Cahuachi e il comedor
Libero dalle nebbie di Lima, dall'umida garua che bagna le strade e ingrigisce i pensieri, il bus percorre rapido la Panamericana lungo l'arido deserto che costeggia il Pacifico.
Viaggio tranquillo, ma pur sempre troppo lungo per le mie gambe che ogni anno meno sopportano gli esigui spazi tra i sedili. Si giunge a Nasca che è già sera; la...
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Libero dalle nebbie di Lima, dall’umida garua che bagna le strade e ingrigisce i pensieri, il bus percorre rapido la Panamericana lungo l’arido deserto che costeggia il Pacifico. Viaggio tranquillo, ma pur sempre troppo lungo per le mie gambe che ogni anno meno sopportano gli esigui spazi tra i sedili. Si giunge a Nasca che è già sera; la cittadina non è molto cambiata negli ultimi ventiquattro anni: sicuramente è più grande, con molti hotel e hostal, ma di bello, in verità, c’è ben poco. Nasca non è interessante per il patrimonio artistico che non possiede, ma per le vestigia di culture dei suoi dintorni, la cui storia si perde nella leggenda: misteri che forse mai saranno risolti e anche per questo ancora più affascinanti. I turisti che giungono sin qui non perdono l’occasione per il classico sorvolo delle famose linee, per la visita agli acquedotti di Cantayoc o al cementerio di Chauchilla, ma non è tutto questo che interessa a noi. Il mattino successivo, accompagnati finalmente da un caldo sole, visitiamo il piccolo, ma grazioso e interessante Museo Antonini. E’ il museo voluto dall’archeologo italiano Giuseppe Orefici e costruito con le sovvenzioni della famiglia svizzera Antonini. Le sale ospitano una ricca esposizione proveniente dagli scavi ancora in corso della missione archeologica italiana diretta dal dottor Orefici e un bel giardino arricchito da un antico acquedotto. Ma è già tempo di partire: Cahuachi attende. Dopo un breve e fruttuoso incontro con il dottor Carrasco, deputato di Nasca che promette il suo aiuto per la costruzione del Comedor Popular, garantendo la consegna di tutto il materiale necessario entro il mese di luglio, noleggiamo un taxi e ci avviamo. Ventotto chilometri di buche, sussulti e polvere, nel mezzo di un deserto solo costellato di tanto in tanto da brevi scorci di verde, da un cimitero abbandonato, da coltivazioni di peperoncino e da dune, tante dune dalle forme originali. Osserviamo con attenzione e ci accorgiamo che si tratta di piramidi! In un’area di 24 chilometri quadrati si estendeva l’antica città di Cahuachi, con templi piramidali a gradoni, piazze, acquedotti, pozzi, palazzi… Al momento, solo una piccola parte è stata riportata alla luce grazie ad Orefici e ai suoi archeologi professionisti e volontari, come la nostra Francesca Antonello, ma ciò che si vede è meraviglioso e quello che si intuisce lo è ancora di più. I turisti, purtroppo, non visitano questa città che probabilmente era la custode e l’artefice delle Linee di Nasca, contemporanea all’ultimo periodo della civiltà di Chavìn de Huàntar e alla fioritura di Tiahuanaco e Wari, ma siamo certi che quando (sì, ma quando?) si riuscirà a riportare del tutto alla luce questo splendore, quando le istituzioni prenderanno coscienza della necessità di preservare dai tombaroli tale patrimonio, quando gli stessi abitanti di Nasca comprenderanno il valore del tesoro che possiedono e quando, infine, sarà migliorata la strada che conduce al sito archeologico, questo monumento sarà riconosciuto quale Patrimonio dell’Umanità. Visitiamo Cahuachi troppo in fretta, ma il tempo è quel che è e le venti famiglie di Cahuachi Bajo ci attendono. Guadiamo il fiume, attraversiamo un’altra arida zona e giungiamo al…no, non è un villaggio: Cahuachi Bajo è un piccolo agglomerato di baracche di paglia, fango e canne, arso dal sole che, implacabile, ha prosciugato ogni riserva d’acqua togliendo alla popolazione locale tutte le possibilità di coltivazione, anche il minimo indispensabile per sopravivere. Cosa avrebbero potuto fare senza il grande cuore di Francesca e la sensibilità degli amici di Magie delle Ande? Me lo chiedo solo per un attimo e subito scaccio il pensiero: troppo dura sarebbe la risposta. L’attuale comedor –l’unico attivo in tutta la zona- è una piccola capanna dal tetto di canne, con un buco nel terreno dove arde il fuoco sopra al quale stanno due pentoloni, uno di riso e l’altro di fagioli. La nostra auto si ferma ad alcuni metri di distanza; scendiamo e già siamo commossi: un grande cartello dà il benvenuto a Magie delle Ande e una piccola folla si avvicina sorridente, ci stringe le mani, ci abbraccia. Cosa può significare un piccolo aiuto economico per questa gente priva di risorse! Entriamo e cerchiamo in qualche modo di rispondere al caldo saluto di queste povere persone che mai, neppure per un istante hanno tuttavia perduto la propria dignità. Ci scambiamo sorrisi, complimenti, pacche sulle spalle; dividiamo riso e fagioli, poi un ultimo saluto e la promessa di un pronto ritorno. Ci aspetta un ultimo compito: correre in banca a Nasca e versare il contributo che Magie delle Ande è riuscita a raccogliere; per noi non è molto, ma per le venti famiglie di Cahuachi significano la sopravvivenza fino a novembre. E poi? Poi si vedrà.