mauritius…agosto…il loro inverno
A 9.500 Km da Parigi l’isola ci accoglie con un bel sole siamo avanti di 2 ore, in Italia c’è l’ora legale. Durante il transfert da sud, dove è ubicato l’aeroporto, a nord dove soggiorneremo, capiamo già come è variabile il tempo.
Sebbene arrivati alle 10 di mattina dopo una notte insonne, cerchiamo di non fare il “riposino” o sicuramente non ci sveglieremmo più. Teniamo duro fino alle 18,30 poi dopo la cena si corre a letto. Sono le 20,30 e non serve contare le pecore.
12 ore senza mai svegliarci…Mai successo!!! Eravamo proprio cotti.
Venerdì 21 “il riposo” Compleanno di Robi ma niente regali a sorpresa…Ci concediamo l’affitto di una macchina per le nostre esplorazioni; intanto apprezziamo questa bellissima giornata iniziata con un simpatico “uccello cardinale” simile ad un canarino tutto rosso che si posa sul tavolo della nostra veranda e così farà ogni giorno in attesta delle briciole della nostra colazione. L’auto arriva lunedì quindi per ora ci dedichiamo alle camminate lungo la spiaggia.
Siamo a Pointe aux Canonniers, all’ hotel Le Canonnier particolare per essere stato costruito intorno ai resti di un antico faro del 18° secolo ed agli antichi cannoni puntati verso nord.
Altra meraviglia è un bisecolare albero di banian (banyan in inglese) dove, grazie a scalini di lava nera, si raggiunge il cuore; tra le fronde 5 casette in legno ospitano il centro massaggi.
La prima camminata è verso sinistra fino alla fantastica pineta di Mont Choisy. Si, pineta, perchè tutta l’isola invece delle palme ha le casuarine, conifere australi che rendono il paesaggio a metà fra le Alpi ed i mari del sud.
E’ lunghissima almeno km 7/8 con sabbia candida e mare che vede, in lontananza, le onde infrangersi sulla barriera corallina. Anche questa, come tutte le spiagge di Mauritius, è pubblica comprese quelle degli alberghi dove si può accedere comodamente.
Se pensate che pubbliche vogliano dire disagio, confusione, sporco e nessun tipo di servizio, vi sbagliate di grosso. Qui tutto è in ordine con bagni, posti telefonici per le emergenze, camioncini con bibite e gelati.
Il sole brucia ma è mitigato dal vento costante che in questa spiaggia è leggera brezza mentre dal nostro lato, punta protesa tra due anse d’acqua, diventa a volte molto violento. Al calar del sole, purtroppo in questo periodo è alle 18,00, diventa pungente abbassando drasticamente la temperatura e costringendoci ad indossare una maglia.
Il primo di tanti tramonti a cui assisteremo è travolgente, il sole se ne và senza ostacoli oltre l’orizzonte, un tuffo nell’acqua e via, a svegliare i nostri amici che si trovano in vacanza in America.
Sabato 22 “colori ed odori” Ancora il sole. Taxi per la capitale che ci aspetterà per il ritorno. Contrattiamo per € 30 in tutto staremo via mezza giornata.
Attraversiamo il villaggio indù di Triolet che si estende per 5 km con ai due lati della strada case, empori e negozi di maglieria. Oggi è stranamente calmo e raggiungiamo la capitale in 30 minuti.
Ci facciamo lasciare al molo di Port Louis ben tenuto con i suoi bar e localini all’aperto sembra costruito da poco, una grande spianata con i sempre presenti cannoni puntati verso il mare.
Un sottopasso ci porta a Place des Armes da qui si dipanano le strade principali. In fondo, con le spalle verso il mare, si vede la Government House, la costruzione più antica dell’isola e dietro, lungo la strada a destra, il piccolo teatro del 1822.
Sempre avanti per questa via ed ecco la cattedrale cattolica del 1770 dove sono sepolte la moglie e la figlia di Mahé de la Bourdonnais, il fondatore dell’isola e primo governatore dal 1735.
Fronte alla chiesa teniamo la sinistra e passiamo di fronte alla moschea e poi un grande arco ci ricorda che stiamo entrando a Chinatown come dice la scritta posta in alto, e la pagoda poco avanti.
Ma non mancano neppure i templi Indù e sembra che tutte le religioni riescano a convivere tranquillamente.
Ma è il mercato che vogliamo vedere, meta obbligatoria per chi vuole capire un po’ di usi e costumi locali. Qui la sorpresa è tanta, non ci aspettavamo un mercato al coperto, ordinato e diviso per settori con cartelli esterni: macelleria, pescheria, vegetali e chincaglierie.
C’è pure chi vende tisane miracolose e ci mostra, con orgoglio ed una fotocopia in mano, che il suo banco è stato menzionato anche su di una rivista mensile italiana.
Purtroppo abbiamo dato appuntamento al taxista e dobbiamo rientrare. St. Louis ci ha regalato uno spaccato di colore locale denso di odori e di atmosfere.
Abbiamo anche il tempo di goderci altre 3 ore di sole prima che uno dei soliti acquazzoni (10 minuti) ci faccia correre in camera. E’ già buio e la cena ci aspetta.
Domenica 23 “preparo la mappa” Giornata dedicata alla preparazione della rotta, sono il navigatore, e qualche passeggiata lunedì 24 “uno spaccato di vita inaspettato” E’ arrivato il nostro cavallo a motore che ci porterà lungo strade, villaggi e chissà anche qualche avventura.
Per prendere confidenza con la guida a destra percorriamo solo 20 km lungo la superstrada che taglia l’isola dal nord a sud e consente di raggiungere comodamente i vari punti di visita proposti, secondo noi una pessima scelta perché è come uscire da un casello tra il traffico e trovarsi subito al centro commerciale. In seguito dovrò ricredermi perché utilizzando le strade secondarie ci vorrebbero almeno 10 giorni per vedere tutto dato che noi siamo alloggiati al nord, punto più lontano per raggiungere i luoghi, posti quasi tutti al centro-sud.
Pamplemousses ed il suo giardino botanico è la nostra meta. Questo era l’”orticello”, come trovo scritto su di una guida, di Mahè de la Bourdonnais dove vi fece costruire anche la sua casa Mon Plaisir, ora resta al suo posto una costruzione inglese dell’ottocento; e sempre qui il 2 dicembre 1810 i francesi tentarono di resistere all’attacco degli Inglesi. Fu trasformato in giardino botanico dal naturalista francese Piovre ed il botanico Ceré che lo acquistarono nel 1767.
A dispetto di chi mi aveva detto che non era un granché io lo trovo molto interessante e la mia collezione di foto avrà come titolo “radici”. Con sguardo attento si incontrano varietà di radici arboree spettacolari, si passa da quelle esterne, sinuose ed enormi come tanti boa che strisciano sul terreno a quelle aeree conosciute come liane o talmente intricate da sembrare una matassa sospesa. Le ninfee giganti dell’Amazzonia possono sopportare il peso di 6 kg, purtroppo non sono in fiore, qui è inverno ed il loro habitat è umido e con temperature intorno ai 30°.
La guida dell’auto ora è più scorrevole quindi si prosegue a zonzo per Mauritius. Tra Rose Hill e Quatre Bornes, città residenziali altamente abitate, ci accodiamo ad una fila d’ auto che viaggiano a passo d’uomo. Le nostre imprecazioni trovano spiegazione dopo più di 30 minuti, quando attraversiamo il paese di Palma.
Siamo dietro ad una processione indù, è la festa di Ganesh, il dio elefante, e si stanno recando presso un punto d’acqua più vicina (fiume o mare) per celebrare il loro rito, la deposizione delle statue.
Ci precipitiamo, dopo aver superato la testa del corteo, presso la lunghissima spiaggia di Flic Flac, pubblica anche questa come tutte le altre e qui partecipiamo alle loro funzioni. Sono in molti, tutti i villaggi più vicini, ognuno con il proprio idolo. Si distribuiscono lungo la pineta, a pochi metri di distanza uno dall’altro. Iniziano le danze e le canzoni intorno al loro simbolo sacro posto sopra ad ogni camion, poi viene posato in spiaggia ed ogni officiante scava una buca ed accende un fuoco. Iniziano le offerte all’interno dei falò, principalmente cocchi e banane mentre viene scandita una litania simile al nostro rosario.
In un crescendo di tamburi , campanelli e melodie innalzano gli elefanti d’argilla coloratissimi che vengono portati in riva al mare. Tutti assistono dalla riva con i sari dalle tonalità più svariate, mani e volti ricoperti da una tintura rossa.
Mi avvicino anch’io e qui avviene un fatto strano, il mare è calmo, gli uomini entrano in acqua con le spalle rivolte all’oceano e si immergono tre volte per poi depositare Ganesh sul fondo. Un’onda improvvisa ci travolge fino alle ginocchia come fosse un’atto di ringraziamento per tanta devozione.
“Suggestione o realtà?” Nella strada del rientro deviamo per Moka la capitale culturale dell’isola. Vi si trovano infatti i due più importanti istituti accademici: la University of Mauritius ed il Mahatma Gandhi Institute, fondato per tutelare e promuovere la cultura indiana del paese.
Siamo qui per visitare la villa Eureka, ai piedi delle colline di Orly, la più grande casa creola dell’isola. Fu costruita nel 1830 da ricchi piantatori ed abitata fino al 1986, le sue 14 stanze hanno visto il passaggio di vari personaggi illustri compresi i membri della famiglia reale inglese. “Accidenti è chiusa…” Ma non demordiamo. Sembra ci siano dei lavori in corso, tra cavi e generatori entriamo con gli operai dal retro. Scopriamo ben pesto che sono in corso le riprese di un film di produzione indiana; col consenso della troupe ci aggiriamo tra le stanze forse ancora più interessanti perché abbellite per l’occasione con tende e lenzuola di seta sui letti.
Le attrici, attraenti come tutte le indiane, si rilassano sulla grande veranda posta di fronte ad un ampio giardino prima del ciak iniziale.
Un sentiero scende fino ai piedi di una cascata.
Tornati in hotel scopriamo che ha piovuto quasi tutto il pomeriggio, non abbiamo perso niente anzi, ci siamo arricchiti in modo più che fortunato.
Martedì 25 “Piove governo ladro…” …Si dice dalle nostre parti. Ottimo perché è il momento migliore per girare senza perdere il relax al sole; visto che il percorso è lungo ci sposteremo verso sud percorrendo la superstrada fino all’uscita aeroporto per poi risalire seguendo tutta la costa da est ad ovest.
L’interno ci riserva sterminati campi di canna da zucchero ed è anche il periodo giusto per vederne la raccolta. L’ Escalier ha un grosso zuccherificio, i camion carichi attendono in fila ordinata di fronte al cancello dove sul terreno è posta la pesa.
“Secondo voi Robi non provava ad entrare?” Con faccia tosta ed il consenso del custode posto al cancello varchiamo la soglia e raggiungiamo il punto di raccolta dove una gru solleva il carico e lo depone in nastri trasportatori. E qui veniamo fermati dall’addetto alla sicurezza che ci fa allontanare.
“Peccato”.
Continuiamo la discesa verso la costa sud, nell’abitato di Souillac un minuscolo cartello scritto a mano indica Rochester Fall, come non deviare per dare una sbirciatina? La strada asfaltata diviene ben presto una pista che attraversa le piantagioni, sempre più stretta quasi a strisciare l’auto. Sbuchiamo in una radura di campi coltivati ad ortaggi e qui ci fermiamo perché impossibile proseguire, un ruscello di fango ha preso il posto del sentiero a causa della pioggia. Un contadino solerte, ed in cerca di mancia, ci accompagna lungo il percorso con i piedi in ammollo.
In cinque minuti siamo in vista delle cascate sulla loro sommità. Il rumore è assordante, l’acqua del torrente ha scavato nel corso dei secoli le rocce basaltiche fino a farle assomigliar a canne d’organo.
Proseguiamo in discesa tra la vegetazione fino alla base dove si è formato un piccolo lago prima di convogliare nuovamente le acque in un nuovo ruscello.
Belle, forse di più per non essere oggetto di tour organizzati.
Risaliamo verso l’auto e ringraziamo la “guida per caso” con 100 rupie, abbastanza per lui ma per noi sono solo € 2,50.
Sbuchiamo sulla costa e tra prati verdissimi ammiriamo dall’alto le scogliere di Gris Gris dove il mare, non protetto dalla barriera corallina, si infrange con onde altissime. Il tempo per due foto e la pioggia ricomincia per non abbandonarci più.
Prima di tornare a nord percorriamo un pezzo di litoranea che col sole deve essere magnifica. Ma le nuvole basse ci impediscono di ammirare il profilo del monte più fotografato nei pressi di Le Morne.
Direzione Chamarel e sosta in una distilleria del famoso Rum.
Se il tempo è clemente domani ritorniamo, qui al sud, per altre scoperte.
Ora si sta facendo buio e la strada per tornare è ancora lunga.
Mercoledì 26 “a zonzo tra le nuvole” Superstrada uscita Curapipe e poi Floreal. Saliamo una piccola collina nel mezzo dell’abitato fino a raggiungere la cima, un piccolo cratere vulcanico che nel corso dei millenni si è ricoperto di vegetazione lasciando intravedere nel fondo un piccolo lago. E’ Trou-aux-Cerfs e dai bordi si gode un bel panorama sulla città. Ecco il punto dolente, il panorama che è quasi inesistente date le nuvole e la strada asfaltata percorsa da centinaia di pulmini e taxi, depositano senza fatica i turisti. Forse lasciando la natura com’era, ora ci sarebbe un bel sentiero da percorrere a piedi e l’emozione sarebbe stata grande anche se si tratta di poco più di una pozza. Però pensando a come ci siano voluti mill’enni per creare tutto ciò un pò di rispetto è dovuto.
Scendiamo lungo la statale che attraversa la foresta prima di trovare un cartello che indicano le Tamarin Falls, chiediamo il sentiero ma non è facile raggiungerle, ci vuole tempo, sono 7 su vari livelli e noi optiamo per continuare il tragitto che ci eravamo prefissati.
L’auto ormai ha cambiato colore, sembra un fuoristrada piena di fango e terra.
Proseguiamo per la classica rotta turistica, l’asfalto costeggia Mare-aux-Vacoas riserva idrica dell’isola e lago naturale.
Una piccola deviazione a sinistra e siamo al cospetto di Grand Bassin o Ganga Talao.
Una suggestiva leggenda è legata a questo lago sacro, secondo la tradizione sarebbe nato dalle gocce d’acqua cadute dal capo del dio Shiva, affascinato dalla bellezza di Mauritius, mentre volando portava su di sé il fiume Gange per impedire un’inondazione. Ogni anno fra febbraio e marzo il bacino è meta di un pellegrinaggio che la popolazione indù dell’isola compie per rendere omaggio al dio in occasione del Maha Shivaratree, la più grande festa religiosa al di fuori dei confini dell’India: vestiti di bianco , i pellegrini vanno in processione fino al lago portando un Kanvar, una struttura di legno ornata di fiori di carta e giunti a destinazione bruciano incenso gettando in acqua offerte di cibo e fiori. Le nuvole sono basse, sembra nebbia, sicuramente un turista che arrivi in questo momento dirà che non valeva la pena arrivare fino a qui. “Non basta guardare, occorre guardare con gli occhi di chi vuol vedere” (G. Galilei) Un’imponente statua di Shiva domina il luogo ai cui piedi sono deposte offerte in cestini di banane con infilati bastoncini d’incenso.
Ritorniamo sulla strada principale, ci stiamo inoltrando fra le montagne della selvaggia Plain Champagne a 744 metri di altitudine. Siamo ritornati sulla strada percorsa ieri, tempo grigio ma non piove. Una sosta d’obbligo è al belvedere che domina la Gorges de la Rivière Noire, parco nazionale dal 1994, con vista su verdi gole profonde e cascate ricoperte di foresta pluviale. Peccato non riuscire a vedere in lontananza il mare. Ancora pochi chilometri ed un cartello indica la nostra prossima meta: Chamarel.
L’ingresso è con l’auto, si pagano 100 rupie a persona, circa € 2.50 come ogni attrazione che andiamo a visitare. Dopo 2 km il primo stop per la cascata, un balzo di 10 metri dentro ad una profonda gola, molto suggestive ma io ripenso a quelle viste ieri che, con la loro difficoltà a raggiungerle, ci hanno regalato un’atmosfera magica anche se molto più piccole.
Altri 500 metri ed eccoci alle famose Terre Colorate, una serie di dune composte da ceneri vulcaniche pietrificate con tinte incredibili.
Riusciamo a decifrare le varie sfumature, dal rosso al giallo nonostante le nuvole. Chissà col sole! Anche qui il sito non è che un fazzoletto di terra ma io penso alla loro strana formazione senza sentirmi un turista insoddisfatto.
Il rientro è lungo la costa ovest ma il tempo diventa sempre più brutto, possibile che non riesca a fotografare questo tratto di mare? Risaliamo fino a Tabarin, la zona è nota per le sue saline ed in una di queste, con uno squarcio di cielo finalmente blu, si riflette il profilo della Montagne du Rempart, 777 metri, il “Cervino tascabile” secondo la definizione di Mark Twain.
Deviazione Bambous e poi superstrada. Ormai sono le 18,00 acceleriamo il passo.
Giovedì 27 “i colori del mare” Torna uno splendido sole è l’ultimo giorno d’auto e ci regaliamo il tour della costa est per ammirare le spiagge.
Cap Malheureux è la prima tappa, punto più settentrionale a pochi chilometri da noi. Di fronte gli isolotti vulcanici di Coin de Mire, scogliera a picco sul mare visibile anche dal nostro hotel, Ile Plate, Ile-aux-Serpent e Ile Ronde. Dietro a queste, nel 1810, le navi inglesi si nascosero prima di sferrare l’ultimo e vittorioso attacco all’allora Ile de France sotto il dominio francese. Attraverso il mio obbiettivo, vedo una chiesetta dal tetto rosso con il piccolo campanile a fianco.
Scendiamo a Poudre d’Or dove, a ridosso dell’’Ile d’Ambre, nel 1744 e precisamente il 17 agosto, naufragò la nave Saint Géran; di 130 passeggeri se ne salvarono solo 9.
Da questa storia nacque un romanzo “Paul e Virgine ” scritto nel 1788 da Bernardin de St.Pierre che vede come protagonisti due giovani creoli la cui relazione non era vista di buon occhio dalle rispettive famiglie. Virgine fu mandata a studiare in Francia ed il suo ritorno a bordo di quella nave fu tragico. Paul a sua volta morì per la disperazione.
Continuiamo a costeggiare pinete verdissime che fanno da contrasto con il blu delle acque.
A Pointe de Flacq un tempio indù è proteso su tre lati dal mare. Ci fermiamo per salire i gradini ed entrare. Come ogni giorno, in ogni tempio, c’è sempre qualche donna che si ferma per pregare e portare offerte. Più avanti Palmar una piccola sosta sulla splendida spiaggia per pranzare con le nostre fettine di cocco. Nessuno disturba la pace che regna su queste pinete con i loro prati che scendono ai bordi della sabbia. Ci chiediamo se è sempre così o solo in questo mese visto che qui ora è inverno.
Arriviamo all’abitato di Touessrok dove lasciamo l’auto per salire su di uno dei tanti battelli che fanno la spola con l’ Ile-aux-Cerfs nome dato per l’introduzione dei cervi da parte degli olandesi. Il nostro tour operator ci proponeva questa escursione a bordo di un catamarano con tanto di musica e pranzo a € 75 a persona, noi con 500 rupie a coppia (€ 12) prendiamo un biglietto di andata e ritorno. E’ vero, non è la stessa cosa perché la navigazione all’interno della barriera è fantastica, ma con quei soldi ci siamo pagati l’auto per 4 giorni.
Approdiamo in questo lembo di terra protetta da una laguna azzurrissima dopo aver percorso un tratto tra bellissime mangrovie.
Avevo spesso sognato di andare in Nuova Caledonia per ammirare quella chiamata “isola dei pini” ho visto le foto solo su riviste turistiche quindi non posso essere certa, ma questa sembra la sua isola gemella, non ci sono palme che ombreggiano la striscia di sabbia ma un bosco di pini, un po’ come in tutta Mauritus. Ci allontaniamo dall’imbarcadero, dove la maggior parte della gente si ferma data la presenza di bar e negozietti di souvenir, camminando verso il lato esposto all’oceano. A parte un paio di persone in lontananza non si vede più nessuno. Il mare ci regala un’infinità di stelle marine già nell’acqua bassa della riva,e la sabbia si può proprio definire “di corallo” disseminata com’è da questi pezzetti. Un po’ di relax al sole e poi rientriamo col motoscafo che salpa ogni mezz’ora.
Il periplo della costa est continua.
A Grand Rivière Sud-Est, non facilissima da localizzare in quanto indicata nei cartelli con GRSE sbuca, tra cascate, il fiume più lungo dell’isola in fondo ad un fiordo profondo. Nel tour in catamarano era compresa anche questa visita ma con poche rupie, ci sono dei battelli che ti portano ai bordi della cascata facendoti anche scendere per risalire a piedi le medesime. “E’ questione di scelte!” La strada costiera ci porta a Vieux Grand Port, in fondo ad una vasta baia ed ai piedi un picco dalla forma di un leone (io ci vedo un cane) accovacciato con la testa tra le zampe anteriori, la Montagne du Lion. Qui sbarcarono i primi Olandesi nel 1598 quando Mauritius era ancora un Eden incontaminato.
A Mahebourg non possiamo fermarci, sembra impossibile ma per fare 40 chilometri ci mettiamo una giornata intera tra deviazioni e soste. Tante sono le cose da vedere che mi viene la rabbia per non riuscire a dare delle priorità alle visite.
Tagliamo verso l’interno tra i “soliti” campi di canna; degli agricoltori a bordo di una potente trebbia le stanno tagliando ed il mezzo le riversa direttamente su di un camion che l’affianca. Ci fermiamo un po’ con loro prima di proseguire.
L’isola in se non è molto grande, come già scritto, ma il tempo per girarla tutta come noi richiede giornate intere, anche i limiti di velocità non aiutano, 40 nei paesi e 60 al di fuori. Poliziotti sono in agguato ovunque ed anche dotati di telelaser.
Alle 19,00 in pieno buio siamo in albergo, ci spiace dover riconsegnare l’auto, volendo fare i pignoli ci manca ancora un piccolissimo angolo da esplorare.
Venerdì 28 “passeggiando per la spiaggia” Giornata strepitosa di sole, il relax è iniziato. Sdraio e …Via dopo un’ ora. Non riesco a non fare niente anche se ho un coinvolgente libro da leggere.
Camminiamo verso la spiaggia a destra non ancora da noi esplorata. Una fila di ville chiuse ci lascia sbigottiti per la loro bellezza con tanto di prato verde che scende a riva, buganvillee dai svariati colori ed architetture che sembrano copiare le dimore della costa Californiana. Questo tratto di mare non è molto usato se non dai residenti delle abitazioni che fanno solo scivolare i loro motoscafi in acqua, così nella sabbia restano ancora alghe ed enormi pezzi di corallo il che mi fa pensare alle condizioni ambientali non molto edificanti che anno portato alla morte di queste colonie di minuscoli esseri viventi.
L’industrializzazione, dopo l’indipendenza, è stata enorme e senza controlli, ogni settore doveva mettere le mani su questo pozzo d’oro. Milioni di residui da lavorazioni varie sono stati riversati in mare; finalmente sembra che il governo ne abbia preso atto ed ora si sta cercando di porre rimedio limitando gli scarichi e costruendo depuratori.
Ma ci vorrà tempo per ricreare quello che la natura ha costruito in migliaia di anni e la civiltà ha distrutto in solo trenta.
Sabato 29 “con la panza in aria” Ancora tempo bello e senza nuvole. Mi azzardo un po’ più dei primi giorni ed entro in acqua. Ora la temperatura del mare inizia a salire, non più freddo come i primi giorni o, forse, è perché ci stiamo abituando. Anche la sera abbandono le felpe tanto care all’inizio quando il vento notturno faceva scendere drasticamente la temperatura a 17/18 gradi.
Sconsiglio comunque le sere d’agosto certi vestitini fatti di niente appoggiati sopra a certe pelle d’oca portate con disinvoltura a cena e poi scaldate con tisane calde nel bar. Almeno un copri spalle è necessario.
Riusciamo anche a tirar tardi chiacchierando con altri italiani conosciuti dopo due giorni di immobilità più assoluta.
Prima era impensabile in quanto eravamo sconosciuti dalla maggior parte degli ospiti.
Domenica 30 “la noia si impossessa di me” Ancora fermi ma c’è sempre qualcosa da fare se vi piace la vita di villaggio.
Qui gratis ti offrono gite in barca col fondo di vetro, canoa, sci d’acqua barchette a vela. Se devo essere sincera mi manca la nostra piccola auto è un modo diverso di vivere la vacanza e questo paradiso. Capisco che le coppie in luna di miele, e qui pare ci siano solo quelle, siano interessate al riposo dopo lo stress del matrimonio, ma perdersi le visite… Un altro giro vorrei proprio farlo ed ho finito anche il libro che mi ero portata…Ma non oso chiederlo a Roberto. Due giorni d’ozio sono troppi ma mi adatto alle esigenze del marito come lui ha fatto con me portandomi a zonzo (ma so che è piaciuto anche a lui).
Lunedì 31 “…E via…” Sole, ci guardiamo negli occhi e pronunciamo insieme la parola magica… “auto?” Contattiamo un’agenzia al di fuori dell’ hotel e la noleggiamo per € 33 tutta la giornata. Ci sta stretto non aver goduto del panorama della zona di Le Morne.
Lasciamo l’autostrada nei pressi di Quatre Borne e passiamo nuovamente l’abitato di Palma dove avevamo visto l’inizio della processione in onore di Ganesh. Una curva della strada affianca un piccolo torrente dove sono ancora immerse le innumerevoli statue del dio elefante in attesa che l’acqua le sciolga.
Morne Brabant, una montagna-penisola di 566 metri a sud-ovest, si protende in mare con pareti a picco e chiude la Baie du Cap.
Su questo luogo inaccessibile si rifugiarono gli schiavi ribelli agli olandesi. Quando la schiavitù fu abolita, i soldati salirono fin qui per annunciare loro che finalmente erano uomini liberi ma molti di loro, convinti fosse una trappola, si uccisero gettandosi in mare.
Finalmente il profilo del monte appare in tutta la sua bellezza, non c’è una nuvola ad ostacolare la vista. La spiaggia che lo costeggia è dominio degli alberghi più esclusivi, come fare per ammirarla? “Mi viene un’idea brillante”! Raggiunto l’ingresso dell’hotel Le Paradis e visto che è della stessa catena del nostro, la Beachcomber, chiedo se gentilmente ci fanno entrare per dare una sbirciatina. Lasciamo il nostro nome ed il numero 131 della camera dove alloggiamo e varchiamo il cancello. Si attraversa il campo da golf dove si aggirano le buffe macchinette elettriche ed eccoci alla reception. Bello, curato nei minimi particolari, persino quadri appesi sopra la tazza del water al posto della cassetta per l’acqua. Ma lo spettacolo migliore lo dà il mare che incornicia in entrambi i lati la roccia solitaria. Qui sono presenti le palme, spiaggia candida ed acqua trasparente. Una chicca, il silenzio più totale è dato anche grazie a delle bandierine poste sotto l’ombrellone di paglia che vengono innalzare all’occorrenza con su la scritta “non disturbare grazie”.
Ci sdraiamo in questo paradiso a cinque stelle e ci restiamo per un paio d’ore prima di riprendere il cammino.
Seguiamo la strada che costeggia il piccolo promontorio e sulla punta estrema, il vento che soffia impetuoso rivela ai nostri occhi decine di aquiloni colorati che si innalzano nel cielo. Non sembra più di essere in un posto esclusivo, tanti giovani con i loro asciugamani gettati terra e le tavole da, kit surf, windsurf e surf sfrecciano tra le onde. Una piccola Fuerteventura o le coste del Pacifico Australiano.
La strada qui termina e penso proprio che questo posto sia conosciuto solo da chi pratica questi sport.
Stiamo percorrendo a ritroso la strada che giorni prima ci faceva sentire in autunno. Ora si rivela in tutta la sua bellezza.
Entriamo verso l’interno all’altezza di Bel Ombre, superiamo nuovamente il lago sacro ed Bois Chèri villaggio tra colline ricoperte di piccole siepi verdi, sono campi di the nell’aria c’è un profumo particolare.
Ci immettiamo nella ormai conosciuta via più rapida all’altezza di Nouvelle France.
Tappa successiva è Port Louis ed il suo Waterfront, zona pedonale con localini,negozi centri d’artigianato ed il casinò.
Purtroppo i negozi stanno già chiudendo, qui non si scherza la precisione è tipica inglese, alle 17 si ferma tutto, ultimo sguardo al sole che sta tramontando, colora di rosso le barche della darsena ed incendia il mare.
Martedì 1 settembre “sciando sull’acqua” Valige, la parte più fastidiosa, le prepariamo subito così nel pomeriggio Roberto si regala l’esperienza dello sci nautico.
Una barca ci porta ad una piattaforma posta di fronte alla pineta di Mont Choisy. Una breve spiegazione da parte di un istruttore ed è arrivato il momento fatidico. Il motoscafo sfreccia e Robi riesce ad alzarsi lasciando dietro di se una scia d’acqua tra gli applausi dei neo sposi conosciuti.
Ecco, questo è quello che abbiamo visto e vissuto, ma lo sguardo sereno e la misticità degli indù è quello che mi porterò come ricordo.