Serendipity

Ceylon. Serendipity. Così era conosciuto in passato lo Sri Lanka, isola di tè, elefanti e sari colorati. Una meta spesso adombrata dalle vicine e popolari Maldive eppure quanti tesori culturali, naturalistici e antropologici ci sono per trascorrere vacanze indimenticabili. Partiamo da Roma con bagagli leggeri tanti punti interrogativi:...
Scritto da: takoyaki
serendipity
Partenza il: 12/06/2008
Ritorno il: 07/07/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Ceylon. Serendipity. Così era conosciuto in passato lo Sri Lanka, isola di tè, elefanti e sari colorati.

Una meta spesso adombrata dalle vicine e popolari Maldive eppure quanti tesori culturali, naturalistici e antropologici ci sono per trascorrere vacanze indimenticabili.

Partiamo da Roma con bagagli leggeri tanti punti interrogativi: anche per noi, prima di quella partenza, lo Sri lanka era un posto di cui leggere favole e non storia. Le hostess della SriLankan hanno una divisa modellata sul costume locale, una corta camicetta sopra ad una stola di tessuto avvolta in vita come un sari; sorridono e ripetono Ayoubuwan, un benvenuto molto cordiale colle mani giunte al petto. Gli amici con cui viaggiamo e che stanno tornano a casa per fare visita ai parenti, ci scribacchiano delle parole in lingua e le trascrivono coi caratteri tipici della lingua cingalese così che possiamo riconoscerle se le vediamo scritte…Sembrano tante piccole mele capovolte.

Aeroporto di Bandaraike, giorno 1°. Atterriamo in una Colombo calda e caotica. Il taxi oltremodo economico rallenta la corsa dalla superstrada appena entra in città: deve infatti cedere il passo ai piccoli veicoli a tre ruote che guizzano da ogni dove, ai passanti e alle mucche. La religione nazionale è distinta prevalentemente in buddismo e induismo di cui queste vacche sacre sono un pilastro riconosciuto anche durante il traffico.

L’odore di benzina è pesante, la polvere si appicca alla pelle ed il rumore cittadino è assordante eppure sia io che mia sorella ci scambiamo sguardi di approvazione per una città vivace e impegnata in ogni angolo. Colombo, la città più popolosa dell’isola, è colorata nei suoi edifici e nelle sue persone: Tamil e Singalesi sono i due ceppi etnici predominanti ma ci sono ormai cittadini da altre zone asiatiche. Si ritrovano queste minoranze nella cucina, nella religione e anche in qualche inflessione linguistica. Il contrasto fra il benessere e la povertà è parte della tavolozza, evidenziato non solo dall’architettura residenziale ma proprio dai vestiti della gente, dagli invalidi in terra, dalle auto di lusso che passano. Carretti di venditori ambulanti attirano nugoli di persone con aromi, samousa (triangolino di pasta sfoglia ripieno di carne o pesce macinato, verdure e spezie) e spaghetti di riso intinti in un sugo di curry; tutto si mangia colle mani per una più completa empatia fra tatto e gusto. Impariamo anche noi ad appallottolare piccole quantità di riso e spinaci e ad infilarcele in bocca così saporite. Beviamo succo di ananas e guiava spremuto sul momento e versato in bicchieri fatti da bottiglie tagliate: il sapore è naturalmente miglia lontane dai surrogati in vendita nei nostri supermercati. Facciamo una foto ad un falegname italo-cingalese dove spicca una replica della Gioconda! La prima notte pernottiamo dai parenti dei nostri amici; l’inglese è la lingua ufficiale delle nostre comunicazioni, altro indice dell’alto tasso di alfabetizzazione del paese. L’indomani, noleggiato un pulmino e superato in parte il gradino del fuso orario, si parte alla volta del Museo Nazionale il cui ingresso è marcato da un enorme osso sfenoide di balena completato all’interno dal suo scheletro. Sui muri e nelle bacheche si susseguono un’eredità di statue, maschere e armi, strumenti musicali e medici. Prima di pranzo un tuffo al lago vicino per cacciare la calura. A Buduruwagala facciamo le prime foto di una lunga serie di scatti alle varie posizioni del Buddha: la statua in questione è un altissimo monolito reso prezioso da tre gemme considerate portatrici di buona sorte. I fedeli depositano ai suoi piedi fiori di loto e frutta. Poco fuori dall’uscita ,appese o appoggiate su un muretto file compatte di vasi bassi in terracotta che contengono yoghurt fresco al naturale: una latteria artigianale molto economica.

Ci spostiamo da Deliwala a Pinnawela, visitate per i giardini zoologici- con gabbie per il monitoraggio di certe specie animali quali tigri e ghepardi- e per il più famoso bagno degli elefanti, un’oasi di protezione in cui i pachidermi, seguiti da appassionati guardiani, vengono spazzolati, lavati e puliti ogni giorno. I turisti possono fare foto e salire in groppa ai più docili: la pelle è rugosa e spessa, sembra quasi gomma di pneumatico grezza per cui la catena al collo ci dicono non ferisce l’animale ma serve solo come redine; la vertebra su cui mi siedo oscilla ad ogni lento e grosso passo. È curioso vedere che anche molti locali affollano le rive del fiume per assistere allo spettacolo.

4°giorno Un safari su terra indiana a Yala per foto ecologiche i cui modelli sono coccodrilli, uccelli minuscoli e grandissimi, bufali e serpenti. Da questi ultimi è bene guardarsi soprattutto se si visitano le piantagioni di riso e tè perché si insinuano fra le basse radici e le acque arrecando morsi fatali ai lavoratori scalzi.

5°-6°-7° giorno Un’inattesa visita ad una scuola elementare che usa il metodo Montessori ed è inserita in un complesso templare buddista dove troneggia una enorme statua in posizione del loto dipinta. I bambini hanno divise bianche e blu e sorridono allegri alle foto che ci facciamo. Ci fermiamo al mercato locale per comprare frutta e acqua, venduta come in analoghe zone del mondo a prezzi maggiori di una bottiglietta di Coca Cola. Segue un tramonto a Weligama, una spiaggia protetta da palme di cocco e alberi di frangipani: la fortuna ci permette di assistere al ricevimento di un matrimonio musulmano, altra minoranza religiosa. Poi, qualche metro oltre i festeggiamenti gli unici pescatori su palo: seduti su un trespolo di circa 3 metri piantato poco distante da riva, questi pescatori aspettano il moto delle maree per riempire le ceste appese accanto. Immaginate i crampi alle gambe! Si guida verso Galle, principale porto antico dell’isola sotto il controllo dei Portoghesi e località inserita nel patrimonio dell’Unesco. Oltre agli studi dei tagliatori di pietre, a Galle c’è anche una delle case da tè della Mlesna, uno dei più esclusivi stabilimenti di tè. La visitiamo il giorno dopo salendo a circa 1869metri sul livello del mare: i cespugli sono disposti in precise file sui terrazzamenti che coprono un’area vastissima di Nuwara Eliya, la regione rinomata per le sue colture. Le raccoglitrici sono prevalentemente donne che prendono solo le foglioline più tenere e le ripongono in grosse gerle appese alla testa: un lavoro sotto il sole mal pagato per i nostri standard ma a cui non si può rinunciare essendo il tè una delle maggiori risorse da esportazione. Dopo il tramonto la temperatura scende a sorpresa: ci avevano detto che sarebbe stato fresco ma nella camera d’albergo ci sono termosifoni, piumone e coperte di lana di scorta! Menomale chè il nostro abbigliamento in valigia non era proprio adatto ad affrontare i 10°C notturni. Ceniamo con un trito di erbe, curry e pesce avvolto in una piadina: una miscela infuocata che ci provoca un isolamento totale delle papille gustative; siamo abituate a mangiare cibi piccanti ma il grado dello Sri Lanka è di una scala superiore.

8° giorno Oggi partiamo per il nord del paese; pernotteremo in alberghi di alta categoria adatti alle nostre tasche non solo per l’ottimo cambio valuta verso la nazionale rupia (1€= ca 153 rupie) ma perché inseriti in contesti naturali alterando di poco l’ambiente della foresta. L’ospitalità nazionale è dispensata fra sorrisi ed inchini; ai turisti si chiede solo di rispettare i luoghi di culto non indossando abiti succinti e togliendosi le scarpe in certi posti. Polonnaruwa col suo Gal Vahara –o Tempio di Roccia Nera- è il primo sito archeologico del Triangolo Culturale: allora (1070) capitale di Ceylon con terme, palazzi reali ed un fiorente centro cittadino che la rendeva autosufficiente anche dal punto di vista idrico, è oggi venerata come mausoleo di un dente di Buddha e di una sua statua dormiente lunga ben 15 metri! È costellata da torrioni e nicchie che conservano altre immagini dell’Illuminato. Templi dedicati a Shiva sono sparsi lungo le rovine delle mura antiche. L’ora di pranzo arriva puntuale alle 15: il segreto per non accusare la fame dopo ore di cammino sotto il sole è la colazione ricchissima che si consuma di regola a base di curry di pesce, frittelle di farina di riso, verdure speziate e frutta. Al posto del caffè, tè con latte.

9° giorno Sigirya è la seconda punta del Triangolo Culturale. Chi acquista il biglietto d’ingresso al sito può scattare foto e contribuire al preservamento delle sue opere: un ottimo motivo che è per noi ovviamente economico però non possiamo fare a meno di notare, dopo una settimana, che è prassi nazionale far pagare ai turisti una tariffa anche cento volte superiore alla tariffa per i cittadini nazionali. Un po’ come se gli Italiani pagassero un ingresso ridotto alle gallerie nazionali rispetto agli stranieri. Ci sembra che lo Sri Lanka su questo punto sia piuttosto lungimirante in quanto facilita l’accesso alla cultura ai propri cittadini. Un grosso monolito a picco su quattro lati, alto 370metri e circondato da cespugli e alberi è il punto di massima attrazione: vi si accede da un ripido e scivoloso sentiero che sovrasta la valle ed avvolge la sommità della grande roccia. Ballerine, soldati ed elefanti dal regno di Kasyapa (477-495 d.C.) sono affrescati nelle zone d’ombra: Sigirya era un altro centro reale di potere e difesa poi convertito dallo stesso re in monastero. Le sue rovine lasciano intatto il perimetro dei giardini a valle. Segno comunque sul diario di bordo il numero di statue di Buddha viste fin’ora: tutte le posizioni dell’universo sono state coperte in ogni materiale e taglia disponibile ed il rituale dell’incenso e dei fiori in offerta si ripete per ognuna. Sulla via del ritorno facciamo una deviazione verso una montagna dove le scimmie proliferano come fossero scoiattoli e si avventurano imprudenti anche per la strada stessa.

10°giorno Anuradhapura è posta a circa 200 Km da Colombo ed è la più vasta ed importante tra le antiche città dell’isola. La leggenda narra che il Buddha raggiunse l’illuminazione sotto l’albero del bo, oggi divenuto meta di milioni di visitatori. Un’altra leggenda narra che il più antico tra i templi di Anuradhapura, il Thuparama Dagoba, contenga la clavicola destra del Buddha. Un reliquiario storico!

Il resto della vacanza è orientato al mare e all’incontro dei vari parenti. Ci offrono la possibilità di assaggiare specialità di pesce –la carne prevalentemente per motivi religiosi, non è molto diffusa-accompagnate da contorni di frutta. Ci sono ristoranti di vario tipo e dimensione in ogni strada principale e diffusissimi i piccoli venditori ambulanti. I negozi di Colombo sono abbondanti e hanno orari flessibili; si possono comprare CD copiati dall’originale a prezzi modici e senza sanzioni. Le boutiques di abiti hanno repertori occidentali ed asiatici, paradiso per l’euro. Di rilievo le gioiellerie.

Quando lasciamo la calda Lacrima dell’India, un altro appellativo per la bella isola, abbiamo souvenir di gusti, profumi e immagini che non sospettavamo all’inizio. Lo Sri Lanka è un paese da visitare perché è troppo bello per essere conosciuto solo attraverso leggende. La guerra civile è un ostacolo al turismo di massa ma se si programma un viaggio con accortezza e minori standard occidentali, si può vivere a 360 sensi.

Quando: giugno Durata: 21 giorni Viaggio: aereo\pulman noleggiato\piedi Dove: siti archeologici, spiaggia, città Costo a persona: ca 450€ di volo e poco meno di 1000€ di spese



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