Sud della Francia… Polare!
Nizza, Avignone, Orange, Aix en Provence, Pont du Gard, Arles, Marsiglia sono tutte località a loro modo suggestive, ma se non collocate opportunamente in Provenza, in Costa Azzurra, in Camargue, rimangono solo dei puntini sulle carte geografiche. Trovo interessante, invece, visitare il territorio in cui sorgono, capire perché proprio lì e non altrove, vederle in un contesto più ampio di quello unicamente urbano.
Per questo, ho scelto di trascorrere i primi giorni del 2009 tra la Costa Azzurra e la Provenza (regione che, ho scoperto, include anche la Camargue): il primo gennaio in treno fin oltre confine, poi noleggio di un’auto dal 2 e rientro in treno il 6.
Il 31 andiamo alla stazione di Milano a ritirare i biglietti: non è il caso di litigare con le macchinette automatiche il primo gennaio, penso! Nessun problema per quelli del ritorno, ma la macchinetta non vuole emettere quelli dell’andata! Ci rivolgiamo quindi alla biglietteria, dove la signora ci dice, candida: “Voi lo sapete che domani c’è sciopero delle ferrovie francesi, vero? I treni fermano tutti a Ventimiglia, poi dovete cambiare. Comunque chiamate il numero xxx e chiedete il rimborso integrale del biglietto… Ne avete diritto. Poi, se decidete, ne fate uno per Ventimiglia”. Certo… E dopo a Nizza chi ci porta??? Scopro dal web che non esiste (e sottolineo NON ESISTE) nessun collegamento diretto in pullman da Ventimiglia a Nizza. Peggio: nessun bus da Ventimiglia passa il confine (e stiamo parlando di viaggi di mezzora!). L’unica soluzione non ferroviaria consiste nel prendere un bus da Ventimiglia per Ponte San Luigi, scendere, attraversare il confine a piedi (come contrabbandieri!) e poi cercare il bus che da Mentone parte ogni mezzora per Nizza. “Tuttavia, il primo gennaio non è neanche detto che questi bus partano”, mi dice la signorina dell’ufficio turistico di Ventimiglia, che per fortuna il 31 era al lavoro e che per fortuna mi è venuto in mente di chiamare. Mi dà però l’indirizzo del sito internet delle ferrovie regionali francesi, che comprendono anche la linea che arriva a Ventimiglia. “Guardi, spero che aggiornino il sito questa sera, ma al più tardi domattina saranno caricati qui gli orari dei treni garantiti per Nizza”.
Fortuna ha voluto che ce ne fosse uno proprio un’ora dopo il nostro arrivo a Ventimiglia. Giusto il tempo per un pranzo veloce sulla spiaggia ligure. C’era il sole e la temperatura era quella dei primi giorni di marzo. Meraviglia.
Nizza si stende lungo il mare. Dalla città vecchia all’aeroporto, nei pressi dei quartieri più moderni, la città e il mare sono un tutt’uno. La Promenade des Anglais è il lungomare davvero elegante che passa anche davanti al Casinò. Verso l’entroterra, invece, si intrecciano i vicoli stretti della città vecchia, che si arrampicano fin sulla collina, al castello… O meglio, a ciò che ne resta. Abbiamo fatto due passi fino al mare che c’era ancora luce, poi, calato il sole, ci siamo persi per le stradine. Tutte hanno nome sia in francese, sia in provenzale (che è a metà fra il ligure e lo spagnolo, ma ricorda il portoghese). Abbiamo cenato in una tipica brasserie francese e, patendo un’escursione termica di circa dieci gradi, tra la brezza primaverile del pomeriggio e il gelo notturno, siamo corsi in albergo.
Il giorno seguente, noleggiata l’auto come da programma (Opel Corsa), ci siamo diretti ad Aix en Provence, il cuore della Provenza, da cui abbiamo deciso di raggiungere, nei giorni successivi, alcuni centri dei dintorni. Siamo arrivati ad Aix in tarda mattinata e, lasciata l’auto nel parcheggio, siamo andati in esplorazione. Ora: Cours Mirabeau è la via principale, le viuzze della città sono suggestive, l’atmosfera della vecchia Francia che si respira a Parigi c’è anche qui, e la cittadina è cara quanto la capitale. Tuttavia una cosa contraddistingue la città: l’ombra di Cézanne. Paul Cézanne, il grande pittore, è nato qui. Anche Emile Zola nacque ad Aix en Provence, ma a nessuno pare che la cosa interessi oggi, né sia mai interessata. Invece sono tutti presi dall’artista. C’è persino un percorso, il “Circuit Cézanne”, da fare in città, seguendo dei medaglioni di ottone piantati perterra, con la C di Cézanne, come le briciole di Pollicino. E la casa natale, e quella dei suoi, e il bar dove una volta entrò con Zola (che se non fosse stato per questa coincidenza, nessuno qui lo conoscerebbe), e la cappelleria del padre, e la banca del padre (ma non era cappellaio?), e la chiesa dove si sposò, dove battezzarono il cugino, il ristorante dove lo videro con l’amico Solari (chi??), e lo studio dello stesso Solari (ormai la guida s’era lasciata prendere la mano), nonché lo studio del pittore e la casa in cui morì per una pleurite. Il centro storico della cittadina è tranquillamente percorribile a piedi, e il “tour” sulle orme di Cézanne è un buon pretesto per visitarlo tutto, senza fretta. Solo una informazione importante: ad Aix en Provence fa un freddo bestiale! Passeggiare in città è gradevole, ma la temperatura di questi giorni è davvero proibitiva. Il terzo giorno resuscitarono dalle coperte, dopo una notte trascorsa al gelo per le vie della città. La giornata prevedeva il trasferimento, nell’ordine, a Orange, Avignone e Pont du Gard.
Scesi dalla macchina a Orange fui davvero tentata di tornare sui miei passi e abbandonare l’impresa. Faceva così freddo, ma così freddo, che non riuscivo a tenere gli occhi aperti, nonostante gli occhiali, e appena scattavo una foto dovevo mettere immediatamente le mani in tasca, nonostante i guanti. E chi mi conosce, può capire la sofferenza! Tuttavia cominciammo il tour, stoici, ma non troppo: prima tappa una boulangerie, un fornaio, dove abbiamo preso una banette e una baguette… Calde! Due sono le cose da vedere a Orange; il teatro romano e l’arco di trionfo. Il Teatro Romano si vede bene dall’alto della collina di Sant’Eutropia… Il cui accesso è però possibile solo attraverso percorsi accidentati e rocciosi, che mi sono guardata bene dal percorrere. L’Arco di Trionfo, invece, era impacchettato per restauro. Abbiamo quindi passeggiato per i vicoli della città, scoprendo che ci sono probabilmente più ristoranti e locali che abitanti o turisti. E’ una cittadina carina, che, avendo più tempo, merita l’ingresso al Teatro e un abbigliamento da trekking per tentare la scalata alla collina.
Seconda tappa, Avignone. Arriviamo in città e, mentre cerchiamo il famoso Pont d’Avignon (quello della canzone… “Sur le pont d’Avignon, on y danse, on y danse. Sur le pont d’Avignon, on y danse tout en rond!”… Avete presente? ok, non avete presente, ho capito). Vabbè, insomma, arriviamo e SuperTechMan mi dice: “Ho bisogno di un’aspirina!”… Tragedia!!! Quando SuperTechMan ha bisogno di un’aspirina, significa che si sente debole, che avverte i sintomi dell’influenza, che si barda da capo a piedi con cappello-cappuccio-guanti d’alta quota, assume un’espressione a metà tra il congelato e lo schifato, i suoi occhi diventano rossi e liquidi, il naso paonazzo e continua a ripetermi ossessivamente che sta bene, che non è niente, che ce la fa. “Ma cosa ti senti? Ma così, tutto d’un colpo?”, chiedo. “No, non ti preoccupare. Non è grave. Sto così da stamattina, solo che adesso te l’ho detto!”, risponde. “Ma te la senti di guidare?”, ri-chiedo. Risposta scontata: lui sta bene… È solo una piccola e banalissima influenza… Possiamo procedere con il tour. “Andiamo a cercare per prima cosa una farmacia”, propongo. “No, prima andiamo a vedere il Palazzo dei Papi… Ce la faccio, non ti preoccupare!”. Scesi dall’auto, in riva al Rodano, fa ancora più freddo che a Orange. Mi spingo in mezzo a una radura per fotografare il Ponte e poi via, dentro le mura. Il Palazzo dei Papi, con annessa piazza e Petit Palais, e, poco distante, la Place de l’Horloge con il municipio, sono il cuore della città. Si arriva al Pont de Saint-Bénezet (che curiosamente finisce in mezzo al Rodano e non ne unisce le sponde) e, all’incirca a quell’altezza, si attraversano le mura. In cima a una breve scalinata c’è il Palazzo. Decidiamo di entrare a visitarlo, perché tanto SuperTechMan ce la fa. La visita dura un paio d’ore, dopo di che, attraversando la Place de l’Horloge, arriviamo su Rue de la République (dove c’è il Lapidario) e troviamo una farmacia. Torniamo all’auto: trancio di pizza opportunamente conservato per la medicina, aspirina solubile e via, verso Pont du Gard.
Terza e ultima tappa di oggi, ormai al calar del sole. Il Pont du Gard è un acquedotto romano, abbastanza imponente, ma, sarà stata per la scarsa luce, non troppo suggestivo. Secondo la guida, in piena estate ogni giorno ci arrivano circa 15mila visitatori. Sarà stato per il gelo, o forse per l’orario, ma quando siamo arrivati noi, c’era solo una famigliola che se ne stava andando.
Intanto l’aspirina faceva effetto. SuperTechMan: “Sto proprio meglio… Non c’è niente da fare, io devo mangiare!” Lamorachevola: “Come scusa? Stai dicendo che il senso di debolezza che sentivi non era influenza, ma fame??” SuperTechman: “Beh, un po’ di fame ce l’avevo” Lamorachevola: “Ma dirlo, magari?? Fermarci a prendere qualcosa?” SuperTechMan: “Ma adesso sto meglio, e magari il merito è dell’aspirina!” Lamorachevola: “O della pizza!” Giusto che quando SuperTechMan è influenzato è anche estremamente nervoso. E non ci voleva proprio che, arrivati ad Aix, il fido TomTom ci suggerisse di andare a cena in un locale proprio al centro della zona pedonale della città, fatta di vicoli stretti e ristoranti con dehors! Rischiando di asfaltare i tanti pedoni a passeggio e di rifare la fiancata dell’auto a ogni curva, vuoi contro gli angoli delle case, vuoi contro i paletti di ferro, siamo riusciti a uscirne vivi… Anche se con i nervi a fior di pelle! L’indomani ci siamo diretti ad Arles, nel cuore della Camargue. La cittadina, se si esclude l’odore di fogna che quel giorno impestava la città, è carina. C’è un’arena che stanno pulendo e che man mano che procedono esce sempre più bianca, candida… Davvero bellissima. Nei pressi, altri resti di vestigia romane e un locale che si chiama “2G” dove abbiamo mangiato davvero divinamente. Il centro è invece costituito dalla piazza comunale, in cui, oltre al Municipio e alla sconsacrata Cappella di Sant’Anna, sorgono anche la chiesa e il chiostro di Saint Trophime, che meritano senz’altro una visita. Nel periodo natalizio in Provenza si trovano mostre, esposizioni, vendite di Santons un po’ ovunque. I Santons sono le statuine del presepe e qui c’è un vero culto. Ci sono addirittura famiglie che tramandano la tradizione da generazioni. Nel chiostro di Saint Trophime c’era una delle tante mostre. Noi abbiamo invece preferito quella di un’artista contemporanea. Una pittrice della Camargue, di origini italiane, di cui abbiamo acquistato un dipinto raffigurante i campi di lavanda provenzali al tramonto.
La Camargue ci ha stregati. Da Arles abbiamo deciso di andare verso sud, sulla costa, attraversando la parte più settentrionale del Parco Naturale Regionale della Camargue. La prima tappa è stata al Museo della Camargue, ricavato in un ovile del 1800 straordinario, che però era chiuso per ristrutturazione. Ci siamo quindi diretti verso Saint Maries de la Mer, una località che sembra un’enclave spagnola, gitana, la cui Cattedrale è davvero bellissima. Prima di arrivare abbiamo costeggiato il Museo Ornitologico, ma non ci siamo fermati, e il cosiddetto Chateau d’Avignon (una dimora nobiliare, pure lei con cancello chiuso). Abbiamo quindi scelto di fare una sosta per fotografare il tramonto, i famosi tori e cavalli al pascolo, allo stato brado, e i giochi d’acqua naturali del Parco. Una vera favola.
E poi c’è stata Marsiglia! Prendete gli stretti carruggi di Genova, alternateli con le stradine tutte a scale che si insinuano nel cuore di Cosenza, animate la città con il traffico di Napoli e abitatela con francesi di origine africana. Questa è Marsiglia. Un porto di mare, nel vero senso della parola. A Marsiglia abbiamo acquistato il famoso sapone locale in forma di sapone liquido e di saponette a paperella. I mattoni da 2 kg abbiamo preferito lasciarli, per ritornare a Nizza un po’ più leggeri. Nizza è stato il punto d’arrivo del viaggio, così come ne fu la partenza. Avevamo pianificato di partire tardi il giorno successivo, per poter passare la giornata in città, ma in realtà la pioggia battente, con tanto di lampi e tuoni, ci ha indotto a rintanarci in un locale e poi in hotel fino all’ora di prendere il treno. Treno che però non è partito, perché i francesi erano ancora in sciopero. Abbiamo quindi dovuto prendere un “mezzo di fortuna”, ovvero un trenino regionale, fino a Ventimiglia e lì cambiare. A Milano ci aspettavano 30 cm di neve, che abbiamo deciso di togliere dalle auto a mezzanotte. In fondo, era ancora vacanza!!!