Norvegia e basta
La destinazione:
Quest’anno abbiamo deciso per la Norvegia. Non i Paesi scandinavi, perché il rischio era di lasciarsi dietro dei pezzi e quando si fa una cosa va fatta bene, per cui Norvegia e basta.
I miei compagni:
Con me sono partiti 3 colleghi universitari: Uccio Fede e Luca; siamo tutti studenti 22-24enni, e come tutti gli studenti che...
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La destinazione: Quest’anno abbiamo deciso per la Norvegia. Non i Paesi scandinavi, perché il rischio era di lasciarsi dietro dei pezzi e quando si fa una cosa va fatta bene, per cui Norvegia e basta. I miei compagni: Con me sono partiti 3 colleghi universitari: Uccio Fede e Luca; siamo tutti studenti 22-24enni, e come tutti gli studenti che si rispettino non sguazziamo nell’oro; ma ne riparleremo… I costi: …direi subito, così tagliamo la testa al toro. Chi afferma che la Norvegia è un luogo costoso, ne ha ben donde. Basti dire a titolo esemplificativo che un menu da McDonald – poco allettante ma che ti riempe la panza spendendo poco – costa circa 9 euro. Noi ci siamo impegnati all’inverosimile per cercar di mediare fra spese accettabili ed una vacanza cmq soddisfacente per quantità e qualità dei luoghi visitati. Spostarsi e mangiare si sono rivelate le voci di spesa più incidenti: visto che rinunciare a muoversi in vacanza è un controsenso, il cibarsi è stato messo in coda alle nostre priorità. Dormendo in ostelli e bungalow (non riusciranno mai a farmi dormire in tenda), cucinando da soli molti pasti, saltandone alcuni, ripiegando sui già citati globalizzati fast-food per altri, e concedendoci 2 eccezioni 2 per assaggiare salmone e merluzzo, non siamo comunque riusciti a stare molto sotto ai 1500€. Riassumo affinchè sia chiaro: abbiamo visto molto, dormito cosìcosì, mangiato male per restare su questa cifra. I mezzi di trasporto: Come visitare la Norvegia? Bella domanda. Opzione tutto-auto (o tutto-camper): affascinante, avventurosa, ma con un problemino: non è esattamente dietro l’angolo, per cui o il viaggio dura un mese oppure ad una media di 500km\die si è praticamente sempre al volante: scartata. Treno: l’interrail è (forse era) per antonomasia la vacanza degli universitari, costa poco, dura molto, ma purtroppo in Norvegia la ferrovia non è così capillare, soprattutto al nord, eppoi diciamolo, per visitare la natura, fermarsi fotografare deviare insomma essere liberi di gustarsi il paesaggio non va bene, almeno non a noi (molti interrailer integrano col bus). Hurtigruten (crociera locale): la cito per completezza, ma informatevi sui prezzi ed una volta che vi sarete ripresi capirete perchè non era adatta a noi: se ne riparla quando avremo 60 anni (nota: si può sempre usare per brevi spostamenti, come un traghetto, pare un buon compromesso). Abbiamo infine optato per un mix di mezzi di trasporto: – volo Ryanair Bergamo-Oslo, a\r 165€, orari intelligenti – biglietto ferroviario Scanrail, validità di 5 giorni anche non consecutivi, 158€, costa poco meno dell’Interrail (che xò dura 16 giorni!!) ma è sufficiente alle nostre esigenze (muoverci nel centro sud); ocio ad alcune prenotazioni “obbligatorie” da 50 corone (6€) l’una. – auto a noleggio, con Avis tramite agenzia, 7 giorni, 900€ circa, nessun sovrapprezzo per la giovane età, ma ci spennano per il drop off (prendi l’auto in una città e la rilasci in un’altra – per noi Mosjoen e Tromso rispettivamente), usata per vedere in libertà il centro nord, a posteriori un’ottima scelta – volo SAS Tromso-Oslo, sola andata 106€, volo tattico di rientro rapido Il nostro itinerario (schematico): Tutto ciò che è prenotato vincola, per cui noi ci siamo trovati più imbrigliati al sud dove ostelli e mezzi di trasporto erano stabiliti e bloccati, più liberi al nord dove con la nostra macchinina potevamo decidere alla giornata. Il nostro tour ci ha condotti attraverso: Oslo, Flam, Bergen, Roros, Trondheim, strada costiera rv17, Lofoten, Alta, Caponord (o meglio la strada per arrivarci) e Tromso. Rimpiango di aver lasciato fuori Stavanger ed il Preikenstolen, a sud ovest. Le Svalbard pare possano valere un viaggio a sé. Il meteo: “Uè, dove vai in vacanza quest’anno?” “In Norvegia” “Ah vai al fresco allora”. Poi uno arriva ad Oslo, trova 30° e fischia ed al buco nell’ozono inizia a farci un pensierino (un norvegese ci ha poi detto che l’estate è sempre stata parecchio calda negli ultimi anni). Senza dubbio fa cmq meno caldo lì che in Italia eppoi non è afoso dunque evitiamo di lamentarci troppo, anche perché nei giorni a seguire i crescenti piovaschi serali ci consigliano di apprezzare quando splende il sole. Dopo una settimana così fra gran sole, temporanee velature e saltuari brevi acquazzoni, il tempo si guasta, visitiamo Roros sotto la pioggia, i giorni a seguire (Lofoten e C.nord) sono un’alternanza di bello e cattivo (piovoso) tempo. Conseguenti le temperature, da quelle già citate da canotta nella capitale all’esigenza di maglione e k-way a C.nord. Considerazione ovvia: trovare la pioggia in città è noioso ma tollerabile, ma quando si va fuori, per apprezzare la natura ed i paesaggi, magari con l’idea di far trekking o affittare una bici, il brutto tempo può davvero guastare la vacanza (è come trovarsi in montagna d’estate con fuori la pioggia: la guardi apaticamente e speri che smetta). Ovviamente senza palla di vetro – servirebbe davvero – non ci si può far nulla ma magari se avete una vecchia zia devota chiedetele una preghierina a favore del bel tempo. Per la cronaca noi siamo stati fra il 26 luglio e l’11 agosto. Le persone: Si dice che i norvegesi siano freddi e distaccati, io personalmente non li ho trovati molto diversi da noi torinesi: in generale non sono dei chiaccheroni ma se interpellati sono assolutamente gentili e disponibili. Ogni norvegese poi, che abbia 10 o 80 anni non ha importanza, parla un inglese ben migliore del mio, quindi comunicare non è un problema. Ci ha stupito la multietnicità, soprattutto ad Oslo, una caratteristica che trovo sempre interessante. Gli ostelli sono sempre un buon luogo per conoscere altri turisti: gli italiani non mancano, anzi, andando al nord diventano davvero tanti (se poi vi imbattete nei crocieristi Costa, fuggite finchè siete in tempo): verso C.Nord il 70% dei camper vanta la targa con la “I”. La cosa curiosa, e che con noi si è ripetuta più volte, è reincontrare magari a 500 km di distanza le stesse persone: Joe l’australiano era in ostello con noi sia ad Oslo che a Bergen, idem per la bella Federica ed il suo moroso, eppoi le francesine del treno fra Oslo-Bergen incontrate anche a Tromso, soprattutto la strepitosa coppia svizzera di passaporto ma italiana nell’euforia conosciuta a Bodo, vista a Moskenes e rivista giorni dopo a Tromso. Varie ed eventuali: Portatevi le lenzuola: non sono incluse nei prezzi degli ostelli e affittarle costa anche 5€! Non scordate il costume. Rispettate i limiti se riuscite, categoricamente nei centri abitati dove ci sono velox fissi ma segnalati, mentre nelle aree extraurbane abbiamo visto un solo telelaser in una settimana. Acqua naturale in bottiglia e pane senza semini strani sono molto meno facili da trovare che in Italia. Le magliette della nostra nazionale sono molto popolari tra le ragazze norvegesi… Pronti ad attraversare gallerie anche di 8 km passanti nella nuda roccia, talvolta perfino subacquee. E’ vero che i bagni costano, ma è anche facile imbucarsi, non sarà certo quello ad impoverirvi Facendo gli gnorri, anche se siete in un comune negozio (magari di vestiti Napapijri), chiedete se fanno il tax free: con Uccio e Fede han temuto di perdere il cliente e gli han fatto il 10% di sconto. Alcuni supermarket sono aperti sino alle 22, comodo per comprare pesto e spaghetti Barilla all’ultimo minuto. Il nostro itinerario (più dettagliato) Per chi ha proprio voglia di leggere! Inoltre ho inserito per ogni luogo delle conclusioni, che ovviamente sono strettamente personali e non tutti i gusti sono alla menta… – Oslo e immediati dintorni (26 pomeriggio, 27, 28 luglio) Sbarchiamo a Torp (120 km da Oslo) alle 12.30 circa, come da guida Lonely Planet – fedele bibbia di viaggio – pigliamo il bus navetta per la città: 2 ore e 140 corone nkr (circa 17€ sola andata: benvenuti!), quindi raggiungiamo l’Anker Hostel, 3 notti a 160 nkr caduna (meglio prenotare, non è male e spesso pieno) in camera a 6 letti con bagno e cucina (servirà). Alle 17 siamo operativi, primo giro della città: la rocca con gli storici edifici militari e le battone, la vista sul fiordo antistante, un frammento del porto turistico, una puntata in centro, la spesa, la pasta senza sale in ostello. Problema: perché siamo in 7 in una stanza da 6? La povera receptionist non lo sa, noi 4 ed il simpaticissimo srilankese siamo ok, resta da capire chi sia di troppo fra l’israeliano e l’americano, al momento assenti: la suddetta carina receptionist indaga frugando nei loro zaini – w la privacy, ma è divertente da vedere – delirio per mezz’ora, arriva l’americano, mingherlino ma con la voce da Morpheus, arriva l’israeliano, ubriaco e con una bottiglia di birra in mano (dev’essere sua anche la bottiglia di vinello che gira per la stanza), chi la spunterà? Bye bye israeliano, senza rimpianti. Vinciamo una colazione omaggio a testa come risarcimento del disagio patito, valore 65 nkr, olè. Usciamo per vedere Oslo by night, peccato che alle 22.30 ci sia luce come alle 20, quindi andiamo a nanna. Prima impressione: carine le norvegesi, ma la città mica ci convince tanto, per il momento. Colazione omaggio pantagruelica con salsiccia e patate al forno, Luca addirittura mangia gamberetti e maionese, sono le 9 di mattina ed il tutto non è un bello spettacolo (consigliata se avete lo stomaco forte e prevedete di saltare il pranzo). Giornata sbattone: il centro, il palazzo reale, il parco Vigeland (alle 14 fa un caldo notevole), il museo del Folklore norvegese. Credo 20 km a piedi, nulla si può dire sia brutto, ma in sincerità nemmeno che sia particolarmente bello: questa città nn è apparsa nemmeno oggi interessante come ci aspettavamo. 3° giorno: un appassionato potrebbe riempirlo con musei d’arte, noi appassionati non siamo ed optiamo per una visita delle isole che fronteggiano Oslo: tessera dei trasporti pubblici, 60 nkr, vale sino alle 24 su traghetti autobus e metro, ottimo acquisto. Visitiamo due isole, mediocri, se proprio ci andate portatevi costume e pallone (a differenza nostra) almeno potete fare vita da spiaggia: così fanno i parecchi norvegesi che sono lì con noi, nonostante il cielo velato. Luca fa il bagno in calzoncini, l’acqua sembra fredda, ma così è più divertente. Sfruttiamo la tessera ed andiamo in collina con la metro (c’hanno la metropolitana in collina!) a vedere il trampolino di salto delle olimpiadi: strepitoso. La vista è impareggiabile, sulla città e sulla laguna, e mi chiedo come si possa avere il coraggio di buttarsi giù di lì con degli sci ai piedi. Segnatevelo: trampolino, da non perdere, anche se soffrite di vertigini stringete i denti. Serata tranquilla in uno pseudo-pub-dehor con annessa cantante poprock (brava), poi a letto che il giorno dopo si va a Bergen. Conclusioni (personali): Oslo non mi entusiasma, due giorni per gli interessi che ho io sono più che sufficienti anzi… Curioso il parco Vigeland sebbene da solo non valga certo la visita, se piace l’arte i musei probabilmente aiutano, la città in sé è carina ed ordinaria ma senza la solida storia – e le testimonianze architettoniche – che possono vantare altre capitali (almeno così l’ho percepita io). Io non partirei apposta per trascorrerci un weekend ma certo non va evitata se prevedete una vacanza di più giorni in Scandinavia. – Ferrovia Oslo-Bergen + tappa a Flam (29 luglio) La lonely-bibbia descrive questa tratta come bella in se stessa e non come semplice trasferimento, quindi abbiamo deciso di percorrerla all’andata di giorno proprio per gustarci il panorama; che in effetti è davvero affascinante, tra montagne, ghiacciai, laghi ed altre amenità paesistiche. Come consigliato da amici abbiamo in programma una tappa a Flam, paesino su un fiordo, quindi a Myrdal dobbiamo scendere dalla linea Oslo-Bergen e prendere una ferrovia secondaria, la famosa Flamsbana. Così facciamo, ed in realtà così fanno i 3/4 degli altri passeggeri: non è un’idea originale come pensavamo. Molliamo gli zainoni alla biglietteria (niente armadietti) e ci gettiamo nella mischia per salire sul decantato trenino. “Ma quanti giapponesi ci sono qua sopra?” ci chiediamo guardandoci attorno, in realtà siamo involontariamente imbucati in una carrozza riservata ad un viaggio organizzato, ma nessuno ci dice nulla e stiamo dove siamo, certo non mimetizzati. Il tragitto dura circa 40 minuti, con un intermezzo un po’ triste ad uso e consumo dei turisti che nn descrivo per non rovinare la sorpresa. L’arrivo a Flam è sconcertante: dov’è Flam? La stazione ha davanti il porto, a dx il mare, a sx la Coop, ed il paese? Ancora adesso non so se esista veramente. Discutiamo se darci al trekking o all’escursione in barca, decidiamo per la seconda (sarà un’ottima decisione). Nell’attesa compro la crema solare e me la metto chè con sto sole che picchia rischio di scottarmi in Norvegia! “Purtroppo” la lenta barcona stracolma di turisti è piena, con pochissimi altri prendiamo la barca successiva: segue lo stesso tragitto ma è più rapida, ma è l’essere in pochi la cosa più piacevole. Signori che spettacolo: il fiordo è bellissimo, ci sono le montagne ed il mare assieme, i folkloristici paesini e le casettine sparse, il tutto con un bel sole, vedere un fiordo dal mare è spettacolare. Arriviamo ad un paesino mediocre su un altro ramo del fiordo e torniamo a Flam ma questa volta con il cargo-turisti. Risaliamo a Myrdal circa per le 19, recuperiamo gli zaini con qualche affanno (la biglietteria è chiusa, ocio!), attendiamo il treno, si mette a diluviare, riprendiamo l’Oslo-Bergen: il paesaggio è bello come nel tratto percorso al mattino, forse ancor di più; inoltre ci innamoriamo almeno in 3 di una passeggera norvegese del treno ma questo non è rilevante. Siamo a Bergen alle 22 e fischia. Conclusioni: dunque bella giornatina, che ha preso una piega molto migliore di quanto abbiamo temuto a tratti: consigliata. Certo Flam è un classico luogo per turisti, ma non la cosiddetta trappola perché lo scenario è davvero bello e godibile col sole; la barca semivuota tutta per noi è stata un colpo di culo che non ha che migliorato il tutto. Meno spettacolare la Flamsbana, ne parlano come se fosse una esperienza strepitosa con pendenze da urlo, noi l’abbiamo vista come una bella ferrovia di montagna stop. Meglio gli scorci della Oslo-Bergen, splendida per lunga parte del tragitto. Inoltre, soluzioni alternative al nostro programma: il nostro amico Joe l’australiano (surfista pazzo) anziché a Myrdal è sceso dal treno a Finse (mezz’ora prima di Myrdal), ha affittato la bici, e per i sentieri preposti è sceso fino a Flam (50 o 80 km, non ricordo); lì si può lasciare la bici, prendere la Flamsbana e ritornare sulla Oslo-Bergen; lui ha trovato la pioggia ma era abb felice lo stesso. Sennò, una volta a Flam, potete decidere di andare a Bergen via mare: noi non lo sapevamo sennò l’avremmo fatto, pensiamo possa essere molto bello. – Bergen (29 sera tardi, 30, 31 luglio) Di Bergen si dice un gran bene, per la città in sé così come del suo mercato del pesce: ci sarà del vero e del meno vero. Intanto raggiungiamo l’Intermission, ostello prenotato, comodo alla stazione leggermente fuori dal centro (l’unico ancora libero tra quelli chiamati nei giorni precedenti): fuori ci accoglie un ragazzo giovane, l’ostello sembra una casa con giardino come tante altre, dentro gestori ancora più giovani (18-20 anni?), poi sui muri notiamo appesi fogli con versi biblici (chiaro, interMISSION…), che posto strano! Check in, e via in camerata: aiuto! E’ un salone stile oratorio, letti a castello per i fortunati, materassi a terra per gli altri, in tutto 60 cristiani (è proprio il caso di dirlo) stipatissimi, chi russa chi dorme chi legge, un gran casino. Folkloristico, ma consigliato solo agli avventurosi, devo ammettere di patire un po’ la prima notte. Hamburger dal porcaro di fronte alla stazione, a nanna, la mattina siamo pronti a visitare la cittadina: subito al celebre mercato del pesce, in realtà più piccolo di quanto ci si aspetti, ma animato e pieno di roba buona, e soprattutto con venditori che parlano toscano: italiani! E tanti, pure. Un giretto veloce, poi la funivia e su ad ammirare Bergen dall’alto: bella (ma a me i panorami sulle città piacciono sempre, non faccio testo). Da lì parte una miriade di sentieri attraverso le “montagne” (sembra di stare a 1200 mt in realtà saremo a 400 mt sul mare), facciamo un giretto quindi dopo un paio d’ore scendiamo a piedi in città passando per la collina tra le belle, tipiche villette. Ci ritroviamo al mercato, pranziamo (alle 16.30, w l’orologio biologico) con ottimi panini al salmone presi ad un banco per poche corone, visitiamo a fianco del mercato il Bryggen, quartiere storico, turistico ma suggestivo per il quale è però sufficiente un’ora, quindi scarpiniamo sino alla punta nord (molti km, poca suggestione, lasciate perdere) della città. Bergen da vedere pare finita qui, ma noi dobbiamo starci ancora un giorno… cena dal solito porcaro, briefing, la decisione di dividerci. La mattina dopo Luca gira ancora un po’ la città quindi parte per una escursione in barca. Fede Uccio ed io come se fossimo in vacanza in Val d’Aosta optiamo per una camminata sui sentieri visti il giorno prima: spesa al market, stessa funivia e su per le “montagne” a sgambettare. Dopo 6 ore, 15 km tra i laghi (quanti!) e parecchie vesciche giungiamo all’altra funivia di Bergen, quella dell’antennone, altra splendida visuale sulla città, scendiamo (con la funivia) e torniamo in centro (a piedi) vedendo la parte che ancora ci mancava. Ribecchiamo Luca: anche lui al mattino era stato sulla funivia dell’antennone, e della crociera è molto soddisfatto (l’unico appunto riguarda il fatto che delle 4 ore 2 sono non panoramiche ma di spostamento). Recuperiamo gli zaini e ci prepariamo alla prima ed unica notte in treno. Per la cronaca: la seconda notte l’ostello si è svuotato, da 60 a 30 persone, Uccio ed io abbiamo conquistato un letto a castello: meno delirio, meno fascino, ma almeno abbiamo dormito. Di contro il giorno dopo non c’era il mercato, causa… sciopero dei pescivendoli! Due giorni a Bergen, vuoi non beccare lo sciopero? Non ci facciamo mancare nulla! Conclusioni: a me ed agli altri Bergen è piaciuta, ma un giorno è ben sufficiente per visitare la città ed apprezzarne il mercato, il quartiere Bryggen, prendere la vicina funicolare e magari ridiscendere a piedi; avanza anzi del tempo. Giorni in più significa doversi cercare qualcosa da fare, ma è una questione di interessi! Sull’ostello Intermission, nonostante la simpatia della situazione, ho qualche perplessità, anche perché la minuscola cucina in comune ostacola l’idea di comprare pesce fresco al mercato e cucinarselo da sè, che sarebbe invece un’ottima cosa. – Trasferimento in treno Bergen-Mosjoen con tappe a Roros e Trondheim (31 notte, 1, 2 mattina) Fase sbattone del viaggio, con il lungo trasferimento dal sud verso il centro-nord della Norvegia. Partenza da Bergen alle 22.30 passate, treno notturno per Oslo, assai pieno: noi siamo sui sedili, ci sarebbero le cuccette ma pare costino uno sproposito (750 nkr, ma non confermo); avevamo prenotato i posti, e visto l’affollamento abbiamo fatto bene; non prenotando più che la multa si rischia di stare in piedi o di dormire per terra. 15enni vocianti + sedili scomodi + luci accese = 3 ore di sonno, ma vabbè, era stato messo in conto. Treno in perfetto orario, nessun problema per la coincidenza stretta, saliamo sull’Oslo-Hamar, altra coincidenza perfetta e siamo sul piccolo Hamar-Roros (una linea secondaria rispetto a quella che va a Trondheim). Arriviamo a Roros, ex villaggio di minatori tutelato dall’Unesco, ed accade ciò che prima o poi ci saremmo aspettati accadesse: piove, e nemmeno poco. Il luogo è turistico non come Flam ma poco ci manca, dapprima appare deludente ma poco alla volta inizia a piacerci: l’iniziale pessimismo è dato dalla via centrale le cui vecchie case ospitano negozi come nemmeno alla Rinascente (ma nn erano tutelate?) e dal biglietto che dovremmo pagare per vedere la chiesa, ma poi nell’area del fiume notiamo un po’ meno caos e negozi, casette più defilate, le collinette di minerali ed il museo nella fabbrica di lavorazione, che visitiamo. Senza infamia e senza lode, scazza un po’ scoprire che sia in realtà una ricostruzione: non ci domandiamo se lo sia tutto il villaggio, intanto piove ancora, alle 15 come da programma prendiamo un altro treno, il Roros-Trondheim: il villaggio è visto, siamo soddisfatti, nonostante con la pioggia le 4 ore si siano rivelate perfin troppe (ndr: se trovate in stazione il k-way che Uccio ha scordato raccattatelo, era molto triste per averlo dimenticato). Giunti a Trondheim alle 17-18 (e non piove più, olè), ci avviamo verso l’ostello a piedi: lungo il tragitto di un km e oltre insulto più volte il pesante zaino che ho in spalla (consiglio caldamente di andarci in autobus). Alloggeremo all’Interrail (ma visto il nome non dovrebbe stare di fronte alla stazione?, si chiedono le mie spalle dolenti), ostello ben più strano dell’Intermission: l’edificio ospita un teatro, una discoteca, un ostello, un pub, è fisicamente fatiscente e funzionalmente promiscuo: i bagni dove ci sono le docce dalle 23 diventano i bagni della discoteca… Ogni camerata ha un 40ina di arrugginiti letti da ospedale, è abbastanza inquietante (mi ricorda The wall)… ma sono comodi, c’è spazio ed è , ovviamente, folkloristico; il pub è caratteristico, economico, si mangia discretamente e la musica di Tom Waits fa atmosfera. Merenda-sinoira e siamo pronti ad una veloce visita della città: solo la sera da dedicarle, si rivelerà sufficiente. Vediamo la famosa chiesa, da fuori (non è chiusa ma c’è un concerto, impossibile imbucarsi), facciamo un giro nei quartieri caratteristici, finiamo in altri meno rassicuranti, quindi andiamo a dormire. Città carina, onesta, pare vivibile, la serata dedicatele è adeguata. Sveglia presto, autobus, treno: destinazione Mosjoen, l’obiettivo non è visitarla ma ritirare la nostra macchinina. Conclusioni: belle Roros e Trondheim, ma poche ore sono sufficienti, per entrambe. Se andando al nord ve le trovate di strada (o di ferrovia) fateci un salto. Per la notte in treno vi danno un kit con: coperta mascherina cuscino gonfiabile e tappi per le orecchie: vista l’inefficacia di questi ultimi consiglio lettore mp3 ed auricolari per sovrastare il vociare altrui e conciliare il sonno con la musica preferita. – Strada costiera rv17 tra Mosjoen e Bodo (2 pomeriggio, 3, 4 agosto) Da qui si cambia musica: basta treni, ora macchina e libertà. Ieri a Roros diluviava, oggi a Mosjoen ci sono 30°, sono le 14 e l’Avis dista 2 km dalla stazione: quando la raggiungiamo, zaini in spalla, non siamo certo freschi come delle rose, ma il fato si sdebita: al prezzo della 307 berlina che avevamo prenotato ci danno la station, ed è pure diesel (anomalo, i motori a gasolio non sono popolari da queste parti), oltre che di un tamarrissimo blu elettrico. La lonely-bibbia dice che Mosjoen ha un bel centro storico, lo cerchiamo per un’ora, scoraggiati andiamo all’ufficio del turismo per farci dire dov’è e quindi scoprire di esserci già stati: quello era un BEL centro storico? O meglio, quello era UN centro storico? La lonely ha preso una sonora cantonata stavolta. Abbiamo preso l’auto a Mosjoen – cittadina industriale francamente sconosciuta – perché vogliamo percorrere gli ultimi 250 km della strada costiera rv17, descritta come molto bella dalla lonely-bibbia (stavolta ci troveremo d’accordo): per saltare un traghetto decidiamo però di andare a Mo i Rana con la E6, la principale arteria stradale del nord della Novegia, descritta a sua volta come molto piacevole e panoramica (concordo): siamo a destinazione intorno alle 19, dopo una sosta per un gelido pediluvio in un fiordo splendido. Da questa sera cercheremo il luogo per dormire di giorno in giorno, scoprendo quanto siano economici e comodi i bungalow nei campeggi. Alloggiamo 12 km fuori Mo I Rana, vicino all’aeroporto: i bungalow danno su un lago, Uccio e Luca decidono di fare un bel bagno, l’aqua sarà a 10°, infatti durano 30”, poi fuggono al calduccio. La visita serale a Mo I Rana potevamo risparmiarcela, la città fa schifo, è senz’anima come (e lo vedremo) molte altre città del nord, la lonely dice rase al suolo dai nazisti in fuga e ricostruite nel dopoguerra con una pessima e tetra architettura scatolare e seriale. Ciò nonostante ci sono turisti anche qui, mentre sono gli abitanti a latitare, pare una città fantasma. Il giorno seguente raggiungiamo la rv17: la strada è lunga complessivamente 650 km (Steinkjer-Bodo), noi ne percorreremo solo gli ultimi 200-250. Spettacolo: i panorami sui fiordi sono stupendi, fra i più belli visti in tutta la vacanza, ed è anche merito del bel sole che splende. La vegetazione a tratti pare macchia mediterranea, ci sono le pecore che camminano a bordo strada, il mare è cristallino, uè, saremo mica in Sardegna?? Sbagliamo strada, poi imbrocchiamo quella giusta verso Bodo. Lungo il tragitto dobbiamo prendere due traghetti (uno da 60’, l’altro da 10’), il che rallenta un po’ il viaggio, ma mica abbiamo fretta, eppoi così si ammira la costa dal mare, che è sempre uno spettacolo. Scendiamo dal secondo traghetto attorno alle 19.30, due tiri a calcetto imbucati nel campo di una scuola, quindi cerchiamo un campeggio: l’errore è non fermarci in quelli a pochi km dal porto di Foroy, perché poi ci sono decine di km di vuoto: fra fermate, telefonate, scoramento, panico troviamo posto in un bel campeggio sul mare attorno alle 23 (ma sembra l’alba, i colori sono fenomenali, le montagne rosse!), il Mevik. Abbiamo fatto ben più km di quelli preventivati, manca poco a Bodo. Poi un lampo: siamo oltre il circolo polare, lo abbiamo superato a bordo del primo dei due traghetti (il Kilboghamn-Jektvik), senza accorgercene: non abbiamo potuto celebrare aulicamente l’evento ma ciò che conta è la sostanza, siamo realmente al nord! (ndr: percorrendo la E6, sulla terraferma, il superamento del circolo polare invece è ben segnalato). Il giorno dopo è soleggiato ma di trasferimento: non ce lo godiamo. Raggiungiamo in fretta Bodo, tra l’altro questo ultimo tratto di rv17 non offre gli scorci visti ieri. Abbiamo prenotato il traghetto Bodo-Lofoten per il giorno successivo, chiediamo se ci imbarcano lo stesso, ci fanno mettere in coda tra i non prenotati. Traghetto delle 14 (o delle 13, la memoria latita): salgono i prenotati, salgono i non prenotati, fino a 2 auto davanti alla nostra. “Pieno! Aspettate il prossimo, belli”. Che parte alle 18. Pazienza, passeggeremo per Bodo. Basta mezz’ora per capire che è degna di Mo I Rana, cioè orrenda: è solo molto più grande, una città portuale-industriale che nn fa nulla per nasconderlo, totalmente edificata nel dopoguerra sempre a causa della tabula rasa fatta dai nazisti. Alle 17 compaiono all’attesa del traghetto 4 bellezze autoctone in bicicletta, le puntiamo, ma irruento arriva un 60enne nostrano stile il Papi che ci sorpassa e le approccia dichiarando in milanese stretto “Italia caput mundi” ed altre amenità, la scena è godibilissima, w l’Italia e gli italiani (non sono ironico). Conclusioni: bella, la rv17 vale davvero la pena. Se il tratto che abbiamo saltato è panoramico come quello percorso, allora sarebbe il caso di farla tutta. Noi abbiamo sovrastimato il tempo necessario, si fanno tranquillamente 200 km al giorno (comprese soste fotografiche e traghetti ed ad andatura molto tranquilla). La lonely dice che è lenta e costosa, rispetto alla pur bella E6: vero, ma fino ad un certo punto, noi abbiamo pagato e perso un po’ di tempo solo ai 2 traghetti. Non mettete in conto giorni a Bodo, a meno che vi interessino le escursioni lì attorno. Per non perdere tempo, meglio prenotare il traghetto Bodo-Lofoten. Considerazione sulle strade: rispettare da italiani i loro limiti è una sofferenza oltre che stressante, ma ci si adegua, soprattutto nei centri abitati visti i velox fissi ma segnalati; le strade sono ottime quasi sempre. – Lofoten (4 sera, 5 agosto) ma saremmo stati ben di più, pioggia di m***a! Traversata di 3 ore destinazione Lofoten, si balla un po’ e sul ponte fa un freddo cane, ma in prossimità delle isole le pareti verticali delle montagne che si tuffano nel mare sono spettacolari. Sbarchiamo a Moskenes, percorriamo 4 volte 4 la strada fra il porto e il paesello di A, prima di trovare con gran fatica il campeggio prenotato telefonicamente al pomeriggio. Che è sull’oceano, in posizione strepitosa su una scogliera tra acqua e montagna, lo consiglio vivamente, anche e soprattutto a chi è in tenda (non ricordo il nome ma è citato sulla lonely sotto il paese di A) In mezz’ora ci innamoriamo degli abitanti e dei frequentatori di A: il gestore dell’ostello in cui non alloggiamo, la turista tedesca che conosce il paese in cui vive Uccio, il gestore del campeggio dove alloggiamo, la bella 40enne norvegese che si mette a ballare mentre la riprendiamo casualmente (giuro) filmando il paesaggio, ma soprattutto la povera receptionist del nostro campeggio, all’apparenza un po’ apatica: ma non diteglielo in faccia parlando in italiano come abbiamo fatto noi, “ehi ci sei?” “Aò ma questa è tardata?” “Felicitàààà” – cantata da Fede con voce da Albano – perché in realtà lei sta zitta ma l’italiano lo parla e capisce.. (figura di m***a top della vacanza). Giro serale per A (in realtà è piccolissimo), partita a calcetto con una rappresentanza locale, teniamo alti i colori nostrani vincendo 10-8 (noi 23 anni, loro 15, non è importante), Uccio abborda due biondine che si defilano in fretta, quindi a nanna. Primo impatto: proprio belle queste Lofoten, eppoi oltre il circolo polare a mezzanotte c’è una luce stranissima, che rende bellissimi l’oceano e le montagne. Al mattino l’escursione sui colli dell’isola consigliata dalla lonely viene scartata: Luca ha l’influenza, il ginocchio di Uccio i postumi della sfida della sera precedente; nemmeno l’affitto bici sembra fattibile. Con un po’ di scazzo si parte in auto, ma almeno c’è il sole; tappa al paese di Reine, arrivando da sud il panorama col paesino sulla baia e dietro le montagne è mozzafiato, per intenderci è quello della foto nelle prime pagine della lonely. Puntiamo dunque alle spiagge di Fredvang e Ramberg, descritte come caraibiche, visto il bel sole che splende… Ragazzi che spettacolo; sono esattamente come descritte: spiaggia a mezzaluna, sabbia bianchissima e fine, acqua cristallina (e gelida e con meduse), montagne di fronte. Ma dura poco, arrivano nuvoloni da far paura (ed il freddo): dai malanni mattutini al maltempo pomeridiano, mi incazzo perché si capisce che queste Lofoten sarebbero davvero belle, ed invece nn possiamo gustarcele appieno. Puntata veloce al paesino di Nusfjord, “la vera essenza delle lofoten” secondo la lonely, mica tanto secondo me ed Uccio, quindi inizia a diluviare. Non ci resta che andare a Stamsund al celeberrimo ostello, con almeno un giorno d’anticipo rispetto al grossolano programma. La lonely lo divinizza, ragazzi incontrati precedentemente pure… vedremo, intanto speriamo che il tempo s’aggiusti perché di queste Lofoten ci siamo già giocati 2 isole su 4, probabilmente le più intime e belle (“viste” Moskenesoy e Flakstadoy, restano Vestvagoy ed Austvagoy), e almeno domani ci andrebbe di fare un’escursione a piedi o in bici. Stamsund è triste, il paesaggio meno bello di quelli goduti al mattino, ma forse è ancora una volta colpa del maltempo. L’ostello è in un complesso per la pesca, non si capisce se conservi anche l’originaria funzione o meno. L’incontro con Roar il proprietario è carico di folklore, tutti dicono sia un personaggio e lo adorano, saremo d’accordo anche noi; se ad una vostra domanda lui tace per 30” prima di rispondere è normale, state tranquilli, e non sarete i soli se vi ricorda Celentano. Ci dice che la capanna costa 800nkr, tanti secondo i nostri standard (di solito siamo sui 500), onde poi darci l’unica libera, da 8 posti letto, con un bel salone, 2 ministanze da letto ed una cucina molto sfruttabile: insomma rapporto dimensioni prezzo molto favorevole. Visto che Roar impresta barche a remi per pescare, Uccio e Luca decidono di solcare le onde. Tornano sfiancati dopo 2 ore, hanno preso un pesce discreto e rotto l’amo che Roar aveva dato loro (usandolo come i disegni che Roar ha appeso ai muri dicono di non fare!). Si presentano coda tra le gambe dal buon pescatore che li guarda severo, scuotendo la testa esclama “Italia!” e si tiene 45nkr delle 100 di cauzione: ancora una volta, w l’Italia, w gli italiani (stavolta con un po’ di ironia). Chissà se quando poco dopo abbiamo dimenticato la padella sulla piastra accesa ed il fumo dell’olio ha fatto partire l’assordante sirena antincendio Roar non ha sentito davvero o ha solo fatto finta, esasperato… Al mattino piove ancora, lucidiamo la capanna così come ordinato da Roar di cui abbiamo ora una certa paura e ce ne andiamo; lui sembra sollevato, e probabilmente ha ragione. Una considerazione: ##*X-**#@ alle Lofoten ed alla pioggia. Conclusioni: sono incazzato. Le Lofoten sono belle, non strepitose ma belle; a patto di trovare il bel tempo. La gente le vive e visita rilassata e ciò si ripercuote in una atmosfera ridanciana e davvero piacevole. Se il cielo vi assiste, 3-4 giorni si riempiono bene, ma anche qualcosa in più non è di troppo. Ci sono escursioni a piedi, in bici (affittabili), ottimi scorci, la possibilità di fare escursioni in barca (noi volevamo prendere l’Hurtigruten come indicato per Svolvaer sulla lonely, ma con la pioggia…). Piacevoli i luoghi dove abbiamo alloggiato, chissà se siamo stati fortunati o se sia una caratteristica comune alle Lofoten; è bene precisare che da Roar ci sono anche camerate e camere private, e che fra gli ospiti sono spesso adulti e famiglie, a testimonianza del bel clima che vi si respira. – trasferimento Lofoten-Alta e visita fugace della città (6-7-8 mattina) partiamo per Alta, tappa obbligata per C.Nord. Ultima sosta alle Lofoten è a Svolvaer, niente di che, poi traghetto per Melbu, la sera siamo nell’anonima Sortland, che riesce ad essere ancora peggio di Mo I Rana. Onesto il Sortland Camping, dove mangiamo anche del buon salmone con rivoltante contorno di cetrioli per 175 nkr, al mattino ripartiamo e dopo 650 km giungiamo ad Alta intorno alle 20,30: rispettando i limiti è difficile fare più di 700 km al giorno, tenetene conto (sempre che non vogliate stare al volante per 24ore su 24). Dormiamo nel primo dei 3 campeggi segnalati dalla lonely all’ingresso in città, mediocre. Prima di avviarci per c.Nord, distante 250 km da Alta, decidiamo di fare un salto al museo delle incisioni rupestri della città, tutelato dall’Unesco. Carino, ma 9€ di biglietto sono troppi anche considerando che il colore brillante delle incisioni ha ben poco di antico (pure qui, ma l’Unesco non dovrebbe tutelare?). Ci si consola guardando il bel paesaggio in cui il sentiero rupestre è inserito. Dopo circa un’ora e mezza, partiamo per Capo Nord. Conclusioni: c’è poco da concludere, due giorni in macchina e mi chiedo come facciano i temerari che vanno a Caponord in auto o moto dall’Italia e ringrazio di aver scartato l’idea (de gustibus, non è uno sconsiglio!). Alta ci era stata decantata dalla simpatica proprietaria del campeggio Mevik sulla rv17, in realtà non è brutta come Bodo ma nemmeno degna di nota. Ok le incisioni rupestri, se siete appassionati o 9€ nn vi sembran troppi, sennò puntate direttamente a C.Nord. – Alta-CapoNord-Alta (8 agosto) A posteriori devo dire che CapoNord merita, non tanto in se stesso ma per il tragitto che si percorre per raggiungerlo. La lonely parla assai male della punta d’Europa, ed io non avevo intenzione d’andarci. Di diverso avviso i miei compagni di viaggio, che ovviamente per democrazia l’hanno spuntata (ma la pioggia alle Lofoten aveva ammorbidito anche me). Partiti da Alta alle 10 passate, copriamo i 250 km in meno di 5 ore, con pause ed andatura tranquilla. C’è il sole e la strada è davvero spettacolare: lunghi rettilinei, in mezzo ad un paesaggio prima spoglio fatto di pietre e muschi (sarà la famosa tundra di quando andavo alle elementari?) su montagne senza alberi ma molto suggestive, quindi un altrettanto spettacolare tratto costiero (preparatevi ad incontrare renne in mezzo alla strada, loro stanno ferme, schivatele con calma), quindi l’ultimo tratto lunare verso c.Nord. Per la cronaca ed il portafoglio: si pagano l’ultima galleria subacquaea (560 nkr a\r auto+guidatore+3 passeggeri) e l’ingresso a C.Nord (110 nkr a cranio, sconto studenti, sennò 195). Noi siamo arrivati godutissimi per il tragitto e con il bel tempo e poca gente, ma in pochissimi minuti tutto è mutato: sono sopraggiunti nuvoloni, pioggia e soprattutto i barbarici passeggeri della crociera Costa, una calata, un’invasione. Sembrava di stare a Roma Termini, l’idioma ufficiale di C.Nord è improvvisamente diventato l’italiano. Foto di rito davanti al mappamondo col sole e con la pioggia, cartoline atrettanto di rito, inizia il diluvio universale, ce ne andiamo. Tempo effettivo di permanenza: 1,5 – 2 ore. Alle 16,30 si riparte, senza sosta alle 20.30 siamo ad Alta. Il tragitto ovviamente è il medesimo del mattino, col maltempo ha un altro fascino, minore ma comunque godibile. Pernottamento ad Alta nel secondo dei campeggi citati sulla lonely, quello che è stato campeggio dell’anno chissà quando, davvero ottimo ed economico (e con gestrice carina), peccato non esserci venuti già ieri. Conclusioni: sbagliavo a non voler andare a Caponord, la strada che vi porta lì va percorsa, è davvero bella. Lui di per sé è triste, come afferma la lonely, ma è il percorso la vera attrazione (cosa che la lonely non dice). Noi volevamo farci la tirata Lofoten-CapoNord-Tromso in circa 32 ore alternandoci al volante, non so se ce l’avremmo fatta, è davvero una bella distanza che con ritmi tranquilli ma non troppo ci ha preso ben 3 giorni. – Tromso (9, 10 agosto) Tragitto Alta-Tromso percorso con un po’ di affanno (scopriamo già in viaggio che sono 410 km anziché 290, se nn si prende il traghetto) ma grazie all’ampio margine riconsegnamo in tempo la Peugeot: 2300 i km percorsi da quando l’abbiamo ritirata. Andiamo in bus all’unico ostello di Tromso: è molto scomodo, abbastanza nuovo e pulito, costa lo sproposito di 195 nkr senza colazione (come la casa di Roar, un altro pianeta), w l’HI. Torniamo in città a piedi, nn lo faremo più perché è troppo lunga. Tromso è vivace per gli standard norvegesi, c’è parecchia gioventù, probabilmente merito dell’università, un clima frizzante (di freddo e di vita sociale). Noi abbiamo un pomeriggio e la mattina successiva per goderne. Un giro in centro, poi sull’ennesino ponte incurvatissimo come se ne vedono in tutto lo Stato, fino alla moderna chiesa simbolo della città (il biglietto di ingresso se lo possono tenere), altro giro in centro dove percorriamo vie minori. Se nn si visitano i musei la città pare finita qui, mezza giornata è sufficiente. Vogliamo concludere la vacanza mangiando merluzzo, proviamo in 2 ristoranti pseudoeleganti specializzati in pesce, ci dicono che sono pieni in realtà di posti liberi ce ne sono a volontà (non gli piaceranno i miei calzoni della Think Pink?), dunque meglio prenotare se vi interessa, infine ripieghiamo in un locale per carnivori che ha anche un paio di piatti di pesce. Menù in norvegese, cameriera gentile, 25€ il merluzzo in umido (buonissimo), 10€ l’artistico antipasto fantasma di Luca, altrettanti la piccola fetta di torta al cioccolato, bevanda H2O del rubinetto, spesa media 35€ a cranio, e per la verità ho ancora un po’ fame… al mattino facciamo per l’ennesima volta vasche nella via centrale, un po’ di spesa, poi ciaociao Tromso, si va all’aereoporto in bus e si vola ad Oslo. Importante: soprattutto se siete in ostello quindi fuori città, pigliate la tessera dell’autobus a 60 nkr a bordo, dura 24 ore effettive da quando la timbrate (sennò ogni corsa sono 23nkr) e va bene anche per andare all’aereoporto. Conclusione: città carina, meno interessante di Bergen, un giorno basta ed avanza ma non è certo buttato. – Oslo (10 sera, 11 mattina) Nell’aereoporto principale, moderno e molto bello (non è quello della Ryan), è integrata la stazione ferroviaria. Un treno vi riporta in città (usiamo un giorno Scanrail residuo). Notte al solito Anker Hostel, temperatura più bassa che 10 giorni prima (si esce col maglioncino), sul guestbook dell’hotel diversi altri italiani passati nei giorni precedenti scrivono che sia meglio Stoccolma di Oslo (da tenere a mente se si vuol partire per un weekend). Al mattino andiamo all’aeroporto in treno sfruttando l’ultimo giorno del biglietto scanrail, quindi taxi (150 nkr) per il tragitto stazione-aeroporto. In definitiva, bel viaggio, felicissimo di averlo fatto ma non mi ha lasciato quella voglia assoluta di tornare come avviene in certe altre occasioni. Solo per quel che riguarda le Lofoten… sono state un po’ un salto della quaglia, lì in effetti una capatina col bel tempo ce la farei volentieri… Magari quando andrò alle Svalbard! ;-P Se vi serve qualcosa, giovanotto83@hotmail.com