Istanbul: notizie pratiche
Essendo il nostro primo viaggio senza auto & tenda, ci siamo rivolti ad un’agenzia per il volo e l’hotel. Siamo partiti da Malpensa con voli diretti di Alitalia il 7 gennaio alle 13.10 e ritornati il 10 atterrando alle 19.55; con le 3 notti in albergo (bed & breakfast) abbiamo pagato in due 880 euro.
All’arrivo all’aeroporto di Atatürk abbiamo seguito, stando dentro l’aeroporto stesso, le frecce per il Light Metro (delle M blu e rosse, poste uscendo dagli arrivi a destra – www.Istanbul-ulasim.Com.Tr). Scesi al piano inferiore con le scale mobili, si prosegue per un largo sotterraneo alla fine del quale, sulla sinistra, c’è l’ingresso al metrò. Al nostro arrivo (atterrati alle 16.55) gli sportelli delle biglietterie erano chiusi, ma presso le macchinette automatiche c’era il personale che aiutava a comperare i gettoni (Jetons). Ad ogni fermata dei mezzi pubblici abbiamo notato che è sempre presente almeno un addetto.
Ogni gettone costa 1 Lira Turca e dà diritto ad un viaggio; quindi, dovendo prendere anche il tramway ne abbiamo comperati 2 a testa. E’ possibile acquistare anche l’Akbil, una sorta di abbonamento, ma tenete presente che i luoghi principali di Istanbul sono tutti molto vicini; noi l’abbiamo girata sempre a piedi ed i mezzi li abbiamo utilizzati solo da e per l’aeroporto.
Essendo il capolinea, non ci si può sbagliare circa la direzione da prendere. Con questo metrò, che fatte salve le prime 2-3 fermate corre poi sempre in superficie, siamo arrivati fino alla fermata di Zeytinburnu (sia in metro che in tram un annuncio ed un pannello luminoso comunicano il nome della fermata; inoltre sopra le porte c’è la piantina con le fermate).
Scesi dal metro sulla destra, si utilizza il secondo gettone per passare i tornelli e sulla medesima banchina, a sinistra, prendere il tram 38 che va verso il centro della città. Anche qui: essendo il capolinea non ci si sbaglia. Il nostro albergo era a Sultanahmet, siamo scesi a questa fermata. In totale il viaggio è durato circa 45-50 minuti; i mezzi sono frequenti, veloci, puliti e in ordine, la gente cordiale e gli stessi abitanti sconsigliano l’uso del taxi (i taxisti tendono ad imbrogliare, ci hanno detto).
Un altro motivo per scegliere i mezzi pubblici anche ritornando in aeroporto è che pochi turisti li utilizzano. Essendoci un ingresso riservato per chi vi arriva in metro la coda per il primo controllo di sicurezza è veramente veloce.
L’hotel scelto era il Fehmi Bey (www.Fehmibey.Com), posizionato in maniera strategica a fianco dell’Ippodromo, quindi in piena Sultanahmet. Noi abbiamo fatto fatica a trovarlo un po’ perché spesso i nomi delle strade agli incroci non ci sono ed un po’ perché sembra essere l’unico albergo al mondo che non ha un’insegna luminosa …
Comunque una volta scesi dal tram in Sultanahmet, bisogna proseguire di qualche metro in avanti, entrare nei giardinetti e scendere le scale a fianco della fontana, quindi proseguire tenendo alla propria sinistra l’Ippodromo e la Moschea Blu. Arrivati alla fine dell’Ippodromo, prendere la via a destra: pochi metri e sulla sinistra c’è l’albergo.
La nostra camera era d’angolo, spaziosa, con due grandi finestre, con un bel bagno anche lui grande e con una bella finestra. La notte la via sottostante era molto silenziosa; una nota di colore: la mattina alle 5 eravamo svegliati dal muezzin … Giusto per ricordarci dov’eravamo! La colazione era servita sul terrazzo e si poteva scegliere la vista: il Bosforo o la Moschea Blu. Un bel modo di iniziare la giornata! Se come me siete abituati ad una partenza “dolce”, forse soffrirete un po’: a parte le marmellate non c’era nient’altro (come biscotti, panini dolci o brioche). Si può sfogare invece chi ama da subito ingurgitare formaggi, olive, affettati ecc.
Il personale in genere non parla inglese, quindi risulta un po’ in difficoltà e nemmeno particolarmente simpatico, ma non abbiamo avuto problemi di sorta.
Camminare per le strade di Istanbul è un’esperienza spesso faticosa. Molti marciapiedi sono mal messi: non solo stretti e pieni di buche o con le piastrelle che si muovono, ma le scale che portano ai negozi posti al di sotto del livello stradale non hanno protezione. Quindi si rischia di cadere in queste vere e proprie trappole. Poi ogni negoziante, ristoratore o venditore ambulante vi avvicinerà per invitarvi a considerare la sua merce; per non parlare dei taxi che continuamente ti suonano o fanno i fari essendo a caccia di clienti. Nessuno è troppo insistente o maleducato (anzi, molti sono proprio simpatici!) ma alla lunga, messi tutti insieme, non se ne può più …
Ma ci si può sempre rilassare facendo un po’ di “pet therapy”: le strade sono piene di gatti sani, belli, panciuti e disponibili a farsi accarezzare. Oppure entrando in una delle tante, belle pasticcerie.
Prima di partire avevamo trovato il nome di un ristorante che ci ispirava; essendo a qualche centinaio di metri dall’hotel, abbiamo deciso di dirigerci lì per la prima sera. Ci siamo tornati anche le altre due … Sto parlando di Amedros (www.Amedroscafe.Com); si trova vicino alla fermata del tram di Sultanahmet, dall’altra parte della strada rispetto all’Ippodromo, in un vicolo di fronte a Mc Donald. Prima di questo ci sono altri due ristoranti, quindi è il terzo sulla sinistra, ma lo si vede subito; basta dribblare i “buttadentro” dei precedenti due …
La prima sera abbiamo scelto il Testi Kebab (per 2 persone): buono e scenografico, con il cameriere che prima incendia e poi rompe il testo (contenitore) davanti a voi; poi ci siamo lanciati anche su altre specialità. Hanno il menù in italiano, quindi si può capire che cosa si sta ordinando. I camerieri non sono solo gentili e spiritosi, ma parlano tutti inglese, uno di loro anche un po’ di italiano (se vi augura buona digestione è merito nostro: gliel’ha insegnato mio marito); e sono pure bellocci! Uno stuzzichino iniziale e il digestivo sono offerti dalla casa; i loro piatti tradizionali sono a portata unica e c’è da saziarsi a volontà. Considerando anche birra e a volte il dolce, la spesa si aggira sui 50 euro in due …
L’ambientazione è gradevole anche se moderna e occidentale; pur essendo ai primi di gennaio abbiamo sempre cenato all’esterno quindi l’interno l’abbiamo solo intravisto.
Se andate al ponte di Galata non potete rinunciare a farvi un panino con il pesce, seduti sugli sgabellini in mezzo agli abitanti del posto e qualche turista: mettete da parte le fisime igieniche, tanto è pesce cotto! Se poi osservate i banchetti dall’alto, potrete notare l’amore di questa gente per il bello. Tra un cliente e l’altro si fermano per disporre la mercanzia formando disegni e decorazioni.
Stessa cosa si dica per i venditori di caldarroste: ognuno crea le sue opere con le castagne cotte.
A proposito: in giro per Istanbul non si muore certo di fame o sete. Le vie sono piene di carretti che vendono pannocchie lesse o alla griglia, caldarroste, tè caldo, spremute di arance o melograni (e che melograni! Succosi come arance). Tutto per poche lire.
Tutti i ristoranti espongono prezzi e menù; alcune trattorie / self service hanno in vetrina anche i vassoi con i cibi. In questi locali meno pretenziosi si può fare un buon pasto anche con 5-7 euro a testa. L’unica difficoltà può essere rappresentata sempre dai buttadentro che non ti lasciano fermare a guardare in pace … Basta imparare a ignorarli.
Per quanto riguarda i soldi: tutti accettano gli euro e comunque sia l’aeroporto che la città sono pieni di bancomat. Attenzione alle Lire turche: stanno cambiando sia le banconote che le monete ed a volte i negozianti non accettano quelle più vecchie (però prendono gli euro …).
Nei 3 giorni che siamo rimasti abbiamo visto quel che crediamo essere l’essenziale. Non abbiamo fatto la gita sul Bosforo in battello (che ci hanno detto meritare) perché quel giorno il tempo sembrava volgere al brutto.
Per quel che riguarda le moschee, ricordate che dovrete togliere le scarpe (nella Moschea Blu vi danno un sacchetto e potete tenerle con voi o appoggiarle sugli appositi scaffali posti all’ingresso dentro la moschea) e che le donne devono avere la testa coperta. All’ingresso di quelle più grandi ci sono sempre a disposizione dei veli, ma forse è meglio partire attrezzate. Per quanto riguarda le moschee più piccole, tenete presente che già sul tappeto posto davanti all’ingresso non potete passare con le scarpe (che lascerete fuori o, meglio, sugli scaffali all’interno). Comunque l’accoglienza da parte dei locali è sempre cordiale e disponibile; sono loro stessi a farvi segno di entrare.
Un’altra cosa da tenere in considerazione per la visita delle moschee è che si visitano molto in fretta, non potendo per religione riprodurre figure umane: le decorazioni geometriche, per quanto bellissime, si colgono praticamente a colpo d’occhio. Probabilmente una guida avrà diverse cose da raccontarvi, ma non certo come quando entriamo in una chiesa cristiana con tutte le sue statue e quadri.
Oltre alla Moschea Blu (Sultanahmet Camii, visita obbligata) siamo entrati in Kϋșuk Aya Sofia, l’ex chiesa dei Santi Sergio e Bacco (da non confondere con la più famosa e grande Aya Sofia), e in Sakollu Mehemet Pașa Camii. Molto vicine tra loro, sono tra l’Ippodromo e il mare.
La prima colpisce per la luminosità e la raffinatezza delle decorazioni. Intorno all’edificio, all’interno del muro di cinta, c’è un piccolo ed affollato cimitero, ricco di steli col turbante.
La seconda invece all’interno è decorata completamente di piastrelle stupende e conserva anche 4 frammenti della Pietra Nera della Mecca. Dove? Ve lo spiegherà l’imam che, con vero spirito imprenditoriale, vi impedirà di fare fotografie (normalmente permesse nelle altre moschee) per vendervi per 5 euro quelle molto belle fatte da lui. Non parla inglese, bensì un buon tedesco aiutandosi con 4 parole fondamentali di italiano. All’esterno l’anziano padre dirige il traffico dei turisti (in turco) e scaccia i gatti che tentano di intrufolarsi nell’edificio per dormire sui morbidi tappeti.
Da non perdere: il Topkapi con i suoi gioielli da favola; la Cisterna Basilica, emozionante; il Gran Bazar, divertente e caotico; il Bazar Egiziano: speziato; i Musei Archeologici: per tornare bambini studiando i babilonesi.
E, naturalmente, perdersi per i vicoli per meglio conoscere la vera Istanbul …