Indimenticabile Rajasthan
A marzo ho cominciato a gironzolare su internet, cercando agenzie locali e contatti vari, anche perchè non amo i viaggi intruppati con bandierina e poi l’organizzare un viaggio fa parte del piacere del viaggio stesso e grazie anche ai forum di Turisti per Caso, ho trovato 2 o 3 agenzie alle quali mi sono rivolta per un preventivo.
Siamo stati a Delhi, Jaipur , BIkaner, Jodhpur, Jaisalmer, Puschkar, Jodhpur, Ranakpur, Udaipur, Fathepur Sikri e Agra.
Non voglio però parlare della meraviglia e dell’imponenza dei forti rajput, della magnificenza delle residenze dei maharajà, del fascino notturno della città fortificata di Jaisalmer, la città più bella del mondo, della suggestione dei templi jainisti di marmo bianco e di quelli induisti cesellati in mille immagini e colori.
E’ inutile anche descrivere il fascino struggente e romantico del Taj Mahal che ti lascia ogni volta senza fiato e quasi con le lacrime agli occhi.
Preferisco ricordare i colori dei sari delle signore indiane che riescono ad essere regali ed aggraziate anche mentre puliscono una discarica, degli odori , mai sgradevoli, di cui l’India è impregnata , che sono di volta in volta incenso, curry, gelsomino, odore di sabbia, di umanità, di spezie, di fiori, di cibo.
E ancora i colori, il rosso dei forti, il bianco dei marmi , l’oro e le pietre preziose delle sale regali,il dorato delle grate dalle quali centinaia di favorite sbirciavano la vita, le ceste di frutta esposte al mercato, i tessuti, le stoffe , gli arazzi dispiegati davanti a noi con orgoglio e noncuranza , nei quali ci siamo perse io e la mia amica comprando anche più del necessario per la meraviglia di quegli oggetti che non si potevano trascurare.
E il sorriso costante delle persone, gentili, cordiali ,pazienti mentre cercano un sari di un verde ” particolare ” per me o un copriletto blu ma di un blu ” particolare ” per la mia amica e le giovani commesse che si affollano intorno a noi cercando, vanamente, di spiegarci come si indossa un sari.
E i rumori o meglio i suoni dell’India, i clacson dei risciò, carichi di donne e bambini, delle motorette con l’intera famiglia appollaiata sopra, dei conducenti di elefanti e cammelli che dirigono il loro animale, i canti e la musica assordante ma coinvolgente dei riti induisti.
Un viaggio a ritroso nel tempo dove basta chiudere gli occhi per immaginare ua sanguinosa battaglia conclusa con il sacrificio di tutte le donne della corte reale immolatesi per onore in un’immensa pira e le cui impronte rosse decorano ancora le pareti del forte di Jaisalmer. O per immaginare le notti dorate nei palazzi ( dove spesso abbiamo soggiornato ) con le favorite che ballano nude nelle fontane, o nei templi dove basta lasciarsi andare per un attimo e ritrovarsi a dondolare al suono dei sitar e dei tamburi.
Dove spesso ci si ritrova a tu per tu con una vacca che ti viene incontro lentamente conscia della sua sacralità ed alla quale cedi il passo senza nemmeno accorgertene perchè ti sembra quasi normale.
Non sarei mai andata a dormire, se pur stremata dalla stanchezza, perchè l’India non dorme mai e di notte assume contorni magici come non mai, E’ un India dove la miseria è di casa, dove gli occhi dei bambini a piedi nudi e pieni di polvere ti straziano il cuore e cerchi di dar loro tutto quello che hai addosso, dove nulla è garantito, nè la vecchiaia nè la maternità, dove spesso ti ritrovi a pensare, a riflettere e a chiederti tante cose.
Io consiglio di andarci almeno una volta nella vita, per tutto quello di stupendo, di vivo, di duro che c’è da assaporare. Se qualcuno vorrà informazioni di carattere pratico-tecnico sarò ben felice di darne.