Stage in India

VIAGGIO A DELHI 10 settembre – 23 dicembre13 settembre Sono arrivata a New Delhi da due giorni. Ho l’impressione di essere su un’altra dimensione. Arrivata all’aeroporto un bambino sporco e con i piedi nella pioggia si offre di portarmi le valigie, in cambio di soldi. L’autista mette le mie valigie in macchina e partiamo per...
Scritto da: Chiara4
stage in india
Partenza il: 10/09/2009
Ritorno il: 23/12/2009
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
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VIAGGIO A DELHI 10 settembre – 23 dicembre

13 settembre Sono arrivata a New Delhi da due giorni. Ho l’impressione di essere su un’altra dimensione. Arrivata all’aeroporto un bambino sporco e con i piedi nella pioggia si offre di portarmi le valigie, in cambio di soldi. L’autista mette le mie valigie in macchina e partiamo per l’appartamento.

Da subito mi rendo conto che sono tanto lontana da casa: le strade tutte sporche e rotte, un sacco di auto e altri mezzi vari per strada che superano a destra e sinistra, senza molto criterio. I bus hanno le finestre senza vetri (per indicare la svolta mettono fuori un braccio dal finestrino!), ci sono dei piccoli mezzi gialli e verdi – i “moto-ricsciò” – in cui si può entrare in tre e dove si rischia di essere affumicati dallo smog. Arrivo al mio quartiere e al mio appartamento. Poi mi dicono che mi trovo nel quartiere della classe media indiana, ma a giudicare dalle strade ho l’impressione che il livello di vita e d’igiene non è certo pari a quello della classe media europea. L’appartamento mi sembra sporco, all’inizio non ho il coraggio di tirare fuori niente dalla valigia e di appoggiare niente perterra. Le coinquiline mi accolgono bene. Sono carine e disponibili, rispondono a tutte le mie domande ma sento che sarà dura abituarsi. E soprattutto non so se troverò il coraggio di essere autonoma e cavarmela da sola.

Sabato vedo le prime mucche per la strada. A Delhi le stanno cacciando pian piano per liberare le strade ma ne restano ancora un po’. La sera andiamo nella Old Delhi, la parte vecchia della città, e qui la povertà è davvero esagerata: un sacco di gente sporca a piedi nudi per strada, un sacco di animali, le case super decadenti, le tendopoli… Proprio la miseria totale. Durante il tragitto ho visto due elefanti guidati da due indiani per la strada! Oggi abbiamo avuto una giornata molto intensa. Messa alle 9: i cristiani a Delhi sono pochi, ma ho l’impressione che abbiano conservato molta più spiritualità che in occidente. Si mettono in ginocchio tutti, tutti cantano, al segno della pace non danno la mano ma si inchinano congiungendo le mani, e alla fine della messa restano ancora a pregare. Uscite dalla chiesa un gruppo di 5 o 6 bambini ci corre incontro per chiederci soldi. Una tiene in braccio un bambino più piccolo e ci dice di aver bisogno di aiuto per lui. Mi fa male vedere questi bambini, ma so che dare soldi non li aiuterà e che poi si batterebbero tra di loro per il denaro.

In seguito cambiamo completamente scenario. Andiamo nella zona sud di Delhi, il quartiere dei borghesi e mi accorgo subito che qui la gente sta meglio: le case sono più belle, le strade sono tenute meglio. Una volta entrati nel centro commerciale ho l’impressione di tornare quasi in Occidente. Poi grazie a un contatto delle mie coinquiline andiamo a una sfilata di moda: gli occidentali qui sono adorati, tutti ti guardano per la strada, ti aprono le porte, sono gentili con te… Solo per la nostra origine possiamo accedere allo spazio VIP dove ci servono da bere e dove possiamo assistere alle interviste degli attori di Bollywood, l’industria cinematografica di Mumbai, che corrisponde alla Hollywood occidentale. Gli invitati sono quasi tutti europei, ma il personale che ci serve è indiano, sempre pronto a scattare al minimo nostro cenno.

Dopo la sfilata andiamo all’Emporio Hall, un centro commerciale lussuoso, dove si trovano solo marche di grande lusso. Anche i bagni sono incredibili, tutto è in marmo, tutto è elegante e curato nei minimi dettagli.

Tornando a casa la sera penso che c’è un divario enorme fra i vari quartieri della città, dalla miseria più nera al lusso più sfrenato. L’India: il paese dai contrasti enormi.

15 settembre Dopo un weekend difficile, comincio a stare meglio. Dovrò abituarmi a tutto, al cibo, alle persone, alla cultura, allo sporco, al mio povero appartamento… Per la prima volta ho preso un ricsciò da sola per andare a fare delle foto tessere in un negozio poco distante da casa nostra. Intimorita dalla paura di perdermi e dal mio inglese non sufficiente, decido comunque di andare: da una parte non ho molta scelta, e dall’altra devo aprirmi di più se voglio davvero scoprire questa città. Non è stato niente di difficile, ma tornando a casa ero contenta di aver fatto questa prima cosa da sola.

La sera, invitate da Ravi, l’amico delle mie coinquiline, andiamo a una serata nel quartiere più benestante, a sud della città. Ritrovo ancora la stessa ammirazione che gli indiani hanno per gli europei: ti guardano, ti aprono la porta, il fotografo non smette un attimo di farci delle foto… Appena ci sediamo ci portano da mangiare e da bere, e ovviamente non dobbiamo pagare nulla… Poi colpo di scena della serata, incontro un gruppo di italiani che sono qui per una specie di erasmus e studiano economia a Delhi. Mi sembra incredibile e mi fa piacere. Comicio a stare meglio e a vedere le cose con più ottimismo.

20 settembre L’altra sera tornando dalla cena con dei clienti italiani, io e il mio capo ci siamo fermati in un tempio sikh, una religione a mezza strada fra l’induismo e l’islam. Il tempio era davvero bello, tutto bianco. Prima di entrare bisogna togliersi le scarpe come in tutti i templi indiani. All’ingresso, c’è una specie di bacino d’acqua: bisognerebbe passarci per pulirsi i piedi prima di entrare, è un segno di purificazione, ma non mi sono sentita di farlo per una questione d’igiene. Più avanti danno anche dei foulard per coprirsi la testa. Abbiamo assistito a una cerimonia, l’atmosfera era pervasa da una grande spiritualità, tutti pregavano assieme.

02 ottobre Questo paese continua a soprendermi ogni giorno. Piccoli dettagli ogni giorno. Le moto con sopra 4 o 5 persone fra cui bambini molto piccoli, camion pieni di gente ammassata che non si muove, non dice niente e ti guarda, la gente che ti fissa in continuazione per strada, nei ristoranti, nei negozi.. Solo perchè hai la pelle bianca. Inoltre gli indiani farebbero di tutto per uscire o frequentare una persona occidentale.

Lo scorso weekend è stato un po’ difficile. Domenica Fanny, Servane e io siamo andate a visitare i templi di Chattarpur. Era una festa religiosa per gli induisti e tutte le donne e ragazze indiane avevano messo il loro sari più bello. I templi erano pieni di gente e c’era una file interminabile all’entrata. C’era un sacco di gente dappertutto, come accade spesso a Delhi. Credo che noi fossimo le uniche europee e molte persone ci fissavano. Poi per ripararci dal caldo soffocante ci siamo rifugiate all’aria climatizzata del City Walk, il centro commerciale dove andiamo spesso.

Il giorno dopo intossicazione alimentare, forse a causa di un’insalata, che aggiunta al ratto nero che abbiamo trovato in casa, non mi ha fatto passare un bel weekend. Le condizioni di igiene qui sono lontani anni luce dalle nostre, pare che nel nostro quartiere sia normale avere dei topi in casa.. Ma io non riesco ad abituarmi anche a questo.

Dopo questa settimana difficile, fra le tensioni in ufficio, il caldo in appartamento, le notti a metà insonni, il topo e l’intossicazione alimentare io e le mie coinquiline siamo esauste. Mi chiedo se riuscirò a resistere cosi’ fino a dicembre.. Ancora 2 mesi e mezzo.

Per fortuna, in casa noi 4 ci troviamo bene, gli amici con cui usciamo sono simpatici e molto gentili, l’interesse per la scoperta di una nuova cultura è comunque molto forte… E tutto questo, insieme a qualche messaggio da casa, fa superare i momenti più difficili.

04 ottobre Oggi io e le mie coinquiline siamo andate a visitare il Forte Rosso a Old Delhi, la parte vecchia delle città che si trova a nord. Il Forte è molto bello, in pietra rossa, ed è piacevole passeggiare nei giardini. Dopo 3 settimane di sole e di temperature altissime, un po’ di pioggia ha rinfrescato l’aria. Mentre siamo sedute a leggere la guida, una scolaresca di bambine in uniforme ci passa davanti e, contente di vedere delle ragazze bianche, ci sorridono e ci salutano. Altre persone indiane ci fermano per chiederci se possono fare una foto insieme a noi, quasi come delle star famose. Questa curiosità verso di noi è divertente, non come quello che ci succede dopo fuori, una volta uscite dal Forte. Comincia a piovere e cerchiamo un ricsciò per andare a mangiare in un ristorante. Le strade sono sporche, rotte e piene di fango.. E abbiamo la brutta idea di attraversare il mercato proprio fuori dal Forte. Attiriamo l’attenzione di tutti come sempre, ma questa volta ci seguono senza fermarsi. Anche se ci spostiamo, abbiamo sempre un gruppo di 20 indiani che continua a seguirci e a circondarci. Fra la gente e la pioggia, facciamo fatica a fermare un ricsciò per poter andarcene. Poi cominciano a metterci le mani addosso: non capisco se questo accade perchè pensano di poterlo fare con delle ragazze che non sono indiane, ma si divertono a metterci le mani sul sedere e il seno più volte. Forse sembravamo un po’ perse, a causa della pioggia, e perchè non conoscevamo l’indirizzo del ristorante.. Ma pian piano ci troviamo completamente circondate da un gruppo sempre più grande di indiani che ci seguono. Alla fine, riusciamo finalmente a trovare un ricsciò, ma anche dopo che ci siamo sedute alcuni ragazzi indiani continuano a venire da noi e metterci le mani addosso, finchè disperate e inzuppate dalla pioggia non urliamo all’autista del ricsciò di partire veloce.

Arriviamo al ristorante di Cannaught Place, la piazza centrale della città, ancora in parte sconvolte da quello che ci è appena successo. Dopo il pranzo, facciamo un giro per la piazza e noto che anche in questa zona, che dovrebbe essere più ricca e benestante, le tracce della miseria si vedono ovunque. Strade e marciapiedi rotti, sporicizia, bambini per terra che ti chiedono soldi e continuano a seguirti e a toccarti sulle braccia per avere un aiuto. Sappiamo che non bisogna mai dare soldi ai bambini, perchè spesso non sono per loro ma per il loro “capo branco”.. O perchè i genitori li incoraggerebbero a mendicare ancora di più (dato che i nostri 5€ non equivalgono proprio alle loro 5 rupie!), e questo ci obbliga ad essere quasi cattive con loro, fino a respingerli in malo modo. Non riusciamo mai a fermarci tranquille 2 minuti, perchè c’è sempre qualcuno che viene da te.. O un indiano curioso che vuole parlare, o qualcuno che ti vuole trovare un ricsciò o vendere qualcosa, o un bambino o un mendicante che chiede soldi.. Esauste decidiamo di rientrare a casa.

Una giornata del genere mi avrebbe abbattuto fino a poco tempo fa.. Ma stranamente, anche se un po’ sconvolta, non mi sento a terra.. Forse è la curiosità verso questo nuovo paese, forse la voglia di mettermi alla prova, forse l’abitudine che ho acquisito a scoprire posti e gente nuova.. Non lo so. Certo è che dopo 3 settimane dal mio arrivo, mi accorgo che la vita non è semplice qui, malgrado il fatto che noi, in quanto europee, siamo davvero delle privilegiate in India.

13 ottobre Questa settimana sono rimasta sola al lavoro. Le mie colleghe hanno lasciato lo stage e si sono trasferite. Fanny è ancora qui in appartamento con me, ma tornerà in Francia la prossima settimana. L’ambiente a lavoro e a casa è meno piacevole.

Tuttavia ho passato un bel weekend che mi ha lasciato delle belle sensazioni: sabato ho conosciuto Rajan e ho passato davvero una bella giornata. Dopo aver bevuto un caffè, siamo andati in un bel parco, il Lodhi Garden, dove passeggiare in mezzo al verde è stato proprio piacevole. In seguito mi ha mostrato il palazzo presidenziale e il Parlamento, degli edifici molto belli ed eleganti, di fronte all’India Gate. La sera siamo andati poi a bere un aperitivo e poi a cena: abbiamo parlato molto, nonostante avessi paura del mio inglese, prima di incontrarlo. Rajan mi ha spiegato che la gente di Delhi ha un fondo cattivo: la città ha vissuto molte immigrazioni e c’è un insieme di vari popoli diversi. Da quest’anno Delhi si sta preparando ai giochi del Commonwealth del 2010: lavori dappertutto, la metro nuova e meno mucche per le strade,… Ma se la mentalità non cambia e la gente continua ad essere maleducata, i giochi non cambieranno la città, mi spiega Rajan.

Poi gli ho raccontato la mia avventura al Forte Rosso, e mi ha spiegato che con l’indipendenza dell’India, diverse donne bianche (sopratutto provenienti dagli stati dell’ex Unione Sovietica) sono venute in India per la prostituzione. Inoltre tutti i film porno qui in India sono interpretati da attori bianchi… Questo spiega l’immagine che gli indiani non istruiti possono avere a volte della donna bianca.

E’ stato davvero un bell’incontro: un incontro con un uomo di 45 anni, ma con il quale sono entrata subito in sintonia.. E l’intesa e lo scambio che ci sono stati mi hanno davvero scaldato il cuore.

Stasera ci siamo trovate tutte e 4 a Defence Colony, il quartiere dove Céline e Servane sono andate ad abitare: durante la strada in rickshaw io e Fanny ci raccontavamo le assurdità di questa città. Durante tutto il tragitto, siamo “spiate” dalle persone delle macchine vicine: chi si gira e ci fissa senza il minimo pudore, chi comincia a fare acrobazie strane con le moto per attirare l’attenzione, chi gira lo spiecchietto retrovisore per osservarci meglio,… Ad ogni incrocio, i rickshaw, i taxi e le auto vengono prese “d’assalto” dai mendicanti che ti vengono incontro, ti toccano, ti mostrano i segni della loro miseria. Noi siamo impaurite dalle malattie, perchè non esitano a toccarti anche se sono ricoperti di sangue… E questo ci obbliga ad essere cattive, a mandare via la gente disperata in malo modo. Ma se solo scorgono uno sguardo di pietà nei tuoi occhi, non smetteranno più di chiederti denaro.

A Delhi ho dovuto abituarmi a non guardare troppo le persone per la strada, soprattutto se mi trovo da sola o con sole ragazze bianche: la donna indiana non guarda negli occhi l’uomo, abbassa la testa… Quindi se lo facessimo, attireremo ancora di più l’attenzione, e saremo prese di mira da gente che ti chiede soldi, che ti vuole vendere qualcosa, o che ti vuole parlare solo perchè sei bianco.

Questo weekend io e Fanny stiamo progettando di andare a Jaipur. Affitteremo una macchina con autista e passeremo il sabato e la domenica fuori Delhi.

25 ottobre Lo scorso weekend sono andata a Jaipur, la città rosa. E’ la capitale del Rajasthan e tutti i suoi palazzi ed edifici sono rosa. Finalmente ho visto i colori per cui l’India è tanto famosa. Sono andata con Fanny e abbiamo visitato tutti i posti più importanti: il Jantar Mantar (l’osservatorio astronomico), il City Palace, i mercati della città che è conosciuta per i suoi tessuti e i suoi gioielli (i “chak”, dei braccialetti in resina)… E il giorno dopo siamo andate all’Amber Fort, una fortezza sulla quale siamo salite a dorso d’elefante. Questi poveri animali sono sfruttati molto a causa dei turisti come noi, ma la salita come i Maharaja dell’epoca è stata simpatica. A Jaipur ho visto tante specie di animali per la strada, scimmie, maiali, mucche, capre, elefanti, cammelli… I cavalli che passavano non mi facevano quasi più effetto dopo.

Come in tutte le città indiane ci sono un sacco di cose che ci colpiscono e ci sorprendono… Come a Delhi attiriamo sempre l’attenzione per il colore della nostra pelle e perchè siamo turiste, ma rispetto a Delhi mi sentivo più tranquilla. Durante il weekend, c’era il Diwali, la festa religiosa induistia più importante: assomiglia molto al nostro Natale, tutti mettono le luci fuori dalle case, fanno scoppiare i fuochi d’artificio, si fanno tanti regali.. C’era veramente l’atmosfera del Natale, ad eccezione del clima perchè in questo periodo in India fa ancora caldo. Sabato sera rientriamo in albergo, un palazzo un po’ antico molto bello, e il giardino era tutto decorato per la festa.. L’atmosfera era davvero bella e abbiamo potuto assistere a un piccolo spettacolo di marionette (che a Jaipur sono molte conosciute e sono fatte artigianalmente).

Domenica sera io e Fanny non avevamo proprio voglia di tornare a Delih, la città “grigia” come l’abbiamo battezzata.

Ormai è un mese e mezzo che sono arrivata in India e comincio a stare bene. Tutto quello che mi spavenatava all’inizio, ora comincia a farmi sorridere. La gente che ti fissa, i bambini che sono contenti solo se una donna bianca li saluta, tutte le piccole cose “assurde” che ti sorprendono ogni giorno in questo paese. Inoltre comincio a conoscere più gente e a farmi qualche amico. La cultura indiana è affascinante: ci sono tante cose che non capisco fino in fondo, o che non riuscirei ad accettare personalmente, ma è bellissimo scoprire una cultura così ricca.

Il sistema delle caste, ad esempio, che è ancora presente ma molto più flessibile di un tempo: i preti, i guerrieri, i commercianti e gli intoccabili. All’origine questa divisione è stata creata in relazione ai mestieri delle persone: per l’economia della casa era meglio se un uomo si sposasse con una donna che era stata formata per lo stesso mestiere. Generalmente l’appartenenza a una casta è stabilita dal nome di famiglia, e non sempre la casta corrisponde alla posizione sociale ed economica. Ad una festa in un hotel ho conosciuto un ragazzo, Magan che mi spiegava che il suo autista appartiene ad una casta superiore alla sua: in caso di matrimonio fra le due famiglie, sarebbe la famiglia del suo autista ad avere il diritto di rifiutare.

Un’altra tradizione molto conosciuta dell’India sono i matrimoni arrangiati: Ravi, il ragazzo con cui usciamo spesso, riceve spesso le foto e le informazioni di alcune donne che i suoi genitori scelgono per lui. Il suo stile di vita è molto occidentale e non credo che si sposerebbe in questo modo, ma finora è riuscito a “scusarsi” con la famiglia, perchè secondo l’astrologia che qui è molto importante, non ha mai avuto un parere favorevole sull’unione con una di queste donne.

I genitori di Magan fanno parte di quelle poche eccezioni di coppie che si sono innamorate e sono andate contro la volontà dei genitori. Magan mi spiegava che i suoi genitori hanno rifiutato il matrimonio arrangiato, e che per i loro tempi (circa gli anni 70) era davvero strano e rivoluzionario. Ormai molti indiani conducono un tipo di vita occidentale e assomigliano molto ai ragazzi che vivono in Europa o in Occidente, ma la cultura famigliare e il rispetto delle tradizioni resta ancora molto importante.

Il padre di Magan è un sikh, della religione che come dicevo ha fra i suoi principi l’abolizione delle caste. A Jaipur abbiamo sentito una guida che spiegava che i sikh sono considerati come gli uomini più intelligenti dell’India. Questo è dovuto al fatto che spesso sono quelli che riescono meglio nella loro vita e che raggiungono delle posizioni sociali e professionali più elevate.

31 ottobre L’altra sera sono stata invitata da Rajan, l’amico di Amalor che ho conosciuto a Marsiglia, ad una serata dove lui avrebbe dovuto suonare. La serata si svolgeva all’Oberoi Hotel, una catena di alberghi di lusso. Mi sono vestita in modo elegante, ma non mi sarei mai aspettata una serata di tale livello. Solo quando sono arrivata, ho saputo che era una serata organizzata per raccogliere fondi a favore di una fondazione, e che l’invitata d’onore era la moglie di Tony Blair. Tutte le persone erano vestite in modo molto elegante, le donne portavano dei sari e dei gioielli di lusso estremo. Mi sentivo molto a disagio, e ho pensato che in Italia non mi sarebbe mai successo di essere invitata ad una serata simile. All’inizio l’idea mi ha divertito ed è stato interessante, ma poi sono stata contenta quando Rajan ha deciso di non suonare e siamo andati via.

Oggi ho visitato il Akshardham Temple, il tempio indù più grande dell’India, che si trova abbastanza vicino al quartiere dove vivo e lavoro, Patparganj. Sono andata con Punam, la ragazza indiana più giovane che lavora all’agenzia di viaggi. Purtroppo non ho potuto entrare, perchè era chiuso, ma anche da fuori era bellissimo e davvero maestoso. Se si vuole entrare, quasi tutti gli oggetti personali sono vietati: borse, cellulare, macchina fotografica,… Motivo per cui non ho potuto fare nessuna foto purtroppo. Le decorazioni del tempio erano meravigliose, e ovviamente completamente diverse da quelle che posso trovare in Occidente (ad esempio, tutto il perimetro del tempio rappresentava in basso degli elefanti…)

12 novembre Questo weekend sono stata ad Agra, ed ho visto una delle meraviglie del mondo… Appena lo vedi capisci il perchè! E’ stato emozionante essere di fronte ad un capolavoro così bello, tutto in marmo bianco, un monumento costruito per amore. L’imperatore dell’epoca lo fece costruire per amore di sua moglie, morta durante il parto dei uno dei suoi figli. All’interno del mausoleo, perfettamente simmetrico come tutto il complesso, si trova la tomba di lei sull’asse di simmetria. E alla sinistra la tomba dell’imperatore.

Sono andata ad Agra con alcuni clienti dell’agenzia, 3 coppie che hanno comprato un viaggio extra lusso: all’inizio ero un po’ intimorita perchè questi clienti avevano l’aria molto esigente. Pian piano però abbiamo cominciato a parlare, e devo dire che il weekend è stato piacevole.

Siamo partiti in auto e li ho accompagnati al loro hotel, l’Oberoi Amar Vilas, uno degli alberghi di lusso più belli. Da lì, l’autista e il corrispondente locale della nostra agenzia, mi accompagnano alla mia modesta ma calorosa guest house. Conosco il proprietario che è molto gentile e parla più lingue: mi mette a disposizione un rickshaw per 2 ore per permettermi di girare un po’ Agra. Anche in questo mio giro incontro i luoghi comuni che mi accompagnano sempre in questo viaggio: indiani curiosi che mi fissano, persone che fanno di tutto per vendermi i loro prodotti, i mercati caotici e non proprio “puliti”, gli odori del cibo, gli animali per strada (ma molto meno che a Jaipur). In seguito rientro all’hotel e vado a cena: solo cibo indiano vegetariano, in compagnia degli altri turisti europei della guest house.

Quasi tutti gli indiani che ho conosciuto hanno un senso dell’ospitalità incredibile: il proprietario della guest house non vuole farmi pagare per la cena, perchè sa che sono “un’amica” di Bobby. E tutti quelli dell’équipe locale sono stati a completa disposizione per tutto il weekend, mi hanno accompagnato ovunque, e si sono assicurati in ogni momento che stessi bene e che potessi fare quello che desideravo. In Europa non sono mai stata trattata così: il servizio va ben oltre quello che il turista acquista.

Il giorno di dopo mi sono svegliata alle 5 per poter vedere il Taj Mahal all’alba, e come dicevo è stato uno spettacolo straordinario. In seguito abbiamo fatto le altre visite: il Forte Rosso di Agra, dove l’imperatore del Taj Mahal ha passato gli ultimi anni della sua vita in prigione, rinchiuso dal figlio per storie di potere e eredità. L’ultima tappa è stata un centor dove abbiamo assistito a una dimostrazione della lavorazione del marmo con cui è stato costruito il Taj Mahal: un lavoro difficilissimo, di estrema precisione, che rovina le mani degli artisti.

Da questo negozio ho lasciato i clienti, sono andata a pranzo e il rappresentante locale mi ha accompagnato in stazione per prendere il mio treno. La stazione di Agra è stato un altro shock: molto sporca, un sacco di mosche dappertutto (ho pensato che la mia mammina non avrebbe resistito più di 5 minuti!!), e molta miseria… Tanta gente per terra, quelli più fortunati che mangiavano con le mani, molti bambini e persone a piedi nudi, un odore davvero poco piacevole… Ho visto anche un uomo steso per terra, con i genitali completamente scoperti: non credo stesse molto bene, mi sono chiesta se respirasse ancora, e tutta la gente che passava e non faceva niente. Ero contenta di non essere sola, e non vedevo l’ora arrivasse il mio treno per tornare a casa. Una volta salita sul treno ho trovato un’altra sorpresa, come capita quasi ogni giorno in questo paese: i posti erano delle cuccette, ma gli “scompartimenti” erano separati da semplici tende. Nonostante il treno fosse di giorno, c’era molta gente distesa che dormiva. Avendo prenotato il mio posto non ho avuto problemi e ho potuto fare il mio viaggio tranquilla. Ho avuto la fortuna di incontrare un ragazzo indiano gentile nel mio scompartimento, che mi ha indicato quando scendere, mi ha accompagnata fuori dalla stazione per prendere un rickshaw, e ha trattato con il conducente sul prezzo, per evitare che mi facesse pagare troppo, come fanno sempre con le ragazze bianche.

Ho pensato di avere una fortuna incredibile: la scoperta di un mondo così interessante, di una tradizione e di un’arte completamente diversa da quella a cui siamo abituati in Occidente, e non per questo meno ricca, interessante, o di minor valore. Finora ho avuto anche la fortuna di incontrare persone gentili, che pian piano dopo le mie paure iniziali, mi hanno aiutato ad aprire gli occhi sempre di più, a essere meno sulla difensiva e a farmi apprezzare la mia esperienza qui.

Ieri sera sono andata a un ricevimento di matrimonio di un amico di Magan: qui le feste per i matrimoni durano una settimana, le decorazioni sono incredibili, molto colorate, ma forse un po’ meno “moderne” delle nostre. All’inizio mi sentivo un po’ a disagio, perchè ero l’unica ragazza ad essere vestita all’occidentale: tutte le donne portavano sari o punjabi, i gioielli tradizionali indiani (bracciali, anelli, gioielli per i piedi,…). Poi ho avuto l’occasione di ascoltare la loro musica tipica, e la musica del Punjabi, una regione a nord di Delhi, caratterizzata da un ritmo e una batteria più decisa. Le persone poi danzavano secondo la tradizione indiana, ed è stato bello osservarli anche se mi tenevo ben lontana dalla pista da ballo, per evitare che mi trascinassero nelle danze. E’ stato interessante vedere una festa di matrimonio, inoltre ero accompagnata da ragazzi indiani… Anche se forse erano un po’ meno abituati a frequentare persone occidentali rispetto a quelli che frequento abitualmente.

29 Novembre Questo paese comincia davvero a piacermi e a coinvolgermi completamente. Non voglio pensare che fra meno di un mese dovrò andarmene: ogni giorno è una nuova sorpresa e ci sono talmente tante cose da scoprire che vorrei rimanere di più.

Lo scorso weekend ho fatto un giro in macchina con Caroline e altri 3 amici: siamo andati a Corbett viaggiando di notte. Corbett è un parco nazionale, uno dei pochi dove è possibile vedere le tigri. La vegetazione pian piano durante la strada cambiava e, una volta arrivati, avevamo proprio l’impressione di essere in una specie di giungla.

Da Corbett ci siamo diretti a Nainital: questo viaggio mi ha permesso di vedere la campagna profonda dell’Uttar Pradesh, una delle regioni più povere dell’India, e lo si vedeva bene dalle case, dalla gente per strada, dalle condizione delle strade. Quando siamo arrivati a Nainital è stato bellissimo: è una cittadina attorno a un lago a quasi 2000 metri di altitudine. Il paesaggio era stupendo e la cittadina piuttosto pulita per essere in India.

I viaggi in macchina sono stati lunghi e faticosi, soprattutto a causa della condizione delle strade: ma viaggiare in auto permette di osservare le persone e i villaggi attorno. Ogni tanto ho l’impressione di vedere un film dell’Italia degli anni ’50: tutte le cose e i lavori sono fatti con mezzi poco comodi e antiquati, si vedono persone fare i vecchi mestieri come una volta (ad esempio, il parrucchiere in mezzo alla strada con uno specchio e una lametta per rasare). O ancora gente che accende piccoli fuochi per strada per scaldarsi, o che trascina pesi con carretti improvvisati o sulla testa,… E’ sicuramente interessante da vedere, ma poi penso alle condizioni di vita di queste persone e provo della pena: questo spiega anche perchè le persone sembrano più vecchie delle loro reale età, dato che queste condizioni di vita difficili fanno invecchiare più rapidamente.

Venerdì è stata una serata interessante: sono andata a cena con dei clienti italiani dell’agenzia e durante le strada abbiamo trovato un traffico pazzesco come capita spesso a Delhi. La gente quando è bloccata così nel traffico si inventa dei percorsi alternativi o delle scorciatoie incredibili che da noi sarebbero assolutamente vietate. Diverse persone, fra cui il mio autista, hanno cominciato a correre su una specie di marciapiede che c’era sulla sinistra e che permetteva di andare più velocemente. Ma ovviamente le condizioni delle strade non sono sempre buone, e alla fine ho visto un piccolo camioncino che, per poter passare su questo marciapiede, si era completamente bloccata e ingolfato su un cumulo di sabbia. E questo cumulo lo teneva sollevato quasi dal suolo: lui era davvero in una brutta situazione, ma devo ammettere che lo spettacolo ci ha fatto sorridere.

Più tardi nella serata siamo andate a una festa di matrimonio (in questo periodo ce ne sono tantissimi!): a differenza che da noi, qui nei matrimoni accolgono anche invitati “incrustati” e hanno sempre un senso dell’ospitalità eccezionale. Tutte le donne in sari erano bellissime, la sala colorata con bei colori, e il dee-jay alternava musica occidentale (molto Micheal Jackson, forse a causa delle morte recente) e musica indiana. E’ bello vederli ballare: ballano tutti, uomini e donne, e si lanciano completamente nelle danze. Celine e io ci siamo divertite ad andare sulla pista e tentare qualche passo sulla musica indiana.

Ieri notte è arrivata la nuova stagista, Stéphanie e oggi abbiamo fatto qualche visita di Delhi con macchina e autista a disposizione, un vero lusso. Abbiamo cominciato con un giro nella Old Delhi dove abbiamo visitato una moschea e fatto un giro in rickshaw: ci ha portato nelle stradine più strette e nascoste di Delhi dove ci sono un sacco di negozietti piccolissimi e un sacco di piccoli bazar. Poi siamo andate nella parte nuova della città, all’India Gate, il palazzo presidenziale che avevo già visto con Rajan e il Birla Temple: questo tempio è bellissimo, super colorato e con delle architetture affascinanti. La giornata è stata piacevole, e mi fa piacere avere un po’ di compagnia in appartamento ora.

14 dicembre Questo weekend sono andata a Varanasi, la città del Gange e dell’induismo per eccellenza. Io e Stéphanie siamo partite venerdì sera in treno, terza classe. All’inizio avevo un po’ paura per il nostro weekend perchè venerdì non stavo bene: appena salita sul treno ho mangiato qualcosa e mi sono stesa sulla cuccetta per riposare. Ovviamente dormire era impossibile: la gente in India parla sempre ad alta voce (e poi dicono di noi italiani??!) e i “camerieri” del treno passano ogni 2 minuti per chiedere, o meglio gridare, se vuoi del chai. Io e Stéphanie ci siamo messe a ridere per isterismo dopo un po’ perchè continuavano a chiederci ogni 2 minuti se volvevamo del chai.

La mattina arriviamo a Varanasi (stranamente in anticipo!) e chiamo Vinod, l’autista che Servane e Celine avevano incontrato durante il loro viaggio. Ci viene a prendere subito e ci porta a fare colazione: da subito, Vinod mi è sembrato una persona speciale che avrebbe reso il nostro soggiorno a Varanasi magico.

In seguito andiamo all’hotel e ci prepariamo per le visite. Prima tappa Surnath, un luogo a qualche km da Varanasi, dove abbiamo visitato un museo archelogico e una serie di rovine. Il luogo era molto bello e faceva piuttosto caldo, molto di più che a Delhi. Poi Vinod ci ha fatto il primo regalo: ci ha portato in un tempio buddista, poco conosciuto dai circuiti turistici, il Vejer Vidhay temple, coloratissimo e bellissimo.

Dopo il pranzo in un hotel del centro molto piacevole, continuiamo le visite: Varanasi è conosciuta molto anche per la fabbricazione della seta. Vinod ci ha mostrato tutte le tappe della preparazione della seta, e i vari laboratori dove gli indiani la lavorano: ho preso qualche foto, perchè ancora una volta ho notato le loro condizioni di lavoro che mi sembrano lontane anni luce dalle nostre.

Dopo questo giro, Vinod ci ha lasciato e io e Stéphanie ci siamo avventurate per le stradine della città vecchia. Ci è sembrato di essere in un altro mondo: tutti cercano di fermarti e di venderti qualsiasi cosa. Un sacco di colori e di odori (più o meno piacevoli) e un sacco di persone per le stradine. Inoltre questo è il periodo dei matrimoni: le “processioni” di persone dietro al cavallo dello sposo sono ovunque e bloccano sempre il passaggio e il traffico.

Per tornare all’hotel fermiamo un rickshaw che non conosce benissimo il tragitto: un sacco di persone ci seguono per “aiutarci” a trovare la strada, nella speranza di avere qualche rupia in cambio. Le bianche come sempre attirano l’attenzione da molto lontano.

Verso le 6, andiamo ad assistere alla Puja, la cerimonia di offerte al Gange della sera: la musica risuona ovunque, e un sacco di persone si raccolgono attorno alla cerimonia per pregare. Sui ghats ci sono 6 cerimonieri che fanno la cerimonia e ripetono gesti e riti di una tradizione antichissima. Per noi occidentali è una cerimonia incredibile, ma per gli indiani si ripete ogni sera.

Dopo un aperitivo sulla terrazza dell’hotel, ci prepariamo ad uscire per raggiungere Vinod che ci ha invitato al matrimonio di un suo amico. Il matrimonio è lontano e pensiamo di andare in moto-rickshaw, ma non ne troviamo: un ciclo rickshaw si ferma e insiste per portarci all’hotel. Il percorso è lungo, e spesso in salita, al punto che ci sentiamo quasi in colpa di fargli fare tanta fatica per sole 50 rupie e vogliamo quasi scendere durante la salita per pesare meno. Ma lui si gira e chi chiede i nostri nomi con un gran sorriso: il suo sguardo mi tocca, lui fa il suo lavoro, non si lamenta, forse contento di aver trovato un lavoro un po’ più lungo che gli permette di guadagnare un po’ di più. Prima di andare alla cerimonia, conosciamo alcuni suoi amici con i quali parliamo un po’: mi rendo conto che la nostra presenza li rende felici. Non escono molto spesso e la compagnia di due ragazze bianche li fa piacere. Discutiamo di amore e matrimoni “arrangiati”, di come spesso non possono seguire il loro vero amore, perchè devono accontentare la famiglia e sposarsi con la donna che i genitori scelgono per loro.

Più tardi andiamo al matrimonio: lo sposo arriva su un cavallo tutto decorato, per raggiungere la sposa che è già all’interno. Le decorazioni sono bellissime e molto colorate. Siamo le uniche ragazze bianche, ma come sempre siamo accolte a braccia aperte e con dei bellissimi sorrisi. Quando lo sposo e la sposa si raggiungono nella sala, si scambiano una collana di fiori per diventare marito e moglie, e poi restano seduti per ricevere le congratulazioni degli invitati. Ma è solo lo sposo che parla e saluta gli ospiti: la donna, vestita di rosso e con un sacco di gioielli resta seduta a accanto, la testa bassa senza guardare nessuno negli occhi. Poi rientriamo all’hotel, riaccompagnate da Vinod: io e Stéphanie siamo molto stanche, ma contente di esserci motivate per vedere un altro piccolo spettacolo dell’India.

Il giorno dopo, sveglia alle 545 per andare sui ghats e trovare una barca a buon prezzo per assistere ai bagni del mattino: all’alba, gli indiani fanno il bagno nell’acqua del Gange, il fiume sacro. L’acqua del Gange è talmente preziosa per loro che fanno tutto: prendono il bagno (con tanto di sapone!), fanno il bucato, fanno le cremazioni e gettano le ceneri dei morti nel fiume. Durante il nostro giro in barco, assistiamo anche a una cremazione: leggiamo nella guida che per rispetto dobbiamo evitare di fare delle foto. L’atmosfera è bellissima, e i colori dell’alba rendono ancora più speciale questo momento.

Torniamo all’hotel e dopo due buone orette di sonno, ritroviamo Vinod per continuare le visite: ci rechiamo all’università indù che con le sue 54 facoltà è riconosciuta come la migliore in Asia. Il fondatore si chiamava Mahamana Madan Mohan Malaviya. Vinod ci spiega che, ottenuto il permesso per fondare questa università dovette delimitare il terreno sul quale costruirla in uno strano modo: avrebbe camminato per 24 ore di tempo, e la superificie che sarebbe riuscito a percorrere sarebbe stata concessa per l’università. Decise di non disegnare un cerchio, ma, per ottenere più terreno, compose un semicerchio e il suo diametro, riuscendo così ad avere una superficie maggiore. Vinod, il nostro autista, parla davvero bene inglese e non si limita ad accompagnarci con la macchina: riesce a mostrarci cose particolari e, anche se non conosce la storia come una guida, ci spiega bene quello che visitiamo e i suoi racconti sono sempre molto appassionanti.

Ci racconta che qualche mese prima ha avuto un incidente dal quale è rimasto miracolosamente in vita: da quel giorno sente ancora di più di dover compiere delle buone azioni perchè la sua vita è stata risparmiata e ogni buona azione, ci spiega, torna sempre indietro e viene ripagata.

All’università visitiamo il New Visawaasnath Temple, bianco e rosa e notiamo che all’entrata c’è una campana che tutti gli indù suonano quando entrano: Vinod ci spiega che bisogna farlo per rispetto, come quando andiamo a casa di qualcuno e suoniamo alla porta, aspettando che venga ad aprirci.

Dopo l’università, facciamo la visita di qualche tempio: il Monkey Temple, ovviamente pieno di scimmie, il Durga Temple (uno piccolo e rosso) e per finire il Motherindia Temple, dove una carta dell’India è scolpita nel marmo e rappresenta tutti i livelli delle montagne e dei mari.

Dopo le visite dei templi, Vinod ci spiega ancora altre curiosità della cultura indiana: il colore rosso è il colore portafortuna per il matrimonio, mentre l’arancione con il quale le donne si disegnano una linea sul capo è il simbolo della longevità del marito e del matrimonio. Più la linea è lunga, più il marito vivrà: è il colore associato al dio del tempio delle scimmie, perchè la leggenda racconta che per vivere più a lungo volle riempirsi totalemente di arancione.

Dopo le visite ci rechiamo a un hotel per riposarci e aspettare il treno: non ho davvero voglia di partire, il weekend è stato bellissimo e la compagnia di Vinod che resta con noi è davvero piacevole. Parliamo di tante cose: è un ragazzo della mia età che ha cominciato a lavorare su un rickshaw a 14 anni e ora ha due auto con le quali fa l’autista. Il suo sogno è di fare la sua piccola impresa con più auto e dirigere qualche autista: vuole guadagnare un po’ di più solo per farsi una casa tutta sua dove poter accogliere la sua futura famiglia, questo è il suo sogno più grande. E’ un ragazzo davvero in gamba, e la sua sincerità, il suo senso d’ospitalità, la sua gentilezza, la voglia che ha di dare una bella immagine del suo paese e di aprire il suo cuore ai turisti che incotra mi tocca in profondità.

Orgoglioso ci mostra il suo quaderno dove chiede a tutti i turisti di lasciare qualche parola e ci chiede di fare la stessa cosa: ovviamente accettiamo volentieri. Ci chiede di scrivere nella nostra lingua: chiederà al prossimo turista italiano e francese di tradurre le nostre parole.

Varanasi mi è davvero entrata nel cuore, forse più delle altre città che ho visitato: l’atmosfera è magica, molto spirituale e affascinante, ma abbiamo anche avuto la fortuna di trovare in Vinod una persona che ci ha fatto sentire delle principesse e che ci ha svelato la sua città nel migliore dei modi.

Ho trovato in lui delle qualità che nella nostra cultura possono sembrare strane, ma che sono stupende: l’entusiasmo per quello che fa, il pensiero che ogni azione buona tornerà sempre indietro, le sue soddisfazioni quotidiane malgrado le sue condizioni di vita non facilissime (ci dice ad esempio di non avere l’acqua calda per farsi la doccia). Una delle sue frasi che mi colpisce di più: a volte l’uomo è felice e a volte è triste, e deve provare i due sentimenti per apprezzare davvero la felicità. E quando una persona fa qualcosa per essere felice e riesce ad esserlo anche per pochi istanti, questi momenti lo rendono più forte e coraggioso, e gli danno la forza per affrontare il lavoro e le difficoltà quotidiane. Penso che per noi occidentali può essere facile pensare in questo modo: ma mi colpisce come un ragazzo con un lavoro modesto, di 25 anni, che ha perso i genitori da piccolo, e che vive in condizioni più difficili, possa avere la forza e l’intelligenza di ragionare in questo modo.

Ormai non mancano che 10 giorni al mio ritorno in Italia e l’India è un paese così ricco e affascinante che lo lascerò a malincuore, soprattutto dopo questo weekend eccezionale.

23 dicembre Eccomi arrivata al giorno del ritorno in Italia: sono in aeroporto e sto aspettando il mio aereo. Ho tanti pensieri per la testa, ed è difficile esprimere quello che provo ora. Anche gli ultimi giorni in India sono stati eccezionali, pieni di sorprese fino all’ultimo giorno. Le ultime giornate sono state molto intense: il lavoro, e poi ogni serata fuori per cercare di approfittare al massimo dei miei ultimi momenti a Delhi.

Abbiamo organizzato una serata di partenza, io, Caroline e Servane: abbiamo avuto un po’ di avventure, ma alla fine abbiamo passato una bella serata anche se un po’ nostalgica. Sono triste di partire: la mia esperienza qui è stata fantastica, ho conosciuto tante belle persone, e ho scoperto una cultura ricchissima e straordinaria. Per la prima volta non ho voglia di Natale: da quando sono piccola lo aspetto sempre con molta eccitazione, ma quest’anno è diverso… Forse perchè so che non potrò tornare in India molto presto. In aeroporto sento solo musiche di Natale, e per la prima volta mi danno un po’ di tristezza, mentre di solito mi mettono allegria. Lo so che non è bello dire questo, ma è quello che provo ora che sto per prendere il mio aereo.

Sono però contenta di ritrovare la mia famiglia: non vedo l’ora di renderli partecipi di tutto quello che ho vissuto qui, perchè è bello condividere la felicità con le persone più care al mondo.

Ora mi dirigo verso il gate di imbarco… E do il mio ultimo “arrivederci” all’Incredibile India!!



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