L’Isola di Robinson
Bisogna stare almeno due settimane. Quando si è in Kenia si capisce perchè.
Incuriosita dalle espressioni positive di un altro turista che ha raccontato la sua esperienza su queste pagine, ho visitato il sito di quella Agenzia di Malindi che organizza escursioni. Devo convenire che con quei ragazzi mi sono trovata molto bene. Educati, rispettosi, pieni di iniziative e premure.
Ma questa nota di viaggio la voglio dedicare solo alla straordinaria esperienza del pranzo all’isola di Robinson.
Siamo partiti con il gippone. Quando abbiamo lasciato la strada asfaltata per insinuarci tra baobab, manghi altissimii e tanti altri alberi strani, devo confessare che per un attimo mi sono sentita la ragazza di Tarzan. Siamo poi approdati ad una spiaggia lunghissima, larga e deserta. Percorrendo la sabbia bianca per qualche chilometro non si è vista un’anima.
Tutto solo, un cammello tra le dune. Mi appare la foce di un grande fiume. E’ stato questo un fuori programma offerto dai ragazzi dall’agenzia.
Sulle rive del fiume una folla di fenicotteri rosa e nel fiume qualche famigliola di ippopotami che tentava di sfociare in mare e poi tornava indietro.
Sono riumasta incantata per un’ora. Nemmeno la forza di scattare qualche foto.
Quindi, si prosegue verso Robinson. Il gippone finisce la sua corsa e cede il passo alla barca di uno strano personaggio che ci traghetta all’altro lato, cantando per darci allegria e non farci pensare che la sua barca con un solo remo non assomiglia certo all’Amerigo Vespucci 🙂 Come tocchiamo terra il sole accecante ci illumina un paesaggio che incanta.
Tutte le piste sono delimitate da strani filari bianchi dalle forme più astratte.
Sembra di essere in un cimitero di alci. Centinaia di corni di alce che spuntano dalla terra. Sono le radici secche delle Mangrovie. Arriviamo al ristorante, l’unica costruzione a vista d’occhio.
Un grande capanno costruito sulla sabbia con canne e tronchi d’albero, a pochi metri dal mare, coperto da un makuti.
Cuscini e tappeti come nella reggia di un sultano. Tavoli e panche fatte di tronchi d’albero.
Per il pranzo bisogna accontentarsi di aragoste, granchi, gamberoni, ostriche e un gustoso piatto di cozze gratinate con del cocco triturato.
Bello, bello, bello! E’ una esperienza fuori dal tempo.
Solo da vivere.
A raccontarla si diminuisce tutto.
Ciao Claudia Belloni