Perù: Ritorno tra gli Inca
Perù - Bolivia - Un ritorno tra gli Inca
Testo e foto di Bruno Visca
... I veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire; cuori leggeri, simili agli aerostati, essi non si separano mai dalla loro fatalita’, e senza sapere perche’, dicono sempre "Andiamo", i loro desideri hanno le forme delle nuvole…
Charles...
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Perù – Bolivia – Un ritorno tra gli Inca Testo e foto di Bruno Visca … I veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire; cuori leggeri, simili agli aerostati, essi non si separano mai dalla loro fatalita’, e senza sapere perche’, dicono sempre “Andiamo”, i loro desideri hanno le forme delle nuvole… Charles Baudelaire Ero già stato in Perù nel 2000. In un primo tempo, quando mi è stato chiesto di organizzare un viaggio in quei luoghi, ho pensato che forse era meglio scegliere nuove destinazioni, visitare paesi non ancora conosciuti. Poi, riflettendo sul pensiero di Baudelaire, ho risposto “Andiamo”! Quando si ritorna in un paese già visto si ha sempre il timore di rimanere delusi dai cambiamenti che inesorabilmente si trovano, dallo stile di vita occidentale che poco alla volta invade anche i posti più remoti. Certamente, specialmente nei luoghi più turistici, sono aumentati i visitatori e, di conseguenza, le strutture ricettive. Non è però cambiato il fascino della Cordillera, della deserta e brulla costa del Pacifico, degli altopiani e della selva Amazzonica. La prima cosa che salta all’occhio è l’aumento dei prezzi che in questi sei anni sono lievitati parecchio. Un esempio per tutti: il biglietto di ingresso per il Machu Picchu, che nel 2000 costava 10$, adesso è di ben 40$. Dovendo fare un commento posso dire che è stato un bellissimo viaggio, mai un giorno uguale al precedente e sempre con itinerari interessanti per tutti i componenti del gruppo. Anche la sosta forzata ad Atlanta nel viaggio di andata ha i suoi lati positivi in quanto ci ha dato la possibilità di avvicinarci ad un sistema di vita totalmente differente da quello che vedremo nelle settimane successive. Particolarmente coinvolgente è stato il trekking di quattro giorni nella Cordillera Blanca che ci ha portato al campo base dell’Alpamayo permettendoci di osservare da vicino le maggiori vette del Perù: l’Huascaran (6768 m), il Santa Cruz (6259 m) e l’Alpamayo stesso (5947 m), considerata una delle più belle montagne del mondo. Diario di viaggio Atlanta Il 2 di agosto del 2006, con un lungo volo dalla Malpensa, con scalo a Parigi, si arriva ad Atlanta alle 20 ora locale (le 2 del mattino in Italia). Il volo per Lima partirà solamente alle 16 del giorno successivo. La mattinata libera ci permette di visitare velocemente Atlanta, la capitale della Georgia, la cui maggioranza degli abitanti sono i discendenti dei raccoglitori negri di cotone importati come schiavi nel 1700 dall’Africa. Visitiamo la sede della CNN, la più grande rete televisiva degli Stati Uniti e forse del mondo, ed il museo della Coca Cola. Saliamo inoltre sul “Sun Dial”, un grattacielo a base circolare dove, al 72° ed ultimo piano, vi è un bar-ristorante da cui si può fotografare la città. Verso Huaraz Alle 9,30 della mattina del 3 di agosto lasciamo Lima con un autobus di linea che ci conduce a Huaraz, la “Courmayeur delle Ande”. Uscendo dalla città, attraversiamo le enormi bidonvilles che caratterizzano la sua periferia; queste baraccopoli sono formate da case costruite in mattoni o in legno con il tetto di canne. Usciti da Lima costeggiamo per circa due ore il Pacifico; il paesaggio si presenta come un immenso deserto sabbioso, con enormi dune alte anche centinaia di metri, senza nessun segno di vita. Svoltando nell’interno, il deserto, da sabbioso, diventa roccioso e montagnoso con innumerevoli cactus e fichi d’India. Salendo di quota il deserto lascia il posto alla vegetazione, agavi e piante di eucalipto ci accompagnano fin oltre i 3500 metri, più in alto predominano i pascoli. Superato un passo a 4100 metri la strada scende dolcemente verso Huaraz dove giungiamo alle 17. Trekking nella Cordillera Blanca Alle 8 del 5 agosto si caricano i bagagli sul tetto di un minibus e si parte per il trekking nella Cordillera Blanca. Una sosta a Caraz per fare gli ultimi acquisti di frutta, verdura e acqua, poi si prosegue su di una strada stretta e sterrata sino ad arrivare a Cashapampa (2900 m), luogo di partenza. Alle 12 si inizia a percorrere un sentiero che subito comincia a risalire una valle dove si trovano molti alberi di eucalipto. L’implacabile sole del mezzogiorno fa sembrare ancora più dura la salita che, fortunatamente, arrivati alle 14 alla quota di 3500 metri, si attenua. Adesso il sentiero sale gradatamente, la vegetazione si dirada; si vedono solo arbusti e piccoli cactus spinosi. Alle 17 si raggiunge Llamacarral (3760 m), luogo dove piazzare il primo campo. Il sole inizia a tramontare e poco alla volta il caldo afoso si trasforma in freddo. Montate le tende, con un bollente “Mate de Coca” ci scaldiamo le ossa. Mi sveglio alle 5. Ieri sera ci siamo ritirati nelle tende alle 21, d’altra parte fuori non vi era tanto da fare, neanche un bar per bere una birra! Rimango ancora un’oretta al caldo, nel sacco a pelo, poi alle 6 sveglia generale. Abbondante colazione ed alle 7,30 si parte per la seconda tappa. Sarà perché il sentiero prosegue in lieve pendenza e un freddo venticello che soffia di continuo non ci fa patire il caldo come ieri, ma oggi mi sembra di sentire meno la fatica. Nella prima parte della tappa si cammina praticamente in piano continuando a risalire la valle percorsa ieri. In lontananza, dietro ad alcune montagne al fondo della valle, spuntano cime innevate che sfiorano i 6000 metri. Anche il paesaggio attorno a noi è molto bello, sicuramente più attraente che ieri; forse sarà anche perché oggi mi sento meno stanco ma apprezzo molto di più le bellezze naturali che ci circondano. Si costeggiano due laghetti. Il primo, molto piccolo, è poco più che un acquitrino invaso da canne ed altre piante acquatiche; il secondo, molto più grande, ha un’acqua di un colore blu intenso. Qualche mucca pascola sulle sue rive accontentandosi della poca erba che cresce tra gli arbusti. Dopo i laghi il sentiero prosegue con una ripida salita che, superato un dislivello di circa 300 metri, raggiunge un colletto. Improvvisamente ci appare, in tutta la sua maestosità, l’Alpemayo (5947 m) che è considerata una delle più belle montagne del mondo. Qui vi è un bivio: svoltando a destra, in un’ora circa, si raggiunge il luogo dove piazzare il campo, andando a sinistra, sempre in un’ora, si arriva al campo base dell’Alpemayo. La tentazione è così forte che, nonostante la stanchezza, in cinque decidiamo di fare questa deviazione e di raggiungere il campo base a circa 4400 metri di quota mentre gli altri rimangono ad aspettarci. La zona del campo base è meravigliosa, l’Alpemayo si erge sopra di noi circondata da cime minori e da bellissimi e spaventosi ghiacciai. Rimaniamo al campo ad ammirare questo spettacolo per circa 30 minuti; i nostri due compagni ci attendono, quindi alle 13.30, con il rimpianto di abbandonare tanta grandiosità, ritorniamo sui nostri passi per raggiungerli. Ricompattato il gruppo, in un’ora di sentiero quasi tutto in leggera discesa, raggiungiamo un luogo chiamato Taullipampa, a 4260 metri di quota, dove montiamo le tende. Davanti a noi si scorge il passo di 4750 metri che dovremmo superare domani. Non pensiamoci adesso, pensiamo a montare il campo ed a rilassarci con un caldo “Mate de Coca” preparato dai nostri accompagnatori. Domani è un altro giorno e si vedrà. Terza tappa del trekking. Si parte alle 7.30 e subito inizia la salita che porta al passo. Il sentiero sale gradatamente, poi diviene più ripido con molti tornanti. Lo scenario che ci circonda è sempre da mozzafiato con cime innevate che superano i 5000 metri e splendidi ghiacciai. Nel fondovalle si scorgono molti laghetti glaciali con le montagne che si specchiano nelle loro acque. Il cammino procede lentamente, siamo quasi a 5000 metri. A queste quote l’ossigeno scarseggia ed è indispensabile proseguire con passi lenti e brevi, se si cerca di allungare il passo il cuore incomincia a battere velocemente. Nonostante la fatica in 2 ore e mezzo raggiungiamo il passo di Punta Union a 4750 metri. Lunga sosta per ammirare e fotografare le montagne e le vallate che ci circondano quindi, con una discesa interminabile, verso le 15 raggiungiamo Cachina Pampa a 3750 metri dove piazziamo il campo. Non visibile dal sentiero ma nelle vicinanze deve trovarsi un villaggio. La prova della sua esistenza sono i molti bambini che all’improvviso compaiono, incuriositi dal nostro arrivo. Al tramonto ammiriamo per l’ultima volta le cime innevate ancora illuminate dal sole. Domani scenderemo a valle e le montagne non si vedranno più. Ultima e breve tappa quasi tutta in discesa. Scendendo di quota si incontrano molti villaggi con le case costruite di fango e paglia. Al nostro passaggio siamo circondati da bambini che sperano di ricevere qualche dono, soprattutto caramelle e cioccolato. In questi luoghi il dentifricio è quasi del tutto sconosciuto, quindi siamo restii ad offrire dolciumi. Preferiamo regalare quaderni e penne a sfera che vengono accettati con un po’ di delusione. Alle 10.30, dopo un tratto in ripida salita, arriviamo a Vaqueria dove troviamo ad attenderci il minibus che ci riporterà a Huaraz, non direttamente ma dopo un giro turistico per visitare la zona. Una ripida strada sterrata sale fino ad un passo a 4750 metri da dove lo sguardo spazia sulle montagne che ci circondano. Davanti a noi si ergono le due cime dell’Huascaran, di cui una, con i suoi 6768 metri risulta essere la più alta vetta del Perù. Alla sua vista sono preso dall’emozione e dai ricordi: sei anni prima ne avevamo tentato la salita. L’impresa non era riuscita perché, sorpresi da una improvvisa nevicata, restiamo bloccati al campo 1, sul ghiacciaio a 5200 metri, per tre giorni. Ma questa è un’altra storia già raccontata. Con una ripida discesa sul lato opposto del passo si esce dal parco dell’Huascaran e si trova l’asfalto. Alle 16 arriviamo a Huaraz. Si termina la giornata con una cena in compagnia della nostra guida Victor accompagnato dalla moglie e dalle due figlie. Chavin de Huantar Oggi, 9 agosto, inizia la parte turistica del viaggio con la visita al sito di Chavin de Huantar, una delle testimonianze più importanti di insediamenti stabili preincaichi che si trova a 3.200 metri di altezza sulla Cordillera Blanca. Qui giacciono i resti di una civiltà fiorita tra il 1300 ed il 400 avanti Cristo. Questa civiltà non lascio documenti scritti, quindi è solo possibile fare delle ipotesi basate sui risultati degli scavi condotti nel sito che comprende un tempio, alcune piazze ed una miriade di incisioni su pietra. Le mura, costruite senza uso di calce, testimoniano il livello tecnico raggiunto. Nelle decorazioni dei templi l’elemento predominante è costituito da figure antropomorfe dai caratteri felini che vediamo incise sulle colonne, sulle lastre parietali, sugli architravi e sulle stele. I lavori in corso, con conseguente chiusura temporanea della strada, sulla sommità di un passo a 4516 metri ci costringono ad una sosta forzata. Alle 10 la strada viene aperta al traffico ed alle 11 giungiamo al sito di Chavin. Dopo la visita, che si protrae sino alle 14.30, si passeggia per le stradine del piccolo villaggio acquistando qualche ricordo ed alle 17.30 si riparte per Huaraz. Pisco e Isole Ballestas Ritornati a Lima dedichiamo la mattinata dell’11 agosto alla sua visita. Alle 12 si assiste al cambio della guardia. Schierata sull’attenti, con le uniformi rosse e blu, la guardia uscente passa le consegne alla guardia entrante con una cerimonia che si ripete tutti i giorni alla stessa ora, attirando una moltitudine di spettatori. Alle 13 partenza per Pisco con una sosta per visitare il Museo della Nacion , presso l’Istituto Nazionale della Cultura di Lima, dove è possibile ammirare testimonianze sulle decine di civiltà sviluppatesi in Perù. La giornata di oggi, 12 agosto, risulterà molto intensa. Alle 8 si parte col battello per la visita alla Baia di Paracas ed alle Isole Ballestas, soprannominate le “Galapagos dei poveri”. Qui si possono ammirare molti mammiferi marini e vari tipi di uccelli: cormorani, pellicani e altri. Durante la navigazione si costeggia il litorale desertico dove, inciso nella parete rocciosa di una scogliera, si trova il famoso Candelabro che ricorda le più note figure di Nazca. Moltissime sono le foto scattate alle migliaia di uccelli che nidificano su queste isole ed ai leoni marini che sonnecchiano pigramente sulle rocce e sulle spiagge. Nazca e Cimitero di Chauchilla Alle 11, terminata la visita, si parte per Nazca. In volo si ammirano le famose “Linee di Nazca”, avvolte tuttora nel mistero che hanno dato origine a molte ipotesi più o meno attendibili. Ad una trentina di chilometri da Nazca si trova il meno noto, ma molto interessante, “Cimitero di Chauchilla”, una grande pianura disseminata di ossa, teschi, frammenti di vasi e mummie risalenti al periodo tra il 1000 ed il 1300 d.C. Le mummie, che sino a pochi anni fa erano sparse in modo disordinato in tutta la pianura desertica, sono state saccheggiate dai tombaroli. Solo ultimamente sono state raccolte in 12 tombe ma il terreno circostante è tuttora cosparso di frammenti di ossa. Per concludere bene la giornata non manca il guasto al minibus: tornando a Nazca dal Cimitero di Chauchilla si rompe un manicotto dell’acqua. Fortunatamente un altro mezzo di passaggio ha una tanica d’acqua con cui riempiamo il radiatore. Fermandoci ad ogni fontana per rifornirci di acqua riusciamo ad arrivare all’hotel dove si effettua la riparazione. Arequipa Il 13 agosto, alle 7,40 partiamo per Arequipa dove giungiamo alle 18. Per qualche ora costeggiamo la brulla ma affascinante costa oceanica, poi svoltiamo nell’interno ed attraversiamo un immenso altopiano desertico. Giunti nei pressi di Arequipa si scorge il profilo del Misti (5822 m), un enorme vulcano che sovrasta la città. Il vulcano Misti è un enorme cono formato da rocce e sabbia vulcanica che sorge isolato nel mezzo di un vero deserto di altura; sulle sue pendici non si trovano né una goccia d’acqua, né un filo d’ombra, solo rari arbusti sono presenti alle quote più basse. La sua vista mi fa ricordare quando, sei anni prima dopo la mancata ascesa all’Huascaran, ne abbiamo raggiunta la vetta. Dedichiamo la prima parte della mattinata del 14 agosto alla visita del convento di Santa Catalina, uno dei luoghi più interessanti della città, che nel 1970, dopo quattrocento anni di isolamento, è stato aperto al pubblico. Nonostante sia stato, ed ancora è, un convento di clausura, il voto di povertà e silenzio non era molto rispettato dalle prime monache. Nel periodo di massimo splendore le celle erano in realtà simili a delle lussuose stanze. Visitare Santa Catalina, a tre isolati dalla centrale Plaza de Armas, è come calarsi nel mondo del XVI secolo; le stradine, i porticati e i giardini portano ancora i nomi originali. Il convento, dove un tempo vivevano fino a cinquecento monache, oggi ne ospita solo una cinquantina. Passeggiando per la città di Arequipa, non si può fare a meno di notare l’enorme mole del vulcano Misti che la sovrasta e che è visibile da ogni posizione. Chivay e Canyon de Colca Alle 10,30 partenza per Chivay, punto di appoggio per la visita al Canyon de Colca, uno dei più profondi al mondo. Subito si sale ai 4000 metri di un altopiano ricco di lama, alpaca e qualche laguna con uccelli acquatici. Ci troviamo sul punto più alto del percorso, il passo di Patapampa a 4910 metri, e fortunatamente stiamo tutti bene, nessuno sembra sentire la quota; non per niente siamo tutti iscritti al CAI! Si giunge a Chivay alle 15,30 dove ci concediamo un rilassante bagno nelle sorgenti termali che sorgono a 4 Km. Dalla cittadina. Levataccia alle 5 del mattino per recarci al “Cruz del Condor” per ammirare il condor che, puntualissimo alle 8.30, si alza in volo nel canyon. Molte le foto scattate al paesaggio ed ai numerosi condor che volteggiano sulle nostre teste. Dopo circa un’ora il volo termina e i condor non si fanno più vedere. Una passeggiata sull’alto del canyon e, alle 12.30, si parte per Puno dove si arriva alle 18.30. Si attraversa un immenso altopiano a circa 4500 metri di quota dove si incontrano numerose lagune. Il tempo peggiora: piove e a tratti cade anche la neve. Puno, Sillustani e Lago Titicaca Mattinata libera per la visita della cittadina di Puno, sulle rive del lago Titicaca, ai confini con la Bolivia. La città, situata a 3840 metri, è la capitale dell’aspra regione montana che contiene il lago e costituisce l’habitat ideale per lama ed alpaca. Il Titicaca è il lago navigabile più alto del mondo, essendo situato a 3840 metri d’altitudine. Gli abitanti della regione vivono, oltre che di turismo, pescando nelle sue gelide acque, coltivando patate ed allevando lama. Questa è l’area del Perù dove le tradizioni sono rimaste più integre, dove né gli invasori spagnoli né l’attuale modernità e turismo, sono riusciti a prevalere sulla cultura incas. Secondo la leggenda è qui, sulle rive del lago, che ebbe origine la civiltà degli Incas: si racconta che il Dio Sole, con i suoi figli, emerse dalle acque del lago per dare origine alla dinastia incas. Dedichiamo il pomeriggio del 16 agosto alla visita delle rovine di Sillustani, a circa 35 km da Puno. Le rovine sono costituite da chullpa (torri funebri) dove venivano sepolti i nobili. Queste torri circolari, che raggiungono un’altezza di 12 metri, sono avvolte nel mistero; non si conosce l’epoca esatta della loro costruzione. Sono formate da enormi massi squadrati posti uno sull’altro, con una piccola porticina di ingresso da dove non è possibile fare entrare la salma; per questo motivo si pensa che il corpo del defunto fosse calato dall’alto, prima della costruzione della copertura. Anche la tecnica di sollevamento degli enormi e pesanti blocchi di pietra è un mistero, potrebbe essere la stessa usata dagli egizi nella costruzione delle piramidi: enormi piani inclinati formati da terra rimossa al termine dell’opera. Interessante giornata di navigazione sul lago per visitare alcune delle oltre trenta isole che sorgono dalle sue acque. Le isole più famose del Titicaca sono le Uros, isole di canna galleggianti a circa un’ora di navigazione da Puno, che prendono il nome dagli indios che le abitano. Questo piccolo arcipelago, formato da circa mezza dozzina di isolotti, è la prima tappa della nostra visita al lago. Queste isole, formate da canne che crescono sulle rive del lago, sono artificiali. A causa della povertà della zona, la maggior parte degli Uros si sono trasferiti a Puno. I pochi rimasti vendono i prodotti del loro artigianato ai turisti, si dedicano alla pesca ed alla caccia dei molti uccelli che popolano il lago; la loro sopravvivenza è inoltre basata sulla vegetazione lacustre, soprattutto sulle canne, utilizzate per costruire le abitazioni, le imbarcazioni ed addirittura le stesse isole. Poiché il fondo di queste isole artificiali si deteriora rapidamente nell’acqua, gli abitanti devono continuamente aggiungere strati di canne sulla parte superiore; questo rende spugnosa la consistenza della superficie e provoca una strana sensazione di instabilità nel camminarci sopra. Seconda ed ultima meta della nostra visita al lago è l’isola di Taquile, patria di abilissimi tessitori, a due ore di navigazione dalle isole Uros. Il paese è situato sulla cima dell’isola, a circa 4000 metri, e per raggiungerlo si deve percorrere una mulattiera in salita che mette a dura prova i molti turisti. Taquile è la patria dei tradizionali tessuti peruviani ed è frequente incontrare, lungo le strade e sulla piazza principale del paese, uomini intenti a confezionare gli splendidi copricapi di lana che sono indossati dagli abitanti dell’isola. I colori e i motivi decorativi degli indumenti forniscono indicazioni su chi li indossa: stato civile, posizione familiare, eccetera. Per esempio, gli scapoli portano un cappello di maglia con un ciuffo bianco, mentre i copricapi degli uomini sposati sono decorati con punti rossi. Si possono acquistare ottimi capi di lana, con coloratissimi disegni, a prezzi convenienti. La Paz Oggi, 18 agosto, ci trasferiamo a La Paz, in Bolivia. Con un minibus si parte alle 8 e, costeggiando il lago Titicaca, arriviamo alla frontiera. Sbrigate le pratiche doganali, con un altro minibus verso le 11 raggiungiamo Copacabana in una splendida baia sulla sponda boliviana del Titicaca. Il pulmino per La Paz partirà alle 13.30, quindi rimane il tempo per visitare la cittadina ed in particolare la sua bianca cattedrale. Costruita tra il 1605 ed il 1820, la cattedrale in stile moresco, con le sue cupole e le sue sgargianti mattonelle di ceramica blu, domina Copacabana. Alle 17 si arriva a La Paz, la capitale più alta del mondo, arroccata sul fondo e sui pendii di un canyon di 5 Km di larghezza e sovrastata dai due massicci dell’Illimani e dell’Huayana Potosì. Dopo la sistemazione in hotel prendiamo contatto con un’agenzia per l’escursione di domani al Chacaltaya. Chacaltaya Alle 8.30 del 19 agosto si parte con un pulmino per raggiungere la base del Chacaltaya (5395 m). Si esce da La Paz attraversando i molti mercatini caratteristici in un caos pazzesco: pedoni e auto che sbucano da tutte le direzioni tra un continuo suono di clacson. La strada diviene presto sterrata ed incomincia a salire. Alle 10.45, a circa 4700 metri di quota la neve fresca caduta nei giorni precedenti rende la strada non più percorribile; speravamo di raggiungere col pulmino il rifugio situato a circa 5200 metri, invece siamo costretti a camminare partendo da una quota inferiore. La vetta si trova 700 metri più in alto. Il dislivello non è molto ma a queste quote la salita risulta più faticosa. Poco dopo le 12 raggiungiamo il rifugio, piccola sosta ed in altri 15 minuti si arriva sull’anticima a 5300 metri. Dopo una leggera discesa si riprende a salire ed alle 12.45 raggiungiamo la vetta. Il panorama è stupendo e ricompensa della non difficile ma faticosa salita. In lontananza si scorge la vetta innevata dell’Illimani (6450 m) mentre sotto di noi vi sono diverse cime minori. La neve non ricopre totalmente il terreno e il suo alternarsi con il grigio delle rocce rende il paesaggio che ci circonda ancora più affascinante. Ripida discesa sull’altro versante per raggiungere, alle 14.30, il luogo dove il pulmino verrà a recuperarci per riportarci a La Paz. Coroico Concludiamo la nostra permanenza in Bolivia con un’emozionante discesa in mountain bike. Con un pulmino, che trasporta anche le biciclette, raggiungiamo La Cumbre, un passo a quasi 4700 metri che attraversa la Cordillera. Da qui, con un percorso di 70 Km di cui solo i primi 20 asfaltati, si raggiunge il villaggio di Coroico a circa 1200 metri, scendendo quindi di circa 3500 metri. La strada che collega La Paz a Coroico è ufficialmente nominata “La strada più pericolosa del mondo” per il gran numero di incidenti fatali che vi si verificano. Nonostante tutto questo, la discesa in bicicletta da La Cumbre a Coroico è uno dei percorsi più popolari in Bolivia, poiché consente di unire il piacere di una lunga discesa con quello dell’arrivo in una splendida località. Il panorama “verticale” che si osserva dalla strada che scende a Coroico è una vera delizia per chi la percorre in bicicletta, qui si ha la possibilità di starsene seduti senza pedalare lasciando che la gravità faccia il resto! Lungo il tragitto si può ammirare un paesaggio incredibilmente vario mentre si compie una spettacolare discesa in uno scenario totalmente diverso da quello osservato dall’altro lato della Cordillera. Gli affascinanti ma brulli altopiani sono sostituiti da pareti quasi verticali dove cresce una lussureggiante vegetazione. Tiahuanaco Oggi, 21 agosto, si torna a Puno, in Perù, non direttamente ma fermandosi per visitare il sito archeologico di Tiahuanaco, sulla riva meridionale del lago Titicaca. La costruzione del sito fu avviata attorno al 700 d.C. Da una civiltà molto più vecchia, sorta attorno al 600 a.C. Purtroppo tutti i tesori di Tiahuanaco sono stati saccheggiati nel corso dei secoli, molte delle costruzioni sono tuttora sepolte dalla terra e vi sono in corso gli scavi per portarle alla luce. Cuzco Con un bus di linea, il 22 agosto, ci trasferiamo a Cuzco, l’antica capitale Inca. Il viaggio è piuttosto lungo, dalle 8 alle 15.30, ma non monotono. Si attraversa un vasto altopiano circondato da montagne. Dedichiamo la mattina del 23 agosto alla visita dei dintorni di Cuzco ed in particolare dei quattro siti archeologici chiamati “le 4 rovine”. La più famosa è quella della gigantesca fortezza di “Sacsayhuaman”, un chiaro esempio delle capacità architettoniche degli Inca. Costruito utilizzando pietre del peso di oltre 100 tonnellate, l’enorme complesso militare che domina la città di Cuzco ha una cinta muraria a zig-zag che, secondo alcuni, imita i denti del puma la cui testa era rappresentata dal forte stesso. A circa 7 Km da Sacsayhuaman si trova il sito di “Qenko”, il cui nome significa “labirinto”, che comprende diversi canali scavati nella roccia ed una stanza sotterranea. Altro sito archeologico è la fortezza di “Puca Pucara” che si ritiene essere stata il posto di guardia della strada che conduce a Cuzco. L’ultimo sito è quello di “Tambo Machay”, la sede dei bagni sacri. Qui il sistema di condutture porta ancora acqua limpidissima alle docce, dove gli Inca praticavano le rituali abluzioni. Nel pomeriggio oziamo girovagando per le strade di Cuzco, l’antica capitale Inca. Trekking nella selva Il 24 agosto iniziamo il trekking nella selva amazzonica. Con un pulmino saliamo al passo di Abra Malaga di 4100 metri. Il paesaggio sul versante opposto richiama alla mente la discesa verso Coroico fatta in Bolivia, ci avviciniamo alla zona amazzonica ed i fianchi della montagna sono ricoperti dalla vegetazione. Verso le 16 raggiungiamo Santa Maria, un piccolo villaggio sulle rive del fiume Urubamba e punto di partenza del nostro trekking. La vegetazione è rigogliosa e molto varia, ricca di piante tropicali e splendidi fiori. Purtroppo abbonda anche una varietà di moscerini invadenti e voraci, che “lasciano il segno” anche per i giorni successivi. Il giorno successivo, il 25 agosto, si parte per la prima tappa del trekking di 25 chilometri da Santa Maria a Santa Teresa. Si procede ai margini della foresta amazzonica, seguendo il corso del fiume Urubamba, tra alberi e fiori tropicali. Si incontrano piante di banana, mango, ananas e papaya oltre a coltivazioni di caffè ed alle immancabili piante di coca. Il cammino, un continuo saliscendi, è reso più interessante dall’attraversamento del fiume fatto per mezzo di una teleferica che trasporta due persone alla volta. Con una breve ma ripida salita, alle 16.30 raggiungiamo Santa Teresa. La tappa di oggi, da Santa Teresa ad Agua Calientes di 15 chilometri, si è rivelata deludente e monotona, sicuramente meno interessante di quella di ieri. Dopo il riattraversamento dell’Urubamba su di una teleferica si segue per circa 6 chilometri una strada sterrata dove transitano veicoli che al loro passaggio sollevano nuvoloni di polvere. Dopo una centrale idroelettrica inizia la ferrovia che conduce ad Agua Calientes ed a Cuzco. Ci aspettano 9 chilometri da percorrere sulle traversine delle rotaie, un vero incubo per tutti! Machu Picchu Prima del ritorno a Cuzco su di un caratteristico e traballante trenino che si addentra nell’alta valle dell’Urubamba, dedichiamo la mattina alla visita di Machu Picchu, le più antiche rovine del periodo inca. Nel 1536 gli Inca si ribellarono agli spagnoli e si rifugiarono a Vilcabamba, nella foresta a nordest di Cuzco, dove resistettero per trentacinque anni prima di essere definitivamente sconfitti. La cittá fu rapidamente inghiottita dalla giungla e cadde nel dimenticatoio. Quando, nel XVIII secolo, si scatenò la corsa alla ricerca della “città perduta”, dove si sarebbe dovuto trovare tutto l’oro sfuggito agli spagnoli, il nome di Vilcabamba le fu associato e tornò alle cronache. Gli indios Muisca, che abitavano l’attuale Colombia, fornirono una traccia a chi era ossessionato da quella ricerca riferendo agli spagnoli di un capotribù che ogni anno, nel corso di un rito, dopo aver cosparso il proprio corpo di polvere d’oro, si immergeva nelle acque di un lago. Questo episodio contribuì ad associare alla cittá perduta anche il nome di “El Dorado”, l’Uomo d’Oro. Quando nel 1911 Hiram Bingham scoprì Machu Picchu, stava in realtà cercando le rovine di Vilcabamba. Bingham era convinto di aver trovato l’ultimo rifugio degli inca; Vilcabamba in realtà si trova un centinaio di chilometri ad ovest di Machu Picchu. L’errore di Bingham è comprensibile: non poteva immaginare che nella foresta a nord di Cuzco ci fossero ben due città perdute. Oggi è chiaro che le rovine trovate da Bingham non sono quelle di Vilcabamba, ma la scoperta pone un enigma: se Machu Picchu non era Vilcabamba, allora cos’era? Le rovine presero il nome dalla montagna che le sovrasta (Machu Picchu significa Cima Vecchia), mentre l’altra cima poco lontana ha il nome di Huayna Picchu (Cima Giovane). Sicuramente gli spagnoli erano all’oscuro dell’esistenza di Machu Picchu e, siccome avevano molti informatori tra gli stessi Inca, l’unica spiegazione plausibile è che nemmeno gli Inca, nel periodo della conquista spagnola, la conoscessero. La cittá e la regione furono probabilmente abbandonate prima della conquista spagnola, scomparendo dalla memoria dello stesso Popolo del Sole; questa totale ignoranza circa l’esistenza delle rovine può essere spiegata dal fatto che gli quipucamayocs, gli storici che si tramandavano oralmente le cronache dell’impero, sono oggi noti agli storici moderni per l’abitudine censoria di cancellare dalla memoria fatti o persone il cui ricordo fosse, per diversi motivi, scomodo. Forse questo fu il destino di Machu Picchu: una provincia ribelle punita in maniera così crudele che la sua esistenza non era neppure passata alla storia. Valle Sagrada Oggi, 28 agosto, si visita la Valle Sagrada, nelle vicinanze di Cuzco. La prima meta è Pisac, un simpatico villaggio noto per il mercato della domenica e per le rovine che si trovano nei suoi dintorni. Queste ultime sono raggiungibili arrampicandosi sulle terrazze che si trovano sul fianco della montagna. Le scoscese terrazze ancor oggi coltivate e la solenne architettura delle rovine sono gli elementi più importanti di quella che un tempo era una città fortificata. Le pietre di queste rovine, pur essendo di dimensioni inferiori a quelle viste a Sacsayhuaman, sono tagliate con incredibile maestria. Seconda tappa è il villaggio di Urubamba con l’antica fortezza di Ollantaytambo, a 72 chilometri da Cuzco. Nell’interno della cinta muraria della fortezza si trovano monoliti di granito di notevoli dimensioni, superiori a quelli di Sacsayhuaman, che formano il “Tempio del Sole”, un edificio rimasto incompiuto. Tornado a Cuzco è d’obbligo una sosta per visitare il villaggio di Chinchero con la sua piazza che da un lato è chiusa da un massiccio muro costruito dagli Inca. Nell’interno della piazza, sulle fondamenta di costruzioni del periodo Inca, gli spagnoli hanno costruito una bianca chiesa coloniale. È stupefacente il contrasto della bianca chiesetta che poggia sulle pietre scure che risalgono al periodo Inca. Di nuovo a Cuzco Il viaggio volge al termine. L’ultimo giorno della nostra permanenza in Perù è dedicato alla visita di Cuzco, l’antica capitale dell’Impero Inca. Cuzco, 350000 abitanti, è una città dove presente e passato convivono; quasi 500 anni dopo l’ingresso degli spagnoli, la città rimane ancora un incrocio fra la cultura inca e quella europea. La visita di Cuzco deve necessariamente iniziare dall’affascinante Plaza de Armas, cuore turistico e commerciale della città. Ai tempi degli Inca questa piazza copriva una superficie corrispondente al doppio di quella attuale e rappresentava il centro esatto dell’impero di Tahuantinsuyu. La Plaza era il luogo dove si svolgevano le cerimonie militari e religiose più importanti e dove si trovava una pietra rivestita di lamine d’oro alla quale si dedicavano delle offerte prima di intraprendere ogni azione militare. Nei giorni della dominazione spagnola la piazza fu teatro di scene sanguinose, come l’esecuzione di Tupac Amaru II, il capo della ribellione degli indios che, catturato mentre cercava di fuggire, fu condannato a essere squartato. Oggi la gente si riunisce in Plaza de Armas soprattutto in occasione delle festività. La piazza è particolarmente spettacolare dopo il tramonto, grazie all’illuminazione che ne evidenzia gli aspetti più solenni.