sessanta massimo tanto è che ho scattato una foto in piedi sul ballatoio e la mia testa toccava il tetto. Insomma qualche crapata contro lo stipite l’abbiamo preso. All’interno della nostra abitazione una tenda stesa su di un filo per bucato separava le due camere . Arredamento spartanissimo: due letti singoli un tavolo con 4 sedie. Stop. Il tavolo era dalla parte mia e di Giacomo, l’interruttore della luce dalla parte dei canadesi.insomma una convivenza stile comune anni 70’! non c’e’ luce all’interno della abitazione quindi portatevi le pile frontali e le pile normali. Non fa assolutamente freddo come ci aspettavamo , basta una giacca a vento e un pile. All’esterno dell’abitazione un cortile sterrato dove scorazzano liberamente maiali tipo cinghialotti, tutti neri, qualche capra e pecora, galline. Davanti alla nostra abitazione una capanna di fango con il tetto in paglia secca: la cucina!!!!! Al di fuori del cortile un bagno stile campeggio , ossia quattro assi di ferro con un tetto pure il lamiera di dimensioni 1×1, con un water finto appoggiato per terra: non ho mai avuto il coraggio di usarlo!!!!!! Tutto è però molto reale, si vede cioè che , a differenza degli Uros, sta povera gente vive cosi’ sempre, una vita semplicissima, agreste, a volte quasi bucolica, fatta di tantissimi sacrifici, di un lavoro massacrante come pastori o come agricoltori. I turisti arrivano sull’isola due volte la settimana e questa cerimonia di benvenuto si ripete in modo pedissequo. Non siamo sconfortati, d’altra parte ce lo siamo scelti noi, anzi siamo galvanizzati dall’esperienza. Hilda ha una figlia piccola, avrà 9-10 anni , bellissima , con uno di quei visi indigeni meravigliosi, sporca all’inverosimile, un vestito tipico addosso, passa il suo tempo in questo paradiso dove il tempo sembra fermo ai primi del 900 delle nostre campagne. Però la piccola Vanessa, e questo ci riempie di gioia, studia in cortile in mezzo ai maiali, o meglio sta compilando un libro di scuola , perché sta imparando a leggere e scrive in spagnolo. Tra madre e figlia la lingua parlata è invece il quechua. Vanessa come tutte i bimbi che incontreremo, è di una timidezza disarmante ed è pure raffreddatissima: vorrei vedere voi ad andare in giro a piedi nudi con dei sandaletti in pieno inverno!!!! Ci accomodiamo, siamo contenti dell’esperienza e sentiamo l’odore di cibo arrivare dalla cucina. Infatti ci stiamo chiedendo dove e come si mangerà…… Ecco questa domanda è una di quelle che un globe-trotter non dovrebbe mai porsi. Questo perché qualche minuto dopo la sciura Hilda , con grandissima sorpresa di tutti e 4 noi , io Giacomo e i due compagni di sventura canadesi, sentiamo dei passi sulla scala traballante di legno e ci vediamo davanti la Hilda con le sue belle guanciotte rosse con in mano un vassoio: pranzo in camera!!!!! O santa Maria neanche la mia mamma me lo ha mai fatto. Un po’ scettici, un pò diffidenti ci sediamo a tavola, dalla parte della nostra camera ( perche vi ricordo che noi avevamo il tavolo e i canadesi l’interruttore della luce…….) e cominciamo a mangiare: zuppa di cereali con un cereale che sembra soia ma non lo è (quinua?!?!?!?), frittelle di uova e riso bianco. Devo ammettere di essere stato un po’ fighetto e di aver usato le mie posate da campeggio…ma dai su non ho avuto proprio il coraggio di usare quella della Hilda…….che dire dai su perdonatemi sta fighettata!!!! Dopo aver mangiato e ben bevuto ( portatevi un litro di acqua) pensavamo di riposarci un po’ e invece no, non sia mai che noi due facciamo una vacanza dove ci si riposa!!!! Arriva bello bello il capotribù ed insieme agli altri iniziamo a camminare per raggiungere un tempio inca dedicato a Pacha Mama ( o chicchessia…) posto in cima all’isola: cammina e sporcona, cammina e sporcona ed ecco il primo polmone fuori uso, cammina suda e sporcona, cammina suda e sporcona ed eccoci arrivati in cima, o meglio quando io sono arrivato tutti erano già quasi pronti per ridiscendere. Bhè scusate siamo a 3000 e rotti metri, fa un freddo barbino, c’era una salita ripida cosi’……io pensavo di morire invece incazzato come una iena ridens in calore sono arrivato in cima dove ci sono quatto o cinque pietre di un antico tempio che era pure chiuso, mannaggia maiala!, ma in compenso abbiamo assisttito ad uno dei più bei tramonti che avessimo mai visto…un tramonto rosso fuoco sul lago Titicaca bevendo mate de coca acquistato in un bar di fortuna, bar costituito da 2 panche e un pentolone di acqua bollente messo li quasi per caso. La salita ne è valsa la pena insomma il paesaggio è davvero emozionante, copritevi perché fa molto freddo. Poi c’e’ stato il ritorno sempre per lo stesso sentiero da cui eravamo saliti, accidentato , a volte pavimentato di grossi sassi, a volte cosparso di caccole di pecora….. Vanessa ci ha accompagnato in tutto il tempo ma a un certo punto l’abbiamo persa. Disperati!!! Disperati perché dopo aver speso un patrimonio di pile e di pile frontali non abbiamo pensato di portarne nemmeno una durante la camminata….arriviamo al villaggio proprio a pelo quando ormai era buio e troviamo Vanessa ad aspettarci con la pila per riportarci in 10-15 minuti di passeggiata al buìo piu totale a casa sua. Il villaggetto è formato da tante casupole semplicissime col tetto in legno e paglia ciascuna con il proprio recinto di maiali e animali indefiniti vari, c’’e pure il campetto da calcio, una specie di oratorio , la casa di Hilda è davvero una delle più suggestive perchè sta su un piccolo spuntone a ridosso della spiaggia e il paesaggio e’ davvero bello. Il paese ha la luce elettrica, ma sono di moda le pile , ogni tanto c’e’ qualche bottega , due forse tre, ossia delle stanzette con la porta aperte dove trovo tutte le solite porcherie e una ampia gamma di bibite gassate. Portatevi qualche snack, cioccolato soprattutto perchè se vi viene fame mentre siete in casa ospiti mica troverete il frigorifero ……… Siamo stanchissimi. Speravamo di andare a letto e invece no, non sia mai che ci si riposi nelle nostre vacanze!!!!. Ad un certo punto Vanessa è venuta a chiamarci dicendo che la cena era pronta….. Noi due e i nostri sventurati compagni eravamo preparati psicologicamente a mangiare nelle nostre stanzette dei sette nani e invece no,……..il peggio non ha mai fine…….. Siamo stati invitati a mangiare con la sciura Hilda e Vanessa in cucina con loro. E apriamo qui un capitolo …… la cucina di tale sciura Hilda era separata dal resto della casa. Era niente di piu di una capanna e quando dico capanna intendo una costruzione di 1,5 metri di larghezza per 2 di lunghezza con una porta di ingresso alta al massimo un metro e sessanta. Dentro un tavolino da pic-nic piccolissimo e per terra il fuoco dove cucinare. I muri di mattoni di paglia neri neri dal fumo. Per terra terriccio. agghiacciante. Insomma alla fine noi 4 dell’apocalisse ( io , Giacomo e i due canadesi) l’abbiamo presa anche sul ridere ma vedere le foto di dove abbiamo mangiato , oggi,ci fa rabbrividire. Tra l’altro mentre noi eravamo seduti a tavola, Hilda e la figlia erano sedute per terra e hanno mangiato solo ed esclusivamente gli avanzi , ma non della pentola ma dei nostri piatti!!!!!!!1 il cibo tra l’altro era davvero buono, la solita zuppa di quasi-soia e verdure, uova e riso, ma mentre mi imboccavo guardavo li per terra dove lei cucinava sul pavimento di terriccio, guardavo dove lavava i piatti in una pozza di acqua e non sapevo se piangere o se ridere. Mangiato abbiamo mangiato. Che devo dire. Ce la siamo cercata no? Finalmente la giornata sembra volgere al termine. Sti cazzi!!. Arriva la notizia , che abbiamo accolto come una bastonata sulle gengive, che saremmo dovuti andare alla festa del paese. Noi non ce la facevamo più , una stanchezza che non avete idea, ma soprattutto andare in paese significava rifare la salita!!!!! Ma mi dite come glielo potevamo dire alla sciura Hilda che volevamo solo andare a letto????in più la seconda notizia accolta come un ferra caldo per marchiare il bestiame appoggiato su una natica infreddolita: avremmo dovuto agghindarci da peruviani. Signore, apro una parentesi: perché in certi momenti durante i nostri viaggi non smetti di giocare a carte e guardi giù e vedi questi due meschini , infreddoliti, stanchi morti e non li metti sotto la tua protezione. Ma santiddio ma si può che io dopo una giornata cosi estenuante mi debba mettere un poncho e debba andare a ballare i balli andini???. Ebbene si anche stavolta il Signore non ha voluto aiutarci e ci è toccato farlo: ci siamo messi i ponchi da peruviano, il cappello, la tipa canadese peggio ancora si è dovuta mettere la gonna a balze e il velo nero e siamo andati all’”oratorio” per la festa dedicata ai turisti. Le nostre facce erano simili a quelle del Savonarola un attimo prima che accendessero il fuoco, il nostro spirito come quello di Berlusconi dopo aver perso le elezioni.Insomma avremmo preferito tutti e quattro andare a letto e Hilda pure molto probabilmente. Sta festa si svolgeva in un locale dove cerano 6-7 ragazzotti che con i tipici strumenti peruviani suonavano e ballavano, le donne del paese facevano ballare gli uomini e le turiste ballavano con i ragazzetti del paese. Ad un certo punto è arrivato pure il trenino tipo sciogli le trecce ai cavalli nelle peggiori tradizioni di capodanno nelle nostre discoteche. Una cosa insopportabile. Ma non perché brutta, anzi ammiro l’ospitalità dei poveretti, ma perchè veramente eravamo esausti tanto che ad un certo punto abbiamo supplicato la Hilda di portarci a casa. E cosi’ è stato. Finalmente in camera, sotto le coperte. Siamo a letto!!!!!!! Mamma che bello!!!sopra di noi una ventina di chili ( e non esagero!!!) di coperte di tutte i tipi. Un saluto ai canadesi, la luce si spegne( l’hanno spenta loro col loro interruttore!) e via con una dormita da sogno. Eppure di notte è successa una tragedia: mi è scappata la pipi’. Si questa è stata una tragedia. Trova la lampada frontale,vestiti, trova l’uscita al buio totale, fai le scale di legno traballanti, trova il tuo pisellino ghiacciato al buio……..e mettiti a fare la pipi al buoi pesto in mezzo a maiali e cani che ti scorazzano attorno, risali, sbatti la testa sulla tramezza della porta, bestemmia in turco……BUONANOTTE………………………….a domani.

1-2/agosto/2006: TAQUILE e AMANTANI Risveglio dopo una bella dormita e riecco la colazione con la Hilda che arriva in cameretta e ci dà il buongiorno. Stamattina andremo in lancia a Taquile, lancia è una parola grossa……… Arrivati a Taquile, avevo sentito anche qui leggende metropolitane di circa 500 gradini da fare in salita e invece no….. Il buon Dio ci ha messo un occhio e la barca è attraccata dalla parte dell’isola dove per salire in cima non bisogna fare i gradini…….. La leggende a proposito dei gradini è comunque vera e ve ne parlo dopo, già dopo perchè ora mi spetta un’oretta di sgambettata su sta salita che è sicuramente meno faticosa dei gradini , ma porcaccia la miseria una funicolare la potevano anche fare vero????????la salita lungo il sentiero non è particolarmente faticosa , ma insomma si fa sentire. In compenso lungo sta mulattiera si incontrano bimbi bellissimi, donne cariche di ogni cosa sulle spalle e si vede il paesaggio stupendo del lago Titicaca con il sole magnifico, quasi un paesaggio tipo Corsica o Sardegna o forse alcuni promontori della Grecia. Si arriva dopo l’ennesima sudata al paesino e noi siamo stati molto fortunati, perchè era il periodo della festa dell’isola e abbiamo assistito a tutta una cerimonia di canti e balli molto folk: in mezzo alla piazzetta del paese era stato issato una specie di albero della cuccagna e una cinquantina di persone isolane tutte agghindate con i loro costumi bellissimi giravano in torno a sto palo ripetutamente….gira e gira e gira alla fine mi sono venute due palle cosi….perchè la musica non era proprio delle migliori e mi facevano na pena ste poverette con queste gonne a balza pesantissime e coloratissime che correvano saltellando tutto intorno. Bambini lerci ovunque con due occhini cosi’ ( unite le mani e fate cosi’!!!), il paesello è davvero povero, le condizioni igieniche estreme, ma si respira un ‘aria amichevole. Ci è toccato mangiare in un ristorante ( se quattro assi si possono chiamare tavoli….), io come al solito mi sono strafogato di trucha in tutti i modi, un centinaio di fotografie a testa io e Giacomo e poi si riparte. Ed è qui che ho capito che Dio mi ama, si lui mi ama perché nello scendere abbiamo affrontato la malfamata scalinata: è faticosissima da scendere, molto irregolare, molto ripida, un male ai calcagni incredibile. Ecco mi sono detto. Pensa te se avessi dovuto farla in salita!!!!!!! In effetti l’idea di quella scalinata in salita mi è rimasto impresso, perché è davvero lungaaaaaaaa e ciò nonostante, mentre io mi lamentavo scendendo, ecco che salivano donne e bambini che non sembravano nemmeno loro quelli del fatto……. E per finire ho visto degli isolani, neanche tanto giovani, farsi la scalinata dal molo in cima al paese con una bombola di gas, piena, sulle spalle!!!! E poi io mi lamento…… Portatevi quintalate di cioccolato e di caramelle perché ai bimbi non potrete resistere, la temperatura era mite e ideale, giusto una felpetta, la crema solare mi sembra decisamente eccessiva…… Torniamo a Puno, naturalmente dopo tre ore di navigazione in bagnarola per percorrere una decina di chilometri, roba da prendere dei remi per fare più veloce. Serata a base di cibo come al solito, solito ristorante “La Casona”, non particolarmente gentili, ma economicissimo e ottimo cibo. A titolo informativo vi comunico che la trucha non è carne di struzzo, bensi di trota: l’ho scoperto dopo aver chiesto dove si poteva mangiare la trucha facendo su è giu con le braccia a mo di pollo e sentendomi rispondere dal povero malcapitato basito che la trucha non sbatteva le ali ma nuotava nell’acqua. Una figura di merda!!!! 3-4-5/agosto 2006: CUZCO E DINTORNI Il giorno dopo il rientro dalla visita del lago titicaca siamo partiti alla volta di Cuzco. Sinceramente non ho scritto il diario in questi giorni, percui vi tocca un rapido riassunto. Facciamo notare solamente, senza entrare nei particolari, che a Cuzco abbiamo dormito nella cosiddetta mitica “Locanda”….. Un posto orrendo e fatto per italiani che vanno in Peru per mangiare la carbonara tutte le sere……da evitare come la peste a tutti coloro che invece hanno un minimo senso dell’avventura.Oltretutto è caro fuori misura.

5 agosto 2006: SALINAS, URUBAMBA, LA PICCOLA LOCANDA Giornata dedicata alla preparazione psicologica del Lares trek di domani. La mattina, dopo la solita colazione abbondante alla Piccola Locanda ( bisogna dargliene merito) andiamo in Plaza de Armas a bere un caffè al CEFERINO BAR, ma la sfiga vuole che sia chiuso: sono solo le 10 del mattino e questi aprono un po come cazzo gli pare o meglio quando si svegliano……allora decidiamo di partire per Le Salinas in collettivo, ormai siamo praticissimi e con circa 3 soles, una miseria contro i 50-60 del taxi e rispetto le cifre irragionevoli delle agenzie). Il collettivo vi porta fino a Maras, non addormentatevi altrimenti arrivate a Urubamba. Una volta scesi ci si ritrova in mezzo a una piana senza nemmeno una cosa animata ma nemmeno inanimata e a questo punto avete 3 possibilità. 1) farvi prendere dal panico 2) seguire le indicazioni per le Salinas a piedi per circa due ore di viaggio in piano e in discesa però! 3) prendere uno dei taxi che come al solito e come avvoltoi su un cadavere si fondano davanti alle fermate dell’autobus noi optiamo per la seconda e quindi per 15 soles(!!!!!!)in 10 minuti , contro i 3 per un ora da Cuzco!!, arriviamo alle Salinas. In realtà dicono sempre di non prendere i taxi per strada, tra l’altro visto il luogo desolato un pò di fifa ti viene perché questi potrebbero portarti ovunque, però dai …….fidiamoci e che Dio ce la mandi buona! Arrivati alle Salinas lo spettacolo è molto bello, una valle bianca , tutta di sale ( almeno spero……ma non siamo in Colombia…). In una gola molto stretta si vede il fianco destro della montagna completamente bianca, abbagliante, piena di terrazzamenti con piccole vasche di acqua dove l’evaporazione fa si che si produca il sale . Si cammina sui cataletti che separano le vasche, si rischia un paio di volte di finirci dentro, la camminata dura una mezz’oretta, c’è sale ovunque, alcuni poveri cristi raccolgono sacchi di sale che trasportano sulla groppa in salita. Tutti i terrazzamenti sono alimentati dai cataletti scavati nella montagna in cui scorre l’acqua ricca di sale proveniente dalla cima, alcuni sono aperti per riempire le vasche, altri sono chiusi con sacchetti di plastica per permettere alle vasche di evaporare. Dopo questo giretto tra le salinas eravamo indecisi su cosa fare. Una coppia di italiani ci ha detto che dalle Salinas attraverso un sentiero in discesa si può ritornare sulla strada per prendere il bus per Cuzco. Noi oggi siamo pigrissimi, da far schifo, non abbiamo voglia di visitare le rovine di Moray ( ci hanno detto che non vale la pena) e decidiamo di arrivare a Urubamba con lo stesso taxi dell’andata e con altri 15 soles e per due motivi principali. – abbiamo fame come al solito -vogliamo prendere il collettivo per ritornare a Cuzco direttamente dal terminal di partenza. Infatti prendere il collettivo dalla strada significherebbe viaggiare per un’ora e mezza in piedi stretti stretti…quindi vedete un po’ voi. Riassumendo per andare a Las Salinas si prende un collettivo che va a Urubamba via Ch’incero ( non via Pisaq perché è molto più lunga) e si scende a Maras. Urubamba è assolutamente da evitare , non merita nessun tipo di visita, è squallido e veramente non ha nulla di pittoresco. Sconsigliatissimo. Torniamo a Cuzco e facciamo spesa per il Lares di domani. Siamo un po’ scocciati per il fatto che da 3 giorni siamo alla Piccola Locanda e nessuno ci caga. Abbiamo saputo per caso che stasera c’è il briefing per il lares……..il lares è organizzato da tale Gabriele che arriva proprio stasera da Puno con un pulmino (il pulmino dell’azione cattolico come noi l’abbiamo chiamato o peggio dell’Opus dei) pieno di italiani che viaggiano insieme e che si uniranno a noi domani. Compriamo cioccolato, carta igienica (non mi servirà…..) e torniamo all’ostello

6-7-8/agosto/2006:IL LARES TREKKING: IL MIO CALVARIO Stamattina comincia il mio primo Lares trekking che forse sarà anche l’ultimo. Non sappiamo perché abbiamo scelto di fare un trek. Nessuno di noi due ne ha mai fatto uno né tantomeno siamo mai andati in montagna. Questo Lares lo abbiamo fatto in piena incoscienza, anche se su consigli di amici in Italia abbiamo speso un patrimonio tra scarpe da trek, calzamaglie e magliette termo traspiranti etc…. Tutto questo si rivelerà assolutamente provvidenziale. Mentre scrivo, infatti, sono sulla terrazza della nostra camera a Mancora, davanti all’oceano con 25° gradi e una inebriante brezza marina. Sono passati ormai 3 giorni dalla fine del trek, abbiamo ancora i polpacci doloranti e non solo quelli e mi sento quindi di darvi dei consigli. A) fatelo assolutamente. Il trek è stata l’esperienza si più pesante ma anche la più vera e meravigliosa che abbiamo mai fatto e ci ha permesso di vedere e soprattutto di conoscere un mondo, quello dei villaggi andini, che ci ha assolutamente affascinati. B) Non saprei cosa consigliarvi tra il Lares e l’Inca trail. Sicuramente l’Inca è più pesante perché arriva direttamente a Machu Pichu , ma è anche molto affollato. Pensate che ogni giorno partono 500 persone per l’Inca e quindi capita, come ci hanno raccontato, di trovarsi in una sorta di carovana umana dove i vari gruppi delle diverse agenzie si doppiano e si incontrano continuamente. Il Lares è meno faticoso , per m odo do dire…., e l’ultimno giorno prevede il pernottamento in Aguas Caliente, in m odo tale da poter fare una doccia e ripartire riposati, si fa per dire, per Machu Pichu. Inoltre il lares è frequentato pochissimo, tantevvero che in 3 giorni di cammino il nostro gruppo, formato da 8 persone, non ha ma incontrato nessuno ne per il sentiero, ne durante l’accampamento. C) Ragazzi copriteli. Una notte siamo arrivati a meno 10, quindi dai guanti ai maglioni, non lasciate nulla a casa: i calzettoni di lana grossa sono stati una manna dal cielo. Vestitevi a strati perché si può passare da sotto zero a un cadlo da sudare durante il giorno per poi passare a un vento fortissimo, col rischio di pioggia. Insomma si possno trovare tutte le temperature delle 4 stagioni , almeno in agosto, quindi portatevi roba pesantissima, crema solare , mantella per la pioggia etc. D) Cercate di ritrovarvi con altri Italiani perché passare 4 giorni a stretto contatto con finlandesi o israeliani con cui non si può comunicare è davvero brutto. Noi eravamo 8 italiani e abbiamo potuto socializzare e fare amicizia. Non fate i fighi pensando in questo momento che tanto voi parlate l’inglese, non è vero, voi l’inglese non lo sapete parlare, sapete due parole di cui una è goodbye , quindi non tiratevela! Il nostro lares è stato organizzato tramite il sito www.peruresponsabile.it e pagato € 285,00 direttamente dall’Italia, con un paio di mesi di anticipo. Ecco il programma che ci siamo sorbiti: 1) partenza da Cuzco e trasferimento a Lares: 4 ore di pulmino , altezza 3100m. 2) bagno nelle sorgenti termali di Lares, una sozzeria unica, no comment!!! 3) Primo giorno di cammino tutto in salita, ma non eccessivamente pesante, ho sporconato come un animale da soma ma pensavo peggio. Circa 4 ore di cammino ininterrotto. Arrivo a Huacahuasi a 3.800 m e accampamento. 4) Secondo giorno sveglia alle sei e partenza per Patachenca: 7 ore di salita ininterrotta, con attraversamento di un passo a 4800m, un porcone ogni 2 passi, una sosta ogni 10 minuti, una apparizione mistica ogni 20: la giornata più dura di tutte, mai faticato tanto! Arrivo a Patachanca, accampamento. 5) Terzo giorno sveglia alle sei e partenza per Ollantaytambo, circa 5 ore di cammino tutte in discesa: facile direte voi, sto’ cazzo dico io!!!!!ginocchia a pezzi, talloni devastati, vesciche e forse anche i pidocchi!! Arrivo a Ollantaytambo, pranzo e trenino per Aguas Caliente dove abbiamo pernottato in ostello. Ma come funziona durante il cammino? Una guida e noi otto in marcia mentre il cocinero, due cavalli e due aiutanti corrono come dannati per precedervi e farci trovare ogni volta l’accampamento pronto. Gli zaini personali vengono traspostati dai cavalli, ciascuno di noi aveva solo un piccolo zaino con cioccolatini, acqua, maglione e antipioggia. Il cibo: durante questo trek ( e anche altri me lo hanno confermato) ho mangiato come un maiale. Noi credevamo di vivere di scatolette e fagioli e invece: sveglia alle 6 con the caldo o mate portato direttamente nella tenda; pranzo a mezzogiorno con porzioni luculliane di riso, zuppa di verdure o di cereali, carne di alpaca cucinata tipo brasato, verdure cotte, ali di pollo in salsa di pomodoro, dolce di maiz, caffè o thé; colazione con frittelle calde appena fritte, burro, marmellata, pane , caffè; spuntino pre-cena appena arrivati al campo con pane caldo, cioccolata calda, pop corn caldi, thè, infusi etc.. Insomma, tutti eravamo sbalorditi. Un capitolo a parte merita il tanto temuto soroche: alcuni di noi hanno sofferto di mal di testa e difficoltà a respirare. Giacomo ed io invece nulla, forse perché arrivando da Arequipa via Puno abbiamo avuto la possibilità di adattarci gradualmente. Non fate conto sul mate de coca o le caramelle di coca, prendete come consigliato delle pastiglie che si trovano a Cuzco in tutte le farmacie chiamate Sorochiji pills. Io mi ero portato di tutto: gutron, glucosamina etc….. Niente di tutto ciò è efficace come le Sorochiji pills, anche come prevenzione, 3 pastiglie al giorno. Capitolo acqua: con nostra grande sorpresa i cavalli non trasportavano l’acqua! Ciò significa che bisogna partire ognuno con le proprie bottiglie. E’ anche vero che non ci si può certo portare sulle spalle litri e litri di acqua. Nei villaggi dove ci si accampa non ne vendono. Finita quella che avevamo, la guida la n otte prima di andare a letto ci riempiva le bottigliette vuote con acqua bollita. Durante la notte le abbiamo infilato nel sacco a pelo per scaldarci, durante il giorno l’abbiamo bevuta dopo averci messo dentro le pastigliette disinfettanti. L’acqua infatti per cucinare, per lavare le stoviglie e per bere viene in fatti presa dai torrenti e quindi non potabile. Comprate le pastiglie disinfettanti direttamente a Cuzco. Usate un bastone durante il cammino per aiutarvi.Non occorrono le bacchette super tecnologiche americane….non fate i fighetti, vendono per 5 soles dei bellissimi bastoni in legno, volendo anche intarsiati con l’impugnatura ricoperta da tessuto di lana coloratissimo che poi vi potete pure portare a casa come ricordo. Ecco tutto quel che mi viene in mente. Durante il tragitto si vive una esperienza bellissima, si cammina per chilometri ( e dico chilometri….) nel silenzio più assoluto in un paesaggio brullo, non ci sono alberi o vegetazione se non muschi vari, si respira tantissima polvere, si attraversano passi dove si possono vedere gruppi di alpaca pascolare liberamente, tutta la montagna rocciosa è in gran parte ricoperta da un muschio secco che ricopre tutto come una coperta. Raramente si incontrano casette di qualche campesino costruite in mattoni di adobe e paglia con piccoli recinti fatti di pietra per rinchiudere le pecore o gli alpaca. Ogni volta che si passa nei pressi di una casetta, si sentono i bambini, sporchissimi, gridare GRINGO!!!!! E correre incontro al gruppo con quegli occhini che vi chiedono una caramella a cui non potrete dire di no. Portatevi tantissime caramelle e cioccolatini, io sembravo babbo Natale perché distribuivo Kit Kat o Twix a tutto spiano. I bambini erano felicissimi ma vi diranno un gracias con un filo di voce perché sono timidissimi come anche le donne che si avvicinano ogni tanto per vendervi i soliti cappellini, sciarpe e poncho. Tutti gli abitanti della valle sono vestiti con i loro abiti tipici, ma non per i turisti, si vestono cosi’ sempre anche per lavorare e lo si vede dalla sporcizia…..In effetti spesso si rimane sconcertati dalle mani e dai visi lerci di questa povera gente, neri come il carbine per non parlare dei piedi, ma d’altra parte provate voi a lavarvi con l’acqua gelida a 4000metri…Tutti, grandi e piccini, indossano gli stessi identici sandali in cuoio aperti(!) come i nostri sandali da frate e si vedono i piedini dei bimbi neri neri e con la pelle ispessita dal freddo e dalla fatica, sembrano che abbiano dei pneumatici Pirelli al posto dei piedi!!! Donne e bambine indossano oltre ai sandali una gonna colorata corta al ginocchio(!) e tutte portana il classico manto appoggiato sulle spalle con cui trasportano ogni genere di cosa. Tutte hanno un cappello stranissimo fatto a forma di fondina da minestra rosso decorato con fili di lana e tenuto legato da un filo sotto il mento. Ibimbi e gli uomini invece hanno un cappello ancora più strano con forma simile a quello dei soldati inglesi della seconda guerra mondiale o dei preti di campagna, insomma una specie di bombetta a cui hanno attaccato dei pezzi di stoffa colorati di giallo , rosso sia a destra che a sinistra. Viste dal nostro punto di vista occidentale, queste persone potrebbero sembrare vivere in una desolante sporcizia e miseria, ma in realtà si tratta di un mondo agricolo e forse un po’ bucolico che da noi è scomparso nel dopoguerra, fatto da persone semplici che lavorano la terra arando con il bue e l’aratro in legno…insomma non devono essere trattate con tono compassionevole, ma anzi immaginate voi una vita semplice sugli altipiani andini incontaminati, una vita semplice, frugale, molto dura ma assolutamente dignitosa. Siamo noi ad essere incapaci di immaginare una vita senza elettricità, acqua corrente, servizi igienici,riscaldamento, e a volte ci poniamo nei confronti di queste comunità pensando che siano degli sfortunati, degli ultimi…..:sicuramente la loro è una vita difficilissima, dura ma non facciamoci prendere la mano da inopportuni atteggiamenti da buon samaritano di cui in realtà loro non hanno bisogno.Per farvi capire volevo regalare un paio di calze ad un bambino ma lui primo non sapeva cosa fossero le calze e secondo la guida stessa mi ha detto che non le avrebbero mai messe….per loro è normale dormire a -10 apiedi scalzi!!!!! D’altra parteè però vero che questa vita è si agricola e frugale ma non va nemmeno immaginato che sia una sorta di fiaba dove i bimbi vivono come allegri pastorelli sulle montagne: ci è capitato di fermarci con alcune donne i cui bambini stavano male e la guida stessa ci ha chiesto se avessimo con noi dei medicinali ( aspirina per lo più) da dare ai bambini, ma forse anche questo è un eccesso di zelo…insomma la gente che si incontra vive in poverta e in condizioni durissime, ma con grande dignità e senza dare l’impressione di miseria ma semplicemente di una realtà contadina indietro di 50 anni rispetto a noi e simile a quella dei nostri nonni nelle campagne degli anni 40-50. Durante i 3 giorni di cammino oltre alla nostra guida Ronal, siamo stati accompagnati da una bimba dolcissima di nome GRIMANESSA….qui i bambini hanno nomi fantasmagorici: Eleuterio, Mosè……etc…Questa bimba era la figlia del cocinero, bellissima, timidissima, vestita con i suoi abiti tradizionali, con un passo nel camminare da non riuscire a starle dietro:ci seguiva attenta, ci chiedeva come stavamo ogni tanto e sembrava un pò Heidi felice sui monti.Era letteralmente ricoperta di sporcizia ma di una bellezza mozzafiato, una tenerezza incredibile, mai una lamentela, mai si è seduta con noi a mangiare , sempre in disparte,seduta per terra con gli avanzi dei nostri banchetti, sparecchiava diligentemente e abbiamo dovuto lottare per vincere la timidezza e convincerla insieme agli altri bambini che scorazzavano intorno all’accampamento a sedersi a bere un thè caldo o mangiare qualcosa con noi dalla nostra tavola. Sia chiaro che Grimanessa non stava lavorando, lei va a scuola, ma durante i giorni de vacaciones seguiva il papà vivendo tutto questo come un divertimento ( cosi almeno voglio credere , spero e ci hanno fatto credere….).Vi raccomando di portarvi tantissimi cioccolatini e magari qualche quaderno o lapis, farete felicissimi questi bambini. La prima sera ha fatto un freddo cane ma cane cane cane che quasi abbagliava !!!!alle otto eravamo già tutti a letto , insomma eravamo sotto le tende…….svegliandoci poi anchilosati……Durante la notte un puma, si avete capito bene, un PUMA con la p maiuscola ha aggredito i nostri cavalli, sbranato una pecora…..bene ora che lo sappiamo siamo tutti più tranquilli!!!!!la mattina fa un freddo agghiacciante: 2 maglioni di lana, giacca a vento, cappello di lana e guanti termici tanto per farvi capire. Il secondo giorno è stato un Calvario davvero, abbiamo dovuto superare un passo a 4.300 metri, ho visto la madonna di Fatima, di Medjugore, mi si è sciolto il sangue come a San Gennaro, mi sono venute le stigmati e ho tirato in ballo tutti i santi del paradiso, uno per ogni passo , mi è scesa la pressione a meno venti, ho avuto allucinazioni tipo LSD, ho pianto con o senza lacrime, ho maledetto il giorno in cui sono nato io , Giacomo e tutti gli organizzatori, ho visto l’aurora boreale in pieno altipiano peruviano, ho rimpianto di non essere a Lourdes in carrozzella, ho desiderate di morire un paio di volte, ho rischiato di morire altrettante, ho raggiunto il margine dell’infarto, ho perso dieci anni di vita, ho incontrato San Pietro e San Luca, ho visto le porte dell’inferno, ho ricevuto la visita dell’Arcangelo Gabriele che mi dava la lieta novella della Annunciazione, mi mancava la corona di spine e sarei sembrato Cristo con la croce sul Calvario.Tutto questo per dire che ho fatto una fatica ma una fatica ma una fatica che ora come ora nemmeno a calci in culo……. Ho camminato 7 ore in salita per 17 chilometri. Dio me ne scampi se lo rifarei mai!!!!!La sera ci siamo accampati nel villaggio di Grimanessa, con le tende a filo di un precipizio, con l’apertura logicamente rivolta verso il dirupo, un vento tipo bora triestina. Ecco li’ ho desiderato morire, avevo già immaginato tutto, l’elicotterro del soccorso alpino che veniva a prendere la mia salma, il trasporto della bara in aereo, l’arrivo a Fiumicino avvolto nel tricolore con le massime autorità dello Stato…..ma poi ho realizzato che gli alpini là non c’erano, che a Ciampino non sarebbe venuto nessuno a prendermi e che probabilmente mi avrebbero seppellito sotto due sassi con una croce di legno sopra, avvolto in una pelle di alpaca: questo è l’unico motivo per cui sono sopravvissuto!! A tutto ciò va aggiunto che per tre giorni non ho avuto il coraggio di fare la cacca, provate voi a tirar fuori le chiappe a -10!!!I due paesini dove ci siamo accampati non pensiate che siano due località di villeggiatura, ma solo 5-10 casette di fango e paglia costruite una vicina all’altra nei pressi di un ruscello. Alcune però avevano addirittura i pannelli solari, nessuno negozietto o botiga, per questo vi ri-raccomando l’acqua!!!!! Questi tre giorni sono stati meravigliosi, ho visto cose e modi di vivere che non mi immaginavo nemmeno potessero esistere, un paesaggio mozzafiato, un gruppo simpaticissimo, un ‘esperienza unica. Certo è stata durissima, faticosissima, stancantissima, tutti gli issimi che volete….. La fine del Lares consiste, il 3° giorno, nel raggiungere Ollantaytambo. Purtroppo ho fatto il tragico errore di no visitare le rovine uno dei giorni precedenti, perche arrivati al villaggio avevamo solo un’ora di tempo e stanchi come eravamo non ce l’abbiamo fatta a vederle…evvabhè!!! Abbiamo preso il treno per Aguas Caliente, il Vistadome, che sinceramente non era niente di particolare, lo immaginavo più folkloristico. Noi l’avevamo compreso nel pacchetto , ma so che per sentito dire bisogna prenotarlo con molto anticipo anche se poi altri hanno trovato il biglietto lo stesso. AGUAS CALIENTE Una mostruosità. Ecco come si può definire questo paesino formato solo ed esclusivamete da ostelli, ristoranti e negozi di souvenir…una piccola Las Vegas delle ande, un po’ stile Playa del Carmen in Messico per chi ci è stato, un pò stile Gabicce Mare per chi no. Nulla di meno peruviano e autentico, tutto kitsch, tutto più caro, insomma evitate assolutamente di passarci più di una notte. Una si ce la dovete passare perché per arrivare a Machu Pichu e goderselo dovrete alzarvi alle 4,30 e prendere il 1à pullmann delle 5,30. Arrivate comunque ad Aguas la sera, sfruttando magari il pomeriggio per visitare Ollantaytambo o le sue rovine, infatti anche questo paesino non merita più di una passeggiata che va comunque fatta perché è uno dei pochi paesi che ha mantenuto strade e sistemi di raccolta delle acque e mura ciclopiche inca. Si possono infatti vedere bellissime stradine tutte strettissime risalenti al periodo inca, qualche porta in pietra ma soprattutto le rovine. Quindi riassumendo non fermatevi ad Aguas più di una notte. Del nostro ostello ad Aguas, non ricordo nemmeno il nome tanto era brutto, con la muffa nelle camere……ancora parzialmente in costruzione, ma almeno abbiamo potuto usufruire del servizio di lavanderia per lavare gli indumenti sudici e maleodoranti usati durante il Lares. Domani vedremo Machu Pichu, la ragione principale ma assicura non l’unica di questo viaggio. L’ emozione sale, serata al ristorante HOT SPRING sui binari del treno…..da evitare assolutamente, maleducati, carissimo, c’e’ di molto meglio….. 09/08/2006: MACHU PICHU MON AMOUR……….. Sveglia ore 4….no comment!!!colazione fugace e via all’appuntamento alla fermata dell’autobus dove c’e’ già la coda, ma tanto gli autobus passano ogni 10 minuti, io sono in coma, gli altri pure, ho i polpacci a pezzi e fa pure freddissimo, mezz’ora e ariviamo all’ingresso attraverso una stradina tutte curve.C’è ancora buio, ma arrivati in cima è ormai l’alba e il sole è sorto ( ma io non sono ancora risorto dopo tre giorni ….anzi sto ancora avvolto dal sudario !!).ci viene consegnato il fatidico biglietto, quello che se lo perdi ti spari nei maroni e che serve per entrare e uscire apiacimento dal sito durante la visita ( per i bagni e per l’unico punto di ristoro all’esterno). Le prime due ore e mezza seguiamo Ronald, la nostra guida del trek che ci accompagna attraverso le rovine. Dalle sue spiegazioni davvero brillanti capiamo che tanti dei misteri di questa incredibile città in realtà sono ormai stati chiariti: si sa come e quando è stata costruitae e abbandonata. Cio che forse rimane un mistero è la funzione di questa città, ovvero se fosse un osservatorio astronomico, una città imperiale o altro ancora. Resta comunque incredibile come e dove gli Inca siano arrivati. Ronald ci guida attraverso le rovine, spiegando passo a passo ciascuna costruzione e fa cendoci capire quale razza di ladrone sia stato Hiram bingham, lo scopritore che ha razziato gli ori di Machu Pichu e ne ha dato una interpretazione assolutamente falsa e preconcetta. Arriviamo siano al guaina Pichu, ecco sapiiate che questa è la montagna che si vede in tutte le foto, ci si può salire solamente in 400 al giorni e solo fino alle ore 13. Io e Giacomo ci rifiutiamo categoricamente, siamo stanchissimi e con le gambe a pezzi, sappiamo che ce ne pentiremo ma non ce la sentiamo proprio di scalare il Guaina Pichu e da racconti di alcuni compagni che ci sono poi saliti, sono contento di non averlo fatto: riferiscono di una salita durissima, a tratti si sale quasi a carponi e più che altro ci sono sentieri strettissimi a strapiombo ed io memore dell’esperienza di Pisaq mi sarei cagato sotto. Ronald ci lascia, ci aspetterà all’uscita. Io e Giacomo e altri che non sono saliti al Guaina, girovaghiamo per la cittadella scattando foto come matti. Ci sono pure alcuni alpaca e lama che rendono tutto più scenografico. Non mi dilungherò sulla descrizione ma lascerò a memoria imperitura solo le mie impressioni conclusive su Machu Pichu. Machu Pichu è stata per noi un sogno. Da anni volevamo venire qui ed è la 2° tappa del mio itinerario in sud america che intendo realizzare: Mexico l’anno scorso, Perù quest’anno, Cile e Isola di Pasqua l’anno prossimo. Machu Picgu è un luogo affascinante, misterioso,magico, collocato in una posizione mozzafiato. Machu Pichu mi ha fatto veramente emozionare tantissimo…il sorgere del sole è stata una visione spettacolare. Ora che sto scrivendo mi rendo conto che , oltre al significato storico e archeologico va apprezzato l’insieme di Machu Pichu, infatti di per sé le rovine non avrebbero lo stesso significato e la stessa suggestione se non fossero collocate in questo splendido paesaggio di montagne che si innalzano maestose. Machu Pichu è un luogo di meditazione e riflessione , suggestivo. Faccio questa premessa perché ora sto per scrivere una cosa che potrebbe sembrare sacrilega: Machu Pichu mi ha affascinato totalmente ma non ho sentito la maestosità e la grandiosità che ho invece avvertito nei grandi siti maya messicani. Ripeto a Machu Pichu è un luogo magico e pieno di fascino, ma manca della fastosità e della grandiosità dei siti maya. Non è stata una delusione, ma semplicemente mi sono approciato, inizialmente,al sito con lo spirito sbagliato. Io cercavo la grandiosità delle piramidi e dei palazzi di Teotihuacan , invece di Machu Pichu va apprezzato il minimalismo, senza fregi, ornamenti, sculture , grandi costruzioni ed ha in compenso una magia di insieme straordinaria, una fusione perfetta tra natura e architettura. Insomma anche questa città mi resterà sempre nel cuore. Il ritorno da Machu Pichu si fa tramite bus ( 20 soles come Arequipa –Puno !!!ladri!!!) che passa in continuazione dal sito ogni 10 min uti. Poi abbiamo preso il treno. Ecco attenzione chi perde il treno è spacciato perché non si può prendere quello che si vuole e dovrete aspettare che ci sia posto e soprattutto trovare dei nuovi biglietti. Torniamo quindi alla Piccola Locanda ( mal volentieri) , ci rifugiamo nei nostri loculi ( celle secondo altri) 2 metri per 3 a fare i bagagli, domani si parte per Mancora per un po di meritato riposo e per dare sollievo alle ferite spirituali e fisiche ( soprattutto ) dopo il Lares. Come finale con alcuni ragazzi del gruppo e con la nostra mitica guida Ronald siamo andati a mangiare in un ristorantino frequentato solo da peruviani dove per 5 euro a testa abbiamo mangiato come suini all’ingrasso….. Adesso vado a finire di fare i bagagli, madonna che ansia…sono partito con 17 chili di zaino e a ¾ del viaggio sono già a 24…….. E mi sa che nessuno me li porta……!!! Abbiamo passato gli ultimi giorni a Mancora al nord del Peru ed è stata una piacevolissima sorpresa…spiagge bianchissime un sole costante sui 25 gradi…qualche bagno in piscina…..Abbiamo alloggiato al Buenavista…miniappartamenti con tutti i confort per una miseria….. Mancora è straordinaria, andateci e non vi pentirete…è un po come Playa del Carmen 20 anni fa..prima della invasione barbarica dei turisti….insomma c’e’ poco da vedere ma il posto è pressoché incontaminato…. Adesso mi sono davvero stufato di scrivere…..vi saluto devo cominciare ad organizzare la prossima spedizione in Patagonia…se volete scrivetemi…..ciaoooo massimilianovolpi@libero.it



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