Irlanda gruppo PECURELLEEEEEE!!!
Questa è una raccolta di idee a cinque mesi dal ritorno. Un grazie tutto speciale va ai partecipanti che mi hanno incoraggiato nello scrivere questo resoconto, e a Laura per le sue informazioni a dir poco meticolose!
Cercherò di annotare quanti più aspetti possibili perché, come dice Syusy Blady: “ Io preferisco raccontare ciò che i miei...
Ascolta i podcast
Questa è una raccolta di idee a cinque mesi dal ritorno. Un grazie tutto speciale va ai partecipanti che mi hanno incoraggiato nello scrivere questo resoconto, e a Laura per le sue informazioni a dir poco meticolose! Cercherò di annotare quanti più aspetti possibili perché, come dice Syusy Blady: “ Io preferisco raccontare ciò che i miei occhi hanno visto e la mia testa ha pensato, non sarà la verità oggettiva ma almeno è la verità di qualcuno, cioè la mia”. Ammetto di averci pensato un po’, prima di scegliere la méta del mio primo viaggio. L’Irlanda è sempre stata una mia fissazione da quando avevo 17 anni, ma dopo aver visto il film “Svegliati Ned” non ho avuto esitazioni: l’Isola di Smeraldo deve essere mia ! Il 7 Agosto mi sveglio con le galline, ossia alle 3.30 di mattina per incontrare parte del gruppo all’aereporto di Fiumicino: l’appuntamento è per le 5.00 davanti al check-in LUFHTANSIA. Siamo in 14, uomini e donne, di età e provenienza differenti, ma troviamo subito degli elementi comuni tra noi: il cuscino in faccia e il colore dei pantaloni, tutti “neri per caso”! Scopro subito che non dovrei lamentarmi per l’alzataccia: molte ragazze hanno dovuto dormire in aeroporto, visto che i collegamenti dalla stazione sono limitati alle ore più ortodosse, e prendere un taxi a quell’ora del mattino costa quasi come un viaggio aereo! Quindi l’avventura è iniziata già dalla sera precedente, per alcuni di noi. Il gruppo è variopinto ma siamo tutti piuttosto inclini ai rapporti umani e le chiacchiere iniziano ancor prima di salire sull’aereo: lo zoccolo duro dei partecipanti (9/17 per l’esattezza)è costituito dai romani, dei quali io faccio parte, e scopro di essere “vicina di casa” di uno dei ragazzi. Scalo all’aeroporto di Francoforte, dove, per la modica cifra di £5.500, si prende un lontano parente del nostro cappuccino, e incontriamo i “nordici” del gruppo: gli sposini Claudio&Marina (si terranno questo soprannome per tutta la durata del viaggio) di Thiene (VC) e Mario di Reggio Emilia, la sua faccia carina nascosta dietro un paio di occhiali e un titanico cerotto. Galeotto fu il pelo di barba che gli creò una fastidiosa infezione proprio il giorno prima di partire. Le prime cose che ci chiediamo sono le motivazioni che ci hanno spinto ad effettuare questa avventura: c’è Paola che ha visitato praticamente tutta l’Europa e le è rimasta solo questa bandierina da piazzare; Antonio ha già girato mezzo mondo; Mena voleva visitare Belfast; gli sposini avevano sentito parlare dei “favolosi tramonti irlandesi”; io ero curiosa di vedere l’habitat naturale degli U2; Rosa è stata a Dublino per un mese grazie ad una borsa di studio e, per vedere il resto, si è portata dietro gli amici; Luca si è rotto una gamba poco tempo prima ed ha dovuto rinunciare alla scalata dell’Himalaya ripiegando su un viaggio più tranquillo; Mario era già stato in Scozia e Inghilterra; Laura la capogruppa aveva richiesto il Lankamale ma le hanno invece affibbiato questo itinerario…il mondo è bello perché è vario! Finalmente, alle 15.00, si bacia il suolo dublinese. Ritiriamo i bagagli, facciamo pipì, affittiamo le macchine e telefoniamo a mamma, e poi via di corsa alla volta dell’Isola di Smeraldo! Prima di partire, parenti e amici ai quali avevo detto del viaggio che stavo per affrontare, mi hanno bombardato di domande: che tempo farà? In Irlanda piove sempre…Come te la cavi con l’inglese? Non conosci nessuno del gruppo? Che vestiti ti porterai? E cosa si mangia ? E che ne so? Fatemi partire chè quando torno ve lo dico ! Qualcuno mi ha anche chiesto se avrei visitato le bianche scogliere di Dover… Per non parlare delle varie ammonizioni: lì fa freddo, portati le mutande di lana e, mi raccomando, la canottiera della salute…ma ci vai a Belfast? Attenta alle bombe, ai tornado, alle tsunami, alle cattive compagnie chè lì bevono tutti, nascondi bene i soldi, magari nel reggiseno…seee, quasi quasi mi chiudo in un polmone d’acciaio ! Insomma, sono partita con 9 kg di bagaglio, troppo per 15 giorni di vacanza: sebbene non sia proprio l’impero del sole, in Irlanda non siamo ancora al circolo polare….ed ecco due maglioni che non ho messo, un paio di scarpe di cui potevo fare a meno, un adattatore per la presa sbagliato, un costume da bagno che avrei voluto (e potuto) usare in più di un’occasione…ma è il mio primo viaggio da solista e imparo subito, anche grazie a Luca (che è molto più esperto di me), una perla di saggezza che mi seguirà per tutti i successivi spostamenti: QUANDO SI PARTE, PORTARE SEMPRE CON SE’ LA META’ DEL BAGAGLIO E IL DOPPIO DEI SOLDI! Appena scesa dall’aereo mi guardo attorno: gente lentigginosa e dai capelli chiari, un ragazzo frettoloso taglia la strada ad una signora e dice:” Sorry, ma’ham”, tempo variabile con piogge sparse. La tenue pioggerellina ci farà visita più volte durante il viaggio, ma sarà clemente e non ci impedirà mai di muoverci liberamente. Noleggiamo tre macchine e un macchinone, e per un soffio non vinciamo l’Oscar a Paperissima per le acrobazie su strada col senso di marcia invertito. Bellissime sono poi le rotatorie, che ci piacciono così tanto da rifare il giro completo più volte… dopo un po’ di girotondo partiamo alla volta del sito archeologico di Brù na Bòinne. Siamo sicuri al 99% che non potremo visitare le tombe, in genere prenotate un anno per l’altro, ma ci proviamo ugualmente. La previsione si avvera: abbiamo la possibilità di visitare la mostra (carina) al centro visitatori e di vedere da lontano il tumulo di Newgrange. Qui troviamo scolpito il primo dei simboli ricorrenti nelle decorazioni celtiche: le tre spirali attribuite al culto del sole. Facciamo anche le Heritage Card che ci permetteranno di visitare gratis i musei di quasi tutta l’isola e sotto la prima di infinite pioggerelline ci avviamo verso Clougherhead dove ci aspetta Mrs Darby. E’ piuttosto tardi e la signora telefona per noi al Pub Big Tree, in centro al paese, dove affrontiamo la nostra prima cena Irish, un po’ deludente. Alcuni di noi si attardano in un pub, dove sorseggio la mia prima birra, la GUINNESS !!! Questa birra in Irlanda è più popolare della Coca Cola, è pesantissima, ha un sapore molto forte e si riesce a mandarla giù solo al di sotto degli 0 gradi. A me che non sono abituata sembra un pugno nello stomaco, la sorseggio con fatica in compagnia dei miei nuovi compagni di bevute: Mario, Luca e Guido. Le gente del posto che ne tracanna quantità industriali come fosse acqua fresca, ma a dire il vero qualche irish è già rubicondo in viso e alcune signore sono visibilmente alticce, e tutti insieme cantano a squarciagola ! Poi, per smaltire i fumi dell’alcool, si fa una passeggiata verso il mare, anzi, l’oceano, chè è in bassa marea (ma come si chiama la marea dell’oceano?) e lascia scoperti 500 m di spiaggia con delle conchiglie di cannolicchi ciclopici… L’indomani ci aspetta la nostra prima Irish Breakfast, o Continental per i salutisti, ma la gola la fa da padrone e ci abboffiamo con un piatto di uova, pancetta, prosciutto al forno e patatine, pane tostato e burro, il tutto annaffiato con del buon the e del pessimo caffè. Un attentato al fegato, ma bisogna dire che dopo una colazione così non si ha il bisogno di mangiare a pranzo e la sera non si striscia a terra dalla fame ! Dopo la colazione Ivan, che non parla una parola di Inglese, riesce tuttavia a mettersi in comunicazione con Mrs.Darby che gli consiglia di imparare presto la lingua per rimorchiare le donne! Partenza verso le 10:00 per visitare la Mellifont Abbey (nei pressi di Drogheda: il primo monastero cistercense d’Irlanda: interessante il “lavabo” ottagonale) e il cimitero di Monasterboice con una torre rotonda e le tipiche croci celtiche scolpite. La mia macchina fotografica, forse colta da “sindrome di Sthendal”, impazzisce e si mette a scattare da sola un rullino appena iniziato finendolo in tre secondi! Riesco a comprarne una nuova solo tre giorni più tardi, nel primo centro sufficientemente abitato, e solo grazie allo scorrevole inglese di Antonio che mi assiste nella comunicazione con un signore un po’ timido e dall’accento piuttosto marcato. Quindi proseguiamo di gran carriera verso l’Irlanda del Nord, attraversiamo Belfast senza fermarci (sigh! Ma c’erano stati di recente i soliti attentati dinamitardi…) e ci fermiamo a Carrickfergus per comprare qualcosa da mangiare. Ne approfittiamo per visitare il castello (sul mare, fondato nel XII sec., utilizzato e rimaneggiato fino al XVIII sec., divertenti le statue con personaggi delle varie epoche) e poi la St. Nicholas Church (antica come il castello, ma molto rimaneggiata). Dopo una sosta alla Black Head, proseguiamo per la costa di Antrim, facciamo una breve deviazione al Glenariff Forest Park, ma e’ troppo tardi e ci fermiamo solo per qualche minuto. Varrebbe la pena se uno avesse a disposizione qualche ora, anche se non è poi molto “Irish”: ricorda un po’ le nostre Alpi. Il sole al tramonto cambia il colore dell’erba e il panorama è una bellissima roccia dorata con l’oceano dietro di sé. Arrivo a Cushendall verso le 20:00, ricerca del B&B prenotato (bello bello, ma parecchio fuori dal centro). La signora ci indica un locale in centro dove possiamo cenare anche se “tardi”, Harrys, dobbiamo dividerci tra i vari tavolini del pub che si liberano, ma cibo e prezzi sono OK, poi si gioca a biliardo e freccette, e ci perdiamo di ritorno al B&B. Siamo o non siamo dei veri avventurieri nel mondo? Martedì 9 Agosto, dopo una LEGGERA colazione (dopo una Irish è il caso di disintossicarsi e allora ordino una Continental: SOLO the, caffè -bleah-, pane, burro, marmellata, fiocchi di cereali, yoghurt e chi più ne ha più ne metta), si parte alle 9:30 per una tappa che si rivelerà lunghissima in quanto piena di cose da vedere. Inizia così il volo a bassa quota: per i primi giorni del viaggio ho l’impressione di non metter mai piede a terra… prima di tutto la costa di Antrim dopo Cushendun (Cushendun Scenic Route), finalmente dei Veri Panorami Irlandesi, con ovvie molteplici soste per foto. Ci fermiamo sotto la pioggia a Fair Head, dove in caso di bel tempo i panorami dovrebbero essere notevoli e si dovrebbe addirittura vedere l’isola di Arran (Scozia). Tempo migliore per la visita all’isola Carrick-a-rede, collegata alla terra ferma tramite un ponte di corda :ci sono i faraglioni come a Capri, i gabbiani come a Grottammare, il vento come a Udine e tanta allegria nel gruppo, qualcuno tenta di liberarsi di Rosa ma non ci riesce. Grosse risate alla vista di chi effettua l’attraversamento del ponte, molte meno durante il medesimo. Provateci voi a stare tranquilli su un ponte di corda sospeso su 30 m. Di vuoto, che ondeggia ad ogni passo, con quaranta persone intorno che vi guardano e stanno aspettando solo voi per passare… Peggioramento notevole per la visita alla vicina Giant’s Causeway: nonostante questo ci avventuriamo sotto gli ombrelli e le cerate per la passeggiata circolare che costeggia la cima della scogliera e poi scende alla Causeway vicino al mare (anzi, oceano). La pioggia rovina un po’ la percezione e il godimento di questa bellissima formazione geologica: oltre 40 mila colonne di basalto che emersero dal fondo del mare a seguito di una glaciazione, o forse servirono da sentiero al gigante Finn McLure che doveva raggiungere la Scozia? L’oceano, per me che non l’ho mai visto, è qualcosa di speciale: le onde sono lente e lunghissime, portano con sé conchiglie di dimensioni spropositate, cannolicchi che sembrano cannocchiali, vongole maggiorate, e troviamo chele e corazze di granchi che è meglio non fare arrabbiare, qualora se ne incontrasse uno vivo… e poi quella tutto quel verde,”sembra quasi un mare d’erba…” (cantavano i PFM). L’Irlanda è una tavolozza di acquerelli composta di pochi colori, il bianco delle nuvole e delle pecorelle che punteggiano i prati, il verde onnipresente, l’azzurro del cielo che si riflette nel mare. Un’altra cosa che noto è la dilatazione dello spazio: non solo le conchiglie sono fuori misura, ma anche i pascoli, il cielo si estende a perdita d’occhio e finalmente ne apprezzo la profondità. In Italia, o almeno dalle mie parti, c’è sempre qualcosa che blocca la visuale e per questo il nostro orizzonte è relativamente vicino: un albero, un edificio, catene di monti o colline e il cielo mi è sempre sembrato il coperchio di una bella scatola. In Irlanda invece è gigantesco, è il vero protagonista insieme ai pascoli, si diverte a creare nuvole strane e di forme vivaci, talmente belle da meritare un album fotografico solo per loro. Ci tratteniamo al Sentiero del Gigante per circa 2 ore: giusto in tempo per arrivare alla distilleria di Bushmills esattamente 5 minuti dopo che è partita l’ultima visita (h 16:00) e nonostante le nostre preghiere non ci fanno entrare. Gli irlandesi sono molto rigidi per quanto riguarda i loro orari di lavoro: i bar non aprono mai prima delle 10.00 e dopo le 22.00 è difficile trovare un ristorante, anche nelle città più turistiche. In compenso i pubs sono sempre aperti fino al mattino e la birra scorre a fiumi, peccato che non di sola Guinness vive l’uomo! L’alimentazione non è molto varia: si consumano carne e pesce in grandi quantità, poco riso e verdure, patate a non finire. Il piatto più comune è il “fish&chips”, pesce (generalmente merluzzo) e patatine fritte, una schifezza per turisti;e il “Chicken Curry”, pollo con riso e spezie, very very Irish, isn’t it ? E, ultimo ma non ultimo, the “Irish Stew”, manzo brasato in birra Guinness, non male. I ristoranti etnici più comuni sono il kebab e i ristoranti italiani, che noi abbiamo ovviamente evitato, tuttavia nei menù appaiono frequentemente le lasagne, che io ho voluto provare e sono..cannelloni! Lontani parenti dei nostri, si distinguono per la massiccia presenza di un formaggio locale color arancio-segnale. Dopo alcuni giorni Butch inizia a chiedere “pasta” come un assetato nel deserto… Proseguiamo alla volta di Derry dove con fatica e chiedendo più volte troviamo i murales di Bogside. I dipinti sono per lo più di argomento politico,e il più fotografato è quello che ritrae un militante dell’IRA che si lasciò morire di fame in carcere. E’ tardi e scappiamo subito, per uscire al più presto dall’Ulster e poter cenare (abbiamo finito tutte le sterline inglesi!). Deviamo per Muff, dove troviamo un buon pub ed una buona cena. Lo stesso non si può dire dell’ostello che ci aspetta a Letterkenny: argh! Scalcinato, sporco e puzzolente.. Dormiamo senza nemmeno spogliarci e all’alba siamo tutti svegli e pronti per andarcene. State alla larga dall’ostello Horribilus..ops, dal Manse Hostel! Uno dei soggetti più fotografati durante questa giornata è Claudio che preferisce evitare il bagno e si lava i denti nel corridoio dell’ostello, con una bottiglietta di Sprite! Pur essendo sopravvissuti ad una notte nell’ostello degli orrori, il diabolico Manse Hostel ha preteso comunque una vittima: il mio eroico sacco-lenzuolo, praticamente nuovo, che si è sacrificato per salvarmi la pellaccia! Colpa mia, che l’ho confuso con le altre lenzuola e l’ho lasciato lì…All’ostello alcuni di noi fanno conoscenza con una ragazza italiana di 21 anni che sta facendo il giro dell’Irlanda da sola: lei si che è un’avventuriera! Il suo viaggio sta per volgere al termine poiché sta facendo il nostro stesso giro ma in senso inverso. Il giorno successivo, 10 Agosto, ci gratifichiamo con una abbondante colazione per rifarci della nottata e facciamo riparare una gomma bucata il giorno addietro, dopodichè partiamo per il Glenveagh National Park. Luogo un po’ fiabesco, un castello con bei giardini che si affaccia sul lago e un grande territorio di prati e boschi. La giornata è uggiosa e siamo assaliti da migliaia di moscerini, ma ci salva L’Autan stick di Marina la Sposina…grazie, Marina! Con il bus (compreso nel biglietto) arriviamo al castello, prenotiamo la visita per le 12:00 e nell’attesa facciamo una breve passeggiata nei dintorni. Dopo la visita al castello, un simpatico “fuori programma”: delle bambine in costume eseguono danze popolari. Proseguiamo verso Ovest lungo una strada panoramica tra i monti e verso la frastagliata e variegata costa dei Rosses, dove si apre la caccia fotografica ai leprotti: tutti cercano di fotografarli ma li spaventiamo col nostro fracasso, poi c’è Paoletta che chiama ogni cosa non umana le passi davanti: “Pecurellaaaaaaaa! Mucchettaaaaaaa, Gabbianucciooooooooo!!! “, con conseguente fuga della fauna (anche umana)! Claudio e Marina vincono il premio”AnM Geographic” per le migliori fotografie, si vedono più lepri nel loro album che in mezzo alle campagne irlandesi !!! Ma per forza, sono dei veri “professionisti”, e poi è il giusto compenso dello sforzo di portarsi sempre dietro, come un figlio, il cavalletto! Sosta a Donegal per la visita al castello (XV sec. Ricostruito nel ‘600) e al centro di questa graziosa cittadina. Qui, per usare un’epressione di Mario, “faccio il gancio”, ossia vengo rimorchiata da un ragazzo un po’ brillo che si reggeva in piedi a fatica ma questo non gli impedisce di rincorrermi e fermarmi. Fatico un po’ per levarmelo di torno, anche perché vedendomi sola insiste nel volerrmi accompagnare da qualche parte. Il mio pessimo inglese non mi aiuta e neanche le mie conoscenze: gli indico Luca, che era poco lontano, e dico: “vedi? Quello è un mio amico!” e lui risponde:”potresti avere amici migliori…”. In vino veritas! Proseguiamo per Sligo con un tempo sempre più bello: sole e uno splendido tramonto sul mare. Mentre percorriamo la strada, all’orizzonte si delinea una strana, enorme onda di roccia. La aggiriamo e ci troviamo di fronte al bellissimo Benbulben, un monte che ricorda vagamente le erosioni del Grand Canion, ma in verde, però! E, sempre da quelle parti, la versione irlandese dell’australiana Ayers Rock, al sole del tramonto. Decisamente suggestivo, anche perché sono gli unici monti che vedremo in tutta l’isola, che di certo non è nota per le sue catene montuose! Una sensazione molto strana che ho provato a circa metà del viaggio è stata guardarmi intorno e non vedere niente. Solo cielo e prato, però è bello. Un panorama di una semplicità bellissima, meglio di così non so spiegarlo, lo si può apprezzare solo con i propri occhi. Cena di pesce alla Yeats Tavern: lì vicino c’è la tomba di W.B. Yeats, lo scrittore che ha raccolto in due saggi tutte le fiabe e i racconti del “piccolo popolo”, ossia folletti e fate che, si dice, vivano sull’isola di smeraldo facendo dispetti agli esseri umani. La sera, alle 22.00, arriviamo a Sligo, dove ci aspettano dei B&B coi fiocchi, e ci laviamo tutti sommariamente. Visitiamo la Sligo Abbey, di cui rimane soltanto una parte del chiostro e poco altro, poi il Cimitero Megalitico di Carrowmore: sarà anche uno dei più grandi d’Europa, ma non vale tanto la pena… la nostra attenzione è più attratta da Rosa e Paola che si rotolano giù per le chine erbose come delle bambinette! Indi via veloci verso Westport e Leenane, all’inizio del celebrato Connemara. Il tempo però è pessimo: pioggia e nebbia, i panorami sono nascosti dalle nubi e passiamo solo dall’auto all’interno di qualche negozio.Proseguiamo verso Clifden, dove sostiamo per un po’: grazioso paese con le case colorate, molti turisti, clima vacanziero… Seguiamo poi la costa, che coll’aprirsi del cielo e con i paesaggi rocciosi e brulli ha un suo fascino, poi deviamo verso l’interno per recarci a Galway. Qui troviamo con facilità il Campus prenotato e passiamo la serata nel centro della città, vivace e pieno di gente, bei locali, musica, molti italiani, tutto molto infiocchettato e luccicante. A me quel bagno di folla fa pensare al sabato sera in via del Corso e, seppure affascinata dalle architetture molto diverse dalle nostre, preferisco le cittadine di provincia e mi consolo davanti a “a pint of Guinness”. Le cittadine mi sembrano più “autentiche”. Passeggiando vediamo molti artisti di strada: uno scozzese in kilt che suona la cornamusa impiedi su un tino; molti chitarristi, alcuni dei quali muniti addirittura di corpo di ballo, e ci fermiamo a lungo ad ascoltarne due particolarmente bravi. Ma il pezzo forte sono quattro olandesi ubriachi che si fermano accanto ad uno di questi artisti e gli fanno da coro e coreografia, qualcosa come i Backstreet Boys ma in versione 40enne panzuta. Sono divertentissimi, e il bello è che conoscono quasi tutte le canzoni che il musicista esegue ! Per una buona ora tutta la gente di passaggio si ferma lì a vedere lo spettacolo, ma quando i quattro se ne vanno, anche il pubblico se ne va. Tuttavia sono gli U2 la colonna sonora del nostro viaggio: oltre ad ascoltarli in macchina ci capiterà spesso di sentirli cantare per le strade o nei locali! L’indomani mattina, 12 Agosto, ci prepariamo per l’escursione alle vere, autentiche isole Aran (in Irlanda ci sono almeno tre o quattro arcipelaghi che portano questo nome!). Raggiungiamo la maggiore, Inishmore, con un’ora di traghetto da Rossaveal . Il tempo è parecchio clemente con noi e ci regalerà un’intera giornata di sole trasformando questa escursione in una delle giornate più belle di tutto il viaggio. Arrivati al porto di Kilronan noleggiamo le biciclette con le quali scorrazziamo in giro per l’isola per tutta la giornata!. Due di noi non hanno voglia di pedalare e scelgono di fare il giro col calesse. Seguiamo il Ring di Aran segnato sulla cartina che ci consegnano: a parte la salitona verso il Dun Arann Heritage Park, l’isola si gira senza troppa fatica. Paola e Rosa fanno amicizia con un grazioso indigeno, Ben, il quale ci dice di essere molto religioso e loro colgono l’occasione per invitarlo a Roma con la scusa del Giubileo…Quando arriviamo alla baia di Portmurvy ci fermiamo: l’attrazione della sabbia bianca e del mare (anzi, oceano) blu sono troppo forti! Ammucchiamo le bici e mettiamo i nostri piedi fumanti a mollo. Rosa fa addirittura il bagno e Guido approfitta della nostra distrazione (eravamo presi dai giochi di società) per imitarla. Poi, evidentemente non contento, fa sparire la sella di una delle biciclette: la mia! Si comincia ad intravedere il mento di Mario che, essendo in via di guarigione, si concede un cerotto meno voluminoso. Ma il giro non è finito: proseguiamo per il Dun Aonghasa, la principale attrattiva archeologica dell’isola, un forte celtico semicircolare a picco sul mare. Rosa, la geologa, ci dà una lezione sui muretti che solcano l’intera isola: le pietre che li compongono sono di origine sottomarina, ed è evidente perché vi sono delle conchiglie incastonate dentro. Al ritorno facciamo una deviazione per vedere la colonia di foche, ma… di foche neanche l’ombra! Solo gabbiani, cormorani e tante piccole chiocciole gialle e arancio che fotografiamo e raccogliamo, (quelle senza il mollusco dentro, of course) e ora arricchiscono l’arredamento della mia vasca di pesci rossi. Luca, il mini-Mastrolindo del gruppo, fa del ciclismo estremo lanciandosi per una discesona con una mano e entrambi gli occhi occupati nell’uso della telecamera di Claudia. Al suo fianco quella sagoma di Ivan si improvvisa cronista sportivo. Il risultato del filmino, che abbiamo visto molti mesi più tardi in occasione di un raduno in Toscana, ricorda la fotografia di “Blair Witch Project”! Prima di salire sul traghetto ci fermiamo al market di Kilronan per fare la spesa: stasera, col fatto che nel campus siamo divisi in appartamentini provvisti di cucina e living, vogliamo sperimentare l’emozione di cucinarci noi la cena. Appena sbarcati sulla terra ferma, Luca decide di fare un bagno al suo telefonino e gli fa fare un volo di 10 m . Nell’acqua del porticciolo. Fortunatamente per lui in quel punto il livello del mare è piuttosto basso, e il telefonino, argenteo di per sé, assume una colorazione più intensa sotto qualche metro d’acqua. Noi gli facciamo anche i complimenti e gli chiediamo di non farselo ripescare: “E’ così bello !” Ma Luca deve recuperare la SIM card che è proprietà dell’ufficio in cui lavora, e chiede aiuto a due uomini che erano alle prese con una barchetta proprio lì di fronte. Questi, con diverse manovre, lo recuperano, ma ovviamente non è più funzionante… Al rientro, per la gioia di grandi e piccini, ma soprattutto di Butch, finalmente pasta! E poi salmone affumicato, aringhe in salsa e insalata mista, insomma, un pasto decente, dopo giorni di fish&chips. Scopriamo la presenza di un’ottima cuoca tra noi, trattasi di Maria Grazia, la quale non mancherà di stupirci ancora con altri effetti speciali più avanti, durante il viaggio. Siamo tutti sfiniti ma felici, con i rossi da Heidi sul viso. Chi l’avrebbe mai detto che il sole, in Irlanda (quando c’è) picchia così tanto? Dopo cena discutiamo la possibilità di dividerci per il giorno successivo, in quanto una parte del gruppo vuole fare una deviazione per visitare il sito monastico di Clonmacnoise, nell’interno. Si decidono i vari equipaggi e risultano due auto per ciascun itinerario. Il giorno seguente ci salutiamo e ci diamo appuntamento per il giorno dopo a Tralee. Scopriremo poi che la riduzione delle auto a due per gruppo velocizzerà considerevolmente gli spostamenti e tempi in generale. Il gruppo che visiterà Clonmacnoise prende la N 6 verso l’interno, l’altro gruppo si dirige verso Athenry per visitarne il castello e poi proseguire lungo la costa del Burren verso le Cliffs of Moher, le imponenti scogliere che si estendono per 5 km. Queste sono veramente spettacolari e attraggono frotte di turisti, l’80% italiani, forse troppi per fermarsi un po’ a riflettere sulla grandezza dell’universo in confronto al piccolo uomo, cosa questa che l’imponenza delle Cliffs fa pensare. Molti, poi, si avventurano in mini-dicese lungo i pendii delle scogliere, che non sono transennati in alcun modo per non rovinare il paesaggio. Va beh lo spirito di avventura ma così è cercarsele! Ad ogni modo nessuno vola di sotto, mentre l’oceano s’infrange tranquillo e spumante (si dice così ?) sugli strani scogli monolitici, solo duecentoquindici metri più sotto. Si prosegue verso Killimer dove si attraversa lo Shannon sul traghetto per Tarbert, quindi via veloci verso Tralee. Il gruppo di Clonmacnoise è stato così veloce che ci raggiungerà la sera stessa, quindi cercheremo alloggio in ostello per tutto il gruppo. L’ostello principale di Tralee – non avendo posto per tutti noi in family rooms – ci indirizza verso un altro ostello poco distante, nuovo, che ci ospiterà in tre stanze da sei con bagno. E’ piccolo, ma molto carino e pulito, e pernotteremo lì due notti. Per la cena il gestore ci consiglia un ristorante, che prenoteremo, dove faremo la cena più “lussuosa” di tutto il viaggio: servizio inappuntabile, lume di candela, bottiglie di vino toscano alle pareti, piatti ottimi… ma un po’ cari… Per una sera si può anche fare, anche se non è esattamente “stile Avventure”! Sempre a Tra lì (il nome gaelico della città), sorseggio il mio primo Irish Coffee, una bevanda inventata a Shannon da Joe Sheridan, e scopriamo che è una bevanda per turisti! Tuttavia è molto buono e anche un po’ forte poiché è a base di caffè, wiskey irlandese e panna, meglio mangiarci qualcosa su! Una costante delle città irlandesi, grandi o piccole che siano, sono i colori vivaci con cui vengono dipinte le case, generalmente unifamiliari a due piani e col tetto a spiovente. Gli edifici hanno sempre qualche decorazione e sono dipinti con colori vivaci. Gli architravi all’ingresso dei negozi sono riccamente scolpiti e decorati, e comunissime sono le grandi fioriere dalle quali scendono piante e fiori coloratissimi: con quel clima umido e mai troppo soleggiato la vegetazione cresce rigogliosa e non ha bisogno di manutenzione! I grandi vasi di fiori si trovano un po’ dappertutto: sui davanzali delle finestre, agli angoli degli edifici fissate a qualche metro dal suolo, addirittura sotto i lampioni! A Tralee fotografiamo tutti la facciata di un pub, decorata con grandi pitture e fiori. La musica nei locali è entusiasmante: i gruppi eseguono pezzi, per noi più o meno celebri, in inglese e in gaelico. Una figura tipica, nei singing pubs, è l’uomo di mezza età ubriaco che tenta di ballare seguendo il ritmo, un autentico spasso! Il 14 Agosto ci rilassiamo visitando la pensola di Dingle, dopo tutti questi spostamenti! E’ una bella giornata e partiamo di buon’ ora verso Dingle prima lungo al costa nord della penisola, poi tagliando verso Anascaul. Il paese è carinissimo con le case colorate e…molti turisti. Facciamo una lunga sosta: prima per la colazione, poi per un giro del paese e infine per l’escursione in barca per vedere l’attrazione del posto, il delfino Fungie che da qualche anno ha adottato questo luogo come suo territorio, familiarizzando con imbarcazioni e turisti. Il delfino lo vediamo, ma nelle foto solo alcuni di noi riescono a catturarne qualche pezzo quando esce dall’acqua: un muso, una coda… L’escursione è comunque divertente, e anche i panorami della baia valgono la pena. Per la strada incontriamo anche uno scultore peruviano all’opera, sta scolpendo un albero secco con bassorilievi fantasiosi e volti di Cristo, un bel modo di riciclare un albero, no? Poi visitiamo la solita chiesetta, nella quale troviamo un bidone d’acqua santa! Bisogna dire che il popolo irlandese è molto religioso ed elargisce le benedizioni in generose secchiate… Proseguiamo poi verso l’estremo ovest della penisola, dove ci aspettano siti storici e percorsi panoramici: sosta ai resti della chiesa romanica Kilmakedar Church, poi al Gallarus Oratory, l’edificio in pietra a secco dalla singolare forma di barca rovesciata, costruito nel VIII secolo e perfettamente integro. Continuiamo il percorso circolare con varie soste in punti panoramici tra cui Slea Head, con vista sulle Basket Island, e, lungo la strada, a raccogliere more mature. Da Dingle prendiamo la strada attraverso il Connor Pass: è un punto molto ventoso da dove si vedono i due versanti dell’isola. Per cena la parte del gruppo che ieri mancava vuole sperimentare la cena a lume di candela, gli altri cercano un ristorante a buon prezzo. Antonio, che ama andare sul sicuro, dice: ”Le belle esperienze vanno ripetute!” e fa il bis di candele. Dopo cena facciamo una riunione per decidere come organizzare i giorni successivi: decidiamo di saltare la penisola di Beara, fare il Ring of Kerry e portarci avanti il più possibile in modo da giungere a Dublino un po’ prima. Ferragosto: da Tralee prendiamo la N 70 che costituisce il famoso Ring of Kerry, vale a dire un percorso circolare che costeggia tutta la penisola per arrivare a Killarney. Ci piacerebbe moltissimo riuscire a vedere le isole Skellig, ma sappiamo che sono difficili da raggiungere per le condizioni climatiche imprevedibili. In più non è possibile visitarle, poiché sono, da qualche anno, oasi naturale protetta. Ci dirigiamo a Portmagee e al porto c’informiamo su chi, come ed a che prezzo ci può portare. Alla fine concordiamo per 17 IEP a persona e saliamo sulla Elriona di Brendan O’Keeffe. La giornata è soleggiata, ma il viaggio è lungo (si prevedono tre ore, poiché le Skellig sono distanti) e appena fuori del Portmagee Channel ci aspetta un mare (anzi, oceano) mosso, anzi molto mosso, anzi troppo mosso…decisamente affatto pacifico! Qualcuno si sente male, qualcuno è preso da attacchi di panico, ci sentiamo in balia delle onde e… a metà traversata decidiamo che è meglio tornare indietro. Troppo pericoloso, o perlomeno troppa sofferenza per la maggioranza: sembrava di essere sul set de “La tempesta perfetta”, ma lo skipper non somigliava neanche un po’ a George Clooney, tuttavia ci riporta a terra in salvo…eravamo arrivati ad un’altra sola mezz’ora di navigazione dalle Skellig Rocks! Il signor O’Keeffe è così gentile da non voler essere pagato, visto che alle isole non ci siamo arrivati, e allora lo omaggiamo con una cifra simbolica. Un consiglio: prima di partire chiedete con precisione come sono le condizioni del mare aperto, poiché dal porto non è possibile vederlo, essendo questo in un canale riparato. Felici di avere di nuovo la terraferma sotto i piedi riprendiamo il Ring, con sosta alla spiaggia della baia di Ballinskellig. Tira un vento freddo pazzesco ed è un vero peccato perché l’acqua è bellissima e vale davvero un bagno, e avevo pure il costume a portata di mano, stavolta…Da Kenmare attraversiamo il Moll’s Gap e arriviamo a Killarney attraversando il bellissimo Killarney National Park. Forse a causa del sole, mentre negli altri parchi pioveva, ma questo ci sembra il più bel parco visto, purtroppo in fretta perché la giornata volgeva al termine e non avevamo ancora fissato da dormire. Io inizio a scalpitare: dopo km e km di prati, pecore, coste e castelli in rovina, inizio ad avere la voglia di incontrare un po’ di gente, vedere gli irlandesi oltre all’Irlanda, sentirli parlare, un po’ di casino, insomma! Anche perché, mi duole dirlo, ma dopo un po’ le città e i panorami iniziano a somigliarsi troppo, per me. Così rompo le scatole al gruppo, gettandomi forse in cattiva luce, ma sono tutti così buoni da far finta di niente. Nonostante la parentesi Skellig, è stata una giornata fortunata: abbiamo trovato, andando a naso, una sistemazione ottima. La signora del B&B ci consiglia un ristorante poco lontano dove c’è anche un pub in cui ci tratteniamo dopo cena e qualcuno riesce a giocare a freccette. La sera, al rientro, mentre alcuni ignari si chiudono nella loro stanza a chiacchierare, Guido prende le scarpe di tutti e ne fa un bell’albero di Natale che espone, penzolante, per le scale. Mario, praticamente guarito, passa al cerotto estivo mostrando finalmente la sua faccia intera al mondo intero. L’indomani mattina mentre alcuni di noi si attardano nel cercare di sciogliere tutti i lacci delle scarpe, Mena trova la bellezza di sette quadrifogli e, mossa a compassione, me ne regala uno…Quando ogni scarpa torna al leggittimo proprietario possiamo ripartire per Cahir. Visitiamo il castello del XIII-XV sec. E poi lo Swiss Cottage, poco lontano, una curiosa villetta di campagna realizzata agli inizi dell’800 su progetto di J. Nash. E’ pazzesco, sembra la casa di Alice nel paese delle meraviglie, e con tutto quel prato intorno non mi sarei stupita se fosse sltato fuori il Bianconiglio! Il tetto è coperto di paglia, le ringhiere dei balconi sono giunchi nodosi incrociati tra loro, all’interno c’è una tappezzeria e dei mobili quasi barocchi tanto sono elaborati, e la guida dice “…qui i due coniugi vivevano in uno stato di romantica semplicità…”. Ovviamente foto a profusione anche qui, aspettando che le nuvole di passaggio facciano uscire un po’ di sole. Una parte del gruppo, ossia Rosa, Ivan e compagnia, (i più “naturalisti”, visto che sono neolaureati in scienze naturali) propone poi di tornare indietro a visitare le grotte di Mitchelstown. La guida ne parla molto bene, sono le più grandi del paese e proviamo. Siccome al centro della sala principale c’è un’acustica particolare, due di noi tentano un’esibizione canora: scopriamo che Maria Grazia non usa benissimo solo i fornelli! Tuttavia le grotte si rivelano poco entusiasmanti per chi ha visitato qualsiasi grotta italiana. A volte non fa bene essere coscienti di vivere nel paese più bello del mondo, toglie un po’ di entusiasmo. Io personalmente preferisco dimenticarmene, e infatti ho apprezzato le grotte. A Frasassi ci sono stata una sola volta da piccola e fare un bis in Irlanda, seppure molto diverso, mi va benissimo! Ci dirigiamo poi verso Cashel, dove la visita alla Rocca è parecchio più significativa: si tratta di una fortificazione in cima a una collina (in gaelico “cashel” vuol dire “fortezza di pietra”) contenente una serie di edifici e monumenti dal sec. XII al XV., tra cui molte croci celtiche, e all’interno vi sono bassorilievi di ispirazione vichinga e normanna. La volta a croce della rocca è enorme, troppo grande perché entri nell’obiettivo della mia macchina fotografica automatica, se non da lontano. Secondo la tradizione, san Patrizio giunse qui nel 450 e vi convertì re Angus e la sua famiglia; e sempre qui adoperò lo shamrock, il trifoglio, per spiegare ai gaeli il mistero della trinità in un solo spirito paragonandola a questa piantina. Il trifoglio, all’epoca, non cresceva nella verde Irlanda: fu introdotto sempre dal santo e diventò uno dei simboli più ricorrenti dell’isola. Ci attardiamo a scendere a piedi dalla Rocca fino alla Hore Abbey, ruderi di un’abbazia circondati da prati con mucche al pascolo. Per cena troviamo un pub con sala superiore che serve pasti fino a tardi e poi ci rivolgiamo ad un B&B lì vicino per sapere dove dormire. Siamo meno fortunati di ieri: divisi in quattro posti diversi e spendendo di più, per fortuna domani abbiamo prenotato nell’ostello di Glendalough, conosciuto come uno dei più belli d’irlanda. Siamo ormai sulla via del ritorno verso Dublino: attraversiamo l’interno del paese, pianeggiante e coltivato e con strade più veloci (anche se più trafficate). Prendiamo la R 691 per Kilkenny. Qui ci fermiamo per visitare il castello, in realtà un palazzo in stile vittoriano restaurato di recente. A Kilkenny, oltre l’omonima birra, c’è anche il Design Centre proprio di fronte al castello, dovrebbe essere un tempio dell’artigianato e invece sembra un centro commerciale! Poi, sotto un acquazzone incipiente, visita alla St. Canice’s Cathedral, che non vediamo tutti perché ci perdiamo Guido e Luca, che ripeschiamo più tardi per pura fortuna, bagnati fradici! Riprendiamo la strada verso Dublino, io sono sempre più emozionata e mi frullano nella testa mille immagini e voci: scene di “The Commitments” e “Il mio piede sinistro”, il primo video degli U2 girato al porto…Appena possibile passiamo sulla parallela (ma meno trafficata) N 81 e da qui deviamo a destra verso il Wicklow Gap nelle Wicklow Mountains. Da qui si arriva velocemente a Glendalough e l’ostello si trova proprio all’interno del parco, circondato solo da boschi, prati e moscerini… E’ davvero bello: ampio, nuovo, pulito e con una bella cucinona… da qui la nostra decisione di fare di nuovo la spesa e cucinare noi (beh, soprattutto Maria Grazia anche stavolta..), anche per la colazione del mattino dopo. Dopo cena passeggiata nei dintorni, al buio, vediamo anche una festa di matrimonio al Glendalough Hotel. Una parte poi prende l’auto e si dirige verso i pubs di Laragh. Qui incontriamo una ragazza di Torino che lavora all’ostello dove alloggiamo e ci spiega un po’ di cose del posto. Stranamente ci sconsiglia di trattenerci troppo a Dublino e dedicare più tempo alla visita del parco che è bellissimo. Sarà ma la mia impressione, l’indomani, è esattamente opposta ! Visitiamo il sito monastico di Glendalough con ovvia passeggiata tra i boschi, le rovine e il lago, dove rimettiamo i piedi a mollo, rischiando stavolta il congelamento. Purtroppo dal sole del primo mattino si passa alla pioggia verso mezzogiorno… ma questa è l’Irlanda, ormai lo sappiamo. Il parco non ci entusiasma e al primo pomeriggio ci dirigiamo verso Dublino, FINALMENTE! L’origine della città risiede in un piccolo villaggio vichingo insediatosi nel 917 all’estremo oriente dell’isola, nella regione del Leinster. Il nome gaelico Dubh Linn, vuol dire “stagno nero”, questo perché la città sorgeva su una zona paludosa. E l’attuale nome, Baile atha Cliàth, vuol dire “città sul guado di graticci”, ispirandosi alle prime abitazioni. L’incontro con il caos cittadino arrivando dalla situazione bucolica di Glendalough è un po’ sconvolgente. C’è un tale casino, sembra di stare sul LungoTevere! Macchine che stromabazzano, tantissime persone per strada, dopo 10 e più giorni di pecore e cavalli ci eravamo disabituati a tanta umanità! I B&B in Upper Drumcondra Rd sono al lato opposto della città: comodi per l’aeroporto, ma scomodi per chi arriva da sud. Posiamo i bagagli e scendiamo in centro col bus: ricordate di salire sul bus con le monete contate o acquistare un biglietto nei negozietti vicino alle fermate! I bus sono molto graziosi, a due piani, e ovviamente coloratissimi. Mentre ci avviciniamo al centro, dall’alto della nostra postazione ammiriamo le sculture che pubblicizzano la (sacra) birra Guinness applicate in alto, sui palazzi. Rimane fisso l’appuntamento per la cena, il resto è libero, ognuno va dove vuole. Alla sera incontriamo un “amico di mailing list” di Laura che ci farà compagnia tutta la sera, portandoci a cena da Bewley’s e poi in un pub dalle parti di Merchant Quay dove suonano Irish music tutte le sere. Anche qui Maria Grazia dà prova dei suoi multitalenti esibendosi in una danza in coppia con l‘amico di Laura ! Giornata libera a Dublino, dopo aver trovato un’altra sistemazione per la notte: in questo week-end c’è un’importante partita di Hurling ed era tutto prenotato. Tornati in centro, visitiamo il Book of Kells al Trinity College. Nel 1592 Elisabetta I d’Inghilterra decise di fondare un’università per civilizzare gli irlandesi ed allontanarli dall’influenza dei papi. La Hold Library, edificata tra 1712 e il 1733 inaugurò le grandi costruzioni nel XIII secolo. La biblioteca contiene opere miniate del medioevo (i quattro libri sacri, tra cui il Book of Kells, appunto)oltre a migliaia di altri volumi di tutte le epoche. Non è possibile fare foto all’interno per cui non ho con me grandi ricordi cartacei di questa bellissima visita, ma nella mia mente sono impresse a fuoco le copertine di libri di favole edite da Morris nella metà dell’800, assolutamente spettacolari! Dopo la visita al College ci dividiamo in gruppetti ed ognuno vede quello che preferisce con i suoi tempi. Divertentissima la visita alla Guinness Brewery, ovvero la fabbrica della birra Guinness, con tutti i manifesti e i vari temi pubblicitari della bevanda. Nel IV secolo, narra la leggenda, san Colombano introdusse la birra nei numerosi centri monastici europei. Oggi l’Irlanda è il trentesimo produttore mondiale di birra e il quinto consumatore, soprattutto di birre locali. La più consumata, ovviamente, è la Guinness. La Guinness Brewery potrebbe somigliare a Dysneyland a causa degli animali scolpiti e disegnati ovunque. Il testimonial della Guinness è un tucano, in compagnia di struzzi, orsi e foche. Molto bello è anche il Dublin Castle, con le rovine vichinghe nei sotterranei. Alla Christ Church c’è Dublinia, una mostra dedicata alla storia della Dublino medievale: le scenografie sono come ad un luna-park, con sculture a grandezza naturale ed effetti visivi e sonori, un parco giochi per grandi, insomma! Cena libera, ma di fatto tutti insieme… ci si divide per il ritorno e nonostante qualcuno si attardi per la saturday night life di Dublino, tutti tornano sani all’ovile. Quest’ultima frase è sicuramente calcata, ma Dublino non è una città tranquilla e ci sono dei “buttafuori” all’ingresso di ogni locale appena dopo le 18.30. In più l’alcoolismo è molto diffuso tra i giovani, ce ne sono in ogni angolo, seduti per terra ed annebbiati, un vero peccato. Tuttavia la città è vivissima, anche qui ci sono molti artisti di strada e addirittura dei veri e propri giocolieri che lanciano in aria torce infuocate o sputano fuoco. Se vi capitasse di andare a Dublino, portatevi un paio di scarpe “da città”: uno di noi non è potuto entrare al “Temple Bar” perché aveva le scarpe da ginnastica…. Il 20 Agosto è l’ultimo giorno di questa bella vacanza e io non ho voglia di ripartire: c’è ancora così tanto da vedere! Fotografatissime le porte di Russborrough House, un edificio la cui facciata è lunga 240 m., che fu progettata da Richard Cassels e ultimata da F. Bindon nel 1750. In realtà proprio tutto il quartiere è caratterizzato dalle porte colorate, con batacchi in ottone dalle forme stravaganti, la cui arteria principale è uno stradone lungo e largo su cui affaccia la “House”. Ci siamo sbizzarriti in foto di gruppo e soliste, con o senza persone su questo soggetto così divertente. E poi questa strada è importante perché gli U2 ci hanno girato il video di “The sweetest thing” ! Abbiamo l’aereo alle 16:00 e una volta preparati i bagagli siamo liberi fino alle 13:00.Chi torna in centro, chi va a visitare il Phoenix Park. Le visite a monumenti, chiese o musei nei giorni festivi sono un po’ difficoltose: gli orari sono ridotti, in genere al primo pomeriggio, e nelle chiese ci sono le funzioni domenicali, per cui…merita passeggiare per le vie senza meta o in qualche parco. Alle 13:30 ca. Siamo pronti a partire per l’aeroporto: prima facciamo benzina per consegnare le auto coi serbatoi pieni, poi le restituiamo alla Alamo dove le avevamo ritirate (arrivando da Dublino sulla N1 si segue per gli arrivi internazionali e rimane sulla sinistra in corrispondenza di una girotonda). Gli extra-driver e le assicurazioni aggiuntive vengono addebitate sulle varie carte di credito (i cui possessori erano già stati precedentemente rimborsati dalle casse), il prezzo della benzina viene scalato. Al check-in le addette fanno un po’ di confusione e vorrebbero mandare tutti i bagagli a Milano, per fortuna si riesce a correggerle, o almeno così crediamo. Allo scalo di Francoforte ci dividiamo: fazzoletto alla mano e lacrimuccia improvvisata facciamo una scena madre al dividerci da Claudio, Marina e Mario che devono prendere l’aereo per Milano. Al rientro a Roma qualcuno si accorge che il proprio bagaglio ha preferito proseguire la vacanza ed è costretto a ritornare all’aeroporto il giorno seguente. Un viaggio bellissimo, un’esperienza che ripeterò quanto prima! Un saluto a tutti i partecipanti (in ordine rigorosamente sparso): Mena e Maria Grazia di Tagliacozzo (AQ), le due maestrine senza la penna rossa; Guido di Roma, lo spiaggione, un falso tranquillo da tenere sott’occhio; gli Sposini Claudio e Marina di Thiene (VC) e le loro macchine fotografiche; Paoletta pecurella di Roma e le sue urla; Nelson, alias Mario, di Reggio Emilia, quando guida lui sembra di essere ad un rally !; Luca di Roma, che non sarebbe male come capogruppo; Antonio di Roma, un autentico signore dall’ottimo inglese: sa anche le barzellette d’oltremanica!; le cuginette Claudia e Pamela, di Terni, e la loro telecamera; Rosa la geologa e i suoi amici Butch+Marina e Ivan, in tutto 4 romani matti; Laura la capogruppa, sempre in movimento per assicurarci vitto e alloggio e alla quale devo questo resoconto di viaggio e infine io, Francesca, ultima dei romani, le mie due macchine fotografiche malfunzionanti e i rullini che mi sono persa. Al prossimo viaggio, ciao !