Morocco
Il treno è incandescente per le altissime temperature, cerchiamo di catturare al meglio la poca aria che fuoriesce da malandati condizionatori. A Rabat ci conforta la brezza marina che viene dall’Oceano.
Siamo subito alla scoperta della città.
La Medina di Rabat è un dedalo di viuzze che nascondono scene di vita e di commercio improbabili e talvolta fuori dal tempo. Usciti dall’intrigo della Medina, dopo aver provato il pane arabo con acciughe fritte e peperoni verdi arrostiti ci inoltriamo nella Kasbah di Oudaias, la parte più antica della città, che si arrocca tra le sponde dell’Oued Bou Regreg ad est e l’oceano Atlantico ad ovest. La casbah esercita un fascino immediato. Il bianco delle case e l’azzurro abbagliante delle decorazioni e degli ingressi fa dimenticare presto i cimiteri che si allungano paralleli alla costa.
2° giorno In auto si parte da Rabat con destinazione accattivante: la città imperiale di Fes.
196 Km percorsi in comoda autostrada.
La Nouvelle Ville di Fes non presenta aspetti interessanti.
Tuttavia, appena entrati nella Medina, viene immediatamente trattenuto il fiato.
La porta che fiancheggia il Palazzo Reale merita una sosta prolungata per la cinta imponente e per gli ingressi in architettura tipicamente araba.
La Medina è un incrocio di stradine chiassose, fortificazioni che chiudono le residenze, le case e le voci della città in una dimensione fuori dal tempo, dallo spazio e dalla modernità.
Abbiamo percorso gli itinerari indicati con cartelli dal diverso colore, ciascuno dei quali descrive una storia e un’epoca differente nello sviluppo della città.
In ogni angolo una fontana con le preziose piastrelle zellij.
La più bella è quella sita in Place AN-NEJJARINE.
Attraverso un dedalo inestricabile e caravanserragli berberi vivi come non mai giungiamo alla collina con la tomba dei Merenidi lì adagiate.
Sotto di noi si apre l’intera Medina.
E’ da lì che ne apprezziamo la sua estensione che si perde a vista d’occhio.
Il fumo nero che da scorgiamo all’orizzonte proviene dalle fabbriche che producono le note ceramiche blu di Fes. 3° giorno In macchina di buon ora verso Meknes. Prima, però, è doverosa una sosta in un piccolo villaggio chiuso tra valli verdeggianti. E’ Moulay Idriss, luogo di pellegrinaggio per i marocchini in onore di un Marabut. Non è per questo che siamo giunti in questo bianco villaggio adagiato su di una collina. Il nostro interesse è per la magia che sprigiona questo piccolo centro tutto imbiancato a calce. Bellissimo anche il souk, qui il salto nel tempo è inevitabile ed immediato. Dopo Moulay Idriss ci incamminiamo verso la vicina Volubilis ove, su di una distesa di campi gialli e marroni si aprono le rovine romane più importanti di tutto il Marocco. Sebbene provenienti dalla Magna Grecia, disseminata ovunque di resti archeologici, la nostra sensazione è ugualmente forte.
Facciamo, poi, rotta verso Meknes. Sotto un cielo terso ed un solleone che si fa decisamente sentire, arriviamo alla Nouvelle Ville. Percorrendo la strada che dalla città nuova si dirige verso la Medina, notiamo come il passaggio dall’architettura moderna agli antichi e agli intrighi degli antichi quartieri sia graduale ed armonioso. Giungiamo nel cuore della città imperiale. Rimaniamo abbagliati dalla porta più imponente del Marocco. Siamo dinanzi alla maestosa Bab el- Manour. La grande piazza che si apre davanti a Bab el-Mansour è Place el-Hedim, costruita da Moulay Ismail ed in origine usata per i proclami reali e le pubbliche esecuzioni, oggi è l’anticamera della Medina, dove giocolieri, acrobati, ambulanti che vendono rimedi miracolosi e berberi con mercanzie provenienti dal deserto l’animano fine a notte inoltrata. Dopo una vista alla Medina ci fermiamo in un ristornino della Place el-Hedim, dove in un’atmosfera irreale e giocosa, proviamo una delle più gustose tajine del Marocco.
E’ il giorno dell’atteso trasferimento verso sud.
Percorriamo la N13, una lingua d’asfalto.
Due corsie, una che va verso Nord una verso Sud, che muoiono a Rissani, lasciando spazio alle dune dell’ERG CHEBBI.
Valichiamo il passo di Tizi N – Tairhemt a 1907 mt.
La natura è arida, selvaggia, il deserto roccioso e ostile.
Siamo nella regione del Tafilalt.
Costeggiamo i Xsar e le prime kasbha fortificate. I colori si integrano perfettamente con la natura circostante.
Bambini spuntano ad ogni angolo per vendere datteri o per chiedere doni.
Entriamo nelle Gole dello Ziz, il fiume che dà la vita all’intera valle.
Sulle sponde del rivolo d’acqua si distendono chilometri e chilometri di palmeti rigogliosi, oasi straordinarie che faticheremo a dimenticare.
L’acqua turchese della diga di Hassan Adakahl accende d’azzurro il paesaggio. Il viaggio diventa incanto.
Superata Errachidia arriviamo alla valle dello Ziz dominata da palmeti carichi di datteri. Sembra di (ri)vivere le scene di tanti film ambientati in Africa.
La magia dei luoghi ci fa dimenticare presto anche il surriscaldamento del radiatore che ci costringe a soste ripetute.
Verso le h.18 arriviamo a Erfoud, cittadina desolatissima alle porte dell’ERG CHEBBI.
Ci attendono 49°, uno scirocco costante, una tempesta di sabbia che fa roteare ogni cosa nei vortici d’aria.
Sorseggiamo un tea alla menta in quest’ultimo avamposto in mezzo al nulla e proseguiamo per Merzouga dove la N13 si spegne.
Alle 19 h. Siamo nel Sahara. Le dune rosse esercitano un fascino difficile da spiegare. Al tramonto, in piena oscurità, decidiamo di continuare per Taouz, l’ultimissimo villaggio prima dell’immensità del Sahara. La strada termina lì, nei pressi di un improbabile bar che vende poche bevande a camionisti e ad avventurosi viaggiatori. Dopo il baretto una porta e poi le piste utilizzate da carovanieri e per correre la Paris – Dakar.
Più giù, a 60 Km. Il confine con l’Algeria, ancora oggi pericoloso e carico di mine.
Alle h. 22.30 siamo di ritorno a Erfoud.
5° giorno.
E’ il giorno elle grandi vallate del Marocco. Di nuovo sulla N 13 direzione nord, fino ad E-Rechidia. Poi ad ovest verso Ouarzazate lungo la N 10. Un inatteso posto di blocco con autovelox della polizia locale ci impegna in una snervante e lunga trattativa. Trattare su tutto è un’abitudine diffusa in Marocco. Nemmeno la polizia si sottrae ai costumi locali. Ci viene chiesto con insistenza il pagamento di un importo di 400 DH. Dopo aver sborsato 50 DH, siamo liberi di proseguire il nostro viaggio. A Tineghir imbocchiamo la stradina che si inerpica tra ripide montagne. Stiamo attraversando la Gorges du Todra. Le rosse rocce giurassiche contornano i palmeti dello Oued du Todra. Vi sono principalmente famiglie marocchine intente a picnic improvvisati e a bagni refrigeranti nelle azzurre acque del Todra. Il paesaggio è mozzafiato. Ritornati a Tineghir riprendiamo la N 13 direzione ovest. A Boumanine ed Dades voltiamo a destra per immergerci nelle Gorges du Dades. Ancora palmeti e ksour ai lati dei tornanti. I castelli di fango dominano piccoli villaggi in simbiosi perfetta con la rossa vallata e con il verde della estesa vegetazione. Tornati sulla N 10 proseguiamo in direzione ovest lungo la valle Du Dades. Sullo sfondo l’alto Atlante. Siamo nella valle delle mille casbah, famosa per i suoi roseti. La strada i addentra nella valle dove lo sguardo si perde nei colori del blu e del grigio delle “mesa” ai lati della carreggiata. Ksour e palmerie ci accompagnano fino ad Ouarzazate dove decidiamo di passare la notte. La città ha una casbah molto ben tenuta e recentemente restaurata. Il souk è particolarmente vivace, come in ogni angolo del Marocco. 6° giorno In rotta verso il profondo sud. La destinazione del giorno è Zagora, altra porta del deserto, stavolta è l’Erg Chigaga. La strada è la N 9. Immersa in una luce che acceca sempre più la N 9 ci conduce sulle montagne dell’alto Atlante. A 1660 metri sul livello del mare superiamo il passo di Tizi –N-Tinififft. Le alture sono bellissime con spuntoni di roccia rossa che rende il paesaggio lunare. Dopo Agdz, villaggio berbero, inizia la valle del Dra. Il corso d’acqua dà vita alle oasi lungo la valle,gli ksour si susseguono per chilometri. L’emozione è intensa. Arriviamo a Zagora, cittadina desolata, chiusa tra due jabel, le catene montuose. Il caldo è soffocante e non ci dà tregua nemmeno nelle ore più tarde della notte. Alloggiamo a Villa Zagora, un riad splendido in un impeccabile stile arabo, coccolati dallo staff estremamente cortese. Il giorno seguente in viaggio verso M’Hamid dove la N 9 termina per lasciare spazio al deserto. M’Hamid sembra indicare la fine del mondo. Siamo a 50° gradi, l’ombra è un bene preziosissimo. I movimenti sono lentissimi. Veniamo immediatamente rapiti dalle atmosfere sahariane e dalle storie che ci raccontano i Saharawi che incontriamo nel villaggio. Tutti ci parlano del confine conteso tra il Marocco e il fronte del Polisario, ovvero della regione sud-sahariana che dagli anni ’70 è sotto una pesante pressione da parte del Marocco. I fieri saharawi raccontano delle loro rivendicazioni, seppure col timore di rappresaglie politiche.
Un giovane saharawi, Ali, a bordo di una 4X4 ci porta sulle piste che conducono alle dune dell’ERG CHIGAGA. Ceniamo coi saharawi e dormiamo sotto il cielo luminoso del Sahara.
7° giorno Dal deserto, ad alcune decine di chilometri dal confine con il Sahara Occidentale, ci dirigiamo verso Marrakech, 450 km più a nord-est di M’Hamid, passando nuovamente per Ouarzazate. Prima c’è da valicare il passo di Tizi N-Tinififft. Sempre sulla N 9, a temperature proibitive col radiatore che ne risente. Prima, però, c’è da attraversare il passo di Tizi N-Ntchka a 2260 metri. E’ un valico stretto e senza parapetti, con tornanti a strapiombo che mettono i brividi. Procediamo in silenzio, trattenendo il fiato. Attraversiamo la splendida valle dallo Zat. Il paesaggio è ancora una volta lunare. Uno dei luoghi più incantevoli ed incontaminati del viaggio. La rocce sono di colori vivi e cangianti. I villaggi abbarbicati sui versanti ci riportano continuamente indietro nel tempo. E’ l’Alto Atlante. Arriviamo a Marrakech nel tardo pomeriggio, sfiniti.
8° giorno Dopo aver lasciato in aeroporto l’auto noleggiata a Rabat, ci immergiamo nel calore e nei colori della rumorosa piazza di Djema-El-Fna. La città non impressiona particolarmente. Forse le aspettative erano troppo alte. Dopo un giro nel Souq, affrontiamo nel tardo pomeriggio la nota piazza animata fino a notte inoltrata di giocolieri, marabut, incantatori di serpenti, venditori di dentiere. Ceniamo, ovviamente , in uno dei tanti ristoranti all’aperto sistemati nel centro della piazza tra i fumi delle carni arrostite ed il vociare assordante dei procacciatori.
9° giorno Dopo poco più di tre ore su di un bus locale un po’ malandato, siamo ad Essaouira. La sua Medina è in stile coloniale, bianco il colore dominante interrotto dall’azzurro delle cornici delle porte e delle finestre. E’ un luogo di grande richiamo. Cittadina sul mare che ricorda molto le atmosfere dalla Bretagna o della Grecia. La vivacità più intensa la troviamo nel suoq tipicamente arabo e nella zona del porto dove, tra pescherecci, è possibile comprare e farsi preparare del pesce ancora vivo. Gli alisei, poi, battono constantemente questa stupenda cittadina. 10° giorno.
Di nuovo a Marrakech aspettando l’aereo che ci riporta in Italia, ci perdiamo ancora una volta tra le viuzze del souq.
Per concludere…Il Marocco e’ un posto magico, colorato, profumato che ti avvolge. Il sorriso dei bimbi, l’ospitalita’ degli anziani ed il calore del deserto nel profondissimo sud, valgono la pena di essere vissuti.