La ruta del vino de altura
Dopo tanto tempo tornavo nella città di mia moglie. Dicembre è l’estate australe, e nonstante fosse già notte il caldo si faceva sentire. Niente a che vedere con l’estate piovosa di La Paz.
Il departamento di Tarija si trova nel sud della Bolivia, ad un’altitudine compresa tra i 3.416 metri di Tajzara, nell’estemo ovest del dipartimento, ai 380 metri della pianura chaqueña, con una temperatura media di 13 ºC nella puna, 20 ºC nelle valli e 30 ºC nel Chaco. Politicamente è divisa in 6 province: Cercado (Tarija); Méndez (San Lorenzo); Aniceto Arce (Bermejo); Gran Chaco (Villamontes); Áviles (Yunchara); O’Connor (Entre Ríos).
Tarija, la capitale del dipartimento, è stata fondada il 4 luglio 1574 dal capitano Luis de Fuentes y Vargas, in una valle situata a 1.854 metri sulle rive del Río Guadalquivir. Il suo paesaggio arido e l’omonimia col famoso fiume andaluso l’hanno resa nota come la Andalucía boliviana. I suoi abitanti, chiamati chapacos, discendono in parte da antiche famiglie europee emigrate qui secoli addietro, ed hanno più contatti e relazioni con l’Argentina che col resto del paese. Non è raro imbattersi nelle stradine del centro storico con personaggi vestiti come gauchos argentini, provenienti dalle province orientali.
Tutto ciò contribuisce al reclamo per l’autonomia da La Paz. Tarija rappresenta la punta meridionale della mezzaluna, costituita dai dipartimenti di Pando, Beni e Santa Cruz. La mezza luna ha cominciato una campagna per independizzarsi dalla zona altiplanica, totalmente differente per storia, geografia, usi e costumi. Ed ovviamente per composizione etnica. La mezza luna fonda tutta la sua politica sul rifiuto della cultura indigena e sul sistema capitalistico dell’economia, che il MAS di Evo Morales sta osteggiando a favore di un socialismo di Stato simile al sistema venezuelano.
Le alte temperature del giorno portavano a cercare rifugio sotto le palme da dattero delle Piazze Sucre e Luis de Fuente y Vargas. Gruppi di giovani sfaccendati per via delle vacanze natalizie affollavano i bar all’aperto, si radunavano attorno alle gigantesche jeep status simbol dei ceti alti ad ascoltare musica a tutto volume o giravano duecento volte attorno alla piazza su auto scappottate. Sembrava di trovarsi in Svezia più che in sudamerica. Chiome bionde ed occhi chiari si vedevano un po’ ovunque, e l’accento era ben diverso a quello di La Paz. Sui muri di adobes delle vecchie case del centro numerosi slogan alimentavano la protesta contro il governo di Evo Morales, el indio. Nel Parco Bolívar, dietro alla statua del Libertador si elevano 5 aste di bandiera, una per ognuno dei cinque paesi bolivariani. La base di quella del Venezuela era stata distrutta. Altro evidente segno del rifiuto a Morales ed ai suoi alleati, come Chávez.
Nel centro storico, nelle innumerevoli viuzze a scacchiera tipiche dell’architettura ispainca, si aprono numerose bodegas di vino e singani, un distillato di uva simile alla grappa ma meno forte, perché elaborato con uva bianca moscatel de Alejandría. Le case più famose sono Aranjuéz, Campos de Solana, Casa Real, Kohlberg, La Concepción e Magnus.
Sono vini prodotti da vigneti situati tra i 1.800 e i 2.300 metri e per questo hanno caratteristiche peculiari, dovute alla maggiore radiazione solare e alla maggior differenza termica assicurata dal clima d’altura. A questo bisogna aggiungere il fatto che hanno un grado alcolico moderato e possono pertanto essere consumati sia durante i pasti che nei momenti di relax, “in modo controllato e consapevole”. I vini boliviani hanno anche una pagina web, www.Vinosdealtura.Com, che promuove sia i prodotti che la regione vinicola di Tarija. Qui si legge che “l’uva è arrivata in Bolivia nel 1500, attraverso il Perù. I primi vigneti furono piantati a Mizque, nella regione di Cochabamba e poi si estesero fino a Chuquisaca (Sucre). Nel 1606 i religiosi gesuiti e agustiniani piantarono i primi vigneti nel dipartimento di Tarija. La prima industrializzazione della vite nel Paese ebbe luogo a Camargo, nel dipartimento di Chuquisaca, con la fabbricazione del singani. I primi vini furono elaborati a Mizque, sede arcivescovile durante la colonizzazione, e usati per le celebrazioni cattoliche. Negli anni 70 del XX secolo è iniziata l’industrializzazione del vino, con l’industria installata nel dipartimento di Tarija, inizialmente con vino comune rosso e bianco. Nell’ultimo decennio sono stati fatti importanti investimenti per portare nel Paese le migliori qualità di uva, cosa che permette oggi di produrre varietà di vino rosso come Cabernet Sauvignon, Malbec, Barbera e Merlot e di vino bianco come Riesling, Franc Colombard e Chardonnay”. La pagina web nota come Tarija fosse fuori da ogni possibile previsione per la produzione del vino: le varietà di viti che coltiva si trovano in genere alle latitudini comprese tra i 30 e 50° dell’emisfero nord, mentre la regione boliviana è tra i 21 e 23° dell’emisfero sud e in più i suoi vigneti si trovano tra i 1.600 e i 2.400 metri sul livello del mare. Eppure queste caratteristiche, che avrebbero potuto impedire la produzione, sono diventati i punti di forza che il progetto di lancio dei vini boliviani d’altura vuole esaltare. Attualmente il settore vinicolo è la seconda voce più importante nell’economia di Tarija, immediatamente dopo il gas, essendo in grado di creare nuovi posti di lavoro e di qualità: nella regione ci sono 2000 produttori vinicoli, che danno lavoro in modo diretto a oltre 20mila persone. Un giorno, in una stradina del centro, mia moglie si scambia uno sguardo con un giovane alto e biondo. Entrambi si guardano, un po’ sorpresi. A Tarija tutti si conoscono e molti sono imparentati tra di loro. Si riconoscono. Erano compagni di corso alle superiori. Nientemeno che Eric Kohlberg, dell’omonima casa vinicola. Non si vedevano da 21 anni. Ci invita a visitare i suoi vigneti a Santa Ana.
E’ un miliardario. Gira tranquillo per strada. Se vivesse in Colombia dovrebbe avere almeno 4 scorte armate.
Santa Ana si trova a sud est di Tarija. Lasciata la strada principale per Bermejo, prendiamo una stradina selciata che inizia a snodarsi tra filari di vite, terrazzamenti, casette ed un osservatorio astronomico costruito da un’impresa russa. Il clima è arido, le colline circostanti sono punteggiate da arbusti e le valli erose dai letti di numerose quebradas che si riempiono solo in inverno. La stradina prosegue verso le proprietà di Aranjuéz e gira a destra verso le proprietà dei Kohlberg, terminando davanti alla splendida casa coloniale.
In questa zona il turismo è ancora incipiente. Però si sta cercando di promuovere il turismo enogastronomico ed abbinarlo a prodotti come il prosciutto tarijeño ed il formaggio di capra. L’idea è far conoscere questi prodotti tutto l’anno e non solo durante la festa della vendemmia di marzo, che si svolge nel Valle de Concepción, a 36 km al sud di Tarija, nel municipio di Uriondo.
E’ stata creata la ruta del vino y singani de altura, che comprende tre municipi: San Lorenzo, Tarija e Uriondo. Ed una ruta ampliada, un progetto binazionale che va dal Valle del Cinti (Chuquisaca), paasando per Tarija fino alla regione nord di Cafayate (Salta) in Argentina.
Prima di tornare a La Paz ci fermiamo in una bodega di Casa Real per comprare due bottiglie di singani etichetta nera: il migliore. Prezzo: 43 boliviani a bottiglia = 4,43 euro. La Bolivia è economicissima.