Quel che resta del Siam

L'angoscia ha origine non nel guardare dei grassoni tedeschi che sfilano in costume su spiagge un tempo immacolate, ma deriva innanzitutto dalla nostra concezione, mutuata dai media, di come dovrebbero essere quelle stesse spiagge. È l'attesa in sé che spoglia le destinazioni a cui siamo diretti di parte della loro autenticità. [ Rolf Potts...
Scritto da: robinia
quel che resta del siam
Partenza il: 04/07/2009
Ritorno il: 28/07/2009
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
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L’angoscia ha origine non nel guardare dei grassoni tedeschi che sfilano in costume su spiagge un tempo immacolate, ma deriva innanzitutto dalla nostra concezione, mutuata dai media, di come dovrebbero essere quelle stesse spiagge. È l’attesa in sé che spoglia le destinazioni a cui siamo diretti di parte della loro autenticità.

[ Rolf Potts – “Marco Polo non ci è mai stato” ] Quel che mi è sempre piaciuto del buddhismo è la sua tolleranza, l’assenza del peccato, la mancanza di quel peso sordo che noi occidentali, invece, ci portiamo sempre dietro e che è in fondo la colla della nostra civiltà: il senso di colpa. Nei paesi buddhisti niente è mai terribilmente riprovevole, nessuno ti rinfaccia mai qualcosa, nessuno ti fa mai una predica o cerca di darti una lezione. Per questo sono paesi piacevolissimi e fanno sentire a loro agio tanti giovani viaggiatori occidentali, in cerca appunto di libertà.

[ Tiziano Terzani – “Un indovino mi disse” ] Quanto a me, credo ancora nel Paradiso, ma ho capito che non è un posto dove andare: lo senti dentro, quando per la prima volta senti di far parte di qualcosa di unico… E quando lo trovi, quel momento… Dura per sempre [ “The Beach” ] “In Thailandia,” riprese Robert, “tutti possono avere quello che vogliono, e tutti possono averlo al meglio.” [ Michel Houellebecq – “Piattaforma” ] I MOTIVI DI UNA DONNA NON SONO BELLI DA VERIFICARE Avevi scelto la Thailandia come destinazione del tuo viaggio di luglio per una ragione molto terra terra: la Emirates proponeva biglietti aerei da Roma a Bangkok con scalo a Dubai a soli 400 euro. Senza indugiare un attimo avevi acquistato il volo su Internet e solo più tardi ti eri ricordata che anche nel dicembre 2002 avevi prenotato un viaggio in quelle lande esotiche, ma poi non c’eri andata più. Infine, per dare un senso alla frittata ormai fatta, ti eri aggrappata ad altri convincenti motivi: il Paese dei sorrisi, le spiagge da sogno, il romanzo di Houellebecq che tanto ti era piaciuto…

Eccoti quindi all’aeroporto di Dubai, ora locale le ventitré e trenta e una lunga notte da trascorrere lì (diciamolo che questo era uno dei motivi dell’infimo prezzo dei voli). Il problema dell’aeroporto di Dubai è che c’è un’unica smoking lounge minuscola dove l’aria è irrespirabile e la gente che aspira ad entrarci troppa. L’alternativa è fumare in un bar o ristorante dove sei obbligato ad acquistare una consumazione molto esosa, da pagare possibilmente con carta di credito in modo da non ricevere inutile moneta degli Emirati Arabi come resto. Per farla breve sei entrata verso mezzanotte in un Irish Pub e ne sei uscita alcune Guinness dopo, al sorgere del sole. Guinness gentilmente offerte dai diversi viaggiatori in transito che si sono alternati al tuo fianco durante quella lunga notte del tuo primo giorno di viaggio verso Bangkok. A questo punto devi ringraziare pubblicamente Malcolm, ingegnere scozzese, George, consulente aziendale gallese, e Justus, diplomatico kenyota di stanza ad Addis Abeba, con il quale ti sei impegnata a visitare presto il suo Paese. Inoltre grande stima al cameriere nepalese e alla cameriera filippina che facevano il turno di notte e che si sono ricordati di te quando poi sei ripassata al ritorno, più di tre settimane dopo, a bere un caffellatte.

CI CREDIAMO VIAGGIATORI, MA SIAMO TUTTI TURISTI Il tuo arrivo a Bangkok è stato praticamente identico all’arrivo di Leonardo Di Caprio nel film “The Beach”, con la differenza che nessuno ti ha offerto del sangue di serpente da bere e che nella camera accanto alla tua non c’era nessuno che faceva sesso. Anche perché al quinto piano di questa guesthouse, che è la fotocopia di quella del film, ci sono soltanto camere singole ed è espressamente vietato l’ingresso ad estranei, in particolare – si precisa – alle prostitute.

Ti sei stabilita anche tu nella Khao San Road, il ghetto degli zainisti (che ti sembra una traduzione più corretta dell’inglese “backpackers”, rispetto a saccopelisti) mondiali di passaggio a Bangkok. Per le esigenze dei viaggiatori stanchi e straniti o dei nuovi arrivati come te è un posto più addomesticato rispetto al resto della città, e infatti è uguale a tutte le località per turisti del mondo: gli internet point sono sempre affollati di giovani che parlano tramite Skype con la fidanzata o con il fratello e che scrivono su Facebook che si trovano a Bangkok, che hanno accarezzato una tigre o rischiato un incidente in pulmino, che piove sempre.

Dopo un’indispensabile doccia, il tuo primo dissennato gesto è stato toglierti le scarpe e varcare la porta di un centro massaggi per fare la conoscenza con il famoso thai massage. Un’esperienza che unisce lo stretching e la ginnastica con il massaggio propriamente detto e che ripeterai con una discreta frequenza.

Allo scadere di un’ora sotto le sapienti mani della massaggiatrice ti sei seduta a un tavolino e hai ordinato alla donna che cucinava con il wok un piatto di noodles alle verdure e pesce. Dal banco di fronte hai comprato la prima birra, la Singha (che si pronuncia “sing” e che in seguito verrà scalzata dalle tue preferenze quando assaggerai la Leo). A quell’ora gli avventori non erano tanti e dunque un neozelandese di origine turca, proprietario di un ristorante italiano ad Auckland, ha attaccato inevitabilmente bottone con te, introducendoti nelle usanze cittadine e dilungandosi nel corso delle due ore trascorse insieme sulle pietanze italiane nella cui preparazione lui eccelle. Nonostante fosse di una rara bruttezza, ci ha provato anche a chiederti di rivedervi, sottintendendo un possibile sviluppo sentimentale; è stato ovviamente fulminato dal tuo sguardo schifato.

Il primo risveglio thai è avvenuto ad un’ora così tarda che le tue aspirazioni cultural-turistiche sulla giornata non potevano essere ambiziose. È il momento per fare esperienza della solita “truffa della Lonely Planet”, diversa in ogni Paese, ma che lo stesso non riesci mai ad evitare. Qui funziona che in alcuni templi di Bangkok ti si avvicinano delle persone amichevoli e colte che ti consigliano di andare a visitare dei luoghi interessanti e meno battuti dai turisti. Inoltre ti indirizzano verso quello che loro definiscono l’ufficio del turismo per ricevere indicazioni e organizzare al meglio il viaggio. In realtà questo ufficio non è altro che un’agenzia viaggi come mille altre, che però vende pacchetti molto più costosi della norma, e da cui questi personaggi prendono una sostanziosa percentuale.

Per compiere questo stravagante tour, la donna che hai incontrato tu ti dice che basta fermare un tuc-tuc e dargli l’equivalente di un euro (con cui un normale tuc-tuc di Bangkok non ti fa fare manco un chilometro, figuriamoci un tour di tre ore con varie soste). Curiosa di conoscere i meccanismi della faccenda e comunque alle 14 del tuo primo giorno in una metropoli sconosciuta che sta covando un temporale con i controfiocchi, ti sei imbarcata sul tuc-tuc munita del foglietto thai-english accuratamente compilato dalla gentilissima signora di Chang Mai. Nel primo tempio sei incappata in un uomo che evidentemente faceva lo stesso mestiere dell’altra signora, infatti ha cercato di terrorizzarti dicendo che è pericoloso viaggiare da soli perché ogni anno ci sono innumerevoli furti, rapimenti e assassinii e quindi ti ha caldamente consigliato di rivolgerti all’ufficio turistico per prenotare un pacchetto. Quando gli hai risposto che non eri interessata, lui si è spazientito perché non volevi proprio capire e infatti – ha affermato con convinzione – gli italiani non sono un popolo molto amato dai thailandesi: le ragazze inglesi e olandesi sì che sono intelligenti e capiscono al volo il suo discorso. Alla fine con una metaforica capriola acrobatica ti ha invitata a cena, qualificandosi come professore universitario (nientedimeno). Hai rifiutato cortesemente e salutato, meditando sulle curiose abitudini locali.

Ti sei fatta comunque accompagnare all’ufficio del turismo poiché il professore ti aveva confidato che il tuc-tuc ci avrebbe spuntato qualche bath. Qui un signore distinto non ti ha dato nemmeno il tempo di parlare che ti ha proposto un pacchetto di 21 giorni in Thailandia a “soli” 800 euro (che è quanto tu hai speso in totale). Quando hai cercato di spiegargli che non era il tuo genere di vacanza, l’ex gentile impiegato si è alzato in piedi, ti ha deriso con i suoi colleghi sicuramente riferendosi al tuo status di saccopelista spiantata e urlando ti ha indicato la porta. Il giro è proseguito con la visita del Marble Temple e dello Standing Budda. Nel frattempo aveva cominciato a diluviare a secchiate e dunque hai benedetto la santa donna che in cambio di un vaffanculo da un impiegato di agenzia viaggi ladra ti ha offerto un giro al coperto del tuc-tuc per un paio di ore. Alla fine il ragazzo che guidava – che non parlava inglese se non per una serie di frasi standard che aveva scritte su un taccuino – ti ha sbarcata nei pressi della fermata del battello sul fiume Chao Praya, che poi era casualmente alle spalle della tua guesthouse.

Ti restava tempo per una bella passeggiata, con soste per mangiare uno spezzatino di pesce piccantissimo al lime e fagiolini, per comprare il primo paio di pantaloni da pescatore e per farti massaggiare. La sera hai esplorato i locali e il mercatino di Khao San Road e hai ascoltato il concerto di un chitarrista rock in compagnia di un australiano biondo coi dread e i tatuaggi, meccanico di caterpillar nella vita reale, che beveva un white russian dopo l’altro come il grande Lebowski.

Grazie a circostanze fortunate, alle dieci di mattina eri già in assetto da visitatrice determinata che sa il fatto suo, decisa a non farsi distrarre da nessuno. Sei partita alla volta delle attrazioni più famose di Bangkok: il Wat Phra Kaew con il Budda di smeraldo (che in realtà è di giada), il palazzo reale, il Wat Pho con il gigantesco Budda sdraiato e il Wat Arun, il tempio dell’alba con la torre ricamata in stile khmer, situato dall’altra parte del fiume Chao Praya e raggiungibile con il battello. I suddetti monumenti sono davvero ammirevoli, anche se un essere umano innocente dovrebbe avere il diritto di goderne senza sudare così copiosamente e senza rischiare di continuo un collasso durante quel continuo togliersi e mettersi le scarpe fuori dai luoghi sacri. Così sei tornata in Khao San con il servizio di battelli, che ti sembrava un modo molto più fresco e arioso di viaggiare rispetto a camminare sui marciapiedi roventi. Queste barche sono dette “long-tail” per la loro forma allungata che ricorda una coda e sono dotate di bigliettai capaci di distinguere a prima vista chi ha pagato e chi ancora no.

LA SPIAGGA DI UTOPIA Per il pomeriggio avevi anche tu programmato di fuggire immediatamente da Bangkok alla volta delle isole del Golfo del Siam, benché nessun tossicomane pazzo ti avesse lasciato attaccata alla porta una mappa per raggiungerle, ricamandoci sopra tutta una storia leggendaria che non sta in piedi, come succede a Di Caprio nel film. Leo decide di andarci prendendo un treno notturno diretto a Surat Thani e portandosi appresso una coppia di francesi – cosa inconcepibile nella realtà, ovviamente a meno che non sei un figo biondo che la flessuosissima e sensuale fidanzatina francese vuole scoparsi. Tu invece hai optato per una soluzione di viaggio ancora più facile e a buon mercato, che vendono in qualunque agenzia squinternata e si chiama “joint ticket” (biglietto combinato bus e traghetto). Questa usanza tipica della Thailandia consiste nel raggruppare un plotone di giovani occidentali con zaino sulle spalle, appiccicare ad ognuno un adesivo sul petto che dirà all’universo mondo dove sta andando e comandarli con dei modi piuttosto sbrigativi come se fossero dei bambini in colonia. Non è raro che le tradizioni locali prevedano anche l’addormentamento dei suddetti saccopelisti e la conseguente rapina durante la notte in bus (com’è accaduto a persone che hai conosciuto).

Durante l’attesa mattutina al porto di Surat Thani, una ragazza ceca che era in viaggio da 6 mesi – probabilmente illanguidita dalla romantica alba che avete ammirato insieme – ti ha proposto di dividere la camera con lei a Koh Phangan, ma visto che non avevi il suo stesso budget pidocchioso non hai modificato la tua destinazione e sei arrivata a Koh Samui in tarda mattina, accompagnata dai delfini che saltellavano al lato del traghetto. Il guidatore di pulmino voleva sapere a tutti i costi dove saresti andata a dormire; purtroppo, dopo la terza volta che gli hai detto di lasciarti a Lamai beach che poi te la saresti vista tu, sei stata costretta ad infrangere le note regole di civile rispetto thailandese che consigliano di non perdere mai la pazienza e non alzare la voce. La scelta della sistemazione è avvenuta dopo che ti sei bevuta una Singha al bancone e hai percepito che quel complesso di bungalow era adatto alle tue esigenze. Hai pranzato tra anziani occidentali con gli occhi a cuoricino che guardavano la loro dolcissima giovanissima compagna, hai osservato i travestiti che giocavano a pallavolo, ti sei addormentata tra le mani della massaggiatrice vicino al mare, e hai trascorso il resto del pomeriggio a ronfare.

La sera Lamai city era un mortorio, così sei andata a cena in un locale thai dove sei rimasta diverse ore con una coppia di inglesi alcolizzati e con Dan, il padrone del ristorante. Infatti poi si è scoperto che era il suo compleanno e dunque a una cert’ora sono arrivati tutti gli amici e si è mangiato e bevuto in compagnia. Jo, panettiere tedesco che vive a Bristol da 52 anni, e sua moglie Lala, matta come un cavallo, tornano ogni anno in quest’isola per cui manifestano un entusiasmo immotivato, mentre nella loro tristissima città albionica a quest’ora sono tutti chiusi in casa o al massimo in un pub dove il tenore delle battute lascia molto a desiderare. Certo che la vita quotidiana per due esseri umani che si sono sposati vestiti da Teletubbies non deve essere semplice, consideravi tra te e te all’alba mentre tornavi verso il tuo bungalow.

Al mattino la proprietaria dell’agenzia è venuta personalmente al tuo resort per accertarsi che ti prelevassero per l’escursione prenotata. Si trattava di una trentenne chiacchierona e allegra, ma con sbalzi d’umore terrificanti; il suo problema era che voleva un bambino, ma purtroppo era single e dunque cercava alacremente un boyfriend. Le andava bene anche un fidanzato straniero e infatti aveva già avuto una relazione con un italiano che l’aveva portata a Napoli e Parigi.

Il pick-up che è venuto a prenderti era già occupato da 4 italiani che parlavano incessantemente dei ristoranti dove avevano mangiato sorprendenti quantità di pesce spendendo solo 20 euro (tu per mangiare hai speso al massimo 2 euro). Quando ti hanno detto che provenivano dall’Umbria e dal Piemonte hai pensato che forse questa fissa per il pesce poteva essere giustificata. Per un’incomprensibile ragione, ti sei aggregata al loro gruppo capitanato da Enzo, un italiano residente a Koh Samui da più di quindici anni, che lavorava con un’agenzia viaggi, collaborava con la trasmissione di Licia Colò e a tempo perso faceva l’ammaestratore di cobra; dunque hai pagato solo 20 euro una gita che agli altri era costata 50 euro.

Vi siete fermati per uno snorkeling sulla “migliore barriera corallina della zona” con pesciolini “numerosissimi e non timidi”, come spiegava il dépliant, che ti bussano alla maschera. E tu non hai potuto non chiederti, se questa era la migliore, come dovevano essere le peggiori. L’isola di fronte, Koh Tan (conosciuta anche come “Koh Katen”), è invece legata ad una curiosa storia: i cani che casualmente avevano la sventura di vivere sull’isola, dopo tre giorni venivano puntualmente trovati morti; dopo numerosi studi e indagini, un qualche scienziato riuscì a capire che gli ultrasuoni emessi dai pipistrelli facevano impazzire i cani portandoli alla morte.

La seconda tappa è stata l’isola di Koh Mudsum. Avete attraccato su questa spiaggia che in effetti avrebbe tutte le caratteristiche della famosa “spiaggia” del film omonimo, la quale però, tecnicamente, secondo l’autore del libro dovrebbe essere ubicata dentro al Parco Nazionale Marino di Ang Thong (che è una gita che non hai fatto perché ci volevano un casino di ore di barca). Invece il film lo hanno girato a Maya Bay, sull’isola di Phi Phi Leh, parco nazionale situato nel Mare delle Andamane, che oltre alla spiaggiosità e al mare turchese-verde, tiene una serie di faraglioni di fronte che rendono il tutto un po’ più intimo e più morboso, in linea con le situazioni tipo “Isola dei famosi” ma più estreme che si svolgono nel film. Questa spiaggia su cui vi siete abbandonati è praticabile solo da un paio di anni perché prima l’isola era monopolizzata dai coltivatori di perle e se osavi avvicinarti ti sparavano. Qui possono, mica come in Italia che se qualcuno entra in casa tua e gli spari sei tu che vai in galera! si commentava amabilmente tra connazionali a mollo nell’acqua bollente. In questi casi di solito abbondano i confronti tra l’Italia e il Paese che in questo momento vi ospita, e in particolare qui si rifletteva sui motivi per cui un italiano di Riva del Garda da 15 anni ha rinunciato allo sci e non tocca la sua terra natia. A differenza della spiaggia del film, qui nessuno di voi ha manifestato l’intenzione di allungare a dismisura la permanenza, ma forse perché non avete scoperto maestose piantagioni di marjuana all’interno dell’isola. O forse perché non siete americani ventenni idioti come il personaggio di Di Caprio che pensa di essere un supereroe.

Al ritorno ti sei fatta mollare vicino alla roccia a forma di pisello gigante detta “grandfather”: un posto niente male con le rocce tondeggianti levigate dal mare. Quindi hai percorso a piedi Lamai Beach che a quest’ora pre-tramonto era incantevole e anche l’acqua del mare era perfetta per un bagnetto pomeridiano. Ti sei fermata in uno dei bar sulla spiaggia dove ti sei sdraiata su quei loro materassini con il cuscino triangolare e hai chiacchierato con dei genovesi che non era la prima volta che venivano in Thailandia. Il più bono dei tre aveva esordito dicendo di essere l’unico turista che in Thailandia non ha mai fatto sesso e poi si era creata una certa confidenza quando ti aveva svelato che la sua famiglia era originaria di Bari. Ciononostante, mentre sulla spiaggia si cominciava a preparare la magica atmosfera della sera (griglie, pesci e crostacei nel ghiaccio, candele, comodi sedili, lucine), i mosquitos sono arrivati a frotte e tu sei andata a riposarti nella tua casetta di legno.

La sera hai deciso di approfondire la conoscenza dei go-go bar, che la sera prima erano chiusi a causa del Budda Day, durante il quale non si beve e non si fa festa (e questa era la ragione del mortorio). Ce ne sono decine tutti vicini, c’è un bancone in legno e un paio di pali di metallo dove queste minuscole ragazzine fanno finta di essere eccitanti per questi panzoni che bevono la birra, finché una qualche ragazza gli si avvicina e chiacchierano tutta la sera, oppure continuano per la notte, oppure addirittura per una settimana o due. Durante la gita Enzo ti aveva fatto un quadretto piuttosto squallido dei rapporti uomo-donna in questo Paese, spiegandoti senza mezzi termini che gli uomini sono fondamentalmente delle merde, che si sposano con ragazze molto giovani che poi mollano senza problemi quando sono vecchie (ossia a 25-30 anni) e se ne trovano un’altra. In quel caso la legge thailandese non li obbliga a versare alimenti o comunque a provvedere in qualche maniera alla famiglia. In questi casi molte donne, non sapendo come mantenere i figli, li lasciano dai genitori e vanno a prostituirsi a Patpong in Bangkok, oppure a Pattaya, Koh Samui, Phuket o altre località turistiche. I venti euro che guadagnano per una sera li vanno a versare immediatamente in banca.

La stessa realtà te la ha confermata Sasi, questa ragazza che ti ha invitato a bere nel bar dove lavorava – fondamentalmente il loro lavoro è questo, quindi se sei uomo o donna non cambia, basta che consumi, e tu hai consumato un paio di birre mentre cercavi di capire lei come la pensava. La pensava prima di tutto che avrebbe voluto avere il tuo colore di pelle. Poi che vorrebbe avere i tuoi diritti di donna farang che se tuo marito ti lascia almeno ti dà i soldi per dare da mangiare ai vostri figli. Ovviamente quella di Enzo e di questa ragazza minuta e dal sorriso perenne è solo una delle realtà, come al solito non si può generalizzare: ci sono anche uomini come si deve e ci sono una moltitudine di donne senza scrupoli, che magari hanno passato un’infanzia poverissima nel nord est del Paese e poi, accalappiato il farang di turno, passano le giornate dal parrucchiere e dall’estetista e mangiano solo ostriche e champagne tirandosela un casino.

Prima di andare a dormire, mentre ha cominciato a piovigginare, ti sei fermata in un bar normale dove hai chiacchierato con un ragazzo inglese che insegnava a Saigon, ed è effettivamente uno dei tantissimi insegnanti che hai conosciuto in Thailandia.

THROUGH THE MONSOON Dopo un paio di giorni a Koh Samui, verificato l’alto grado di cementificazione e gli infiniti lavori in corso, le spiagge non eccelse, i puttanieri uguali a tutti gli altri, e comunque dopo la bellissima gita alle isole e le persone interessanti conosciute, hai ritenuto che fosse giunto il momento di spostarti nell’isola di Koh Tao, evitando accuratamente Koh Phangan dove il Full Moon Party aveva attirato adolescenti drogati di tutto il mondo – e comunque la tua luna piena arancione gigante che sorge dal mare dietro le barche dei pescatori te la sei goduta in perfetta solitudine sulla spiaggia di Lamai. Purtroppo prima di arrivare a Koh Tao bisognava caricare i suddetti deficienti da Koh Phangan (tappa obbligata nel tragitto della nave) i quali sono crollati senza forza in ogni angolo libero, cercando invano di riprendersi dagli eccessi della notte appena terminata.

Koh Tao era il paradiso in questo pomeriggio di tempo perfetto in cui ti sei fermata a pranzare in uno dei baretti ombrosi e ventilati. Trovato il tuo bungalow nella foresta, hai passeggiato sulla spiaggia e poi ti sei fatta massaggiare in riva al mare col venticello guardando il tramonto. La sera era tutto un trionfo di lucine, musica lounge, cuscini e divanetti, ragazzoni biondi reduci dalla giornata di immersioni. Questo Paese ti vizia: tutti i piaceri della vita loro te li offrono anche se non li hai chiesti, hai pensato. Al Vibes hai conosciuto questa ragazza inglese bionda e frizzante che stava cercando di trasferirsi sull’isola per fare la baby sitter, dopo aver insegnato un anno alla Primary School a Bangkok. Tanti europei son stufi di come vanno le cose a casa loro e tu non puoi dargli torto. Dopo aver approfittato dell’inglesina per farti consigliare i posti più belli dell’isola, si è avvicinato un finlandese e tu, lo giuri, ci hai provato a capire cosa diceva in inglese ma dopo 10 minuti, estenuata, hai lasciato perdere e sei andata a vedere lo spettacolo delle Drag Queen dove ti sei divertita un mondo.

Il vento che si era alzato la sera ha portato il brutto tempo: hai rimandato la gita di snorkeling all’indomani e ti sei goduta il venticello e gli uccellini. Approfittando del cielo velato hai passeggiato verso il centro dell’isola, tra vegetazione tropicale e scorci di mare. Poi ti sei diretta verso la spiaggia di Aow Leuk, che ti aveva indicato l’inglese. Sulla strada hai comprato un vestito, così almeno potevi smetterla di andare in giro con il pareo libico ridotto a schifo e legato in modo sommario. La passeggiata è stata piuttosto impegnativa e quando sei arrivata finalmente in questa meravigliosa baia dotata di un’acqua turchese cristallina ti sei immersa istantaneamente e ci hai sguazzato per un’oretta. In pratica finché non è cominciato un diluvio massiccio che sarebbe durato tutto il pomeriggio. Nel frattempo avevi fatto amicizia con queste due italiane con cui avete parlato alcune ore, prima in acqua e poi nel ristorante a picco sul mare. Una era di Trento e stava spendendo qualche giorno al mare prima di andare in Myanmar insieme ad un’altra italiana conosciuta virtualmente sul sito compagnidiviaggio. L’altra era romana, diventata buddista da alcuni anni, in viaggio con due amiche abbandonate alla loro coattaggine su un’altra spiaggia. Lei a un certo punto è dovuta andar via perché una tipa le era entrata nel motorino preso in affitto, sfasciandoglielo, e dunque doveva gestire questo inquietante incontro con l’uomo che affitta i motorini e la responsabile dell’incidente. Invece tu per andartene da lì ci hai provato a salire sul motorino con la Carla ma purtroppo la tua fobia nei confronti dei motorini guidati da donne italiane sulle isole dalle strade scoscese e non asfaltate ha avuto la meglio e hai preso un passaggio da un pick-up lasciando la trentina sola con la sua gomma bucata.

La sera eri cotta e, dopo aver cenato con un green curry e aver partecipato blandamente a un concerto in un locale pieno di divers biondi, hai dormito come un ghiro in compagnia del tuo zampirone.

Nonostante il tempo non fosse proprio invitante, prima o poi lo dovevi fare questo benedetto tour con lo snorkeling. D’altra parte non potevi rimanere mezza vacanza a Koh Tao in attesa che la situazione climatica migliorasse. Certo avresti preferito recarti con il sole alla stupenda isola di Nangyuan – in pratica tre isolette da cartolina collegate da sottili strisce di sabbia, ovviamente sede di un esclusivo resort (prezzo di ammissione due euro, orario in cui devi sbaraccare le 17). Lo snorkeling alla baia dei Manghi e alla Hin Wong Bay è stato fantastico, davvero una meraviglia di barriera corallina e una quantità di pesci stupendi. Il viaggio di ritorno su questa barchetta di legno colorata non è stato proprio piacevole e ci hai messo un bel po’ per riprendere l’equilibrio una volta scesa. Prima di tornare nella tua residenza hai fatto una passeggiata e ti sei fermata in uno dei milioni di bar rasta che infestano il Paese, dove l’unica colonna sonora concessa è Bob Marley e c’è sempre il thailandese con i dread con lo sguardo stolido e il sorriso beato, che in questo caso stava cercando malamente di scrivere con un pennarello le voci del menu del bar su cartoncini di carta fatta a mano. Era in compagnia di una bellissima ragazza lituana con i capelli corti che appena aveva adocchiato questo bar aveva all’istante deciso di fermarcisi a lavorare ed era sua l’idea di questi menu fatti a mano tremendi e soprattutto poco pratici in un Paese dove piove sempre, oltretutto li stava facendo scrivere al thailandese rasta chiaramente semianalfabeta. E questo nonostante la lituana sapesse il fatto suo e infatti ti ha parlato a lungo della situazione sociale ed economica del suo Paese dopo il crollo dei regimi comunisti.

Sulla strada del ritorno hai incontrato di nuovo le due italiane e purtroppo ti sei fatta coinvolgere in una serata mal assortita in compagnia di un tedesco e uno svizzero tedesco istruttori di diving che vivono sull’isola e delle suddette amiche romane. Tu ti chiedevi cosa ci facevi con quattro donne italiane a digiuno di inglese e che parlavano a voce troppo alta, mentre cercavano di mangiare un piatto siberiano o mongolo in maniera impropria. Per fortuna anche al tedesco la situazione pareva insopportabile e ha avuto la gentilezza di accompagnarti in motorino alla tua spiaggia, lasciando il collega svizzero a bearsi della simpatica compagnia.

TERRA! TERRA! Hai deciso di lasciare l’isola. Il mare non era propriamente una tavola ma erroneamente pensavi che sul traghetto superveloce non avresti avuto problemi. Non ti sei resa conto del dramma che stavi per vivere nemmeno quando hai visto i passeggeri che scendevano dal traghetto appena attraccato: bende sugli occhi, visi bianchi come stracci, donne sostenute a braccio dai compagni, persone che si sedevano a metà passerella sulle loro stesse valigie guardando nel vuoto. La tua occasionale compagna, una ragazzona canadese con l’espressione della serenità stampata sulla faccia, ti aveva calmata dicendoti che aveva chiesto alla biglietteria e le avevano detto che il tragitto era tranquillo. Ora, tu non sai che idea hanno i thailandesi della tranquillità, però due ore e mezza in una nave piena di gente che urla aggrappata alla poltrona davanti e vomita in continuazione, con dei colpi così forti delle onde che le griglie da cui entra l’aria condizionata si sono staccate dal soffitto, sfiorando la testa tua e di altri passeggeri, insomma a te non sembravano tanto tranquille. Per fortuna la canadese senza perdere il sorriso ti metteva la mano sulla tua dicendo È tutto okay, mentre tu eri convinta di stare vivendo i tuoi ultimi minuti di vita e ti dicevi Che cazzo sono venuta a fare in Thailandia aveva ragione mia madre non me ne potevo andare come tutti in campeggio nel Salento? Quando finalmente siete scese la ragazza di Vancouver ti ha svelato che avendo vissuto dieci anni su una barca non era stata particolarmente turbata dall’esperienza.

Ognuno per la sua strada: la tua era prendere una stanza a Chumpon e non muoverti fino al giorno dopo per nessuna ragione al mondo. E infatti hai trovato una guesthouse di cui eri l’unica cliente, molto accogliente ed economicissima. Lì hai fatto amicizia con questa ragazza dolce insieme alla quale hai guardato la tv. In Thailandia ogni sera alle 8 per mezz’ora trasmettono il resoconto della giornata del re e della regina, durante la quale normalmente aiutano un casino di gente e benedicono plotoni di persone in divisa che si stendono ai piedi del re e con la testa vicina ai suoi piedi ricevono una foglia sull’orecchio e uno sbaffo sulla fronte, con le mani tremanti dato che il re Bhumibol è parecchio anziano e infatti è al potere da 63 anni. Questo amore per la famiglia reale è così grande che praticamente tutti hanno in casa delle foto del re e della regina più o meno recenti, oppure portano un braccialetto di plastica arancione con scritto I love the king, frase che scrivono anche sugli autobus e in infiniti altri posti.

A Chumpon eri felice di essere ancora viva, così sei andata al mercato, hai mangiato pollo fritto, hai comprato dei vestiti e sei andata a cena in un posto poco avvezzo alla presenza di farang. Qui purtroppo hai sbagliato l’ordinazione e ti sei ritrovata un’enorme zuppa di pesce piccantissima che hai cercato di mangiare bevendoci su un’intera birra grande gelata, ma poi hai dovuto miseramente lasciare lì sul tavolo, mentre questo gruppo rock thailandese capellone suonava sul palco.

Prima di andare a dormire sei andata a vedere che si diceva nel Farang Bar, dove hai fatto due chiacchiere con un inglese arrogante, il quale smanettava su Facebook col suo laptop lamentandosi dei suoi amici che hanno messo tutti su famiglia e non si divertono più e ti ha raccontato che l’unica volta che è stato in Italia è venuto in aereo per una giornata soltanto a Milano per comprare un portafogli di Gucci – visto che gli avevano rubato il suo – e per bere del vino rosso con la sua morosa dell’epoca. Quando è andato in bagno hai approfittato per scappare.

ESPERIMENTI MICROSOCIALI DENTRO ALLA GIUNGLA Dopo la traversata da incubo avevi definitivamente abbandonato la tua precedente idea di recarti all’arcipelago di Tarutao, a sud-ovest, dove c’è questa meravigliosa Koh Lipe: non volevi nemmeno sentirne parlare di isole. Hai deciso quindi di raggiungere il parco nazionale di Khao Sok con un mini van, che è uno dei mezzi che hai usato di più perché sono frequenti e veloci; comunque i trasporti costano così poco che la differenza tra un bus normale e un minibus non influisce assolutamente sulle tasche di un turista.

Ti sei fatta portare in un resort che ti aveva consigliato quella ragazza della guesthouse di Chumpon, dicendoti – almeno credi – che era di qualche suo parente. E hai portato con te anche una coppia di olandesi sovrappeso che ti sembravano un po’ impacciati sulla strada. E infatti il posto era stupendo, gestito da una famiglia molto unita: Lek, che faceva anche l’accompagnatore nelle gite, sua moglie che aveva appena partorito, la mamma di lei, i genitori e i due fratelli single di Lek, che la sera trascorrevano il tempo infilando pietre preziose per farne collane. Peccato che era veramente isolato nella giungla e dopo le 7 e mezza non potevi raggiungere la strada principale perché era buio pesto affollato di lucciole e rane gracidanti. In pratica gli unici clienti del resort oltre te e la coppia di ciccioni erano i membri di una famigliola di olandesi biondi. Dopo mangiato non c’era altro da fare se non chiuderti nel bungalow dove hai trascorso una lunga notte stordita dalla colonna sonora dei terrificanti rumori della foresta, tra cui spiccava una qualche bestia che si lavava i denti rumorosamente e un’altra che russava.

Quelli dell’agenzia di Surat Thani avevano ragione a parlarti di piogge e frane, infatti il parco vero e proprio era impraticabile e il governo lo aveva chiuso per una settimana. Per fortuna proprio lì vicino c’è un lago stupendo grande 185 km con dentro centinaia di isolotti e baie e grotte lavorate dalla pioggia e dunque il giorno dopo hai partecipato a una gita meravigliosa con tutti questi olandesi. Ora, qui, anche se eravate dentro a un lago, il paesaggio era identico a quello dove hanno girato il film “The beach” e dunque il cerchio si chiude. In realtà era identico tranne un particolare: mancava la spiaggia bianca con le palme, visto che appunto eravate in un lago. Anche se, a dirla tutta, pure sulla spiaggia di Phi Phi Leh hanno piantato cento palme da cocco perché non corrispondeva ancora esattamente agli standard hollywoodiani di come avrebbe dovuto essere la tipica spiaggia thailandese, quindi la “spiaggia” continuerà ad essere un’utopia, come volevasi dimostrare.

Il lago lo avete percorso in barca, quindi vi siete fermati presso le case galleggianti di bambù dove avete fatto dei bagni da film e avete mangiato un pesce enorme freschissimo. Poi vi hanno trasportato con una zattera di bambù fino a una grotta raggiungibile dopo una passeggiata nella foresta scivolosa e ricca di piante endemiche e soprattutto zanzare endemiche, felci e bambù, vermi palla, formiche giganti e camaleonti. Questa grotta è piena di stalattiti e stalagmiti e del ragno delle grotte, grosso ma innocuo. Al ritorno avete sostato in un punto panoramico ad ammirare il lago e la diga che serve produrre l’elettricità per tutta la Thailandia del sud. Appena vi siete fermati per fare benzina i due olandesi sono scesi senza nemmeno chiedere il permesso, sono entrati a razzo nel negozio, hanno fatto incetta di schifezze da mangiare e in men che non si dica hanno fatto fuori innumerevoli snack al cioccolato, patatine e bevande gasate.

Tornata alla base hai chiesto a Lek di accompagnarti in un resort più vicino alla strada, perché lì ti sentivi davvero troppo isolata. E lui, che era proprio un gran bravo ragazzo, ti ha portato in questi bungalow dove hai trovato un’atmosfera calorosa e festaiola. Hai trascorso una serata piena di birre e chiacchiere all’interno di questa piccola comunità di tuoi simili tra cui il vivacissimo Jaime Antonio, australiano di origine cilena, i suoi due compagni di viaggio, una ragazza sudafricana molto carina, un americano coi capelli lunghi che vive da 10 anni a Barcellona e un inglese. Si è discusso tra l’altro del documentario americano “Zeitgeist” che spiega come gli uomini di questo secolo vengano presi per il culo quotidianamente dalla religione, dai media, dai politici, dalle banche e da tutti i poteri forti, interessati soltanto a tenerli nell’ignoranza; e individua nell’educazione e nell’amore l’unica soluzione. E voi effettivamente non fate altro che mettere in pratica questi principi: viaggiate invece di chiudervi in casa a guardare la televisione, vi confrontate con gli altri seduti al vostro tavolo cercando le cose in cui vi somigliate, molti di voi fanno gli insegnanti e credono nella fondamentale importanza dell’educazione intesa a sollecitare il più possibile il senso critico.

SÌ VIAGGIARE Un mini van ti ha condotto alla stazione dei bus di Surat Thani, da dove stava partendo un grosso bus con aria condizionata diretto a Bangkok. Ci sei salita intenzionata a scendere a Hua Hin: dal finestrino hai osservato per ore molti camion carichi di durian e ananas, distese immense di noci di cocco, qualche Budda seduto o sdraiato. A Hua Hin era tutta un’altra storia: grossi grattacieli e hotel di lusso ti hanno accolta sul viale dove ti hanno fatto scendere. Nonostante il tuo fermo proposito di percorrere il più possibile le strade a piedi, sei stata costretta a prendere un moto-taxi per raggiungere il centro, quando ti sei accorta dei chilometri che te ne separavano. Hai preso una stanza economica sul molo, arredata con mobili di legno lucido, praticamente come dormire su una nave; dall’ampia terrazza hai contemplato la costa adorna di mille lucine dopo che era calata la sera. In giro hai notato molti turisti thailandesi in grappoli familiari, numerosi puttanieri soli di ogni provenienza e rari stranieri sperduti come te, che si chiedevano cosa diavolo ci stessero facendo lì. Evitando accuratamente le decine di ristoranti italiani, svedesi, svizzeri, tedeschi, francesi, norvegesi, ti sei recata al mercato notturno per una cena con riso e granchio seduta ad uno dei tanti tavolini di plastica da cui potevi agevolmente seguire i concerti di Michael Jackson trasmessi dal piccolo televisore. In centro hai contato anche numerose sartorie che vorrebbero inutilmente imitare lo stile italiano e magari anche venderti un vestito. Poiché l’ambiente dei bar era privo di interesse per te che non sapevi che fartene delle lady bar, te ne sei andata a passeggiare sul lungomare deserto, riscontrando in lontananza la nave illuminata che difende la residenza del re (il quale appunto ha scelto di vivere qui). Questa ragazza paffuta, che faceva la cameriera nell’unico bar aperto vicino al porto, ti ha raccontato che i malesi che lavorano sulle navi quando scendono a terra sono pericolosi e infatti sono obbligati a tornare a dormire a bordo. Avete trascorso un paio d’ore come vecchie amiche, parlando un po’ di tutto e insegnandovi a vicenda le frasi più banali delle vostre rispettive lingue.

Al mattino era molto nuvoloso e la spiaggia, ampia e orlata di palme, era triste e deserta con la bassa marea, punteggiata dai buchini dei granchietti che entravano ed uscivano. Il numero di ombrelloni e sdraio pronte ad ospitare clientela che non c’era ti hanno fatto pensare che in altre stagioni ci dovesse essere una certa affluenza e anche i cavalli con cui fare passeggiate sulla battigia erano annoiati. Solo al bar rasta se ne fregavano altamente di tutto e stavano lì con i loro dread e i sorrisi stolidi. Dopo aver fatto il bagno sei andata a visitare il Wat e, non avendo altro in programma fino al primo pomeriggio, ti sei concessa un meraviglioso thai massage. Dopo pranzo hai preso un treno diretto a nord dalla caratteristica stazione rossa. La carrozza di terza classe si presenta con sedili duri, finestrini spalancati, ventilatori arrugginiti al soffitto e una sfilata continua di gente che vende noodles conditi, riso, bevande, snack di ogni genere, a conferma del fatto che in questo Paese la gente non fa altro che mangiare dalla mattina alla sera. I controllori indossano un’uniforme attillatissima che li fa assomigliare notevolmente a poliziotti o militari, visto che anche loro, persino nella fase scolastica, portano queste camicie elasticizzate e devono essere abbastanza alti e ben piazzati. C’è sempre qualcuno che lava per terra, cosa che non deve stupire, visto che sia la manodopera sia l’acqua non mancano in questo Paese che offre bagni ovunque pulitissimi. Molti passeggeri indossano le mascherine, come accade in tutti gli ambienti affollati, poiché la gente ha paura di prendersi le malattie, soprattutto questa nuova influenza suina. Cambiando mezzo a Ban Pong, hai raggiunto Kanchanaburi in compagnia degli studenti in divisa che tornavano a casa da scuola, tutti muniti di i-pod e bevande in lattina.

SLEEPING ON THE RIVER KWAY Alla stazione dei bus di Kanchanaburi ti sei divertita qualche minuto a scherzare con i guidatori di moto-taxi: quello che ti ha accompagnato alla strada lungo il fiume aveva un alito che sapeva troppo di birra per i tuoi gusti e appena sei scesa hai tirato un sospiro di sollievo. La tua sistemazione era davvero stupenda a quell’ora del tramonto: una casa galleggiante di legno ampia con un letto a tre piazze sul fiume immobile colorato dai riflessi della sera. E infatti sei restata quattro notti in questa magione cullata dal fiume Kwai. Al piccolo schermo della terrazza-ristorante la sera tutto il personale guardava le telenovele thai popolate da uomini in abito scuro di taglio italiano e donne elegantissime su divani in broccato, sognando scioccamente di diventare come loro. Nell’internet point, situato dentro alla casa-negozio di un ragazzo coi capelli lunghi e il cucciolo di cane affettuosissimo, hai conosciuto questa ragazza italiana che era venuta in Thailandia per frequentare un corso di Thai massage a Chang Mai e stava spendendo qui a Kancha l’ultima notte prima della partenza. Insieme siete andate al mercato notturno dove hai mangiato sushi insipido e pesce fritto. Poi vi siete fermate in un bar abbastanza animato dove avete conosciuto Joe, il figo del paese, che accompagnava i turisti nelle escursioni e faceva i tatuaggi. Però eri stanca e hai raggiunto presto il tuo letto galleggiante.

Mattinata fluviale di pausa e rilassatezza, seguendo i ritmi “take it easy” tanto cari ai thailandesi. Nel bar ombroso ti sei sdraiata sull’amaca e, con azzeccato sottofondo musicale, hai chiacchierato con l’intera famiglia che lo gestisce, riflettendo vagamente in merito a come proseguire il viaggio. Quindi hai raggiunto a piedi il famoso ponte ricostruito sul fiume Kwai. La storia racconta che durante la seconda guerra mondiale i giapponesi invasero la Thailandia e costrinsero una multietnica congerie di prigionieri a costruire questa ferrovia che avrebbe collegato la Thailandia alla Birmania col proposito nascosto di arrivare fino in India. Sfiancati dalle terribili condizioni di lavoro furono in tantissimi ad ammalarsi e morire e poi alla fine il ponte di Kancha fu abbattuto dalle bombe, rendendo inservibile la ferrovia stessa. Il museo a cotè racconta con diorami piuttosto kitsch le torture subite dai prigionieri nudi e smagriti, poi ci sono le riproduzioni ad altezza naturale di alcuni famosi capi di stato dell’epoca della seconda guerra mondiale come Hitler, Mussolini, Churchill ecc. Al mercatino nei pressi hai comprato un’amaca e sulla via del ritorno ti sei fermata a mangiare un piatto di riso e pollo accanto ad un meccanico di moto.

Sul viale principale era una teoria infinita di concessionarie e negozi dell’indotto automobilistico, finché non hai trovato un meraviglioso negozio dove realizzano e vendono le casine degli spiriti. Questi tempietti in legno colorato, presenti davanti ad ogni casa e in ogni angolo delle città, servono a ingraziarsi gli spiriti – o pii – che secondo il popolo thailandese vivono ovunque, invisibili, e devono essere tenuti buoni offrendo loro fanta, coca, frutta, patatine, fiori ecc. (anche i doni si sono adeguati a tempi, ahimè!). Tiziano Terzani raccontava che quando si trasferì a Bangkok con la sua famiglia molti segnali negativi gli dimostrarono che gli spiriti non erano contenti, così dovettero ingraziarli con la visita al Budda di smeraldo e invitando dei bonzi a bonificare, diciamo così, la casa.

Visitato il cimitero dove riposano le vittime occidentali della guerra e il tempio cinese, sei entrata in un centro massaggi ed hai optato per un massaggio alle erbe, che avviene immergendo un tampone in un pentolone che esala odore di bietole lesse e zenzero e passandolo su tutto il corpo. Dopo cena hai trascorso un paio di ore in questo locale con ottima musica live, dove sei stata viziata dai due cordialissimi gestori che sembravano indiani d’America ed erano appassionati di caffè.

Una giornata è dedicata alla gita organizzata alle cascate di Erawan, per cui ti sei ritrovata come sempre in questi casi insieme ad un miscuglio di viaggiatori canadesi inglesi francesi con cui si parla quasi sempre in inglese. Appena arrivati nel parco nazionale hai fatto amicizia con Monika, questa ragazza slovacca da tanti anni adottata dall’Italia, che non le pareva vero di poter finalmente parlare italiano. Avete arrancato insieme fino al settimo salto delle cascate, incontrando nel tragitto tantissime scimmie macaco che vivono sugli alberi. Poi avete fatto il bagno in una di queste piscine naturali piene di pesci che ti mangiano la pelle morta, una sensazione a prima vista molto seccante, ma poi assolutamente imperdibile quando apprendi che questo pedicure con i pesci, definito terapia del Dr. Fish, è l’ultimo grido dei trattamenti di bellezza e infatti è molto costoso e si sta diffondendo un po’ ovunque nel mondo. Non solo dà risultati estetici che tutti giudicano strabilianti, ma è anche un modo per curare la psoriasi e addirittura le ferite più gravi.

Dopo le cascate vi hanno portato a fare la gita sull’elefante, poi in una grotta con statua di Budda e infine su un treno che percorre un pezzo di ferrovia della morte. Tornati a Kancha Monika voleva farti assaggiare assolutamente il durian, quel frutto gigante con la buccia piena di aculei, per il quale lei impazziva e che puzza così tanto che è vietato portarselo dietro in autobus e in treno. A te fa effettivamente vomitare.

Hai speso la serata con Joe, Andrea, una ragazza olandese i cui genitori hanno una guesthouse laggiù, e due francesi. Secondo le usanze locali si va a comprare al 7Eleven una bottiglia di Sang Sen (che sarebbe una specie di rum spacciato per whisky) e lo si beve in grossi bicchieri mischiato con una bevanda gasata a scelta e molto ghiaccio.

L’ultimo giorno sul fiume Kwai è dedicato al relax e alla gestione di problemi italiani tramite internet. Il pomeriggio lo hai sprecato al centro commerciale con gli studenti in divisa. All’ultimo piano impazzava il karaoke: ognuno nella propria stanzetta a cantare la canzone prescelta accompagnata dal video. Di tuo hai comprato dei pantaloni ricamati lussuosissimi.

La sera al bar di Joe una ventenne canadese vi ha raccontato di sua mamma che ha scoperto di essere lesbica quando lei aveva 15 anni, e poi di suo fratello che si faceva e dunque di come lei abbia imparato presto a “stare lontana da quella merda”. Questo non vuole dire che questa biondina in carne non si dedicasse all’alcol e che tra un bicchiere e l’altro non trovasse il tempo per flirtare con questo ragazzo olandese un po’ fessacchiotto, che credi sia il genere di ragazzo incolore che piace a queste ragazze effervescenti. Che comunque nessuno ti toglie dalla testa che presto si caccerà in qualche pericolo viaggiando da sola. Alla brigata si è poi aggiunta una tedesca ubriaca che barcollava per la strada e che poi ha dovuto subire le avance del solito Joe, che non se ne lasciava scappare una.

LA CASA DELLA GIOIA Finalmente sei riuscita ad abbandonare Kancha e a recarti a Sangkhlaburi, al confine con la Birmania, seguendo il consiglio di quell’inglese conosciuto l’altra sera, quello che affermava che la Thailandia ha la forma di un’ascia. La strada per arrivarci è molto panoramica, soprattutto l’ultimo tratto, quando comincia ad intravedersi questo enorme lago tra gli alberi e le montagne. Il lago fa parte del parco nazionale più vasto di tutto il Paese e per il momento puoi vedere delle case che ci galleggiano dentro. Considerando che dall’acqua spuntano delle cime di albero, devi dedurre che in altre stagioni il livello del lago sia più basso di diversi metri, ma potresti anche arrivare a pensare che non ha ancora raggiunto l’altezza massima e che comunque nel frattempo questa gente continua ad abitare nella stessa casa che per l’appunto non può affondare. Alla guesthouse consigliata dal tatuatore Joe (che alla fine era un buon diavolo) era disponibile una stanza per una notte con un’incantevole vista sul lago e su tutte le nuvole inevitabili nella stagione delle piogge, ma che rendono il tutto brumoso e malinconico a livelli da lago Maggiore in primavera.

Prima di partire all’esplorazione dei dintorni hai dovuto mangiare un riso al pollo d’ordinanza. Quindi ti sei recata al panificio dotato di internet. Questa attività fa capo al Baan Unrak (“La Casa della Gioia”), il centro di accoglienza per bambini orfani ed abbandonati e ragazze madri che si trova lì vicino in cima alla collina. Questo te lo ha spiegato Giulia, che è di Firenze e sta facendo due mesi di volontariato in questa remota terra piovosa. Molte persone, in particolare bambini, per sfuggire al regime birmano, passano il confine e restano in zona perché non hanno un regolare permesso d’immigrazione in Thailandia. Questo centro, fondato dall’italiana Didi alcuni anni fa, offre ospitalità a queste persone, dà loro da mangiare e un minimo di assistenza sanitaria, in una regione molto colpita da malattie come l’AIDS, la malaria, il tifo. Inoltre i bambini frequentano la scuola e le donne sono impiegate nel centro di tessitura in cui si producono sciarpe, stoffe e vestiti che sono in vendita qui. Giulia ti ha invitato il giorno dopo al centro dove ci sarebbe stata la consueta esibizione di yoga del mercoledì, attività che insieme alla meditazione, alla ludoterapia ecc., fa parte integrante del programma finalizzato ad uno sviluppo olistico – come si dice adesso – dei bambini.

Nel frattempo era scesa la sera e tu non avevi molto da fare se non tornare alla guesthouse e berti qualche birra insieme ad un olandese biondo che aveva preso troppo sole. Costui ha flirtato tutta la sera con questa ventenne bionda dell’Ohio, che era tornata a Sangkhla dopo che l’anno scorso aveva lavorato alla Casa dei bambini, perché si era presa a cuore la causa di non so più quale bambina birmana problematica. Questa americanissima ventenne bionda in calzoncini, oltre a far sbavare l’olandese e il suo amico americano giovanissimo che si era portata con sé, aveva anche un fidanzato rimasto negli States con cui faceva da morire la scema al telefonino, lo comandava a bacchetta e gli chiedeva di metterle i soldi sul conto. Che poi si è scoperto che lei aveva avuto non so quale enorme eredità da qualche parente morto e dunque aveva un casino di soldi che poteva spendere come le pareva e piaceva e quindi non aveva questioni pratiche di cui occuparsi se non questo fidanzato con cui ci ha confessato che non faceva un gran sesso, questo amico sfigato evidentemente innamorato di lei e un problema che aveva avuto al ritorno dal suo precedente viaggio in Thailandia che consisteva nel fatto che non aveva cagato per un mese a causa di un misterioso parassita. Comunque questo problema poi si era risolto da solo e dunque lei poteva continuare a preoccuparsi del telefonino nuovo, dei calzoncini in colori diversi, dei mobili della sua casa fighissima e poi ovviamente dei giri per il mondo che lei, pur avendo solo vent’anni, aveva fatto in lungo e in largo. Purtroppo essendo gli unici frequentatori del bar, tranne due francesi che notoriamente non cagano nessun altro a meno che non ne abbiano un effettivo bisogno, hai trascorso più del tempo necessario con questo insopportabile terzetto.

Per la mattina avevi prenotato una gita per visitare il lago e i dintorni e purtroppo ti eri ritrovata in compagnia di questo gruppo organizzato che veniva da Bangkok, capitanato da questa guida thailandese antipaticissima. Dopo la gita sul lago marrone, durante la quale avete ammirato il ponte di legno e il tempio sommerso, visibile interamente in gennaio e completamente sott’acqua in ottobre, il capo gita ti ha detto che purtroppo non sarebbe stato possibile fare la passeggiata a piedi nella foresta, visto che era tutta un pantano, e dunque che dovevi andare sull’elefante per un’ora e mezza. Tu la gita sull’elefante l’avevi già fatta e non l’avevi trovata molto divertente, quindi avevi proprio una faccia di cazzo nel video che riuniva tutti i momenti salienti della giornata con sottofondi musicali azzeccati, al quale avete potuto assistere la sera a cena. Non solo nella foresta era pieno di zanzare e a tratti pioveva, ma hai dovuto pure condividere il posto con una neozelandese che non si capiva nulla di cosa dicesse, nonostante tu cercassi di farle capire che l’inglese non è la tua prima lingua e che doveva parlare più lentamente. Smontati dall’elefante vi hanno dato il solito piatto di riso e pollo e ananas per dessert, che insieme all’anguria e alle banane è l’unico frutto che offrono ai turisti, nonostante l’abbondanza di frutta tropicale di cui sono provvisti; forse – hai pensato – hanno testato che i turisti sono molto schifiltosi a riguardo. Dopo il pranzo questa guida antipatica vi ha fatto vedere come funziona la faccenda dell’albero della gomma, che secerne un liquido bianco che loro raccolgono e poi attraverso vari passaggi in contenitori diversi viene fuori il prodotto finale che è un tappetino di gomma.

Tornati alla guesthouse è cominciato il diluvio universale e dunque hai atteso un po’ prima di farti accompagnare nella tua nuova stanza, ubicata nella casa della mamma del titolare ricco della guesthouse. Siccome la pioggia non accennava a diminuire, ti sei organizzata con ombrello e impermeabile e te ne sei infischiata altamente. Ti sei recata dunque a vedere il Budda gigante sdraiato e il Wat Somdet, che avevi intravisto sulla strada al momento dell’arrivo, hai visitato il mercato e infine sei andata allo spettacolo di yoga. Questo è stato un pomeriggio magico in cui hai giocato a lungo con i ragazzini prima dell’esibizione e in particolare hai stretto amicizia con una tipina flessuosa con la frangetta, che se n’è stata tutto il tempo appollaiata sulle tue gambe a scattare impropriamente con la tua fotocamera, mentre assistevate insieme a numerosi altri turisti alle evoluzioni acrobatiche dei nanetti birmani. La sera hai cenato alla guesthouse osservando i tuoi commensali, soprattutto il gruppo organizzato che ormai odiavi con tutto il cuore, e poi sei andata a dormire ed è stata una notte infinita popolata di galli e scrosci di pioggia e zanzare.

Al risveglio un pick up ti ha portato al Three Pagodas Pass, che segna il confine con il Myanmar. Avevi letto che si può attraversarlo per un giorno per recarsi in questa cittadina birmana ricca di negozietti e sale da tè tipiche. Purtroppo l’edizione della Lonely Planet di cui eri fornita era stata scritta prima della chiusura della frontiera e dunque hai scoperto soltanto al tuo arrivo che i turisti latitavano e quindi la zona era ormai in crisi da tre anni; infatti anche i resort che avevano costruito erano vuoti. Ti ha spiegato la faccenda questo simpaticissimo birmano rifugiato qui che ti ha proposto un giro in moto per vedere i dintorni, il mercatino, il cartello che dice che c’è la frontiera, il monastero giapponese. Anche lui stava pensando di trasferirsi in Malesia visto che non riusciva a guadagnare più un bath. Solo ora hai capito come mai tutti quelli a cui avevi detto che andavi al Passo delle tre pagode ti guardavano come per dire: E che cavolo ci vai a fare?, tranne quelli che proprio te lo chiedevano: Che cavolo ci vai a fare? Qui gli uomini masticano il betel che è quella roba indiana eccitante rossa che fa sembrare a tutti che gli sia scoppiata una granata in bocca.

VITA METROPOLITANA Dopo diverse ore di viaggio, sei stata catapultata di nuovo in Khao San Road, a Bangkok, nel bel mezzo di branchi di giovani biondi con lo zaino gigante, uomini soli a caccia di business o ragazze, disperati pieni di piercing, rari italiani critici su tutto.

Dopo esserti ritrasformata in turista coccolata da docce, Skype, massaggi, magliette a basso prezzo, riso e pollo, concerti, birre, hai trascorso la sera con un sosia di Paolo Conte ad ascoltare buona musica dal vivo. Il sosia era un sudafricano appena arrivato, che aveva vissuto anni negli States e anni in Australia. Quando gli hai chiesto come mai, ti ha risposto: Perché no? Nel lungo sightseeing mattutino ormai eri scaltrissima e potevi rispondere con sufficienza ai personaggi che ti consigliavano di andare a vedere il Marble Temple e lo Standing Budda; gli facevi vedere addirittura la foto contro la quale loro non potevano fare altro che ammutolire e salutare. Al Wat Sutatthepwararam addirittura c’è un cartello che avverte di fare attenzione alle persone amichevoli che ti segnano sulla mappa alcuni luoghi di interesse o ti portano a visitare altre località turistiche, perché viene fuori che sono borseggiatori oppure ti conducono in posti indecenti o non etici (e tu ti chiedi cosa potesse averti borseggiato o quale cosa non etica ti avesse proposto all’epoca la gentile dama di Chang Mai). Hai visitato alcuni Wat, sei salita sulla Golden Mountain da cui hai ammirato un grandioso panorama che mescolava il monumentale della città antica con il futuristico dei quartieri moderni, hai attraversato il quartiere specializzato nella vendita di statue di Budda e altri articoli religiosi.

Con il taxi d’acqua hai raggiunto in un battibaleno il quartiere Siam, quello nuovo pieno di grattacieli e centri commerciali. Qui anche solo per attraversare la strada devi servirti delle passerelle sopraelevate e comunque tutti gli shopping center sono collegati tra loro senza bisogno che tu esca all’aperto a sudare. In questo ennesimo centro commerciale dove sei entrata, il settore più delirante era quello dei cellulari, visto che in un’ala enorme c’erano centinaia di botteghe tutte identiche che vendevano gli stessi prodotti. La tentazione di fare shopping non ti ha sfiorato nemmeno, ma non hai potuto farti sfuggire la pulizia dei denti a 20 euro dalla dentista Suzie, che ti ha bacchettato impietosamente per il tuo tartaro e per la tua incapacità di stare con la bocca aperta con l’acqua che ti debordava.

Quando hai incontrato Monika avete deciso di restare in zona e cenare cinese al coperto perché aveva iniziato a diluviare; così vi siete rimpinzate di ravioli al vapore e altre prelibatezze. Non si sa quale conoscente le aveva consigliato di passare la serata a Chinatown, così la avete raggiunta a piedi, che è un lungo noioso cammino, per scoprire che di sera era completamente deserta. Nel frattempo ti sembrava arrivato il momento di verificare di persona l’esistenza delle ragazze che sputano palline da ping pong o bevono la coca cola con la loro parte del corpo più nascosta. Dunque avete assoldato un tuc-tuc che vi conducesse a Sukhumvit a vedere i templi del sesso. In realtà la noia e i prezzi europei ti hanno fatto passare la voglia di proseguire lì la serata e dunque avete gettato soltanto qualche sguardo nei semibui locali. Tra l’altro Monika aveva già visto lo spettacolo e non ne era stata molto entusiasta. Al mercato era pieno di musulmani e tu ti sei chiesta come potessero convivere i burqa con le tette di fuori.

Al tuo quartiere ci sei tornata con un finto tassista di moto che ti ha fatto così cagare sotto che gli hai dato la metà del compenso pattuito (che lui ha accettato senza battere ciglio, d’altra parte).

Il programma di questo sabato era raggiungere insieme a Monika il mercato galleggiante di Taling Chan che sta alla periferia nord occidentale di Bangkok, raggiungibile con il bus. Si tratta di un mercato piccolo dove fondamentalmente i thailandesi vanno a scofanarsi di pesce. Il klong, che sarebbe il nome thai del canale, è affollato di barche su cui cucinano granchi e pesci giganti e diverse altre imprecisate caterve di cibo, mentre sul pontile ci sono i tavoli. Voi avete partecipato ad una gita in barca sui canali, salutando la gente che abita in queste case di legno e sta sulla terrazza a passare il tempo mentre i ragazzini fanno il bagno tuffandosi dalla scaletta di legno. Vi siete fermati a visitare l’ennesimo wat e un centro dove coltivano differenti tipi di orchidee. Durante la crociera va molto di moda acquistare il “lucky bread”, che sarebbe pane in cassetta, e buttarlo in pasto ai pesci praticamente in interi pezzi.

Durante il ritorno in bus, l’aria condizionata maledetta ti ha procurato un mal di pancia agghiacciante per cui sei dovuta scendere al volo ed entrare nel Mac Donald’s (dentro al quale l’aria condizionata era altrettanto maledetta e ha fatto precipitare la situazione).

Ci avete riprovato a raggiungere Chinatown di giorno ed era un delirio: caldo e puzza e inquinamento e bancarelle, colore predominante il nero. A respirare vi siete recate al Lumpini Park che è così salutare che non si può manco fumare all’aperto. Accanto c’è il night market, con un enorme capannone stipato di tavoloni tipo festa della birra dove si può mangiare e bere. Il mercato di vestiti e accessori era molto ricco e interessante ma ormai eri distrutta dalla giornata molto impegnativa così sei tornata a Khao San al tuo bar preferito dove suonava ogni sera il tuo gruppo rock preferito specializzato in LedZeppelinPinkFloydGuns&RosesDeepPurple. Questa sera hai chiacchierato con un giovanissimo russo ingenuo, figlio di due tedeschi che si erano conosciuti in Siberia dove lui è nato, che in attesa di andare a Pattaya a trovare un amico si era associato ad un tedesco arrogante e a due ragazze. Khao san è praticamente uno zoo.

GITA DELLA DOMENICA Per il tuo ultimo giorno siamese, avevi programmato con Monika una gita ad Ayuttaya, la vecchia gloriosa capitale, sostituita da Bangkok dopo essere stata spazzolata via dai birmani. Purtroppo il caldo asfissiante ha reso insopportabile il Budda sepolto dalle radici di un albero, il Budda gigante sdraiato, il Budda seduto con la canottiera gialla, il laghetto, i resti degli antichi templi, i monaci, gli elefanti, il mercato, il cocco caldo. E non hai fatto altro che sognare una doccia.

L’ultima scintillante serata la hai trascorsa con un imponente negro della Guyana che ti ha raccontato che lavorava nel campo dell’alimentazione e delle pietre preziose, che stava per andare a Torino e che non aveva soldi. Con lui sei andata ad ascoltare musica blues dal vivo in un locale un po’ defilato ma molto giusto. Lì avete conosciuto alcuni simpaticissimi thailandesi appassionati di musica che hanno risolto il problema della penuria di soldi perché vi hanno offerto da bere. Infine con loro avete concluso la serata a mangiare anatra e cantare pezzi thailandesi in un bar-karaoke.

L’ultimo giorno non merita di essere citato in quanto è stato identico a tutti gli ultimi giorni di tutti i viaggi, in cui l’unica incombenza è finire i soldi e riuscire a raggiungere l’aeroporto in tempo.

La notte a Dubai, mancando l’entusiasmo e la vitalità iniziali, la hai trascorsa dormendo su una sedia allungabile ricoperta della maggior parte del contenuto del tuo unico bagaglio, quello a mano. Leggi gli altri racconti su www.Robiniaonline.It



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