New York: in giro per la grande mela
L’occasione è ghiotta, ma le ferie non ci permettono di intrattenerci a lungo negli USA: che fare? lasciar perdere e magari ripensarci in futuro con più calma e con più giorni a disposizione? oppure fare la follia di accettare e intraprendere questa toccata e fuga oltre Oceano? Alla fine lo spirito avventuriero e il sogno americano hanno prevalso e così io, mia moglie Angela e altro 4 fedelissimi abbiamo prenotato il volo (dal 7 all’11 maggio 2009).
Alla prenotazione del volo fanno seguito un po’ di operazioni preliminari.
Scelta dell’hotel Stranamente in quel di Manhattan pullulano hotel con servizi in comune e senza colazione inclusa. Non appena si richiede il bagno in camera, i prezzi salgono alle stelle, comunque la perseveranza viene premiata e riusciamo a scovare una buona offerta: tramite Tui.It prenotiamo una doppia in zona centralissima (Garmen district a 300 mt. Dal Madison Square Garden e 700 mt. Dall’Empire State Building) con bagno in camera e colazione inclusa a circa 100 euro a notte…Da non crederci visti i tariffari newyorkesi! Passaporti e documenti Dal famoso 11 settembre e ancor di più da quest’anno la burocrazia è abbastanza contorta. Per poter partire per gli USA è necessario: – compilare una procedura online, modulo ESTA (cfr. Https:esta.Cpv.Dhs.Gov) e comunicarne gli estremi alla compagnia aerea; – disporre di un passaporto valido per gli USA (cfr. Http://italy.Usembassy.Gov) a lettura ottica purchè rilasciato prima del 26 ott. 2005 o con foto digitale.
– per non parlare poi del dilemma marca da bollo: la legge italiana (negli altri Paesi ciò non esiste, chissà perché!) prevede una marca da bollo da 40 euro da ‘affrancare’ ogni anno (se si utilizza il passaporto); in molti forum si sconsigliava di acquistarla in quanto non è soggetta a controlli, ma il rischio di rimanere a terra sul più bello è troppo elevato e pertanto ci dotiamo della marca (in realtà poi ci renderemo conto che il controllo passaporti a Roma è solo una formalità burocratica…)
La data della partenza si avvicina, ma come fulmine a ciel sereno sale all’onore delle cronache la fantomatica influenza suina che miete vittime in Messico e sembrerebbe estendersi anche negli Stati Uniti, con l’Organizzazione Mondiale della Sanità che parla del rischio pandemia.
Monitoriamo i TG giorno dopo giorno e alla fine, decidiamo di partire lo stesso anche perché nonostante i media tendano a drammatizzare, il caso, almeno fuori dal Messico, sembra sgonfiarsi. Per scrupolo ci attrezziamo di mascherine di protezione per i luoghi affollati (metro e aeroporto), ma alla fine ci renderemo conto che il timore è solo di noi italiani…
E finalmente si può partire!
Giovedì 7 maggio 2009 Partenza alle 6.40 da Bari, e poi alle 9.50 da Roma. Il volo anche se un po’ lungo (all’andata impieghiamo oltre 9,30 ore causa vento contrario, mentre al ritorno appena 7,30) ci porta a destinazione e atterriamo a New York intorno alle 13.30 ora locale (19.30 ora italiana). Dopo i controlli di rito in aeroporto (persino impronte digitali e foto ‘segnaletica’), prendiamo l’AirTrain (biglietto 5 euro) fino alla fermata Jamaica e da lì prendiamo la metro E che ci porta in circa 45 minuti alla nostra fermata Penn Station. Un’alternativa poteva essere la fermata Howard Beach dell’AirTrain e poi linea A o C. Appena risaliamo in superficie un acquazzone ci dà il benvenuto negli USA, ma fortunatamente, nonostante le previsioni non rosee, sarà l’unico inconveniente climatico del nostro viaggio. Qualche isolato ed eccoci all’Hotel Holiday Inn Express (232 W. 29th St.): il tempo di disfare i bagagli, rinfrescarci un po’ e si parte in direzione Times Square.
Infatti la soluzione più giusta per far fronte al jet lag è quella di affrontare subito la giornata, rinviando il meritato riposo alla notte americana, nonostante il primo giorno duri per noi 30 ore e non 24. Il primo impatto con Times Square è fantastico: grattacieli che ci sovrastano, insegne luminose che ci stordiscono…E figuriamoci cosa sarà Times Square di notte! Proseguiamo per la mitica Broadway, la via dei teatri, e ci avviciniamo all’obiettivo della nostra serata che è l’Empire State Building che riconosciamo da lontano data la sua imponenza. Ci prefissiamo di salire poco prima del tramonto per godere del panorama sia di giorno, sia al tramonto, sia con le prime luci della notte e la scelta si rivela azzeccata nonostante la giornata nuvolosa non sia dalla nostra parte.
Siamo fortunati e la coda è veramente minima soprattutto rispetto alle aspettative e ci ritroviamo dentro in men che non si dica. Facciamo il biglietto per il 102° piano (35 $), anche se col senno di poi sarebbe stato sufficiente quello per l’86° (20 $) e saliamo: il panorama è mozzafiato soprattutto di notte con tutta Manhattan illuminata.
Poi si torna in albergo stremati pronti per un nuovo giorno.
Venerdì 8 maggio 2009 Mentre a Bari si festeggiano il santo patrono San Nicola e la promozione del Bari in Serie A, noi, dopo una ricca colazione, partiamo alla volta della Statua della Libertà: metro 1 rossa fino a South Ferry e di lì ci imbarchiamo sul traghetto: il biglietto di 12 $ prevede due tappe: Liberty Island con la possibilità di salire sul basamento della Statua della Libertà (da luglio 2009 si dovrebbe poter ricominciare a salire sulla fiaccola) e Ellis Island, dove ha sede il museo dell’emigrazione.
La Statua progettata dal francese Eiffel è affascinante anche se i controlli per accedervi sono un po’ troppo fiscali: non è possibile portare cibi, bevande e borse e oltre ai controlli con metal detector ci fanno passare all’interno di una macchina che ci lancia addosso un getto d’aria: onestamente non abbiamo capito a cosa serva (forse a controllare l’eventuale presenza di particolari polveri addosso?!!!boh!!!), fatto sta che riusciamo ad entrare, visionare un piccolo museo con la storia della statua, la vecchia fiaccola e riproduzioni a grandezza naturale e salire fino ai piedi della donna più amata dai newyorkesi. Riprendiamo il battello e io e mia moglie decidiamo di sacrificare la visita a Ellis Island e a dirigerci verso altre mete.
Cominciamo con Ground Zero (World Trade Center): come ci aspettavamo non è niente di che da un punto di vista turistico, solo un grosso cantiere con le immagini di ciò che sorgerà in luogo delle Torri Gemelle, ma fornisce lo stesso un forte impatto emotivo ripensando a quel tristemente famoso 11 settembre 2001. Nelle vicinanze merita una visita la St. Paul Chapel, rifugio per coloro che scamparano al disastro e punto di appoggio per i soccorritori.
Tappa successiva: Wall Street , dove possiamo ammirare la Borsa, la sede della Federal Reserve e la Trinity Church. D’obbligo le foto con il grande toro (che in gergo borsistico indica gli alti, a differenza dell’orso che indica i bassi) simbolo del quartiere finanziario.
La stanchezza si accumula ma la voglia di scoprire questa grande città e il tempo clemente ci spingono a dirigerci verso il Ponte di Brooklin (fermata Brooklin Bridge-City Hall, metro 4-5-6): lo percorriamo tutto a piedi raggiungendo Brooklin e ritorno…Che faticata! A questo punto i nostri piedi reclamano riposo e pertanto ritorniamo all’albergo per un po’ di relax.
Verso le 21 si torna a Times Square per ammirarlo di notte: uno spettacolo di colori! Una passeggiata, si mangiucchia qualcosa ma poi si va a fare la nanna!
Sabato 9 maggio 2009 Dopo aver visitato il sud di Manhattan oggi ci prefiggiamo di ammirare le bellezze del centro-nord. Subito ci dirigiamo verso il Rockefeller Center (metro 47-50 St. Rockefeller Ctr.): è un grande complesso privato e sorge nel cuore di Manhattan: consta di 14 edifici oltre che di splendidi giardini dove fanno capolino opere di artisti dei primi del secolo scorso. Anche oggi la giornata è cupa e ci sconsigliano di salire al Top of the Rock: pazienza con il panorama dal 102° piano dell’Empire possiano ritenerci soddisfatti. Percorriamo la Fifth Avenue, raggiungiamo la Saint Patrick’s Cathedral, ma è chiusa e ci toccherà tornarci nel pomeriggio. Lungo il viale ci imbattiamo nella Chiesa di Saint Thomas, nel MOMA (museo d’arte moderna), nel lussuosissimo Trump Tower; nella celebre gioielleria Tiffany, nell’ipertecnologico Apple Center e nell’ambitissimo Plaza Hotel. Ovviamente la nostra indole fanciullesca ci ha spinti ad entrare anche nel Disney Store…Ne è valsa veramente la pena.
Ed eccoci finalmente al polmone verde della Grande mela: Central Park. E’ talmente grande che all’interno è possibile trovare fra l’altro lo zoo, laghi, il Belvedere Castle ma soprattutto tantissima gente: fa strano , per noi italiani abituati a rincorrere e calciare un pallone, vedere ragazzi e ragazze giocare a baseball o a basket e tanti ma tanti dediti allo jogging.
Infatti sembrerebbe che gli statunitensi si dividano in due grosse categorie: gli amanti del jogging con un fisico invidiabile, e gli amanti del … Panino in formato extralarge … e ahimè questi ultimi sono presenti in quantità industriale.
Dopo aver scarpinato nei verdi meandri del grande parco, e aver intravisto il Museo di Storia Naturale (a ovest) e il Metropolitan Museum (ad est), ci dirigiamo in direzione Solomon Guggenheim Museum, sede di un importante collezione di arte moderna e riconoscibile per la sua caratteristica forma a spirale. Lo scarso tempo a disposizione ha spinto me e ed Angela ad evitare l’ingresso nei musei…Se poi dovessimo ritornare… Anche oggi la stanchezza si fa sentire e meno male che ci siamo abituati bene al fuso… nonostante ciò per completare il programma della giornata dobbiamo tornare alla St. Patrick: vi arriviamo e troviamo una marea di gente tutta in tiro e una fila di limousine in attesa. Infatti un matrimonio è appena stato celebrato e un altro sta per cominciare. Ne approfittiamo per vedere come avviene il rito aldilà dell’oceano: ed effettivamente è identico a quello che abbiamo visto in tanti film americani: una processione iniziale con tutte le damigelle e i paggi (si chiamano così i maschi che accompagnano gli sposi?! Boh?) tutti ugualmente abbigliati; dopo di essi la damigella d’onore ed infine la sposa accompagnata dal papà sull’altare. A dire il vero secondo noi il rito è un po’ meno coinvolgente emotivamente di quello italiano…Ma forse ci è sembrato tale perché eravamo ospiti disinteressati!!! Dopo un po’ di sano riposo in hotel, decidiamo di passare la nostra ultima serata a Chinatown (metro Canal Street): una delusione pazzesca! Ci aspettavamo tanta gente e tanti colori…In realtà abbiamo trovato delle vie ricche di negozi cinesi (come ormai ne vediamo tanti da noi) in uno sfondo fatto di ammassi di spazzatura e puzza nausenante.
Da Chinatown a Little Italy il passo è breve: ormai questa fetta d’Italia a New York si è ridotta ad un paio di isolati in quanto i cinesi si stanno allargando di giorno in giorno. Su queste due vie troviamo una serie di ristoranti pseudo-italiani e visto che abbiamo fame decidiamo di fermarci “da Nico” che ci propone un bel posto all’aperto ma che non dà sulla strada.
Non si mangia male ma attenzione a qualche dettaglio: – sappiate che ai prezzi di listino (e ciò vale dappertutto negli USA) vanno aggiunti il 10% di tasse e la mancia: addirittura in questo locale la mancia non era a nostra discrezione ma presente come voce a sé sul conto ed ammontava al 20% del totale: quindi al costo da menu bisogna aggiungere il 30% in più fra tasse e mancia! – evitate di ordinare l’acqua in bottiglia (noi l’abbiamo pagata 7 $ l’una) preferendo quella in caraffa! – se scegliete il piatto del giorno non in menu può capitarvi una bella sorpresa: un nostro amico l’ha scelto (spaghetti con frutti di mare). Si è ritrovato di fronte ad un piatto di dimensioni spropositate (potevano mangiaci a sazietà in due persone) con tanto di astice; sicuramente ottimo però, evidentemente, ne ha risentito quando è stato presentato il conto…
Domenica 10 maggio 2009 Per me e mia moglie è l’ultima mattinata a Manhattan (mentre i nostri compagni di viaggio si intrattengono un giorno in più) e decidiamo di trascorrerlo ad Harlem, celebre quartiere popolato da gente di colore. Inizialmente eravamo un po’ scettici perché andavamo senza un tour organizzato ma alla fine ci siamo dovuti ricredere alla grande, tanto che a questa mattinata è legato uno dei più bei ricordi di quest’avventura.
E’ domenica e la nostra guida ci parla di una messa gospel alle 11 nella Abyssinian Baptist Church (metro 2 o 3 fermata 135 Str.). Già risalendo dalla metropolitana cominciamo ad apprezzare la realtà afroamericana : da una parte troviamo i ragazzini stile rapper proprio come siamo abituati a vederli nei telefilm e da un’altra parte persone elegantissime (uomini rigorosamente in giacca e cravatta e le donne con coloratissimi cappelli e anche bimbi in ghingheri) che si apprestano a seguire la funzione domenicale. Raggiunta la chiesa troviamo una cattiva sorpresa : da un lato la coda dei tour organizzati e di coloro che avevano prenotato e dall’altra la coda dei non-prenotanti che si estendeva per due isolati. Attendiamo pazientemente ma ahinoi di questa seconda coda riesce ad accedere alla funzione appena un 20%, pertanto ci tocca desistere. Girando l’angolo ci imbattiamo in una meno famosa cappella, la Grace Gospel Chapel e chiediamo di entrare. Loro non solo acconsentono ma ci accolgono a braccia aperte come se fossimo dei loro amici di lunga data. E alla fine della funzione (peccato però non ci fosse il gospel) uno per volta si avvicinano dandoci il benvenuto, scambiando due chiacchiere con noi e persino invitandoci a pranzare con loro nel refettorio sottostante la chiesa. E’ stata una gran dimostrazione di cordialità ed ospitalità che sicuramente ci rimarrà nel cuore a lungo. Peccato che alle 13 siamo dovuti andar via per imboccare la strada dell’aeroporto… Si riparte alle 17 per Roma e causa la stanchezza ma anche il volo più breve, il viaggio del ritorno si rivela meno estenuante anche se carico di un po’ di tristezza per la fine di questa bella esperienza in terra americana.
Un po’ di notizie utili: METROPOLITANA: Manhattan non è grandissima ma girarla tutta a piedi si rivela un’impresa impegnativa, pertanto conviene muoversi in metro: è possibile o fare un biglietto giornaliero da 7,50 $ oppure un settimanale da 25 $ (che evidentemente conviene dai 3 giorni in su).
Per i viaggi singoli si può acquistare una metrocard ricaricabile di volta in volta: addirittura c’è un bonus che varia in base a quanto si è ricaricato. Le macchinette funzionano benissimo anche con carta di credito.
Una piccola annotazione: la rete si estende con più linee che vanno quasi tutte da nord (Uptown) a sud (Downtown); se si sbaglia la direzione, è necessario quasi sempre risalire in superficie, attraversare la strada e imboccare la metro in direzione opposta.
Inoltre attenzione a non confondere i treni locali (che si fermano in tutte le stazioni) con gli espressi (che si fermano solo nelle stazioni individuate in mappa da un pallino bianco). HOTEL: L’hotel Holiday Inn Express (metro rossa, fermata 28th. Street) è ottimo sia per la posizione strategica, sia per la pulizia, sia per la colazione molto abbondante. A disposizione degli ospiti anche un’area per potersi connettere gratuitamente a internet.
PAGAMENTI: Consiglio di procurarsi i dollari già in Italia, perché il cambio a New York non sempre conviene. Se possibile invito ad usare la carta di credito. Io quando ho potuto, ho utilizzato la postepay che per i pagamenti (a differenza dei prelievi) non prevede alcuna commissione. Peccato però che il circuito VISA ELECTRON non sempre sia accettato (ok in metro, alla Statua della Libertà e al Disney Store, no all’Empire e in qualche negozio di souvenir).
Riepilogando possiamo dire che quella che poteva sembrare una pazzia è stata una bellissima esperienza. L’atmosfera americana ti prende sin dall’arrivo a New York, la gente è molto cordiale e a differenza di quanto pensassimo, la città non è poi così caotica. Diciamo che un sogno si è avverato.
Ciao Michele e Angela