Tornare a Parigi da turistadi dopo averci abitato
Chi ha dimestichezza con la città per avervi vissuto e lavorato, ritornando sceglie l’albergo in base ai propri gusti e esigenze: l’importante è che sia vicino a stazioni “strategiche” della metropolitana, dove si incrociano linee che portano alle destinazioni preferite con il minore numero di cambi. Esempio: da qualche anno ormai la nostra base è il “Central Paris”, due stelle, al numero 1 di Rue (attenzione “rue”, non “avenue”) du Maine: semplice, ma molto pulito e tranquillo (dà su un silenzioso “square” triangolare alberato all’ombra della Torre di Montparnasse). Sullo stesso marciapiede, a destra il bistrot dell’angolo con Rue de la Gaité, a sinistra il ristorante la “Moule en Folie”, con le impareggiabili piccole cozze di Saint Michel. A cento metri, un supermercato Monoprix con un ricco reparto di panetteria-pasticceria. Quanto al metrò, la stazione Edgar Quinet serve la linea 6, Nation-Ėtoile (sorta di circonvallazione est-ovest), mentre a Monparnasse-Bienvenüe passano linee essenziali, tra cui la 4 sud-nord ( Porte d’Orléans-Porte de Clignancourt). Poi, nella piazza di Montparnasse (che ora ricorda la data del 18 giugno 1940, quando il generale de Gaulle lanciò da Londra il suo appello per liberare la Francia occupata dai tedeschi) transitano, tra gli altri, gli autobus 96 (Saint-Germain, Notre-Dame, Hotel de Ville, Marais, Porte des Lilas) e 91 (per la Gare de Lyon, dove arriva la maggior parte dei treni dall’Italia, e la Bastiglia con il nuovo teatro dell’Opéra).
Seppur più bassa della Tour Eiffel, la torre di Montparnasse, con i suoi 150 metri, (salita 10 euro, grande vetrata con riferimenti e indicazioni, quiz elettronico sulla storia di Parigi, terrazza aperta ma antivertigini) mozza il fiato ai neofiti con la sua vista a 360 gradi e consente ai conoscitori-fotografi di aggiornare ogni volta il panorama parigino che si arricchisce sempre più in verticalità. La torre svetta dove c’era la vecchia stazione ferroviaria. In poche decine di anni alcune delle principali “Gare” hanno cambiato volto e spesso funzioni. Così quella di Montparnasse, è stata smantellata e totalmente rifatta qualche centinaio di metri più indietro: il nuovo complesso da cui sbuca il fascio dei binari racchiude un vasto giardino pensile chiamato “Atlantico” con piante rare, strumenti meteorologici e spazi per prendere il sole in relax. Su questo spazio verde si affaccia il Museo della Resistenza, intitolato a Jean Moulin, leader della lotta di liberazione. Qui, fino al 15 novembre, una esposizione raccoglie le testimonianze sulla moda e gli accessori negli anni della guerra: 400 oggetti mostrano come si cercava di essere eleganti riciclando, sfruttando ogni materiale (per non inciampare nelle strade buie durante il coprifuoco qualcuno escogitò scarpe con una piccola lampadina in punta alimentata da una pila, per non parlare di suole in legno elasticizzate). Uno spaccato di vita corredato da documenti e filmati d’epoca.
Sempre in tema di strutture ferroviarie dismesse, eccoci nella piazza della Bastiglia. Anche qui c’era una stazione. Oggi c’è il teatro nazionale Opéra Bastille, che compie vent’anni. Spariti treni e binari, il lungo viadotto che portava fuori città è stato trasformato in una “Promenade plantée”, una passeggiata sopraelevata lunga oltre 6 chilometri, piena di alberi, fiori, panchine, angolo rilassante per innamorati, amanti del jogging o della lettura. Affacciandosi alle balaustre si vede scorrere il traffico dei boulevard. Gli immensi spazi degli archi sotto il viadotto sono stati attrezzati in luminosi atelier di artisti, designer, raffinati artigiani (c’è anche un liutaio). I grandi camminatori possono arrivare fino al parco di Vincennes, oppure ci si può limitare a quello di Bercy, sulla riva destra della Senna, polmone di verde in una zona completamente rinnovata, accanto a una stazione modernizzata con grande genialità architettonica.
Le gente prende il sole, fa picnic, gioca alla petanque o ai birilli. Si sale una scalinata che fiancheggia il parco e si imbocca la passerella Simone de Beauvoir, struttura flessuosa ed elegante che scavalca i “quai” e la Senna portando pedoni e ciclisti sulla riva sinistra fino al piazzale della grande Biblioteca Mitterrand. Su entrambe le rive ci sono approdi della navetta fluviale “Voguéo”, servizio di trasporto pubblico su Senna e Marna inaugurato nel 2008 nel tratto fra la Gare d’Austerlitz e Maison-Alfort (periferia sudest di Parigi) per decongestionare il traffico casa-lavoro soprattutto negli orari di punta. Battelli per il trasporto passeggeri navigarono sulla Senna dal 1837 al 1934, poi furono soppiantati da treni e metrò: ora tornano d’attualità.
Intanto la Torre Eiffel compie 120 anni e Parigi dedica (fino al 30 settembre all’Hotel de Ville) una mostra (ingresso gratuito) su Gustave Eiffel, “il mago del ferro”, l’ingegnere che la concepì e la realizzò per l’Expo del 1889. E’ l’omaggio che ogni anno Parigi rende a un personaggio rappresentativo (negli anni scorsi la cantante Dalida e la principessa Grace di Monaco e, qualche mese fa, “le Petit Nicolas”, il ragazzino modello creato da Sempé e Goscinny). Una carrellata scrupolosa e istruttiva sul monumento che è divenuto il vero logo della Ville Lumière: e pensare all’epoca molti intellettuali avrebbero voluto abbatterla.
Chi invece, scendendo il boulevard Saint Michel prima dell’incrocio con il boulevard Saint Germain, vuole fare un salto indietro di secoli e apprendere tutto sulle cure del corpo e i cosmetici nell’antichità e nel Medio Evo trova (fino al 21 settembre) l’esposizione “Le bain et le miroir” (il bagno e lo specchio) al Museo del Medio Evo (più conosciuto come Hotel de Cluny): nella sala del “frigidarium” delle terme dell’antica Lutetia (il nucleo originario di Parigi) si scopre un campionario di pettini, spille, fiale per profumi, vasi che spiegano come anche allora la chimica e la botanica erano alla base di quella che è diventata l’industria della cosmesi e delle “Spa”. Dopo questa visita che lascia soltanto immaginare i profumi del passato, fate felice la donna che vi accompagna (moglie, fidanzata o altro) con una capatina ad un indirizzo famoso dell’Avenue Montaigne, la strada dell’alta moda (metrò Franklin-Roosevelt), angolo Rue François 1er: “Caron”, una bomboniera tutta specchi, boiserie laccate bianche, vasi di cristallo. Qui una squisita, elegante signora consiglierà alla fortunata un’essenza personalizzata di cui, con un rituale che ci è stato concesso fotografare, riempirà un’ampolla avvolta in bianco chiffon. Il signore intanto potrà scegliersi una cravatta classica dai colori vivi ma non sfacciati. Di classe anche la ricevuta: non un banale scontrino fiscale, ma una fattura su carta di pregio con il logo stampato in blu. Appena usciti, se golosi, fermatevi nel negozio accanto, “Fouquet”: quasi identico lo stile, ma altri profumi e tentazioni, cioè cioccolato e delicatezze. Se per le collezioni permanenti dei musei (molte visitabili gratuitamente) è abbastanza semplice trovare gli orari, per le date delle mostre temporanee è indispensabile consultare il settimanale Pariscope (esce al mercoledì). I quotidiani poi vanno spulciati anche nelle notiziole per trovare idee. L’appassionato di fotografia ha ancora qualche giorno per Henri Cartier-Bresson: una mostra chiude il 30 agosto al Museo d’arte moderna (metrò Jena o Alma-Marceau) l’altra (fino al 15 settembre) alla Maison européenne de la photographie (metrò Saint-Paul). E’ sempre istruttivo ripassare la lezione del “maestro dell’istante decisivo”. Alla stessa Maison, fino all’11 ottobre, di Bresson c’è anche un allievo e amico, Fernando Scianna, il primo italiano ammesso alla Agenzia Magnum, il Gotha della fotografia. Per aggiornarsi sull’arte contemporanea, bisogna sempre vedere che cosa offre la Fondation Cartier (boulevard Raspail, metrò Raspail) nel trasparente edificio in vetro e acciaio creato da Jean Nouvel: stavolta la enorme parete in vetro che delimita il giardino è scomparsa coperta da squillanti graffiti che giovani writers continuamente rinnovano lavorando sul marciapiede. All’interno , fino al 29 novembre, la mostra “Né dans la rue”, dedicata proprio a quell’”arte” che è nata in strada. Fotografie, filmati, effetti sonori, opere originali, didascalie illustrano e spiegano il fenomeno nato nei ghetti di New York e dilagato nel mondo. Di forte suggestione il documento sui “pixao” di San Paolo del Brasile che scorre ininterrottamente in una sala buia davanti a spettatori che siedono sul pavimento in una tappa della visita: le acrobazie di ragazzotti che scalano a mani nude i palazzi della metropoli per lasciare il loro segno dai piani più alti in giù danno le vertigini, suscitano mille interrogativi: è arte, è rabbia, è protesta, è disagio, è delinquenza? Ognuno risponde secondo la sua mentalità, certo è che la mostra, oltre alle performance dal vivo (per fortuna a livello strada…), offre tutti gli elementi per giudicare, .
Nelle nostre giornate c’anche spazio per il teatro. A Saint Michel, nella più turistica delle stradine, tra profumi di kebab e “frites”, tra i richiami degli imbonitori che rompono anche i piatti pur di farti entrare nei loro ristoranti, c’è una sala che contiene appena appena cento spettatori, ma trova un posto nel Guinness dei primati. E’ il teatro della Huchette (dal nome della via): qui, senza interruzione dal 1957, vanno in scena ogni sera (salvo la domenica e pochi altri festivi), una alle 19, l’altra alle 20, due pièces che hanno reso famoso il teatro dell’assurdo di Jonesco, “La cantatrice calva” e “La lezione”: il 18 agosto la rappresentazione numero 16.609. Nel dopoguerra era avanguardia, oggi sono opere classiche. Chi le ha viste 40 o 50 anni fa (il record è stato consacrato nel 2007, mentre il teatro ha compiuto 60 anni nel 2008, e nel 2009 sono stati festeggiati i 120 anni dalla nascita di Jonesco) oggi le riscopre anche più volte, magari portando figli o nipoti. E’ una piccola società di attori, che si alternano nei ruoli ogni quindici giorni, sotto la regìa di Ider Amekhchoun, uomo di cinema e teatro marocchino, che cominciò la carriera quando Pasolini girò in Marocco il suo “Edipo re”. Al posto delle vecchie panche in legno ora ci sono poltroncine rosse in stoffa, ma il clima e il décor sono rimasti quelli di una Parigi viva e pulsante, che sa conciliare in modo perfetto passato e futuro. Anche la Huchette, infatti, per fare quadrare i magri bilanci, deve impreziosire il suo storico binomio creando o ospitando piccole opere di grande gusto. Venerdì 28 agosto ha festeggiato la sua centesima rappresentazione “Petanque et sentiments” (bocce e sentimenti): solo in scena, Bernard Pinet, autore e attore, bonario titolare di un bistrot in un villaggio del Sud, interpreta 17 personaggi, dal figlio tontolone bocciato agli esami da postino, al commissario, al medico, al poeta, alla ragazza di vita, al fedele cane Iti. Storie semplici, ma cariche di sentimento, filosofia spicciola piena di buonsenso e tanto amore per le bocce che stanno sullo sfondo, tra i ravioli Saint Jean e il ricordo di Gaby, il grande amore che se n’è andato: tornerà? Adesso Pinet e le sue bocce andranno in tournée in provincia, mentre Guy Moign, uno dei pilastri della Huchette, mette in scena dal 9 settembre “La danseuse du crépuscule”, di Claudette Lawrence, con alcuni degli attori “della casa”. Al Teatro della Rive Gauche, a Montparnasse, è stato prorogato a fine settembre “La salle de bain” (la stanza da bagno): cinque brillanti attrici descrivono i drammi delle trentenni in crisi. La saggia madre di mezza età cerca di fare capire alla figlia che compie gli anni e alle sue tre amiche coetanee che in fondo una donna oltre alla carriera, all’indipendenza, all’emancipazione, ha tanto bisogno di essere semplicemente amata. Sembra di leggere la posta dei forum o dei giornali femminili, ma qui in più ci sono la verve e l’andirivieni nel bagno di casa che scandisce i colpi di scena: la festa è dietro la porta, non la si vede. Sipario. Applausi. Tra le cose non fatte di questa tornata, l’ascensione in mongolfiera (150 metri) al Parco Citröen (metrò Javel) lungo la Senna, ricavato dalle vecchie officine dell’omonima fabbrica di automobili. In precedenti soggiorni ci eravamo già presentati più volte, ma c’era sempre troppo vento, questa volta l’abbiamo guardata dall’alto in basso dall’elicottero (quota circa 300 metri): 45 minuti di volo intorno a Parigi e Versailles (219 €, info: www.Ixair.Com) con scalo di un’ora all’aeroporto del Bourget, il più vecchio scalo parigino (1919). Qui il 21 maggio 1927 atterrò trionfalmente Charles Lindbergh con lo “Spirit of St.Louis” dopo la prima traversata atlantica, qui ogni due anni, negli anni dispari, si svolge il Salone internazionale dell’Aeronautica, qui sorge ora il Museo dell’Aria e dello Spazio i cui gioielli sono due Concorde (uno costruito da Sud-Aviation, l’altro dalla British Aircraft) disposti (e visitabili) uno a fianco dell’altro, simboli di grandeur nella breve stagione (una trentina d’anni) del supersonico civile.
In molti musei, per risolvere la pausa pranzo o la merenda, si scoprono anche originali e sfiziose caffetterie-ristoro di elevata qualità a prezzi ragionevoli (Beaubourg, Petit Palais, Grand Palais, Musée d’Art moderne de la Ville de Paris, Musée de la Vie Romantique). Sotto Ferragosto siamo riusciti a godere di uno degli appuntamenti di cinema all’aperto gratuito, quella sera sulla spianata del Trocadero: inizio alle 21.30 con la Tour Eiffel vicinissima che gradatamente si illuminava a mano a mano che si spegnevano gli ultimi bagliori del tramonto. Infine, l’emozione di assistere alla processione dell’Assunta, la sera del 14 agosto: dopo la Messa solenne in Notre Dame, la statua della Vergine portata a spalle, e seguita dal cardinale arcivescovo André Vingt-Trois, è scesa con un largo seguito sulle “berges” della Senna, poi è stata imbarcata su un battello illuminato, cui si sono accodati altri bateaux-mouche carichi di fedeli ognuno con una candelina. Il corteo acqueo ha contornato l’Ile-Saint-Louis e l’Ile de la Cité: gran folla sui ponti e ai parapetti dei Lungosenna.
Siccome da soli non si finisce mai di conoscere Parigi, ecco un consiglio: fatevi accompagnare in una passeggiata – qui la chiamano poeticamente “balade” – da un parigino doc, volontario della associazione “Parisien d’un jour, parisien toujours” (www.Parisgreeter.Org o www.Parisiendunjour.Org), nata nel 2006 dall’intuizione di Martine Dubrieve, una signora che ama la sua città e intende farla amare dal maggior numero di amici. Sì, amici, perché il sogno di chi vuole davvero vivere una città è di percorrerla insieme a un “indigeno amico” che renda l’approccio più spontaneo e piacevole.
I volontari, scrupolosamente selezionati, non fanno concorrenza – lo premettono – alle guide specializzate più o meno ufficiali, ma conoscendo bene un quartiere o un settore in tutti i suoi segreti fanno condividere – senza alcun compenso – la loro passione agli ospiti (da due a 6 persone per “balade”) che vogliono conquistarsi sul campo il titolo di “parigino”. Una balade va chiesta via email con un anticipo di tre settimane: basta consultare il sito per capire lo spirito della iniziativa. Per noi la prima passeggiata ha fatto nascere un’amicizia.
Tutto ciò detto e fatto, si torna a Milano (per fortuna Easyjet ha conservato un volo su Linate, ce ne vorrebbe qualcuno in più). Per la cronaca era il 19 agosto: perfetto orario, bagagli riconsegnati in un quarto d’ora. Meglio di così il viaggio parigino non poteva concludersi.
Sandro Rizzi